Il rapido processo di sviluppo, iniziato nel 2014/2015 con il primo campionato di Formula E, sembra aver finalmente portato i suoi frutti: lo scorso Dicembre, ad Hong Kong, è partito il quarto campionato automobilistico interamente dedicato ai prototipi elettrici che sembra finalmente aver raccolto il testimone dalla Formula 1 come “campionato del futuro“, così come la FIA ed il suo presidente Jean Todt si auguravano. La concretezza dello sviluppo di questi motori e l’abilità di unire sostenibilità e passione del pubblico all’interno di circuiti cittadini, situati nelle migliori location del mondo, sembrano essere il miglior biglietto da visita di un campionato destinato ad una crescita esponenziale nei prossimi anni, quando ci sarà un sostanziale miglioramento a livello di “scorrevolezza” delle gare ed alla quale parteciperanno tutte le più influenti case costruttrici, combattendo per lo sviluppo di motori elettrici capaci di primeggiare in pista prima e sul mercato automobilistico poi, a prezzi molto più modici rispetto la Formula 1.
In pieno centro ad Hong Kong, primo E-Prix stagionale.
COM’È’ FATTA UNA FORMULA E
Una vettura di Formula E, lunga 5 metri, larga 1,80 ed alta 1,25 possiede un peso totale di 880kg (con una batteria da 320kg prodotta da Williams), una potenza di 220 kW, ovvero 270 cavalli e può rigenerarsi in corsa per un totale di 175 kW per un’autonomia totale di 50km. Tra questi dati, i più interessanti riguardano il peso e la possibilità di rigenerare energia: il primo è uno degli aspetti sul quale si sta cercando di lavorare assieme alla durata delle batterie nonostante queste vetture, per la loro potenza, necessitino di un’energia equivalente a 4000 batterie per il telefono, mentre il secondo riguarda il Regen, la capacità delle monoposto di avere un plus di energia grazie al freno motore sui freni anteriori, che assicura un tesoretto di 150 kW per frenata. Il rumore è uno degli aspetti più discussi che ha fatto storcere il naso ai critici: una vettura di Formula E può toccare vette di 80 decibel (ovvero una macchina che su strada raggiunge i 110 km/h) rispetto ai 110 di una vettura di Formula 1. Un’altra differenza sostanziale, volutamente cercata, è l’assenza di un eccessivo intervento aerodinamico sulle vetture: le si vede spesso di traverso e sta al pilota, con sapienza ed esperienza, gestire il periodo di attivazione del regen e quello nel quale si ritorna a utilizzare i freni posteriori, che restando freddi per un segmento di gara potrebbero rivelarsi insidiosi.
Il tutto con un costo di 350.000 euro (parlando di carrozzeria + batteria), a cui bisogna sommare il processo di sviluppo per la quale ogni team arriva ad una cifra intorno ai 15 milioni, come affermato dall’inventore della Formula E Alejandro Agag. Ci sono già dentro i tedeschi di Audi, i francesi di Renault e Citroen, gli inglesi di Jaguar, gli indiani di Mahindra, i cinesi di NIO e gli americani di Andretti(sponsor BMW) e Penske, attendendo Porsche, Mercedes e BMW nel 2019. Forse anche Maserati? Marchionne ha affermato di “star guardando la situazione con attenzione per quanto riguarda Ferrari, Maserati ed Alfa Romeo” mentre c’è chi afferma che ci sia già un prototipo in prova a Balocco, la pista privata del gruppo FCA.
