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Inter, è ora di tornare grande

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Inter, è ora di tornare grande

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Inter-PSV. Ultima giornata del girone B di Champions League. La serata del riscatto presto diventata la fine di un sogno, di un’avventura che mancava da 6 anni sofferti e che sarebbe potuta andare avanti.

Il pareggio di Icardi rasserena l’animo di tifosi nerazzurri che tornano a crederci a una manciata di giri d’orologio dalla fine. Ma dopo pochi minuti riecco un fulmine a ciel sereno. Il pareggio in quel di Barcellona di Lucas Moura condanna la Beneamata al destino più crudele. Perchè uscire a pari punti con la seconda classificata è tanto clamoroso quanto ingiusto. Un gol subito in casa può essere fatale, come di fatto è stato.

Ma dalle sconfitte ci si può rialzare, nel segno di nuove opportunità. L’Europa League è più che una semplice suggestione per questa squadra. Inter, è ora di tornare grande, non puoi più aspettare.

TROPPI ANNI BUI

Le grandi squadre, si sa, sono quelle che non si fanno attendere di fronte agli appuntamenti importanti. Lottano, soffrono, si distinguono appassionando i tifosi, giungendo a quelle serate magiche e indimenticabili che i tifosi sognano stagione dopo stagione. Non sempre si vince, questo è vero, ma sono le emozioni che rimangono e riempiono il cuore.

Quella di Luciano Spalletti è una squadra che ormai manca da troppi anni ai grandi appuntamenti col destino. Troppo spesso sperati, praticamente mai sfiorati, l’Inter anno dopo anno sogna palcoscenici e partite importanti, senza però viverle, nonostante premesse spesso incoraggianti. Questo fa parte della sua storia, che vede momenti di gloria e periodi nell’anonimato senza vincere nulla. Una cosa è certa: i tifosi non la abbandoneranno mai, il loro calore è unico ed è il motore pulsante del calcio. Ma è altrettanto vero che è arrivato il momento di tornare a vivere quelle magiche notti, che mancano dal lontano maggio 2011, occasione in cui l’Inter vinse la Coppa Italia, il suo ultimo trofeo.

L’ultimo anno (prima di questo) in cui la squadra nerazzurra arrivò in Champions League fu il 2012, occasione in cui uscì clamorosamente agli Ottavi di Finale contro il Marsiglia. Una formazione al tempo ricca di talenti e voglia di spaccare il mondo, questo è certo, ma dall’Inter ci si aspetta ben altri risultati. Sedeva allora sulla panchina Claudio Ranieri, che non conserva un ricordo esaltante dei suoi giorni a Milano. Un periodo di passaggio, nel segno di tanti altri come lui in questa Inter di fine “Era Moratti“. Quella stagione vide l’Inter concludere al sesto posto. Il primo di tante annate non all’altezza della fama nerazzurra.

Il peggio accadde l’anno successivo, con un sorprendente (in negativo) nono posto per una squadra ormai al tramonto. La famosa “Inter del Triplete” andava completamente rifondata dalle macerie di un piazzamento di mezza classifica. 5°, 8°, 4°, 7°, 4°: questi i piazzamenti in Serie A negli anni successivi. Un fiume di acquisti e cessioni nel segno di un’identità che faticava ad emergere. Un viavai di allenatori ben presto esonerati, una gestione societaria e finanziaria confusionaria da rivedere.

E in Europa la situazione non è stata certo migliore. I nerazzurri in questi ultimi anni hanno alternato partecipazioni a Europa League a stagioni senza impegni settimanali. E in quella che al tempo si chiamava Coppa Uefa l’Inter non è mai andata oltre gli ottavi di finale. Addirittura nella stagione 2016-2017 non riesce a passare i gironi di EL in un gruppo composto da Southampton, Sparta Praga e Hapoel Be’er Sheva (perdendo clamorosamente contro quest’ultima sia in casa che in trasferta).

