Fffffffiiiiiiuuuuu. Ci verrebbe da rubare la citazione “allegriana” per stemperare la tensione che ieri sera si era creata intorno ad una nazionale che da tempo non era così bella ma così inefficace sottoporta. Eppure, nel catino di Chorzow, il rodaggio della nuova Italia di Mancini sembra finalmente essersi completato, quantomeno per intenzioni, gioco, idee, personalità ed identità, parole che da tempo cercavamo e che forse si erano congelate in una delle più famose trasferte svedesi di quasi un anno fa. Per la prima volta, Mancini sembra aver trovato la quadra e gli uomini che formeranno lo zoccolo duro di questa nazionale e schiera lo stesso undici della partita contro l’Ucraina, che destava dubbi per un centrocampo leggero contro una squadra di ben altra caratura. Ed invece le intenzioni non si sono assopite, perchè il centrocampo a tre misto continua ad essere la sorgente primaria del prolungato possesso palla, delle verticalizzazioni o dei veloci scambi con i brevilinei d’attacco, lasciandoci però sempre al problema primario di trovare il vero numero nove.
E se parliamo di possesso palla, parliamo forzatamente di Marco Verratti, che da qualche anno doveva rappresentare il futuro e ha fallito a timbrare il cartellino per infortuni e per un costante posizionamento sbagliato da parte degli allenatori precedenti, che quasi lo consideravano un surplus di lusso piuttosto che un giocatore dalla quale far partire le azioni. Oggi invece, in quello che è stato il tiki-taka italiano (68% di possesso palla), possiamo affermare che l’Italia sia una squadra verratticentrica, che ha bisogno del pescarese per iniziare l’azione o per gestire la palla in qualsiasi momento della partita. Interessante la lettura fornita da Fabrizio Ravanelli nel post-partita su L’Equipe: “Verratti è un giocatore fondamentale per questa squadra, uno che la palla la vuole sempre e comunque per giocarla. Io ne vorrei undici di Verratti, perché i giocatori con personalità sono ormai merce rara, c’è anche chi nei momenti difficili preferisce nascondersi” . Qui di seguito i momenti della partita nella quale il numero 6 ha saputo mostrare tutto il suo repertorio, molto più misto e variegato di quanto in Italia si possa pensare.
TATTICAMENTE VERRATTI
Lungi dal voler essere una lode unica al pescarese, perché Jorginho e Barella meriterebbero cotanta attenzione, soffermiamoci però sui differenti modi nella quale il centrocampista del Paris Saint Germain riesce a capire la partita e perché. Innanzitutto, Verratti è una mezzala con spiccate doti di regia, perlomeno tecniche, che preferisce restare su una costola del centrocampo per poter interscambiarsi con il regista o per avviare trame offensive interessanti con gli esterni d’attacco, quali passaggi in profondità (spesso rasoterra), uno-due veloci o cambi di gioco. È quello che nell’Italia sta riuscendo a fare così bene grazie alla presenza di Jorginho mentre nel PSG invece c’è difficoltà a causa dell’assenza di un vero 5 dopo il ritiro di Thiago Motta.
Nel primo frame vediamo Verratti agire da regista e scambiarsi la posizione con Jorginho

Pallone ricevuto da Bonucci.

Corsa verticale che permette di guadagnare campo e di ricominciare più rapidamente l’azione
In questo secondo frame invece, Verratti agisce da vera mezzala, ricevendo il pallone da Jorginho sul corridoio sinistro per poi scambiarlo con Insigne pur essendo in inferiorità numerica.


Insigne gli restituisce la palla

Chiuso e pressato, Verratti e bravo a scaricare su Biraghi

E ad inserirsi in profondità, attirando a sé i centrocampisti polacchi e permettendo ad Insigne di cambiare gioco.
Al 18esimo minuto altre due giocate di classe che portano Biraghi ad un cross interessante che nessun attaccante segue:

Palla ricevuta da Jorginho, Zielinski pronto a rubarla

Finta di corpo, pallone fatto scorrere e avversario lasciato sul posto per servire il terzino

Successivamente viene servito da Bernardeschi, che muovendosi in quella zona del campo crea densità intorno a lui lasciando libero Biraghi di crossare.

Alla mezz’ora, altra azione da notare, una delle più particolari con un build-up inizialmente classico, dove il terzino (Biraghi), serve Verratti, che invece di continuare il gioco rasoterra, che non stava più portando troppi pericoli, preferisce uno scavetto a servire il taglio di Chiesa:

Taglio di Chiesa (in giallo) prontamente servito da Verratti (rosso)

Chiesa non arriva sulla palla per un soffio.
Quando si parla di qualità, si parla anche di giocatori capaci di esaltarsi nella pressione e di vedere con semplicità cose che i compagni hanno visualizzato un nano secondo più tardi, come al minuto 43, quando l’azzurro riceve con due uomini addosso

Verratti riceve da Florenzi
Ed è bravo a liberarsi dell’uomo con un tacco che serve Chiesa, alle sue spalle, ed avvia di fatto un’azione che può rivelarsi pericolosa

Nel secondo tempo, pur calando di intensità ma in minore portata rispetto alla partita contro l’Ucraina, le azioni saranno similari e ciò che bisogna ritenere è un bel recupero palla di Verratti al minuto 89, quando spesso era stato tacciato di poco impegno e scarsa corsa.

Verratti fa 40 metri palla al piede per fungere da centrale difensivo a causa di una difesa scoperta e sbilanciata

Piccini e Chiellini provano a chiudere le linee di passaggio laterali mentre Verratti è bravo ad opporsi centralmente, sfruttando il recupero di Barella

Verratti è poi bravo a recuperare palla e prendere fallo da Lewandowski.
IN CONCLUSIONE
Un’Italia che vuole avere la supremazia del gioco e primeggiare sul possesso palla deve dover puntare in primis su un giocatore come Verratti, quantomeno perché nella rosa esistono i giocatori complementari alle sue caratteristiche. Il calcio è uno sport tatticamente complicato ma anche relativamente semplice, perché se un giocatore è in nazionale dovrà essere messo nelle condizioni di agire nel migliore dei modi, ed in questo Mancini sta andando nella direzione giusta. Che sia utopia poter pensare di effettuare sempre questo tipo di partita? Se c’è la qualità, e la Spagna lo ha insegnato per anni, non si dovrebbe aver paura di nessuno, anche se cambiare spartito non vorrebbe dire condannare le proprie idee ma magari dargli una forma diversa. Per adesso, quest’Italia e questo Verratti altro non fanno che aumentare le speranze.