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Italia, conquistare l'Europa si può: chi andrà fino in fondo?

Champions League

L’Italia alla conquista dell’Europa: chi andrà fino in fondo?

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Delle sette squadre italiane che a inizio stagione figuravano nelle griglie di partenze delle diverse competizioni europee, oggi, a marzo inoltrato, ne sono rimaste sei. Un risultato tanto inatteso quanto, oggettivamente, insperato. L’ultima volta che l’Italia era stata in grado di portare almeno sei rappresentanti del suo calcio ai quarti di finale delle coppe europee risale alla stagione 1998/1999. Prima di allora era successo solo nel 1990/1991. Quella di quest’anno è appena la terza volta. Epoche diverse, rapporti di forza immensamente ribaltati.

Negli anni ’90 il calcio italiano dominava il vecchio continente. Tra il 1989 e il 1999 i trionfi tricolore in terra europea furono ben 15, con Milan, Inter, Juventus, Sampdoria, Lazio, Parma e Napoli che riuscirono a conquistare alternativamente Coppa dei Campioni/Champions League, Coppa UEFA e Coppa delle Coppe. Un dominio totale e incontrastato che mise l’Italia al centro del calcio mondiale. Il calcio più bello si faceva qui, i grandi fenomeni giocavano in Serie A, non in Inghilterra, Spagna, Germania o Francia.

Oggi, la storia è diversa. Esclusa la vittoria della Conference League della Roma di un anno fa, l’ultimo grande trofeo europeo vinto da una squadra italiana è la Champions dell’Inter del 2010. Sono passati 13 anni, in mezzo le due finali perse dalla Juventus contro Barcellona (2015) e Real Madrid (2017) e poco altro. Milan e Inter hanno smarrito la strada per un periodo eccessivamente lungo, mancando l’appuntamento con il grande palcoscenico rispettivamente per sette e sei stagioni. Il traguardo raggiunto, per questa ragione, è notevole, una boccata d’aria fresca per le nostre squadre.

ORIZZONTI DI GLORIA

I sorteggi di Nyon, inoltre, lasciano aperta ben più di una semplice finestra per sperare in un exploit italiano. Inter-Benfica e Milan-Napoli ai quarti di finale di Champions League, appaiate nello stesso lato del tabellone, con conseguente possibilità di vedere una semifinale tutta italiana e il 75% di avere un club nostrano nella finale della massima competizione calcistica europea.

Un’urna benevola anche per Roma, Juventus in Europa League e Fiorentina in Conference. La squadra di Mourinho affronterà il Feyenoord, già sconfitto nel maggio scorso a Tirana, e, qualora passasse il turno, la vincente di Union Saint Gilloise-Bayer Leverkusen. La Vecchia Signora, invece, è stata meno fortunata. Il doppio confronto con lo Sporting Lisbona giustiziere dell’Arsenal e l’ipotetico scontro con il Manchester United in semifinale sono due ostacoli non indifferenti. La formazione allenata da Allegri, ad ogni modo, è superiore ai portoghesi, per storia e campioni a disposizione. La viola, infine, se la vedrà con il Lech Poznan, per poi disputare la semifinale con Nizza o Basilea. L’unica vera altra contendente al titolo è il West Ham, quartultimo in Premier League.

Il cammino delle sei squadre è stato diverso per ognuna di loro. Idee di calcio differenti, spesso lontane anni luce, non sempre efficaci ma ugualmente vincenti, per ora. L’identità italiana, nella sostanza, è sempre la stessa. Difesa, solidità, attenzione, intensità e compattezza, con qualche eccezione, più o meno evidente. L’unico vero cortocircuito è il Napoli, l’esempio migliore di cosa voglia dire giocare bene a pallone. I ragazzi terribili di Spalletti, attualmente, sono la cosa più bella che si possa vedere su un campo da calcio. Guardiola, forse con un po’ di astuzia e malizia, li ha definiti la squadra più forte d’Europa, stizzendo e non poco l’allenatore toscano.

Pur comprendendo l’intenzione e la necessità di proteggere la meravigliosa creatura che è il suo Napoli da questi giochi mentali subdoli, è innegabile che non esista qualcosa di paragonabile. I partenopei hanno dominato il girone, vincendo cinque partite, segnando 20 reti e subendone appena 6. Agli ottavi, contro l’Eintracht, non c’è mai stata partita. Il 5-0 di parziale complessivo sarebbe potuto essere molto più ampio. Il cammino verso la finale, per quanto in Champions League non esistano partite facili, è pressoché segnato. Evitati gli spauracchi di Real Madrid, Bayern Monaco e Manchester City, il Napoli ha un’occasione più unica che rara di scrivere la storia, più di quanto non lo stia già facendo. La città di Pulcinella è pronta a sognare.

LA MADONNINA E MICHELANGELO

Il discorso potrebbe e dovrebbe essere simile anche per Milan e Inter. Il lato del tabellone, senza se e senza ma, è quello più abbordabile. Il solo pensiero di finire dall’altro lato imponeva, con una certezza quasi totalizzante, di pensare al campionato, vestendo i panni delle vittime sacrificali. Il destino e le mani della coppia Altintop-Kluivert hanno deciso il contrario. Le due milanesi hanno l’obbligo di provare a raggiungere l’atto finale perché difficilmente ricapiterà una possibilità tanto ghiotta.

