Il 4 dicembre 2020 lo stadio San Paolo di Napoli, dopo oltre sessant’anni, ha cambiato nome: da uno delle figure più importanti del Cristianesimo si è passati a una delle figure più importanti della più grande religione laica che ci sia, Diego Armando Maradona, il Diez. Dal 4 dicembre 2020 l’associazione sportiva Napoli gioca in uno stadio che prende il nome dal più grande giocatore della storia, sia del club azzurro che, probabilmente, dell’intera storia secolare di questo meraviglioso sport. Ecco a voi lo Stadio Diego Armando Maradona di Napoli.
Nella notte tra l’undici e il dodici luglio 2021, l’Argentina di Leo Messi, discepolo e, forse, l’unico degno erede dell’eterno Diego, vince la sua quindicesima Coppa America, la prima per la Pulce. Un’Argentina a tratti operaia, a tratti incantatrice, a volte maschia, a volte bella come il sole. Un’Argentina con in panchina quel Lionel Scaloni che non ha lasciato grandi ricordi come calciatore nella Capitale, sponda Lazio; ma in tre anni è passato da essere un CT ad interim a riportare il massimo trofeo continentale per nazioni sul Rio della Plata dopo ventotto lunghissimi anni. Tutto ciò orchestrato in campo da un Messi in stato di grazia, che non ha mai digerito il fatto di non aver vinto nulla con la casacca dell’albiceleste, e che, mai come quest’anno, ha cercato di sovvertire l’umore generale, andando a prendersi una volta per tutte questo maledetto trofeo.

Fonte foto: gauchonews.it
Alla sera dell’undici luglio 2021, l’Italia del Mancio, ha riportato la coppa europea nel belpaese dopo 53 anni. Da Facchetti all’Olimpico di Roma contro la Jugoslavia, a Chiellini nella bolgia di Wembley contro i padroni inglesi. Momenti che rimarranno indelebili nelle menti degli italiani, e che, come ha fatto quella nazionale durante il sovvertivo sessantotto, anche questa dell’esteta Mancini ha unito sessanta milioni di italiani, o come ha detto Bonucci, sessanta milioni di allenatori. Una nazionale che ha finalmente accantonato il tanto decantato e il tanto decadente gioco all’italiana, vecchio e ormai superato, per abbracciare il nuovo che avanza: dopo anni finalmente ci siamo riusciti anche noi.
L’Italia ha dimostrato che, se vuole essere la più forte può esserlo, abbattendo ogni pronostico iniziale, e issandosi a migliore della competizione. Un qualcosa che è figlia unicamente delle idee del grande artefice del miracolo estivo: Roberto Mancini. Non seguito da nessuna istituzione, senza alcun progetto federale, senza alcun sostegno della stampa e seguito solo dai suoi amici di vecchia data, ha creato l’inimmaginabile dalle ceneri di quel 13 novembre 2017. Grazie Roberto, ti siamo e ti saremo per sempre grati.

