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L'impresa della Croazia del '98

Calcio e dintorni

L’impresa della Croazia del ’98

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Alla prima partecipazione al mondiale dopo lo scioglimento della Jugoslavia, la Croazia si presentò con una squadra completa, che riuscì ad arrivare fino in semifinale, sfiorando anche l’impresa contro la Francia padrona di casa. Un protagonista: Davor Suker, che diventerà capocannoniere del Mondiale.

INDIPENDENZA

25 giugno 1991: per la Croazia rappresenta un giorno storico, quello della separazione dalla Jugoslavia.

L’indipendenza finalmente raggiunta, dopo che il popolo croato era stato prima parte dell’impero Austro-Ungarico e poi sotto il dominio del maresciallo Josip Broz, comunemente noto come Tito, che aveva instaurato in tutti i Balcani una repubblica socialista federale, nota a tutti come Jugoslavia, per l’appunto.

L’indipendenza, riconosciuta ufficialmente quel 25 giugno, era già stata dichiarata un anno prima, nel 1990, dallo stato croato, che aveva così formato un proprio governo, emanato una propria costituzione, e ovviamente formato una propria nazionale di calcio.
A dire il vero, una rappresentativa Croata si era già vista: bisogna ritornare al periodo della seconda guerra mondiale, quando lo stato era sotto il dominio tedesco. Quella squadra disputò 16 partite, poi in seguito alla sconfitta dei tedeschi, divenne parte integrante della Repubblica Jugoslavia.

GLI ESORDI

Ufficialmente, la “nuova” Croazia gioca il suo primo incontro il 17 ottobre 1990, contro gli Stati Uniti, vincendo per 2-1, sotto la guida dell’allenatore Drazan Jerkovic. Arriva a disputare la sua prima competizione internazionale nel 1996, quando prende parte all’Europeo inglese, con Miroslav Blazevic in panchina. Croato di Bosnia (nato a Travnik, la cittadina raccontata dal premio Nobel Ivo Andric, l’immenso cantore del Ponte sulla Drina), amico personale di Tudjman, di cui condivide passioni ed inclinazioni partitarie, oltre ad uno spiccato anti-europeismo, nelle sue numerose incursioni in politica una volta si professa anche sostenitore di Ahmadinejad e pronto a vestire l’uniforme dell’esercito iraniano in caso di aggressione USA.

Al termine di ogni partita vinta, produce un siparietto in cui veste cappello e paletta da ferroviere.

Inserita nel gruppo D, insieme a Portogallo, Turchia e la Danimarca, campione uscente, riesce a passare ai quarti di finale come seconda classificata, battendo l’ostica Danimarca con un netto 3-0, trascinata da Zvonimir Boban e Davor Suker, chiudendo alle spalle del Portogallo di Luis Figo.

Il cammino della Croazia si arresta già ai quarti, dove deve arrendersi allo strapotere della Germania, probabilmente la squadra più forte tra le contendenti, che si impone per 2-1 grazie alle reti di Klinsmann e Sammer e che poi andrà a conquistare il trofeo.

Blazevic può comunque considerarsi soddisfatto di quanto fatto vedere dalla sua squadra, per la quale non è difficile pronosticare un futuro radioso vista l’enorme potenzialità del gruppo.

SVIJET

Svijet, cioè “mondiale”. In Croazia, questa parola era quasi proibita, almeno fino al 1998.

La qualificazione ai mondiali francesi non si presenta così semplice come ci si può aspettare: la nazionale croata viene inserita nel gruppo 1, assieme alla Danimarca, e si classificherà seconda, a causa della sconfitta per 3-1 a Copenhagen. Agli spareggi fronteggia l’Ucraina (con un giovanissimo Shevchenko), e il risultato è un secco 2-0 casalingo all’andata, mentre a Kiev, al ritorno, finisce 1-1. Suker e compagni conquistno così il biglietto per andare a disputare il loro primo mondiale.

