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Una leggenda di nome Juventus

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Una leggenda di nome Juventus

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Juventus

La Juventus vince il 6° scudetto personale consecutivo. 

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L’avventura leggendaria dei bianconeri vede il proprio punto di partenza all’interno di quella che sarà la nuova tana della Vecchia Signora a lungo termine: una magione la cui costruzione era stata programmata ancor prima dell’avvento degli anni 2000 ma che, solo nel 2011, ha visto la luce. Lo Juventus Stadium diverrà la casa, la fortezza ed il punto di riferimento dei tifosi e della squadra che l’omaggeranno come meglio gli conviene: con un tifo caloroso, un bottino di punti invidiabile e la reputazione di fortino inespugnabile costruitasi successo dopo successo.

“Signore e Signori. Benvenuti a casa! Siamo decine di milioni di tifosi nel mondo, siamo milioni in Italia e centinaia di migliaia in questa città. Sappiamo gioire, sappiamo soffrire, sappiamo stringere i denti, sappiamo vincere. Noi siamo la gente della Juve”.
(Andrea Agnelli, 8 settembre 2011, inaugurazione Juventus Stadium)

“La Juve è sempre stata un meraviglioso dipinto, e un meraviglioso dipinto ha bisogno di una cornice meravigliosa come questa”.

(Alessandro Del Piero, 8 settembre 2011, inaugurazione Juventus Stadium)

La Juventus, all’interno di quelle mura, ha dato forma ai propri successi ed ai propri sogni, arrivando a costruire la storia di una leggenda – ormai divenuta realtà – e che attende l’ultimo appuntamento decisivo per ratificare il raggiungimento dell’apice; l’apice che manca da 21 anni e che può inserire questa Juventus ai livelli più alti del mondo del pallone, quelli riservati alle squadre che marcano un periodo storico. Al Milan degli olandesi, al Barcellona del Tiki-Taka, potrebbe ora aggiungersi, accanto, la straordinaria Juventus targata Agnelli III.

DALL’ALTO

I successi nel mondo del pallone, specie quelli continui e non sporadici, non sono affatto casuali: nel bene o nel male sono sempre e comunque il frutto di un lavoro costante, accurato e di una programmazione oculata. È su questa base che i bianconeri di Agnelli hanno raggiunto la leggenda, portando una squadra di calcio italiana a vincere – per la prima volta nella storia della Serie A – ben 6 scudetti di fila, azzerando i propri rivali. La programmazione, in tal caso, si è rivelata l’arma vincente della Vecchia Signora che, con lungimiranza, ha individuato in Marotta, Paratici e Nedved i migliori collaboratori per riportare al vertice la squadra più gloriosa di sempre del Vecchio Stivale.

Agnelli (presentazione Marotta, ndr): Questo è l’inizio della nuova stagione sportiva. Sappiamo che c’è tanto lavoro davanti a noi. Oggi fa il proprio ingresso in società il direttore Marotta, un dirigente di eccellenza. Il direttore (Marotta, ndr) sa che ha a disposizione le risorse necessarie per fare grande la Juventus. Ripeto che abbiamo a disposizione i mezzi per tornare a fare grande il club.

Marotta: È come essere a scuola il primo giorno, è motivo di orgoglio essere in una delle società più forti al mondo. Il successo? È un processo evolutivo, non rivoluzionario. Va costruito con un progetto. Mercato? Valuteremo tutto. Sappiamo che non si è dato il massimo questa stagione, sta alla società valorizzarli, e comunque la Juve ha un parco giocatori assolutamente rispettabile. Arrivare alla Juve, per me che faccio il dirigente da 32 anni, è un momento di arrivo ma anche di ripartenza perché è un momento importante, di ripartenza per tutta la società. Non c’è obiettivo che non comporti lavoro, ma sarà importante inculcare la mentalità che ci sono cose che vanno oltre il denaro e che permettono di raggiungere obiettivi: come l’attaccamento alla maglia, le motivazioni. L’ingresso di Agnelli è determinante: è molto giovane e pieno di entusiasmo, ha dentro di sé un grande amore verso la Juve e un grande spirito imprenditoriale: il suo ingresso ha dato nuovi stimoli ad una società che stimoli ne aveva già.

Paratici, braccio destro del direttore generale, è un nome decisamente meno altisonante a livello mediatico, ma sulla bocca di chiunque sia interessato ad ingaggiare una figura di rilievo nel ruolo di direttore sportivo. E, nel caso vi chiediate di cosa si occupi esattamente un direttore sportivo, ecco una dettagliata spiegazione fornita da Paratici stesso:

“Il direttore sportivo è responsabile dell’area tecnica, sovrintende al settore giovanile, gli osservatori, e noi ne abbiamo uno per l’Italia e uno per l’estero, e infine la gestione nel rapporto quotidiano con squadra e allenatore. Quest’ultimo è il lavoro impegnativo, visto che devi interfacciarti con squadra, allenatore, medici, fisioterapisti e magazzinieri. È un lavoro più complesso rispetto all’immaginario collettivo. Ci sono momenti da valutare: quando un giocatore viene criticato e mostra un umore basso devi cercare di intervenire in modo che non ne risenta. Ci sono giocatori che hanno difficoltà ad approcciare all’ambiente Juve, che è un altro sport rispetto ad altri club avendolo vissuto sulla pelle, e il responsabile alla comunicazione chiede che ci interfacciamo con il calciatore in questione. Ci vuole molta attenzione, spesso mi chiamano e io rispondo al telefono “chiamatemi dopo che ora c’è l’allenamento”. Giustamente penseranno che io sia un esaurito (ride ndr.), in realtà anche da questi dettagli vedi come sta il giocatore e come lavora”.

“Quando compriamo un giocatore noi prendiamo tutte le informazioni possibili, anche dove ha disputato le giovanili. A quel punto stiliamo una linea retta e crediamo in quello che facciamo, nel nostro investimento e nella nostra decisione. Forse non vedi subito i risultati, però quando prendi una decisione in un giocatore ci devi credere fino in fondo. Un esempio in tal senso è quello di Bonucci, un giocatore famoso e della Nazionale. Il primo anno fu massacrato e criticato, assieme a me. Non abbiamo smesso di credere in Bonucci: l’avessimo venduto non avrebbe vinto quanto vinto e magari giocherebbe in Nazionale con un altro club”.

(Paratici, intervista datata 2014, ndr)

SUL CAMPO

A partecipare, effettivamente, a tutti i sei scudetti targati Juve sono rimasti in sei: Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini, Marchisio e Lichtsteiner. La spina dorsale della Juventus è, infatti, rimasta intatta nel corso degli anni, a testimonianza dell’esistenza di un progetto al centro del quale uno storico gruppo ha il compito di trasmettere ai neo-arrivati l’importanza della casacca. Così, accanto alle colonne portanti della squadra si aggiungono i vari fuoriclasse, quali Pogba, Vidal, Tevez, Higuaìn che, nelle condizioni adeguate, vedono il proprio rendimento salire alle stelle soprattutto grazie al contesto adeguato nel quale lavorano.

Una società del livello di quella piemontese, tuttavia, non può permettersi di cullarsi nei propri successi ed ha il compito di lavorare alacremente al fine di mettere le basi per un futuro sempre più roseo; non bisogna farsi trovare scoperti nel caso in cui un giocatore chiave chieda la cessione e, soprattutto, è necessario individuare figure di rilievo per il futuro come ‘potenziali nuovi senatori‘. E questo, forse, sarà il compito più arduo per il club di corso Galileo Ferraris: Con l’età di Capitan Buffon che avanza, ad esempio, il testimone dovrà passare a qualche altro ‘anziano’ dello spogliatoio e sarà necessario individuare – per la porta – un profilo, magari di nazionalità italiana, che possa ripercorrere le orme della sua longeva carriera da numero uno tra i pali e non.

