Per la Juventus non è ancora il momento di riporre nel cassetto l’abito da sera e sgombrare la pista da ballo, per la prossima stagione. L’addio di Paulo Dybala, arrivato a scadenza di contratto con la Vecchia Signora e destinato verso altri club, sembrava portare verso una Juventus priva di argentini. Invece il posto della Joya potrebbe essere rapidamente preso da Angel Di Maria.
Il Fideo è in dirittura di arrivo e sarebbe il 18º giocatore argentino della storia del club torinese. Una storia fatta di alti e bassi, di successi e flop. Una storia che, però, ha indubbiamente caratterizzato il carattere e l’anima della Juventus.
LE ORIGINI
In origine ci fu Raimundo Orsi, centravanti che si era messo in mostra nei Giochi Olimpici del 1928 nei Paesi Bassi. La sua Argentina arrivò seconda, alle spalle dell’Uruguay. Ma la dirigenza bianconera fu colpita dal giocatore, e decise di portarlo a Torino. Con i bianconeri Orsi disputò 194 partite, segnando 85 reti e trascinando il club alla vittoria di cinque scudetti consecutivi, tra il 1930 e il 1935. Lasciò nel 1935. Tuttora, Orsi è il secondo argentino con più presenze nel club, alle spalle di Paulo Dybala.
Insieme a lui, in quei 7 anni, altri due compagni di squadra, che non ebbero le stesse fortune. Castellucci, centrocampista con sole due presenze in bianconero, che lasciò dopo un anno. E Felix Maglio, attaccante: per lui due stagioni, 18 partite e 6 gol.
METEORE
Dopo l’addio di Orsi si è dovuto aspettare parecchi anni prima di ritornare a godere di giocatori argentini in maglia bianconera. Più precisamente, bisognerà attendere gli anni a cavallo del 1960.
In quegli anni, però, gli argentini che vestirono la maglia della Juventus non lasciarono particolari ricordi. Juan Vairo e Raul Conti passarono per Torino senza lasciare particolari ricordi. Una stagione a testa, in annate diverse, per un totale di 40 partite e 10 gol. Ancor meno fece Miguel Longo, difensore che non indossò mai la maglia della Juventus, mentre giocò più di 240 partite con il Cagliari.
Facendo un salto avanti di un altro ventennio, i “carneidi” argentini della Juventus non cessarono. Hugo Rubini, portiere, arrivò a Torino in giovanissima età e lasciò il club dopo un anno. Su Juan Pablo Sorìn, invece, ci furono più speranze: brutalmente disilluse. Solo 5 gettoni tra luglio 1995 e gennaio 1996. Ma la soddisfazione di essere nella lista della squadra che ha vinto la Champions League, al termine di quell’anno.
Stessa sorte anche per Juan Esnáider. Due anni tra il 1999 e il 2001, poche presenza, pochi gol ed una bocciatura abbastanza netta.
GLI ANNI DUEMILA: LA RINASCITA
Nel terzo millennio ci fu un’inversione di rotta abbastanza netta. Se Esnáider lasciò il club da “attaccante poco prolifico“, in seguito è stata soprattutto la zona offensiva a giovarne. Prima, pero, ci fu Almiron. Centrocampista che a Torino fu di passaggio, ma riuscii a trovare spazio altrove. Bari, Catania ed Empoli soprattutto.
Nel 2013 arrivò Carlos Tevez. Colui che segnerà inequivocabilmente un prima e un dopo, per gli argentini in bianconero. Tevez fu il trascinatore della Juventus di Conte prima e Allegri poi. Vestì la 10 lasciata libera da Del Piero, come vestiva quella del Boca Junior, indossata da Maradona. E nel campo diede spettacolo. La storia di Tevez arrivò ad un passo dal sogno. Perse la finale di Champions League 2015 contro il Barcellona. La sesta della sua storia. A fine stagione torna al Boca Junior per una scelta di cuore. In cambio la Juventus pescherà alcuni giovani talenti dal Boca Junior. Tra questi c’è Guido Vadalà, una delle più grosse meteore della storia: mai in prima squadra, relegato alla formazione Primavera e bocciato miseramente.