Va decisamente meglio il sorteggio nella fase a gironi del mondiale di Francia: inserita nel gruppo H con Argentina, la favorita per il primo posto, e due debuttanti, Giappone e Giamaica. Facile immaginare come va a finire: primo posto per i sudamericani, guidati da Gabriel Omar Batistuta in attacco, e secondo per la Croazia, che perde lo scontro diretto per 1-0 nell’ultima partita, e cede il primo posto agli argentini.

La squadra dimostra subito una grande solidità, complice anche una rosa sicuramente non di secondo piano.

In porta c’è Ladic, storico estremo difensore della Dinamo Zagabria; la difesa è a tre, con Dario Simic, visto anche in Italia, nell’Inter e soprattutto nel Milan, poi Stimac e Bilic, che si passeranno il testimone di allenatore della Nazionale 14 anni dopo (per la precisione fu il secondo a passarlo al primo).

A centrocampo sugli esterni corrono Stanic e Jarni: il primo, trequartista adattato, passa dal Parma e dal Chelsea, chiudendo la carriera per colpa di un infortunio a soli 32 anni; il secondo con un passato in italia nella prima metà degli anni ’90, con le maglie di Bari, Torino e Juventus.

In mediana il roccioso Soldo, punto fermo del centrocampo dello Stoccarda, con Asanovic, passato di striscio anche da Napoli, e sulla trequarti Zvonimir Boban, sicuramente il più talentuoso di tutta la squadra.

In attacco Vlaovic, visto a Padova, poi passato anche al Valencia, e Davor Suker, il capocannoniere, il trascinatore della squadra a quel Mondiale e reduce da due spettacolari annate con il Real Madrid: nella stagione 1996/97 in coppia con il montenegrino Mijatovic si aggiudica lo scudetto e l’anno successivo la Champions League, battendo in finale la Juventus.

Agli ottavi di finale la Croazia deve affrontare la Romania, vincitrice del girone davanti ai maestri dell’Inghilterra grazie alla vittoria per 2-1 nello scontro diretto. Una sfida tra due possibili sorprese: quella nazionale era guidata in campo da Gheorghe Hagi, il miglior calciatore rumeno di tutti i tempi, e aveva altri validi elementi in Munteanu, Popescu e Petrescu. A Bordeaux i croati nel primo tempo si rendono più volte pericolosi ma la rete arriva soltanto su rigore allo scadere del tempo. Suker lo batte due volte. La ripresa è ancora più scialba con una Croazia ben arroccata e una Romania mai pericolosa complice anche l’incerta condizione atletica di Hagi e la giornata storta di Ilie.

Il quarto di finale ha il sapore di rivincita: per la nazionale di Blazevic c’è la Germania, che due anni prima li aveva eliminati dall’Europeo. La chiave del match è l’espulsione di Christian Wörns al 39′ del primo tempo, con Vogts che si rifiuta di togliere una punta, come prescrivono i libri di calcio, e va avanti nello stesso modo, sfiancando i pochi centrocampisti rimasti, fidando nel colpo degli arieti d’attacco.

La Germania spera di arrivare indenne al riposo ma al 47′ un violento diagonale di Jarni dalla sinistra dà il senso alla serata. Tedeschi coraggiosi nella ripresa, con un nuovo prodigio di Ladic che deve parare una girata di Bierhoff. Ma la partita finisce lì, il tempo dà sempre più contropiede ai croati, un paio ne sbaglia Boban, poi al 34′ il raddoppio dell’ex scarto del Padova Vlaovic, speculare all’azione di Jarni del primo tempo, che trova l’angolo in fondo con un diagonale dalla destra. Al 39′ va in rete anche Suker, che più di ogni altro aveva dato la temperatura della battaglia, che va in rete dopo un’ennesima scorribanda nell’area piccola. Alla prima partecipazione ad un Mondiale, la Croazia è in semifinale. Una paese che 10 anni prima nemmeno esisteva.

MOMENTI DECISIVI

8 Luglio 1998, Parigi St. Denis, Stade de France. Si gioca Francia-Croazia: i padroni di casa, che ai quarti hanno eliminato l’Italia ai rigori, affrontano la sorpresa del Mondiale.