Fonte foto: profilo Twitter @azzurri
Italia e Argentina quindi sono rispettivamente campione d’Europa e campione del Sud America. Apparentemente oltre a ciò non c’è nulla da segnalare. In questi giorni, però, tra le sedi federali di Roma e quelle della CONMEBOL, ma anche tra i corridori FIFA, è saltata in mente l’idea di far disputare per la prima volta una Supercoppa tra le due vincitrici dei rispettivi tornei continentali. Quindi un match tra Italia e Argentina. Cosa hanno in comune queste due nazionali?
A livello sociale tantissimo. Restringendo la cerchia al calcio, queste hanno in comune il non plus ultra di tale sport: Diego Armando Maradona. Nato in Argentina, patria della passione per il fútbol, consacratosi in Italia, con la casacca del Napoli in riva al Golfo. E, quindi, dove si giocherebbe tale partita dal fascino suggestivo che riporta indietro con la mente alla gesta del Diez? Certamente nello stadio sopracitato: quel vecchio stadio San Paolo di Napoli ora rinominato stadio Diego Armando Maradona di Napoli.
ROSE
Le due squadre coinvolte in questa Supercoppa sono appunto Italia e Argentina. Due squadre che hanno delle affinità ma anche delle differenze. Due squadre che sanno dominare il campo ma anche difenderlo. Una con il complessivo, l’altra affidandosi anche sentimentalmente al suo numero dieci. La prima sembra non avere difetti, la seconda ne ha, ma colmati dalla classe e dall’eleganza dei suoi eletti. Italia e Argentina sono due rose diverse e, allo stesso modo, vincenti. All’interno del reparto dei portieri la Selección non ha nessun fenomeno tra i pali; noi, d’altro canto, un fenomeno ce l’abbiamo eccome: San Gigio Donnarumma, a conferma del fatto che la scuola italiana dei portieri non è mai tramontata.
Nel pacchetto difensivo Italia e Argentina si assomigliano molto, non tanto come caratura (i nostri Bonucci e Chiellini sono top al mondo), ma soprattutto come mix di giovani ed esperti (Pezzella e Otamendi al fianco di Romero e Lisandro Martínez) e anche come caratteristiche: l’aggressività la fa da padrone, anche se l’Italia unisce anche la giusta componente, se non essenziale, di qualità tecnica.
Il centrocampo è il reparto in cui il tricolore e il sole argentino si incontrano maggiormente. Tutti e due i reparti hanno congiungono tecnica ed esplosività. Tutti e due i reparti hanno come obbiettivo quello di essere padroni della palla. Due professori ad orchestrare il tutto: da una parte Jorginho dall’altra Paredes. Da una parte l’esplosività di Barella dall’altra quella di Lo Celso. Da una parte la lucentezza delle trame di Verratti dall’altra quella di De Paul.
Il reparto che pende un po’ di più verso il Sud America rispetto all’Europa è quello offensivo. Chiaramente è decisiva la presenza della pulce Leo Messi, ma in generale l’Argentina ha grandi fenomeni tutti distribuiti negli ultimi 30 m, mentre l’Italia propone Ciro Immobile come centravanti; per carità, questi è sempre presente nella fase a girone, ma sempre assente all’appello nella fase ad eliminazione diretta. E anche la presenza di colui che ha deciso la finale, pende a favore dell’Albiceleste: Ángel Di María non smette mai di far innamorare la gente.
LA TOP 11
Proviamo ora a buttare giù una Top 11 delle due squadre.
Donnarumma
Nulla di così tanto scontato. Miglior giocatore dell’Europeo. Sicurezza tra i pali, parate decisive e rigori neutralizzati hanno mandato in visibilio una nazione intera. Se nelle prime tre partite ha un po’ sonnecchiato, nelle altre quattro ha fatto vedere il fenomeno che è. É tra i primi tre al mondo? Probabilmente. Ma, da quest’estate, i primi due devono stare molto attenti.

Fonte foto: profilo Instagram @gigodonna99
Di Lorenzo
Considerando l’altalena argentina sulla fascia destra tra Molina dell’Udinese e Montiel del River, e, considerando che nessuno dei due ha mai rubato l’occhio in questo torneo, allora premiamo il nostro terzino destro. Doveva essere Florenzi il titolare della fascia destra azzurra. Per un infortunio rimediato a fine primo tempo della prima partita contro la Turchia, ha lasciato il posto al terzino del Napoli. Diligente, mai in sofferenza, spinta al punto giusto; insomma, un Europeo intelligente, non banale. Posto meritato
Otamendi
Sparito dai radar del grande calcio, essendo passato dalle vette del Manchester City alla steppa del Benfica (non giocando neanche con costanza), si è ritrovato improvvisamente a disputare una Coppa America sontuosa. Non più giovanissimo, ha fermato tutto quello che orbitava nella sua zona, con le buone o con le cattive. Ai giovani argentini ha insegnato il mestiere. Da buon sudamericano, è stato il gaucho dell’Argentina di Scaloni.
Chiellini
Gli è servito un Europeo per spazzare via ogni polemica, dubbio, opinione negativa, su di lui. Gli è bastata una partita (contro il Belgio) per insegnare a tutti cosa deve fare il difensore. Gli è bastata la finale per far capire al mondo che puoi essere anche Harry Kane, ma con il Chiello sarai tormentato, se ti va bene, per novanta minuti. Gli è bastato tutto ciò per alzare quel trofeo, da capitano, leader rumoroso in campo ma silenzioso fuori. E quel trofeo non basterà mai per ricordare l’eterno amico Davide. Grazie Giorgio.