L’Inter ha bisogno di un condottiero e di una precisa identità, è evidente. Quell’uomo si chiama Luciano Spalletti, giunto da quel di Roma per risollevare le sorti della Beneamata. Con un clamoroso quarto posto conquistato all’ultima giornata dello scorso anno all’Olimpico, riesce a riportare l’Inter in Champions League.

CHE COSA E’ MANCATO?

Dopo 6 lunghissimi anni l’Inter è tornata in Champions League. Un risultato straordinario tenendo conto delle annate precedenti, mediocri e deludenti.

Al termine di un girone sofferto l’Inter ha combattuto, regalato gioie e amarezze, ha lottato ma si è anche lasciata andare allo sconforto e all’ansia da prestazione. Che cosa è effettivamente mancato a questa formazione?

Anzitutto il girone. Il gruppo B in cui è finita l’Inter non era certo dei migliori. Solo quello del Napoli con ogni probabilità è stato il più complicato (e infatti nemmeno il Napoli è passato, lasciando il posto a Liverpool e PSG). Quando dopo anni di astinenza da notti di Champions ci si ritrova ad aver a che fare con Barcellona, Tottenham e PSV le cose di certo non sono facili.

Ma i nerazzurri ci hanno creduto fin dall’inizio, strappando all’esordio della competizione una straordinaria vittoria in rimonta a San Siro contro gli inglesi (nel segno di Mauro Icardi e Matias Vecino). La vittoria contro il PSV in trasferta ha messo la situazione sui giusti binari. Ma il Barcellona e la carica inglese di Wembley non hanno perdonato. Perchè quando giochi a Londra per il pareggio (come l’Inter ha fatto) il più delle volte perdi. Come è succcesso.

Il PSV poi, nell’ultima giornata, non ha perdonato l’unico errore degli uomini di Spalletti, che non hanno saputo reagire, vedendosi condannati all’eliminazione.

L’aspetto psicologico poi è fondamentale. Si sta parlando di una squadra tornata nella massima competizione europea dopo anni. Ad eccezione di quattro giocatori, ossia Joao Miranda (non sempre titolare), Radja Nainggolan, Kwadwo Asamoah e Sime Vrsaljko, tutti gli altri erano all’esordio in CL. Un aspetto che nel lungo andare del girone si è rivelato decisivo: in quelle occasioni in cui le veniva chiesto il decisivo affondo l’Inter ha risposto assente. Sia a Wembely che soprattutto a San Siro, contro olandesi demotivati che non lottavano più per nulla.

Infine la fame. Quella voglia di vincere che fa pulsare cuore e muscoli all’unisono, nel segno di prestazioni straordinarie che portano alla vittoria. Il desiderio di vincere e portare a casa il risultato delle prime giornate ha presto lasciato il posto agli allori, su cui spesso sembra così dolce sedersi. Ma si è rivelato fatale. A Londra l’Inter doveva pareggiare, a Milano vincere. Due MUST imprescindibili e categorici, per chi vuole competere a questi livelli, per chi desidera arrivare fra le migliori 16 d’Europa. E l’Inter stavolta non ce l’ha fatta.

RIALZARSI

Non tutto è perduto. Dopo aver fatto gioire e piangere l’Inter ha una nuova occasione. L’Europa League che tante soddisfazioni ha regalato ai nerazzurri, nel corso della loro storia. La mentalità vincente che l’Inter lotta con ogni mezzo per avere si deve riscontrare fin da questa competizione, troppo snobbata nel corso degli ultimi anni dalle italiane.

La squadra di Luciano Spalletti ha tutte le carte in regola per crederci. Si parla di una delle formazioni (almeno sulla carta e spesso per atteggiamento) più forti e promettenti della competizione. La compagine nerazzurra può dire la sua contro chiunque in questo torneo, perchè se vuole non si arrende e lotta fino alla fine. Se vuole è Pazza come solo lei sa esserlo.

Chelsea, Napoli, Arsenal e Siviglia. Queste probabilmente le squadre più pericolose da incontrare, le formazioni candidate alla vittoria finale. Ma se lo vuole davvero l’Inter può togliersi il titolo di “outsider” e lottare per vincere. Una vittoria di un trofeo (europeo e non) che manca ormai da 7 lunghi anni. Troppi quando vesti questi colori.