La Francia dovrebbe vincere facile, almeno sulla carta, ma è la Croazia che passa in vantaggio all’inizio del secondo tempo: Asanovic dopo un dribbling a centrocampo mette Suker in porta con un lancio perfetto di 25 metri, e ovviamente il numero 9 non sbaglia.

La posizione è regolare, Thuram sbaglia la linea e lo tiene nettamente in gioco. Il calcio però toglie e dà: è lo stesso terzino destro ex Juve a firmare il pareggio, appena un minuto dopo. Boban perde la palla al limite dell’area, che finisce tra i piedi di Djorkaeff, che di prima intenzione con l’esterno mette il nativo di Guadalupe in condizione di concludere alle spalle di Ladic. E non è finita qui.

Al 69′ ancora Thuram avanza palla al piede sulla sua fascia destra e serve Henry centralmente, che gli restituisce palla, ma Jarni è in vantaggio: sulla pressione del terzino francese però va in difficoltà e non riesce a spazzare, lasciando lì la palla, e subito il suo avversario ne approfitta per scagliare un sinistro perfetto che si infila sul secondo palo. Ladic è battuto, 2-1.

Il sogno Croato sembra iniziare a svanire. Le speranze vengono riaccese da una follia di Blanc, che si fa espellere per una manata, totalmente inutile, ma a spegnerle definitivamente è Barthez, che con un gran colpo di reni nel finale manda in corner un tiro di Jarni dal limite dell’area che aveva subito una pericolosa deviazione.

Finisce 2-1. I padroni di casa andranno a vincere il Mondiale trascinati da Zidane, mentre i Croati dovranno “accontentarsi” del terzo posto, ottenuto grazie alla vittoria contro l’Olanda, per merito di Prosinecki e ovviamente Davor Suker, che chiuderà da capocannoniere della manifestazione con 6 gol, su 10 totali realizzati dalla sua Nazionale.

CRAZY-CROATIA

Appena pochi anni dopo la divisione della Jugoslavia, del sangue che scorreva nelle vie di Zagabria, dei conflitti balcanici, è una Nazionale di calcio a unire un paese, come era già capitato all’Italia nel 1982, al culmine degli anni di piombo. Probabilmente a oggi il cammino della Croazia è il più sorprendente di sempre in un Mondiale, nonostante si sia fermato in semifinale: una squadra formata solo 6 anni prima chiude sul podio un Mondiale.

Chissà se quest’anno la Croazia di Modric riuscirà a stupire: non parte come nel 1998, ma è sicuramente più affermata; ci sono tutti i presupposti per fare bene ed emulare ciò che è stato fato vent’anni fa.

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ESCLUSIVA – Errico Porzio: “Il segreto del successo? Dare spazio all’estro, ma con dedizione”

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ESCLUSIVA ERRICO PORZIO – Il tema dell’alimentazione ha spesso generato molti dubbi e polemiche nel suo rapporto con il mondo dello sport, creando molte discussioni su diete sane e bilanciate per mantenere la miglior condizione possibile. Tuttavia, spesso ci si interroga su quale sia la relazione ideale tra cibo ed attività fisica, ma in pochi riescono a fornire una soluzione ben determinata.

La redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di affrontare questo argomento con Errico Porzio, grande esperto della sfera alimentare. Porzio è un pizzaiolo campano molto celebre sui social network, sui quali conta complessivamente 1.5 milioni di follower. Oltre ad essere un pizzaiolo molto celebre, è un grande tifoso del Napoli e, ai nostri microfoni, ha espresso le sue sensazioni ed emozioni in merito a questa stagione molto positiva per i partenopei.

L’INTERVISTA AD ERRICO PORZIO

L’alimentazione, per un atleta, è uno step cruciale per avere successo nell’attività fisica. In qualità di figura esperta nel campo alimentare, cosa pensa di tutte quelle leggende e tabù su diete rigorose e sull’imposizione di limiti per il consumo di prodotti come la pizza?

“Oltre che un pizzaiolo io sono stato e sono tuttora uno sportivo. La cosa importante è affidarsi a persone che capiscono davvero di equilibrio alimentare, e non ad improvvisati o appassionati. Io, ad esempio, quando vado in palestra potrei sempre mangiare una pizza. Per chi non fa attività fisica, non si può abusare di carboidrati in generale e bisogna sapersi controllare. Condanno assolutamente chi elimina la pizza dalle diete, e te lo dico da persona che andando in palestra può mangiarla anche 3 volte a settimana”.

I suoi locali hanno mai ospitato dei giocatori? Se sì, c’è qualche aneddoto che vorrebbe raccontarci?

“L’ultimo aneddoto molto curioso riguarda Alessandro Zanoli. È stato mio ospite nel locale sul lungomare di Napoli e mi ha chiesto lui la foto. È stato un episodio molto simpatico, sembrava quasi mi volesse prendere in giro, ma mi ha fatto enormemente piacere. Però in realtà lui già mi conosceva e si era ricordato che ero stato a Castel Volturno qualche giorno prima per seguire gli allenamenti del Napoli. Inoltre abbiamo avuto clienti in passato come Ancelotti, che ordinava da casa, Pepe ReinaGabbiadiniCallejon, che abitava a poche centinaia di metri dalla pizzeria”.

In una sua recente intervista lei ha dichiarato: “Nelle pizze, vale come per il calcio: conta l’estro. Ogni calciatore ha un ruolo diverso, e, allo stesso modo, esistono diversi tipi di pizzaiolo con varie qualità”. Alla luce di questa dichiarazione, quanto è importante, secondo lei, esaltare le capacità individuali di un professionista e farle coesistere con il lavoro di squadra?

“È davvero importante. Io feci il paragone con una squadra di calcio, in cui trionfa il gioco di squadra, però è anche normale che al suo interno si esaltino le singole qualità. In questa stagione, per esempio, il Napoli ha avuto Osimhen come finalizzatore, Kvaratskhelia che faceva la differenza, Lobotka Anguissa che a centrocampo sono stati maestosi. Quindi, oltre al gioco di squadra bisogna dare sempre spazio all’estro e alla personalità. Anche nel caso del pizzaiolo, saper ascoltare ed individuare chi all’interno di un gruppo può fare la differenza e affidargli determinate responsabilità, altrimenti saremmo tutti uguali. Invece, c’è il personaggio più conosciuto, il più veloce, quello bravo a fare la pizza, quello veloce a fare gli impasti…

La cosa perfetta sarebbe trovare colui che, a prescindere da tutto, si intravede abbia qualità importanti, per dargli sicuramente più spazio e permetterti di fare la differenza all’interno di un locale. Ovviamente questo discorso vale per ogni lavoro di squadra, è una caratteristica generale della vita. Io uso sempre l’espressione “s’adda sape’ fa'” per esprimere questo concetto ed è riferito a qualsiasi elemento della vita. Se c’è qualcuno che ha estro e si applica con spirito di sacrificiodedizione passione, allora sicuramente può aiutare. Quindi, oltre alla bravura serve anche molta dedizione per fare bene”.

Nelle ultime settimane lei ha girato per tutta Italia a causa di eventi importanti a cui ha partecipato, come a Milano. Che atmosfera si respirava in città in attesa della finale di Champions League che affronterà l’Inter?

“Io sono stato a Milano il giorno del ritorno dell’euroderby. Già in quel momento c’era un umore ottimista da parte dei tifosi dell’Inter, meno da parte dei tifosi del Milan, che si erano già rassegnati dopo lo 0-2 dell’andata. Da parte interista, ovviamente, c’è grande entusiasmo e soprattutto consapevolezza che dall’altro lato c’è una squadra che ha battuto l’altra probabile finalista, che era il Real Madrid. Il caso ha voluto che si sono scontrate in una semifinale, ma in realtà si pensava che una vera finale fosse stata proprio quella. E non c’è stata partita”. 

La finale è una partita secca e fa storia a sé. Un episodio può indirizzarla verso una o l’altra strada, ma tutti siamo consapevoli che dall’altro lato c’è il Manchester City, una squadra di un livello superiore. Se dovessimo parlare di percentuali, personalmente direi 70% Manchester City 30% Inter. Il calcio, come dicevamo prima, è un gioco di squadra, però effettivamente i Citiziens, oltre che la squadra, hanno 15/16 fenomeni“.

Lei è un grande tifoso del Napoli, come attestato dalla produzione di giacche personalizzate per lei e il suo staff, oltre alla pizza inedita per celebrare la vittoria del campionato di Serie A. Ci racconta come ha vissuto i festeggiamenti e i momenti più belli della stagione?

“Sembrerà strano, ma uno dei momenti più belli della stagione è stato Napoli-Liverpool del girone di UCL. Fino a quel momento il Napoli macinava vittorie e bel gioco, ma fino a quel momento non aveva mai avuto un rivale di alto livello. Dopo quella partita, mi sono auto-convinto che il Napoli avrebbe vinto lo scudetto. Registrai un video con un membro del mio staff tifoso del Milan in cui dicevo che il Napoli avrebbe vinto il campionato con un mese o due mesi di anticipo sarebbero arrivato tra le prime 4 di Champions. Mi sono sbagliato solo in quest’ultimo caso, ma ci siamo andati molto vicini, anche a causa della sfortuna nelle due partite contro il Milan. Comunque, Napoli-Liverpool mi diede la consapevolezza che il Napoli quest’anno sarebbe stato inarrivabile.

Il titolo non è mai stato in discussione ed era solo questione di tempo. Abbiamo vinto con 5 giornate d’anticipo, ma già 6 giornate prima era tutto fatto, anche in caso di eventuale spareggio contro la Lazio, se le avesse vinte tutte. La vittoria molto anticipata ha fatto sì che i festeggiamenti ci fossero tutte le settimane, già dopo Juventus-Napoli 0-1, ben 7 giornate prima della fine del campionato, e si impazziva. Io ero all’aeroporto tra i 10/15mila tifosi ad accogliere la squadra rientrante e c’era aria di festa, si gridava, si cantava. Ho vissuto tutti i 3 scudetti del Napoli: il primo non si scorda mai, ma l’ultimo appena conquistato ha avuto una durata così lunga che ci siamo quasi stancati di festeggiarlo.

Il presidente De Laurentiis è molto bravo ad organizzare feste e celebrare le vittorie e in ogni vicolo e quartiere di Napoli si respirava l’aria di gioia che si aspettava da 33 anniIn particolare, Udinese-Napoli rimarrà nella storia. I miei figli e i miei fratelli mi hanno portato un pezzo di prato dallo stadio di Udine e questo è un ricordo storico”.

Per rimanere in tema Napoli e festeggiamenti, come festeggerà domenica 4 giugno la premiazione ufficiale degli azzurri?

“Non so se andrò allo stadio. Io preferisco stare per strada tra la gente, cantare e divertirsi piuttosto che trattenersi dopo la partita. Ripeto, stiamo festeggiando da due mesi e, arrivati ad un certo punto, si preferisce festeggiarlo in modo diverso. Le partite del Napoli ormai sono un obbligo di proseguire il campionato, ma danno al mister la possibilità di provare nuovi giocatori. Effettivamente ogni partita del Napolisia in casa che fuoriè una festa. Questo mi rende molto orgoglioso da tifoso e tutto ciò ha dato nuova linfa non solo alla Campania, ma a tutto il Sud Italia.

Girando spesso per il Paese da Nord a Sud, devo essere sincero, ogni tifoso si è dimostrato felice della vittoria del Napoli. Vincere a Napoli non è come farlo in altre città: solo chi ci vive sa cosa significa. Siamo molto felici di questa vittoria, soprattutto perché arrivata in modo schiacciante. A volte l’organizzazione conta più del potere“.