Il percorso del Diavolo è stato in linea con le aspettative. Il girone, superato tra alti e bassi alle spalle del Chelsea, perdendo entrambi gli scontri diretti ma dominando Dinamo Zagabria e Salisburgo. Gli ottavi, invece, hanno rappresentato il primo banco di prova. Il Tottenham, sulla carta superiore e favorito, è stato dominato in lungo e in largo, offensivamente e difensivamente. L’1-0 complessivo non rende giustizia a quanto fatto vedere nei 120′.

Di tutte le italiane, il Milan è quello che più si avvicina al calcio europeo e moderno del Napoli. Un football verticale, votato all’attacco, con l’obiettivo di divertire e divertirsi, abbinando una fase difensiva attenta e fisica, grazie soprattutto alla ritrovata solidità con la difesa a tre. Il sorteggio è stato il più benevolo possibile, considerando chi avrebbe potuto pescare. La finale, inoltre, è a Istanbul, dove 18 anni fa accadde l’imponderabile nei tre minuti più folli della storia del calcio. Il destino, se esiste, sta cercando di mandare un segnale.

Dall’altro lato dei Navigli, l’Inter non può permettersi di sottovalutare il Benfica. La squadra di Roger Schmidt sta giocando un calcio semplicemente meraviglioso. Come l’Ajax nel 2019, i lusitani potrebbero essere la mina vagante di questa edizione. I nerazzurri, invece, continuano a mostrare un doppio volto ancora difficile da decifrare, alternando prestazioni da top team ad altre mediocri. Il girone si pensava fosse proibitivo, con Barcellona e Bayern Monaco. L’Inter, al contrario, ha stupito tutti, eliminando il Barça con 4 punti conquistati su 6 disponibili. Gli ottavi con il Porto, tuttavia, sono stati un campanello d’allarme.

Difficoltà a costruire occasioni da rete, poche soluzioni offensive e scarsa verve sotto porta. Il ritorno in Portogallo è stato burrascoso. La squadra di Inzaghi ha rischiato, venendo surclassata per 90′, specialmente nell’ultima frazione di gioco, con il doppio legno colpito dal Porto a tempo scaduto. La difesa a oltranza ha pagato, ma contro il Benfica non sarà sufficiente. I lusitani, nel girone, hanno chiuso al primo posto davanti a Juve e PSG, vincendo in Italia e pareggiando a Parigi.

Scendendo in Conference League, la Fiorentina è in assoluto la favorita. L’eliminazione del Villarreal sposta tutta la pressione sulla squadra di Italiano. La prima fase non è stata brillante, come tutta la scorsa metà di stagione. La viola creava tanto ma concretizzava molto poco. Una tendenza negativa che l’ha obbligata a passare per lo spareggio. Ora, il trend è cambiato. Il gioco dei toscani, sempre bello, adesso è anche efficace. Cabral e Jovic si sono sbloccati e la Fiorentina ha passato in scioltezza i due turni a eliminazione diretta. I quarti contro il Lech Poznan impongono il passaggio del turno, così come la possibile semifinale con la vincente di Basilea-Nizza. L’unico ostacolo, possibilmente in finale, è il West Ham, invischiato nella lotta per non retrocedere in Championship.

UN CALCIO TROPPO ITALIANO

Last but not least, Roma e Juventus. Tolto il Manchester United, le due più forti. Chi dice il contrario è in malafede. Le rose di entrambe sono complete, profonde e ricche di talento. Con il materiale a disposizione il limite dovrebbe essere l’orizzonte. Eppure, bianconeri e giallorossi non riescono a convincere a pieno. Sarà per lo stile di gioco eccessivamente italiano, incentrato su tattica e difesa, con poche idee offensive e tanto del lavoro d’attacco affidato alla qualità dei singoli. Un calcio tutto sommato efficace che, come mostrano i dati, sta dando i suoi frutti. La Vecchia Signora, in campionato, senza i 15 punti di penalizzazione sarebbe seconda dietro al Napoli. La Roma, dal canto suo, è in piena lotta per il quarto posto.

Un’idea che divide, fa discutere, crea dibattiti infiniti. Esiste un modo giusto di interpretare il football? Probabilmente no, ognuno ha il diritto di portare avanti la propria tesi, indipendentemente dalle influenze esterne. Quello che non può essere negato, però, è che il calcio si sta muovendo in una direzione diversa, propositiva, all’avanguardia. Il catenaccio all’italiana sta scomparendo, con le giuste eccezioni.

La Roma, nella trasferta di San Sebastiàn, ha concluso la gara con il 23.6% di possesso palla, completando 111 passaggi contro i 560 degli avversari, tirando tre volte (zero in porta) rispetto ai 19 tentativi dei baschi. Un caso? No, Mourinho ha fatto la partita che aveva intenzione di fare. Il 2-0 dell’andata rappresentava l’occasione perfetta per poterlo fare. L’allenatore portoghese ha voluto difendere a oltranza, difendendo con le unghie e con i denti il parziale, riuscendoci. Può non piacere, il calcio, però, è anche questo.

La Juventus, è noto, non eccelle per un calcio spumeggiante. L’idea di Allegri si sposa con dettami tradizionalmente italiani, con grande rigidità difensiva, solidità e compattezza. I giocatori di talento, poi, sono liberi di inventare e fare male alle avversarie, spesso sfruttando le ripartenze, con gamba, corsa e grinta. L’Europa League bianconera, al momento, è stata così. Le giocate di Di Maria, di fatto, hanno deciso lo spareggio con il Nantes e l’ottavo di finale con il Friburgo. Da ora in avanti servirà qualcosa in più, soprattutto perché la Juventus è capitata dalla parte più complicata del tabellone. Vincere il torneo, in attesa della sentenza sui 15 punti di penalizzazione, è importante per centrare la qualificazione in Champions League.

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San Siro verso l’apertura per la finale di Champions: tutte le informazioni

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Sale l’attesa a Milano per la finale di Champions League del 10 giugno, tra Manchester City ed Inter. Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, dovrebbe essere vicina anche l’ufficialità dell’apertura di San Siro per la finalissima.

MAXI SCHERMO A SAN SIRO

La politica attuata dal Comune di Milano è chiara: aprire l’impianto ai tifosi nerazzurri per evitare assembramenti in piazza Duomo e negli altri punti clou della città. I posti disponibili all’interno dello stadio dovrebbero essere circa trentamila. I biglietti, invece, avranno prezzi diversi ma contenuti, per far accedere più supporters possibili. Come in occasione dei concerti, verranno utilizzati tutti e tre gli anelli del “rosso” e probabilmente gli spicchi laterali del “verde” e del “blu“. Nel settore arancio, invece, verrà installato un maxi schermo collegato direttamente con lo Stadio Atatürk.

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Le ultime dalla Pinetina: Skriniar in gruppo, Mkhitaryan preoccupa l’Inter

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Con la qualificazione alla prossima Champions League già ottenuta, l’Inter si appresta ad affrontare l’ultima partita di campionato con serenità, in attesa della grande finale del 10 giugno contro il Manchester City.

Nell’allenamento odierno dei nerazzurri si sono rivisti in gruppo Danilo D’Ambrosio, uscito malconcio dall’ultima gara con l’Atalanta, e Milan Skriniar, assente da febbraio per infortunio. Entrambi dovrebbero essere a disposizione per il match di sabato contro il Torino, con il difensore italiano che potrebbe anche partire titolare. Ancora assenti, invece, Mkhitaryan e Correa che quest’oggi hanno lavorato a parte.

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Chi commenterà la finale di Champions su Sky? L’annuncio direttamente dal telecronista!

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Il 10 giugno si avvicina sempre di più e, di conseguenza, anche la finale di UEFA Champions League. Gran parte degli italiani (e non solo) appassionati di calcio saranno collegati in diretta televisiva per assistere alla gara dell’Ataturk Olimpiyat di Istanbul, in cui si affronteranno Manchester City ed Inter.

Sembrava sempre più concreta la possibilità di assistere ad un match supportato dalla telecronaca di Massimo Marianella, ma sono arrivate conferme ufficiali che affermano tutt’altro. I telecronisti disegnati per dirigere il match su Sky, infatti, saranno gli inseparabili Fabio Caressa Beppe Bergomi, grande leggenda della Beneamata. L’annuncio ufficiale è arrivato attraverso i profili social del giornalista romano, che ha pubblicato una foto con Bergomi, allegandovi il messaggio:“Budapest insieme in studio e poi… Istanbul!”

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Vieri crede nell’Inter: “Squadra forte, deve giocarsela alla pari col City”

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Manca sempre meno al 10 giugno, giorno in cui si disputerà la finale di Champions League Manchester City-Inter. L’Inter guidata da Inzaghi tenterà l’impresa contro i Citizens di Guardiola, ma il match è tutt’altro che scontato. Difatti l’Inter viene da un momento di forma strepitoso, dove tutti sembrano nelle condizioni fisiche e mentali ottimali in vista di questo impegno. Sulla finale contro il City ha dato una sua visione l’ex attaccante dell’Inter Christian Vieri.

LE DICHIARAZIONI DI VIERI VERSO MANCHESTER CITY-INTER

Di seguito le dichiarazioni di Vieri in un intervento alla Bobo TV organizzata a Firenze:

INTER SUPERIORE AL CITY – “Il centrocampo dell’Inter è straforte, l’attacco dell’Inter è straforte, secondo me più forte del City. L’Inter ha tre giocatori che possono fare gol, il City ne ha uno che Haaland”.

IMPOSTAZIONE DELLA FINALE – “Se sono l’Inter io me la vado a giocare, non faccio una partita in cui aspetto solo che mi facciano gol. La squadra è forte, non vado a giocarmela basso, se vado in finale io me la vado a giocare alla pari”.

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