Se i dirigenti non hanno il tempo di godersi i propri successi, tuttavia, i tifosi hanno pieno diritto di crogiolarsi tra le feste, specie durante questa stagione che si colloca esattamente dieci anni dopo il difficile periodo di Calciopoli.

Ricostruire, per mettere una pietra sopra il passato e rendere il futuro ancor più brillante di quello avrebbe potuto essere; dev’essere questo il segreto.

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Arrivano le parole di Gravina su Acerbi: “La sentenza va rispettata”

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FIGC

Dopa la decisione del giudice sportivo di assolvere Acerbi sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Figc Gabriele Gravina circa l’accaduto. Nelle ultime ore la sentenza aveva scatenato le reazioni più disparate, a partire dall’indignazione del Napoli resa nota tramite un suo comunicato ufficiale. A cercare di placare le acque ci ha provato proprio Gravina, a conclusione dell’Assemblea di Lega odierna. Gravina ha invocato il rispetto verso la sentenza del giudice sportivo. Inoltre si è pure detto disposto a credere alla difesa di Acerbi che aveva saltato per via del caso gli ultimi impegni con la Nazionale italiana. Di seguito vi riportiamo le sue dichiarazioni.

GRAVINA – “L’assoluzione di Acerbi? Si tratta di una decisione del giudice che tutti devono accettare, compreso chi non si sente soddisfatto. Esistono  principi che devono essere rispettati altrimenti corriamo il rischio di  far saltare tutto il sistema. Io accetto il verdetto e sul piano umano  abbraccerò il ragazzo quando lo incontrerò. Abbiamo saputo di una verifica da parte del giudice sportivo e allora, per evitare forme di distrazione, lo abbiamo lasciato a casa. È stata una decisione a scopo precauzionale, non perché già condannato. Acerbi ha fornito le proprie motivazioni e noi crediamo alle parole del ragazzo”.

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Flash News

Kvaratskhelia in dubbio per l’Atalanta: oggi la decisione

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Khvicha Kvaratskhelia, giocatore del Napoli - Serie A, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Champions League

Nella giornata di oggi Khvicha Kvaratskhelia farà ritorno a Napoli. Nel corso del match contro la Grecia che è poi valso la qualificazione a EURO24 con la sua Georgia, l’esterno sinistro è stato costretto ad uscire dal campo a causa di un dolore all’inguine. La sua nazionale ha poi vinto lo stesso ai calci di rigore. La sua presenza contro l’Atalanta resta ancora in dubbio.

LE CONDIZIONI DI KVARATSKHEILA

Come riporta Il Mattino, Kvaratskhelia sarà valutato nelle prossime ore dallo staff del Napoli. La speranza è che si tratti solo di un affaticamento muscolare. Se così dovesse essere la sua presenza in campo per la sfida contro l’Atalanta non sembra essere in discussione. Se invece si dovesse trattare di uno stiramento il georgiano dovrà stare ai box per qualche settimana. il Napoli aspetta il rientro di Kvaratskhelia per capire se sarà necessaria o meno una risonanza magnetica. Vedendo i video che sono circolati sui profili social dello stesso georgiano, che lo ritraevano festeggiare coi compagni, la speranza è che davvero non sia nulla di grave. Il popolo azzurro dovrà restare con il fiato sospeso ancora per qualche ora. Ricordare l’importanza della sfida contro l’Atalanta è quasi superfluo: si potrebbe trattare infatti dell’ultima chance per la Champions League.

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Calcio Internazionale

Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico

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Barcellona Lewandowski

Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.

Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.

Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina

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Andrea Compagno

Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.

All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.

La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO

In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?

Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.

Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.

Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.

Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?  

Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA

Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?

Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.

C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?

Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.

E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento. 

Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR

I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A. 

Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.

È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese. 

Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE

Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto? 

Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.

Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?

Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.

La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?

Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.

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