Fonte foto: Getty Images
Spinazzola
Il miglior terzino sinistro dell’Europeo, non ce ne voglia la Top 11 della Uefa. Gli sono bastate cinque partite per dimostrare ciò al mondo intero. Leonardo ha dimostrato di essere un terzino fenomenale, moderno, accompagnando l’azione, difendendo quello che c’era da difendere e triangolando con Insigne, come se si conoscessero da tempo. Spinazzola ha arato la fascia sinistra dell’Olimpico, di Wembley e dell’Allianz Arena. Fenomenale.
Jorginho
Paredes ha fatto una grande Coppa America, ma Jorginho rischia di vincere anche un pallone d’oro, se non ci si diverte a impelagarsi in particolari giochi di palazzo. Il professore azzurro ha insegnato alle scuole calcio come gestire il pallone, come orientarsi con il corpo quando ti arriva la palla e come impostare l’azione da dietro e dare i tempi a tutta la squadra, a una nazionale e a una nazione intera. La mente è stata Mancini, il braccio è stato Jorginho. Per capire cosa chiedeva il CT alla squadra, bastava guardare il fenomeno venuto dal Brasile con l’otto sulla schiena.
De Paul
Messi avrà confermato ancora una volta al mondo intero che con la palla ci sa fare eccome, ma la copertina della vittoria rioplatense nella Coppa America 2021 se la prende tutta quel folletto argentino, che Udine ha trasformato in fenomeno. Quel Rodrigo De Paul che si è preso sulle spalle il centrocampo dell’Argentina, dominando ogni partita della competizione. Un giocatore di una categoria superiore, che, da quest’estate, farà parte della rosa di Simeone, per giocare in palcoscenici adatti al suo smisurato talento.

Fonte foto: profilo Instagram @rodridepaul
Verratti
La classe non si vende. La classe non si lascia in panchina. Quando hai un giocatore di un livello superiore alla media, può essere anche acciaccato, ma il campo deve vederlo da vicino. Quando hai un Marco Verratti in squadra, puoi essere anche un Manuel Locatelli strepitoso nel girone, ma, a un certo punto, ti deve accomodare ai bordi del terreno di gioco per far posto alla classe. Marco, in coppia con Jorginho, è stato il padrone della palla in tutte le partite che ha giocato. É stato l’esteta della nostra nazionale. Il Gabriele D’Annunzio azzurro: a tratti si piaceva come non mai, e ci faceva godere come non godevamo da tanti anni.
Di María
Dicono che in Argentina il sole non tramonti mai. Ecco Di María è come il sole argentino: non tramonta mai. Puoi darlo per finito, puoi già farli i funerali, lui risponderà sempre presente e lo farà nel suo stile, l’unico che El fideo conosce: stupendoti e facendoti innamorare di questo sport. Una Coppa America sontuosa, coronata in finale dal gol che ha fatto sognare tutta l’Argentina per l’ennesima volta. Di María ha colpito ancora.
Chiesa
Nel girone gli è stato preferito, un po’ a sorpresa, Domenico Berardi. Va bene cosi, il capitano del Sassuolo ha fatto un ottimo girone. Federico si è seduto zitto zitto, sapendo che la volta per colpire ci sarebbe stata. E l’occasione per far ricredere Mancini è capitata nel primo tempo supplementare della partita contro l’Austria. Spinazzola allarga, Chiesa colpisce. Da lì un Europeo senza senso, giocato ad un livello impressionante per intensità, fame e voglia di arrivare. Quando tutti erano stanchi, lui si stava solo riscaldando, e, quindi, tutti sapevano a chi passarla. La Chiesa al centro del villaggio, appunto.

Fonte foto: profilo Instagram @euro2020
Messi
Colui che ha l’onore di essere paragonato al grande Diego. L’unico. E ora il paragone può essere anche fondato, perché è riuscito a vincere anche lui un trofeo con l’Argentina. Un torneo in cui ha dimostrato ancora una volta di essere il più forte, trascinando la sua nazionale ad una vittoria che porta soprattutto il suo nome. Gol di una bellezza impressionate, assist a non finire. Ha dominato il Sud America, vincendo finalmente una delle due coppe mancanti nella sua straordinaria bacheca.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia