A poco più di un anno di distanza da quel tragico (sportivamente parlando) Italia-Svezia, a San Siro è ancora 0-0. Gli azzurri non riescono a violare la rete del Portogallo, nonostante un’abbondante ora di buon gioco e di occasioni create. Una prestazione che ripercorre in molti aspetti l’andamento della gara contro la Polonia, confermandone le sensazioni positive e le lacune. Alla luce dell’ultima uscita degli azzurri nella competizione, e del percorso tracciato da Mancini fino ad oggi, è possibile tracciare un bilancio provvisorio.
IL CENTROCAMPO

Dal reparto cardine arrivano le principali novità e sensazioni positive, soprattutto relativamente alle ultime due uscite. Il trio composto da Jorginho, Barella e Verratti è un inno alla qualità che non solo determina un preciso atteggiamento con il quale gli uomini devono andare in campo, e cioè cercando di dominare il possesso palla e i ritmi della partita sin dal primo minuto, ma rovescia anche lo stereotipo dell’Italia catenacciara e opportunista costruitosi negli anni. E in effetti l’Italia vista con Polonia e Portogallo ha avuto il controllo della situazione per almeno un’ora in entrambe le situazioni, elaborando un gioco palla a terra a tratti esteticamente apprezzabile ma sapendo, al tempo stesso, contrarre gli avversari attraverso un pressing molto aggressivo.
Verratti, su tutti, ha dato i segnali più incoraggianti: ha avuto molto più coraggio nel verticalizzare e nel cercare il fraseggio con i compagni, ha messo la consueta dose di grinta al momento di tamponare. In poche parole, ha dimostrato di essere leader del reparto e della squadra. Bene anche la new entry Barella, che fornisce quella dose di fisicità e dinamismo necessari per arrivare nella metà campo avversaria. L’equivoco forse più grande di questo schieramento è la presenza di Jorginho, non tanto per il rendimento tenuto quanto per una questione di caratteristiche in campo: lui e Verratti, in poche parole, si pestano un po’ i piedi. Se è vero che tutta questa capacità in regia permette un dominio del gioco per lunghi tratti, è anche vero che nella metà campo avversaria porta un contributo quasi nullo. Ad esempio, dei 15 tiri totali eseguiti ieri sera solo quattro provengono dal centrocampo: da Barella e da Pellegrini, entrato in campo a 10 minuti dalla fine.
Manca, dunque, un giocatore in grado di attaccare lo spazio nell’area avversaria e che abbia il coraggio di tirare in situazioni dal limite (tra Pellegrini, Bonaventura e Cristante le scelte non mancano). Posto che questo Verratti non si tocca, forse un pensierino sul sacrificare, anche solo per prova, l’italo-brasiliano potrebbe essere una scelta vincente. Anche perché l’Italia non ha ancora un gioco tale, e forse non lo avrà mai per qualità complessiva, che consenta a tutti i giocatori, terzini compresi, di arrivare in porta con il pallone come la Spagna del periodo 2008-2012, che poteva permettersi talvolta di giocare senza centravanti.
REBUS CENTRAVANTI

A proposito di centravanti che mancano, si giunge a quello che probabilmente è il più grande cavillo della nostra Nazionale: la presenza (o meno) di un adeguato terminale offensivo. Per il gioco di quest’Italia è un problema non da poco perché il profilo che serve de abbinare non solo la capacità di attaccare la profondità, ma anche quella di giocare spalle alla porta e fraseggiare con i compagni (all’occorrenza mandandoli lui stesso in porta). Per un motivo o per l’altro questo profilo manca. Immobile, ad esempio, ieri sera è riuscito più volte ad attaccare i difensori agendo alle loro spalle ma è rimasto completamente avulso dalla manovra: 18 tocchi durante i 74 minuti in campo, meno di tutti i titolari (Donnarumma ha messo a referto 41 tocchi). Pavoletti, convocato da Mancini per questa sosta, eccelle nel gioco di sponda ma non può essere un aggressore della profondità e non ha una grande tecnica. Lasagna forse più di Immobile può lavorare spalle alla porta ma non costituisce un miglioramento rispetto a Immobile. Belotti potrebbe essere forse il giusto mix ma, così come Zaza, Balotelli o lo stesso Lasagna, sta faticando ad ingranare nel proprio club. Cutrone meriterebbe una chiamata ma, anche per lui, ci sarebbero dei dubbi tecnici e tattici da verificare. L’alternativa al centravanti si chiama falso nueve ma, tra i vari candidati, forse solo Insigne garantisce continuità in zona gol e una buona capacità di attaccare gli spazi.
E il problema potrebbe essere più significativo di quanto il bel gioco mostrato possa nascondere: nelle 4 partite di Nations League disputate, l’Italia ha segnato appena 2 gol, di cui uno su rigore e uno su palla inattiva.
DIETRO, LE GARANZIE

Non si può negare che gli avversari facciano altrettanta fatica anche solo a raggiungere la nostra porta, almeno per quanto visto nelle ultime due uscite. Le garanzie sono fornite in primis dal ragazzo che ieri raggiungeva le 100 presenze con la maglia azzurra e che portava la fascia al braccio sinistro, ovvero Giorgio Chiellini. Il difensore della Juventus non solo stupisce per il consueto tempismo nelle chiusure, ma anche perché sta dimostrando di potersi calare benissimo in questa Italia propositiva e qualitativa. Ripescando tra le reminiscenze dei suoi primi anni di carriera, in cui faceva il terzino sinistro, Chiellini partecipa alla manovra azzurra, ormai, alla stessa stregua di Bonucci, Jorginho e Verratti, anche se ovviamente con qualità diversa. Ieri ben 116 passaggi effettuati (4 in più di Verratti e 7 in meno rispetto a Bonucci e Jorginho) di cui 75 diretti in avanti e 9 di lungo raggio. Giusto menzionare un Bonucci, accanto a lui, decisamente sicuro e vittima ingiusta, ieri, dei fischi di San Siro (che, pian piano, si sono peraltro affievoliti), come anche un Donnarumma che, in Nations League, ha dato un grande contributo a quei 2 soli gol subiti (11 parate totali in 4 partite, e se consideriamo che ieri è stato impegnato solo una volta la media nelle precedenti partite aumenta considerevolmente).
Da rivedere, forse, la coppia di terzini formata da Florenzi e Biraghi: se da un lato Cancelo e Mario Rui, in collaborazione con Bernardo Silva e Bruma, potevano essere due spine nel fianco, i due laterali azzurri sono stati fin troppo timidi al momento di supportare la manovra offensiva. E anzi, il terzino destro della Juventus è stato tra i più positivi dei lusitani, proprio in virtù anche della poca sollecitazione dalla nostra corsia di sinistra. È però da sottolineare in positivo l’insistenza di Mancini nel proporre questa coppia: troppo a lungo le fasce sono state soggette ad un alternanza di profili diversi.
In sintesi, alla rocciosità difensiva e alla mole di gioco creata bisognano ora aggiungere i gol attraverso opportuni accorgimenti. Ma ciò che non si può discutere è che Roberto Mancini, almeno per ora, abbia riportato entusiasmo attorno all’ambiente azzurro, grazie ad una squadra propositiva e che, soprattutto, ha ritrovato la voglia di indossare la maglia azzurra. Quella che prima sembrava solo una scalata di 3000 metri, ora sembra trovare una lieve discesa in piano.