Il calcio è soltanto uno sport, dicono alcuni. Il più bello però, rispondo altri. Probabilmente il più crudele. È possibile uscire da un preliminare di Europa League senza aver subito nemmeno un goal? Sì, e l’Atalanta lo ha testato sulla propria pelle.
IL PERCORSO
Un’estate turbolenta per l’Atalanta, culminata nei peggiori dei modi. In casa nerazzurra in questi mesi si è passati da una speranza di qualificazione europea diretta ai danni del Milan – inizialmente escluso dalla Uefa per incertezze economiche – fino ad una rassegnazione a disputare un agosto infuocato di impegni con i preliminari di Europa League – il passaggio societario da Mr. Li a Elliot, in chiave rossonera, ha aiutato molto nella riammissione in coppa da parte del Tas -.
Gasperini, a malincuore, ha accettato il verdetto extra-campo: non vedendo il calendario – veramente fitto di partite -, ma guardando il bicchiere mezzo pieno, pensando che così tanti match potessero portare la sua squadra ad una condizione fisica ottimale in vista del campionato.

Tra l’Atalanta e l’obiettivo “gironi di Europa League” si sono contrapposte tre squadre, rispettivamente al terzo, secondo e ultimo turno preliminare. Il Sarajevo, al primo impegno, è stato spazzato via senza troppe difficoltà: se all’andata i nerazzurri hanno dovuto faticare – 2 a 2 il risultato, con l’Atalanta rimontata da un doppio vantaggio -, al ritorno in terra bosniaca il punteggio è stato molto più che tennistico – 8 a 0 per la banda di Gasperini, che ha fatto passare l’impegno come una partitella d’allenamento -.
L’Hapoel Haifa, che nel frattempo era passata di misura contro l’impronunciabile Hafnarfjörðar – club della 5° divisione islandese -, ha provato a mettersi di traverso all’Atalanta, senza ottenere risultati: 4-1 all’andata fuori casa, 2-0 al Mapei Stadium.

16 goal fatti e soltanto 3 reti subite. L’Atalanta si presentava così all’ultimo scoglio europeo. Di fronte il Copenaghen, anch’esso prolifico – 13 reti -, ma soprattutto solido dietro – 3 goal incassati, tra cui uno su rigore -.
La linea che separa una vittoria da una sconfitta è sottile, gracile. A volte basta una svista arbitrale, un errore in marcatura di un tuo difensore o un passaggio sbagliato del centrocampista che finisce nei piedi dell’avversario. Altre volte questo filo di lana che oscilla tra trionfo e disfatta può essere spostato da un’attaccante poco preciso sotto porta o da un tiro che finisce per sbattere sulla traversa. Per l’Atalanta, questi ultimi due esempi rappresentano appieno la sentenza da dentro e fuori dell’Europa League: due attaccanti che sbagliano la lotteria dei calci di rigore, con il Papu Gomez, forse il più rassicurante dagli undici metri per le sue doti tecniche, che prende in pieno la traversa.
LA DEA… BENDATA
Per i religiosi, la fortuna è rappresentata da un intervento angelico. Per gli storici, come una dea bendata che distribuisce indiscriminatamente il bene o il male. Per i tifosi dell’Atalanta, da giovedì sera, la fortuna è raffigurata da quei pochi centimetri che hanno lambito il palo e la traversa – rispettivamente su punizione al 60’ e ai calci di rigore – nella fredda trasferta danese.

Sia chiaro: attribuire l’eliminazione nerazzurra ad uno scherzo della sorte, facendo passare il fato come un alibi, sarebbe un’analisi errata, perché “vincere comunque”, contro ogni avversità, è la peculiarità che fa grandi le grandi.
La Dea, l’Atalanta, è stata bendata anch’essa: all’andata 19 conclusioni verso la porta avversaria non sono bastate per portarsi in vantaggio. Una vera e propria fascia sugli occhi degli attaccanti bergamaschi, che sono dovuti anche andare incontro ad un ottimo Joronen, il portiere finlandese che sembra aver fatto dimenticare in fretta la partenza di Olsen.
Trend confermato anche nella partita di ritorno, con il Copenaghen che ha vinto di rigore: tattico nei 120 minuti, con una squadra ordinata e fisica in campo, ma anche alla lotteria dagli undici metri. Quattro a tre il risultato finale, con gli errori dal dischetto di Gomez – sulla traversa – e Cornelius – tiro parato – che hanno sbarrato il cammino europeo all’Atalanta.
Le partite a eliminazione diretta sono così, sono diverse da quelle di campionato dove hai sempre la possibilità di rimediare – dice Gasperini -. In questo tipo di gare conta la freddezza, la lucidità, la determinazione nel segnare. Noi non siamo riusciti, su 30 episodi, a realizzarne uno. Ora c’è la delusione, da domani penseremo a preparare il campionato, senza alcun rimpianto
La Dea bendata volge le spalle ad una Dea anch’essa bendata. L’ambiguità della buona sorte.