Cosa pensa dell’addio di Spalletti e chi le piacerebbe come allenatore per la prossima stagione?

Spalletti ha dato delle motivazioni più che valide. Non ha detto di lasciare Napoli per allenare un’altra squadra, anche perché dopo uno scudetto e tutto quel che ha vissuto in due anni, sarebbe stato molto difficile da digerire, soprattutto se avesse trovato squadra in Italia. Lui va via per restare con la famiglia e godersela, per stare più sereno. Effettivamente vincere a Napoli ed esserne l’allenatore comporta molte responsabilità. In strada si è osannati se si va bene, ma si può essere disprezzati molto se si va male. Quest’anno l’atmosfera di grossa responsabilità si è sentita sin da subito, per fortuna dei tifosi, ma sfortunatamente per lui. Essere tra i favoriti comporta di non poter sbagliare e, secondo me, è davvero molto stressante ed intenso, soprattutto per lui che non si sposta mai da Castel Volturno.

Come prossimo allenatore del Napoli ho un altro “sogno nel cuore”. Ci sono 3 allenatori che apprezzo in ordine crescente. Al terzo posto Thiago Motta, che mi piace tanto e sta facendo cose importanti a Bologna, dimostrando di poter essere un buon allenatore. Poi, al secondo posto metterei De Zerbi, ma ha una clausola molto alta e difficilmente può avverarsi. Al primo posto, nonostante tutti facciano i nomi di Italiano, Benitez, Conceiçao, io considero Jurgen Klopp l’allenatore ideale per una piazza come Napoli. Sembrerebbe che a fine anno possa divorziare con il Liverpool e lo vedrei veramente molto bene a Napoli”.

                                                              Fonte immagine di copertina: profilo instagram di Errico Porzio                           

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Calcio e dintorni

Guai in vista per Quincy Promes: mosse accuse per possesso di cocaina

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Promes

Il Servizio d’Accusa Pubblica dei Paesi Bassi ha condannato Quincy Promes, giocatore dello Spartak Mosca, per possesso e trasporto di cocaina. L’avvenimento risale al 2020, quando erano avvenute le intercettazioni di 1370 kg di sostanze stupefacenti, trasportate dal giocatore olandese, dal valore complessivo di circa 75 milioni di euro,  secondo quanto riportato da NOS.

L’ex giocatore di Ajax Siviglia, tra le altre, sarà al centro della discussione di un’udienza preliminare che avrà luogo il prossimo lunedì, 5 giugno. In seguito al processo, l’accusa potrà essere chiarita definitivamente, ma si tratta di una situazione molto delicata e rischiosa per il classe ’92, già al centro di altri problemi legali.

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Calcio e dintorni

Heysel, Infantino ricorda le vittime: “Mai più tragedie simili”

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Nella giornata del ricordo della Strage dell’Heysel, avvenuta 38 anni fa, il presidente della FIFA, Gianni Infantino, ha espresso il suo cordoglio su Instagram.
Nella storia postata qualche ora fa, Infantino scrive:

“Oggi vorrei ricordare la strage dell’Heysel, avvenuta il 29 maggio 1985….con la speranza che tragedie come quella non accadano più in futuro”.

Un messaggio di speranza che raggiunge tutti gli appassionati di calcio, in un giorno triste che nessuno deve dimenticare.

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Inter, parla la moglie di Inzaghi: “Simone conosce bene il City”

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Inzaghi

Intervenuta sulle pagine di “Diva e Donna”, Gaia Lucariello, moglie di Simone Inzaghi, ha parlato dell’imminente finale di Champions League tra Inter e Manchester City. In particolare, la signora Inzaghi ha dichiarato quanto segue:

“Simone sa benissimo quanto sarà dura per l’Inter, perché conosce molto bene il City. Prima della semifinale mi aveva addirittura detto che avrebbero vinto 4-0 con il Real Madrid e così è stato. Questo fa capire quanto loro siano degli alieni, ma lui è pronto e sa come fermarli”.

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