Non ha fatto male, invece, Roberto Pereyra. Il Tucu è stato un ottimo innesto per un Max Allegri alla sua prima stagione in bianconero. Ad oggi gioca nell’Udinese: club che nel 2011 lo ha pescato dal River Plate.
Romero e Soulé sono stati gli ultimi nomi argentini ad entrare a far parte della Juventus. Entrambi, però, non hanno presenze con il club. Romero è stato acquistato dal club, ma tra prestiti e vendite non ha mai indossato la casacca bianconera. Soulé si è preso la scena in quest’ultima stagione, ma il suo esordio, di fatto, non può reputarsi tale. Subentrato al 95′ di Salernitana-Juve, di fatto assistendo al rigore sbagliato da Dybala, un attimo prima del fischio finale di Fourneau.
JUVENTUS IN HD
Più di Tevez. Più di Orsi. Probabilmente anche più di Sivori, di cui parleremo in seguito. L’apporto che Paulo Dybala ha dato alla Juventus lo ha reso l’argentino più importante della storia del club. 293 partite ufficiali, con 115 gol all’attivo. Numeri che lo rendono l’argentino più presente e più prolifico della storia del club.
Arrivato dal Palermo, nel 2015, a 40 milioni di euro, Dybala è stato il fulcro attorno al quale è stata costruita la Juventus, negli ultimi 7 anni. Anche se, probabilmente, nella scelta del mancato rinnovo di contratto pesa il fatto di non essere mai stato messo davvero al centro del progetto. Tuttavia, la storia tra Dybala e la Juventus è stata quella che ha definitivamente rivoluzionato il rapporto del club con l’Argentina. Al suo fianco, nel 2016, si è aggiunto Gonzalo Higuain, bomber franco-argentino in arrivo dagli acerrimi nemici del Napoli.

L’associazione dei nomi è stata immediata. Con il genio di Dybala e la prolificità di Higuain, fresco di 36 gol in una sola stagione, l’attacco della Juventus vedeva la porta avversaria “in HD“. In totale, sono stati ben 181 le reti messe a referto dai due giocatori. E, come per Tevez, la finale di Champions League di Cardiff, nel 2017, resta un neo pesante sulla loro avventura in bianconero.
Higuain ha svestito la maglia nell’estate 2020. Dybala lo seguirà due anni più tardi.
ORIUNDI ALLA JUVENTUS
Nella lista dei 17 argentini citati, mancano volontariamente alcuni giocatori oriundi. Tra questi, sono principalmente tre i nomi che spiccano sugli altri.
Omar Sivori, Luis Monti e Mauro German Camoranesi.
Il primo è un simbolo della storia della Juventus. Più di 250 partite giocatore e più di 160 gol segnati con la maglia della Juventus. Oltre alla soddisfazione di essere stato, probabilmente, il primo vero “numero 10” del club. Dopo gli anni in Argentina, con il River Plate, dal 1961 sposerà la nazionale italiana. All’epoca i giocatori potevano cambiare anche la maglia della nazionale, quindi Sivori vestì per 19 volte la maglia albiceleste e per 9 volte quella azzurra. Ma l’apporto da “italiano” di Sivori è da ricercare pià nella sua esperienza in Serie A, tra Juventus e Napoli, che con la nazionale.
Luis Monti, invece, con la nazionale italiana si è cucito il mondiale sul petto. Nel 1931 Monti, mediano di rottura dell’Argentina finalista al mondiale 1930, si trasferì alla Juventus, dove ritroverà Orsi. Insieme parteciperanno alla conquista di quattro scudetti. Mentre dal 1932, grazie ai suoi avi di origine italiana, potè indossare la maglia della nazionale italiana. Tuttora è l’unico calciatore ad aver disputato una finale mondiale con due nazionali diverse.
Camoranesi, invece, è stato una colonna portante della Juventus e dell’Italia di inizio Terzo Millennio. Per lui nessuna esperienza con la nazionale argentina, ma il progetto azzurro sposato sin dal 2003. Era nella storica spedizione in Germania del mondiale 2006. E con la Juventus ha mentenuto contatto con il club anche nella stagione della Serie B, nel 2006/07. Lascerà il club tra gli applausi nel 2010, dopo 8 stagioni e più di 200 presenze.