Probabilmente nessuno ha mai ritenuto la Germania pre-Mondiale una squadra debole mentalmente. Instabile. Negli anni, fra l’Italia zoppicante e la Francia altalenante, i tedeschi si sono contraddistinti per l’equilibrio che ha reso la squadra in maglia bianca la più costante al mondo.
Nel nuovo millennio la squadra di Berlino si è confermata ad altissimi livelli, chiudendo il Mondiale del 2002 come seconda, perdendo solo in finale contro il Brasile nel Mondiale più strano di sempre. Da lì la Germania diventerà una presenza fissa: quattro anni dopo sarà semifinale, altri quattro anni e la Germania chiuderà ancora al terzo posto. Sarà il 2014 l’anno dei giallorossoneri: il Die Mannschaft alzerà la coppa al mondo dopo esser stato per dodici anni sul podio del mondo.
TOCCHI IL CIELO E POI..
La Germania che si qualifica all’Europeo da campione del mondo è una squadra ancora carica di campioni che in Francia affronta un girone più che abbordabile: Polonia, Ucraina e Nord Irlanda. Poi la Slovacchia e l’Italia battuta solo dal dischetto. La sua Caporetto arriva a Marsiglia contro i padroni di casa: le reti di Griezmann manderanno a casa una nazionale con ancora giocatori come Sebastian Schweinsteiger, Mario Gomez e Lukas Podolski, alla ricerca dell’ultima gioia tedesca.
L’eliminazione in semifinale contro i padroni di casa e superfavoriti non può suonare come un campanello d’allarme. Non ancora.

OGNUNO HA UNA PROPRIA COREA
Nessuno ha buoni ricordi quando si pensa alla Corea: il Mondiale asiatico fu quello, come detto in precedenza, che aprì le porte in maniera definitiva ad una Germania tutta nuova, fatta di calciatori senza voglia di perdere tempo. Lì dove iniziò tutto, in un destino incrociato tutto è crollato. Perché all’ultimo Mondiale, quello in Russia, i tedeschi in un raggruppamento medio con Svezia, Messico e la Corea del Sud sono crollati. Dal 1982 il Die Mannschaft arrivava almeno ai quarti di finale. Non era mai capitato di uscire ai gironi.
E in men che non si dica Kazan entra nella storia del loro calcio proprio per la partita contro gli asiatici. Niente funziona: dalle scelte di Low, che tiene fuori sia Muller che Gomez, fino a qualche dribbling di troppo in area di rigore – uno su tutti Hummels che rischia il suicidio.
I tedeschi ci provano non trovando varchi. Gli asiatici si chiudono bene e ripartono in contropiede, andando vicino al vantaggio per tre volte. Quella pragmaticità mostrata da Low fino a quel momento sparisce nel nulla: la Germania smette di essere Germania e disperata si getta in avanti. Gioca con la pancia e non con la testa. Il CT mette in campo tutti gli attaccanti che ha, ma alla fine è 2-0 per la Corea.

LOW SI POTEVA IMMAGINARE?
La giornata dopo l’eliminazione la stampa tedesca è una furia. Prima del Mondiale alcuni addetti ai lavori tedeschi si erano presi persino il lusso di ironizzare sulle non qualificazioni di Italia e Olanda, ricevendo reazioni poco simpatiche.
Eppure la Germania della spedizione russa era una squadra che, subito dopo la Francia e alla pari del Brasile e della Spagna è favorita per la vittoria finale. La Confederation Cup dell’estate precedente ha mostrato ancora una volta un gruppo completo e coeso sotto ogni punto di vista. Inoltre il futuro si stava mettendo in mostra nelle varie competizioni di categoria alzando coppe su coppe.
Giorno dopo giorno, diventa però visibile il calo tedesco. I Klose finiscono e i ricambi non arrivano pronti. I Gomez sono meno incisivi e, mentre a questi ultimi gli si è dedicato ogni spazio, ai Timo Werner non è mai stata data occasione di crescere, ritrovandosi dunque un calciatore non pronto.

SOLITO ERRORE
Esattamente: il solito errore fatto, per dirne uno, da Lippi, è stato riproposto in chiave germanica da Low. Un anno prima i tedeschi alzavano il massimo trofeo Under 21. Fra i vari titolari figuravano calciatori come Dahoud, Selke, Gnabry, Philipp, Otzunali, Stark, Kempf, Meyer. Calciatori pronti al grande salto e che, per forza, dovevano esser via via integrati nella nuova nazionale. Invece da lì in poi i tedeschi di Low non sono riusciti mai ad inserire nella rosa della prima squadra quell’undici titolare che aveva messo alle corde una selezione di prima fascia quale la Spagna – che annoverava atleti del calibro di Bellerin, Asensio, Vallejo, Saul, Inaki Williams, Deulofeu e Ceballos.
La scelta di non rinnovarsi è stata più che controproducente: il mister di Schoenau Im Schwarzwald ha preferito l’usato sicuro, non prendendosi la briga di rendere titolari, durante gli anni, nemmeno quelle nuove leve che durante la Confederations si erano messe in luce, come Brandt, Draxler e Goretzka.

SERIE B
La conferma sulla panchina per Joachim Low ha quasi un sapore inaspettato per una nazione che non perdona e che punta sempre ad ottenere il massimo, ma dopo la fallimentare spedizione sopracitata il buonsenso ha avuto la meglio. La scelta di continuare con lo stesso CT è dettata dall’esistenza di una vera e propria “era” messa in piedi dal mister in nazionale.
La Nations League, per quanto sottovalutata potesse essere, è il definitivo squillo di una situazione che così non può più permettersi di andare. Dopo la “figuraccia mondiale” i tedeschi vengono inseriti in un gruppo di difficoltà estrema con Olanda e Francia.
Il Commissario Tecnico sa che vincere la nuova coppa potrebbe essere, al di là del valore, un segnale importante, a dimostrazione di una nazione che non se n’è andata mai. E così al debutto contro l’Olanda giocano quasi tutti i migliori: da Hummels a Boateng, passando per Neuer, Emre Can e Kroos. Alcuni giovani pian piano vengono reintegrati in rosa ma la qualità di prima è drasticamente calata.
MALEDETTO FILTRO E IL FINTO NOVE
Per anni la Germania ha poggiato tutte le proprie certezze su due fondamenta importantissime: il centrocampo tedesco è sempre stato fra i migliori e quasi obbligava gli avversari a rinunciare ad attaccare la fase difensiva. Inoltre davanti, nelle giornate no di Mario Gomez, e sono state tante, tocca a Thomas Muller giocare come terminale offensivo, rappresentando più o meno quel falso 9 che tanto va di moda in Spagna.
Riguardo però gli errori dei Mondiali in un meccanismo che ormai scricchiola: in Russia il danno maggiore è stato fatto a centrocampo, schierando due giocatori come Kroos e Khedira, senza dare loro un mediano, fondamentale in fase di interdizione. Ai Mondiali questo ha portato alla sconfitta: ogni imbeccata avversaria portava i rivali verso la porta di Neuer. In Nations League, Low ha capito che il suo integralismo non porta più da nessuna parte e abbandona un modulo, il 4-2-3-1, che non si veste più come prima attorno ai bianchi tedeschi. Allora ecco il 4-3-3 con Kimmich ad impostare, come spesso la stampa nazionale aveva azzardato.
Con il vecchio modulo a Monaco di Baviera Kroos e Co hanno strappato un pari contro i campioni di Francia, ma è al ritorno in quel di Saint-Denis che dimostreranno di potersela giocare con il nuovo schema tattico.
L’addio al finto nove e il veloce cambio di modulo, però, fatica ancora ad entrare nelle automaticità dei calciatori e la retrocessione scottante è l’ennesima goccia che fa traboccare il vaso. Nella prossima edizione i tedeschi giocheranno nella categoria della Finlandia.
