Alcune storie, seppur capaci di regalare emozioni uniche, sono destinate a terminare. Quando un ciclo si chiude, se ne apre un altro. Ma non sempre si è capaci di svoltare pagina. L’ambiente circostante cambia. Dunque, è necessario che l’individuo riesca ad adattarsi alle nuove condizioni. Come nella vita sociale e nel campo biologico, anche il mondo del calcio e chi lo costituisce non sono esenti alla necessità dell’adattamento.
Ci sono stati e ci saranno sempre calciatori capaci di esprimersi unicamente in un determinato contesto tattico. Discorso analogo per la categoria degli allenatori. Eppure, quest’anno Napoli offre due esempi di straordinaria efficacia: Carlo Ancelotti e Lorenzo Insigne. Il primo sta ristrutturando un appartamento straordinariamente bello – quale era il Napoli di Sarri – con la sostituzione di alcuni mobili che non si sposano con il suo “gusto”. Il secondo, seguendo alla lettera le indicazioni fornitegli, sta vivendo una vera e propria evoluzione.
Muniti di lente d’ingrandimento, analizziamo il profondo cambiamento che sta attraversando Lorenzo Insigne, simbolo della mutevolezza tattica del nuovo Napoli targato Ancelotti.
DARWIN, LE SPECIE E IL CALCIO
Nel 1859 Charles Darwin pubblica quello che sarà uno dei libri più importanti della scienza moderna: “The origin of species”. Nel saggio, egli afferma che:
Gli individui di una stessa specie si differenziano l’uno dall’altro per caratteristiche genetiche e quindi morfologiche. La teoria della selezione naturale prevede che vengano favorite (“selezionate”) quelle mutazioni che portano gli individui ad avere caratteristiche più vantaggiose in date condizioni ambientali, determinandone, cioè, un migliore adattamento in termini di sopravvivenza. Gli individui meglio adattati a un certo habitat si procureranno il cibo più facilmente degli altri individui della stessa specie che non presentano tali caratteristiche. La specie potrà evolversi progressivamente grazie allo sviluppo di caratteristiche che la renderanno meglio adattata all’ambiente, sino a una situazione di equilibrio tra ambiente e popolazione che persisterà finché un cambiamento ambientale non innescherà un nuovo fenomeno evolutivo.
(Charles Darwin, The origin of species, 1859)
Circa 160 anni dopo e, in un contesto differente – quello del calcio – lo studio di Darwin produce importanti evidenze. Fra tutti i calciatori facenti parte del parco attaccanti del Napoli, è Lorenzo Insigne ad aver mostrato le caratteristiche necessarie all’adattamento ad un nuovo sistema di gioco. Pur essendo stato un esterno per tutta la sua carriera – eccezion fatta per sporadiche presenze dietro le punte – il folletto di Frattamaggiore ha avuto l’umiltà e la bravura di spostare, seppur di poco, il suo raggio d’azione. Al centro dell’attacco azzurro l’unico titolarissimo è lui. Né il rientrante Milik né il falso nueve Mertens sono riusciti nell’impresa di conquistare definitivamente la fiducia di Ancelotti. Il numero 24, ad ora, è il solo ad essersi adattato perfettamente al nuovo habitat, scalzando, in questo modo, le gerarchie del tecnico emiliano.

I due maggiori artefici della rivoluzione tattica del Napoli.
ATIPICITA’ NAPOLETANA
Dopo tre anni di lavoro intenso, caratterizzati da schemi e movimenti ripetuti fino allo sfinimento, Ancelotti è arrivato all’ombra del Vesuvio con l’intenzione di dare una scossa alla squadra. Si è passati da un 4-3-3 tutto possesso palla e verticalizzazioni, ad un 4-4-2 più incisivo e concreto. L’arretramento di Callejon sulla linea dei centrocampisti, il doppio mediano e l’ala sinistra che taglia dentro, hanno permesso al tecnico ex Bayern di ridisegnare l’attacco azzurro.
Le due punte, ora, si scambiano continuamente la posizione. Quando uno stazione più centralmente, l’altro si abbassa per rifinire l’azione. A giovare – più di altri – del cambio tattico è Insigne. Ancelotti lo ha avvicinato sensibilmente alla porta, diminuendo le sue scorribande sull’out di sinistra. Nella zona centrale del campo Lorenzo sta riuscendo a dare il meglio di sé, oscurando, fra gli altri, Mertens, Milik e Callejon.
DA ESTERNO AD ATTACCANTE
Nella gara che ha sancito definitivamente l’inizio dell’era Ancelotti, Insigne è stato l’uomo cardine. Come possiamo notare della grafica, nella vittoriosa partita contro il Liverpool ha toccato il pallone 62 volte, con una presenza in campo distribuita quasi equamente su tutta la trequarti avversaria. E’ interessante notare che, a differenza del match inaugurale di questo campionato in cui aveva giocato solo ed esclusivamente largo a sinistra e toccato il pallone con più frequenza, Lorenzo sia stato capace di stazionare anche in corrispondenza del dischetto dell’area di rigore.

Le heatmaps di Insigne nelle gara contro Liverpool (a sinistra) e Lazio (a destra).
Più che falso nueve, Insigne si è dimostrato un vero e proprio centravanti. L’atipicità di questo suo nuovo ruolo è ovviamente dettata dall’esile statura che lo contraddistingue. Oltre alle lacune fisiche, il nuovo puntero del Napoli in questa prima parte di stagione ha messo in mostra colpi che difficilmente gli erano riuscite in passato. Nella scorsa stagione, Insigne calciava 4,8 volte a partita, tirando per lo più in area di rigore e centrando lo specchio nel 58% dei casi. Pur giocando sulla fascia faceva registrare dati “maggiori” ma non “migliori” rispetto a quelli attuali. La produzione offensiva è migliorata notevolmente se pensiamo che dopo meno di due mesi ha già segnato 6 reti rispetto alle 8 dell’intero campionato scorso. Dunque, paradossalmente, Insigne calcia leggermente meno e sbaglia più facilmente, ma trova il gol con maggiore frequenza. Ciò è strettamente connesso al pragmatismo con cui Ancelotti ha voluto forgiare il nuovo corso di questa squadra.

Insigne tenta una conclusione al volo.
Toccando meno il pallone e partendo dal centro anzichè dalla sinistra, il numero 24 ha avuto meno possibilità di sfoggiare le sue grandi doti nel dribbling. Infatti, in queste prime 8 giornate di campionato ha tentato 1,4 dribbling a partita, completandone circa il 57%. Anche sotto questo questo punto di vista Insigne è migliorato vertiginosamente: tenta molto meno l’uno contro uno, ma quando lo fa è più efficace. E’ molto indicativa anche la statistica relativa ai passaggi chiave: da 2,8 a 2,3 a partita. La maggiore incisività sotto rete e la maggior presenza negli ultimi metri hanno trasformato il talento scuola Napoli. Ancelotti lo ha responsabilizzato, lui ha saputo rispondere con grandissime prestazioni.
Non chiamatelo più assistman. Insigne è sempre più bomber.