I CAMBIAMENTI
Partendo dal presupposto che anche la Formula E, nonostante qualche critica, sia un prodotto FIA, c’è da analizzare quali sono stati i cambiamenti discostanti che ne hanno permesso una così rapida ascesa nell’indice di gradimento degli appassionati di quattro ruote: innanzitutto lo spettacolo è la prima e più importante prerogativa, perché le macchine, identiche in ogni particolare, con batterie e gomme in comune, differiscono solo ed esclusivamente per il motore, in modo che lo sviluppo di ognuno costituisca la vera e propria differenza in pista. A ciò, si è trovato il giusto compromesso per “riavvicinare” lo spettatore alle gare e renderlo partecipe: parlando di calcio, il ds della Roma Ramon Monchi parlava spesso di una “bolla di sapone” nella quale gli atleti si ritrovano a vivere una volta divenuti calciatori professionisti. La Formula 1 sembra aver acquisito le stesse caratteristiche intrinseche del mondo del calcio, con le piste ed i protagonisti ormai ad anni luce lontani dagli appassionati, che si sentono sempre più lontani da un mondo così ideale come quello della massima competizione a quattro ruote. L’idea è stata quindi quella di rivolgersi nuovamente al pubblico con una serie di circuiti cittadini costruiti provvisoriamente all’interno di location da sogno: si passa dai grattacieli di Hong Kong ai giardini di Majorelle, a Marrakesh, sino alle romantiche rues di Parigi passando per Buenos Aires, Santiago del Cile, le fantastiche spiagge di Punta del Este, in Uruguay, Berlino e New York, nella quale lo scorso anno si chiuse il campionato, sulle rive del fiume Hudson. L’arrivo della Formula E in città porta ad un blocco totale e completo ed aiuta questo campionato ad essere sponsorizzato: la gara diventa quasi un evento secondario perché è il contorno ad essere una vera e propria festa, simulando un po’ i passaggi dalle città delle carovane ciclistiche. E’ questo che porta anche i meno appassionati o le popolazioni meno attaccate al mondo del motorsport a divenire pubblico attivo della manifestazione. Jean Todt, presidente della FIA, conferma la bontà degli sforzi fatti in questo senso da parte della federazione, nonostante la costruzione di circuiti “provvisori” in grandi capitali mondiali consista in uno sforzo economico ingente nella quale il mondo dei motori deve credere e nella quale si può ammortizzare grazie anche alla costruzione di infrastrutture eco-sostenibili, come le recinzioni e le griglie. “E’ bellissimo correre in città diverse, cambiando ogni anno il calendario: sono del parere che anche la pista più bella del mondo, se fatta spesso, diventi noiosa” affermava l’ex Formula 1 Nick Heidfeld ora alla guida di una Mahindra proprio in Formula E.
A tutto ciò è giusto sommare una deformalizzazione delle cerimonie pre e post-gara: l’esempio lampante è costutito dal podio, situato spesso all’interno del parco chiuso nella quale, spesso, il pilota giunge passando tra due ali di folla, stringendo mani a fan ed addetti ai lavori, come in questa foto di Daniel Abt dopo l’E-Prix di Hong Kong, nel Dicembre 2017, nella quale non era presente alcuna barriera tra i piloti ed il pubblico.
L’uso del Fanboost costituisce un’altra intuizione vincente di Alejandro Agag e del suo staff: parliamo di un sistema, all’interno di un sito internet, che permette al pubblico di votare il proprio pilota preferito in modo da assicurargli, in gara, per alcuni secondi, un’aggiunta di potenza pari a 30kW che può di fatto aiutare nei sorpassi o durante il recupero in situazioni di emergenza. Sono i migliori tre possono usufruirne, i più votati a partire da un mese prima della gara fino ad un’ora prima della partenza.
In attesa che questo vortice di emozioni, adrenalina e novità futuristiche giunga nel bel paese con l’E-Prix di Roma il 14 Aprile 2018 ed in attesa che anche le nostre case costruttrici si facciano contagiare dalla rapidità di sviluppo di questo campionato, possiamo affermare con certezza che la Formula E abbia già vinto in termini di pubblico, format e coinvolgimento delle case costruttrici che ne hanno subito intravisto, abilmente, una nuova forma di sviluppo sostenibile e conveniente per portare ad un punto importante quello che sarà un passaggio epocale nella storia dei motori, ovvero il passaggio all’elettricità, tra smorfie in disaccordo e sibili da 80 decibel. Ci vorranno anni, forse decenni, ma questo campionato ha dimostrato con quale velocità si possano cambiare le cose e di come, portandole in maniera corretta e diretta verso il pubblico venendogli in contro, si possano fare dei passi da gigante senza assistere ad un campionato noioso.
Mateo Retegui è tra i giocatori più chiacchierati delle ultime settimane. Le due reti in Nazionale nelle sfida di qualificazione a Euro 2024, contro e Inghilterra e Malta, sono bastate per mettere d’accordo buona parte degli scettici di fede azzurra.
Ciononostante, al termine del match tra Juventus e Verona, Marco Parolo ha espresso, negli studi di DAZN, il proprio parere riguardo le ultime convocazioni di Roberto Mancini, soffermandosi sull’assenza di Moise Kean:
“Tra Retegui e Kean scelgo Kean. Retegui è stata una forzatura, anche se ha segnato due gol, ma non so se messo in Italia possa fare i gol dei nostri attaccanti italiani. I gol li ha fatti Orsolini, Scamacca, Raspadori, Kean. Quando segnano si parla di attaccante del futuro e Immobile viene messo da parte, ma qui parliamo di qualcosa di diverso“.
La Juventus ha superato 1-0 il Verona grazie a Kean: dopo il match, il portiete bianconeroSzczesny è intervenuto ai microfoni di DAZN.
“Il momento è buono, stasera forse non abbiamo brillato ma dopo la sosta le partite sono sempre pericolose. Alla fine conta portare a casa i tre punti, siamo contenti del risultato ma non molto della prestazione. Il calendario è bello e stimolante per arrivare a giocarci tutte le competizioni. Europa League e Coppa Italia sono due obiettivi: in campo abbiamo conquistato 59 punti, siamo a +9 sul’Inter, anche se nemmeno noi sappiamo quale sia la vera situazione. Ora pensiamo alla semifinale di Coppa Italia, è bello, non vediamo l’ora di affrontare questo mese. Portare a casa un trofeo europeo sarebbe stimolante“.
La Juventus ha superato 1-0 l’Hellas Verona grazie al gol di Moise Kean: le parole del tecnico Massimiliano Allegri dopo la vittoria dei suoi ragazzi.
LA GARA –“Era una partita complicata, sporca, il Verona ti fa giocare male, ti pressa a tutto campo. Siamo stati fermi nei primi 25 minuti, poi abbiamo iniziato a creare situazioni favorevoli. Forse potevamo fare meglio negli ultimi 10 minuti, senza concedere loro la possibilità di avvicinarsi all’area. In questo dobbiamo migliorare ma credo che i ragazzi stiano facendo qualcosa di importante”.
SU KEAN E LOCATELLI –“In Nazionale? Mancini ha esperienza nel chiamare i giocatori, io credo che alcuni giocatori della Juventus abbiano qualità importanti e che possano essree chiamati. Ma le convocazioni poi le fa Roberto, che chiama chi secondo lui è meglio. Locatelli? Ha reagito bene alla mancata convocazione in Nazionale, è cresciuto bene sul piano tattico, è più mobile nella circolazione della palla anche se deve ancora migliorare in certi tipi di giocate. Come tutta la squadra, anche Locatelli ha cuore e passione. Poi possiamo sbagliare e giocare meno bene, ma alla squadra sicuramente sotto questo aspetto non si può dire niente”.
LA SITUAZIONE DI CLASSIFICA –“Dopo la sentenza dei 15 punti abbiamo giocato a Salerno, poi abbiamo superato le altre davanti e in classifica reale siamo al settimo posto. Vincendo abbiamo staccato quelle dietro. La classifica vera fatta sul campo meritatamente dice che abbiamo 7 punti più della Lazio, 9 sull’Inter e 11 sul Milan. Questo è un bel risultato. L’Inter e le altre non possono sempre perdere, per ora siamo a -4 dal quarto posto ma vedremo Milan e Roma. Di obiettivi ne abbiamo tanti, l’importante è essere lucidi. Del Piero? Grandissimo giocatore, ha rappresentato la Juventus per tantissimi anni e ci ha fatto piacere che sia venuto allo stadio. In dirigenza? Queste cose spettano alla società, noi dobbiamo pensare la campo e non è facile”:
Ha parlato al termine del match tra Juventus e Verona, vinto 1-0 dai bianconeri, Marco Zaffaroni, tecnico dei gialloblù.
Di seguito, le sue parole ai microfoni di Sky Sport.
LE DICHIARAZIONI
PARTITA – “Nella fase di finalizzazione, negli ultimi metri, abbiamo creato i presupposti per far gol. Purtroppo ci manca ancora cattiveria in quelle zone del campo. Abbiamo creato seri presupposti per segnare e c’è rammarico per questo. I ragazzi sono stati bravi soprattutto nel primo tempo, giocando alla pari. Poi abbiamo cercato di pareggiare in ogni modo, ma non è bastato nonostante la prestazione. I tifosi sono importanti, hanno bisogno di prestazioni di questo tipo, dove la squadra dà tutto e i tifosi lo riconoscono. Dobbiamo raggiungere la qualità che ci manca per ottenere i punti per raggiungere la salvezza“.
GAICH – “È un ragazzo con voglia di lavorare e che sta crescendo. Gli manca ancora la capacità di scelta, di tenere la palla, di smarcarsi in maniera efficace. Deve crescere da questo punto di vista, ma ha qualità. Quando giochi con difensori di alto livello, però, risulta tutto più difficile“.
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