La finale di Baku può far tornare grandi per davvero. Si tratterebbe del quarto successo nerazzurro in questa competizione. L’ultima volta vinse nel 1998, quando (un giovane) Javier Zanetti e compagni sconfissero la Lazio in quel di Parigi e alzarono la coppa. Quella di oggi è un’occasione che l’Inter non può perdere senza lottare, senza crederci, senza provarci per davvero, a differenza degli ultimi anni. Nel segno di un netto e deciso cambiamento, che porta all’Olimpo del calcio e delle grandi squadre.

 

 

 

 

 

 

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Arrivano le parole di Gravina su Acerbi: “La sentenza va rispettata”

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FIGC

Dopa la decisione del giudice sportivo di assolvere Acerbi sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Figc Gabriele Gravina circa l’accaduto. Nelle ultime ore la sentenza aveva scatenato le reazioni più disparate, a partire dall’indignazione del Napoli resa nota tramite un suo comunicato ufficiale. A cercare di placare le acque ci ha provato proprio Gravina, a conclusione dell’Assemblea di Lega odierna. Gravina ha invocato il rispetto verso la sentenza del giudice sportivo. Inoltre si è pure detto disposto a credere alla difesa di Acerbi che aveva saltato per via del caso gli ultimi impegni con la Nazionale italiana. Di seguito vi riportiamo le sue dichiarazioni.

GRAVINA – “L’assoluzione di Acerbi? Si tratta di una decisione del giudice che tutti devono accettare, compreso chi non si sente soddisfatto. Esistono  principi che devono essere rispettati altrimenti corriamo il rischio di  far saltare tutto il sistema. Io accetto il verdetto e sul piano umano  abbraccerò il ragazzo quando lo incontrerò. Abbiamo saputo di una verifica da parte del giudice sportivo e allora, per evitare forme di distrazione, lo abbiamo lasciato a casa. È stata una decisione a scopo precauzionale, non perché già condannato. Acerbi ha fornito le proprie motivazioni e noi crediamo alle parole del ragazzo”.

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Flash News

Kvaratskhelia in dubbio per l’Atalanta: oggi la decisione

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Khvicha Kvaratskhelia, giocatore del Napoli - Serie A, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Champions League

Nella giornata di oggi Khvicha Kvaratskhelia farà ritorno a Napoli. Nel corso del match contro la Grecia che è poi valso la qualificazione a EURO24 con la sua Georgia, l’esterno sinistro è stato costretto ad uscire dal campo a causa di un dolore all’inguine. La sua nazionale ha poi vinto lo stesso ai calci di rigore. La sua presenza contro l’Atalanta resta ancora in dubbio.

LE CONDIZIONI DI KVARATSKHEILA

Come riporta Il Mattino, Kvaratskhelia sarà valutato nelle prossime ore dallo staff del Napoli. La speranza è che si tratti solo di un affaticamento muscolare. Se così dovesse essere la sua presenza in campo per la sfida contro l’Atalanta non sembra essere in discussione. Se invece si dovesse trattare di uno stiramento il georgiano dovrà stare ai box per qualche settimana. il Napoli aspetta il rientro di Kvaratskhelia per capire se sarà necessaria o meno una risonanza magnetica. Vedendo i video che sono circolati sui profili social dello stesso georgiano, che lo ritraevano festeggiare coi compagni, la speranza è che davvero non sia nulla di grave. Il popolo azzurro dovrà restare con il fiato sospeso ancora per qualche ora. Ricordare l’importanza della sfida contro l’Atalanta è quasi superfluo: si potrebbe trattare infatti dell’ultima chance per la Champions League.

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Calcio Internazionale

Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico

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Barcellona Lewandowski

Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.

Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.

Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina

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Andrea Compagno

Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.

All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.

La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO

In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?

Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.

Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.

Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.

Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?  

Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA

Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?

Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.

C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?

Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.

E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento. 

Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR

I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A. 

Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.

È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese. 

Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE

Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto? 

Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.

Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?

Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.

La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?

Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.

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