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La SPAL capolista sottomette un Parma lento e poco incisivo

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La SPAL capolista sottomette un Parma lento e poco incisivo

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Quando pensate ad un derby vi vengono subito in mente le sfide cittadine tra Milan e Inter, tra Roma e Lazio o il derby di Genova. A nessuno, però, viene in mente che esistono altri tipi di derby: quelli regionali.

Spal – Parma, che fino alla metà degli anni ’80 veniva considerato un derby importantissimo nel calcio provinciale delle serie minori, è sicuramente uno di questi.
Le due squadre dell’Emilia Romagna, oltre ad aver in comune la stessa regione, hanno avuto, nel proprio cammino, la medesima strada. Sia una che l’altra, infatti, sono arrivate in Serie A grazie ad una risalita dalla Serie D in tempi molto brevi tra lo stupore di tutti. L’anno scorso, la Spal, dopo un doppio salto dalla Lega Pro alla Serie A, è riuscita a mantenere la categoria, dimostrando di non essere una semplice favola di provincia, ma una realtà consolidata.
Il Parma, dal canto suo, è riuscito a compiere un miracolo sportivo senza precedenti: tre promozioni consecutive, dalla Serie D alla Serie A; ed ora si ritrova a dover affrontare un campionato molto difficile per mantenere la categoria.

COME ARRIVAVANO ALLA PARTITA?

La Spal, dopo la vittoria di Bologna, si ritrova ad affrontare una sfida molto importante contro una diretta concorrente per la salvezza. Rosa al completo, con l’unica nota negativa nel non poter sfidare il Parma tra le mura del Paolo Mazza (inagibile per lavori in corso), ma solo nel campo neutro del Dall’Ara di Bologna, che aveva portato bene solo sette giorni prima.
Il Parma, invece, deve affrontare la sfida con un deficit importante: la lista degli infortunati, già alla seconda giornata, fa risultare il tutto esaurito nell’infermeria parmense.
Se alla fine del calciomercato si era parlato di un numero elevato di esterni d’attacco che la società ducale aveva a disposizione, a causa di acciacchi, infortuni ed altre sfortune simili, i Ducali si ritrovano alla vigilia di questa seconda giornata di campionato con solamente Di Gaudio come esterno arruolabile e con l’obbligo di dover schierare sulla fascia Da Cruz, (punta centrale dal dribbling facile) il quale è passato dall’essere quasi ceduto allo Spezia nell’ultimo giorno di mercato a titolare in A sull’out destro.
Siligardi, grande protagonista della scorsa partita contro l’Udinese, è stato inserito fuori dalla lista ufficiale per la Serie A, a causa del rifiuto della Lega di considerare Gazzola come uomo bandiera esente dall’inserimento in lista, sebbene abbia giocato le giovanili nella squadra parmense (forse la Lega considera quella società fallita e dunque diversa da quella attuale?).
Il grande atteso per la gara è Gervinho, arrivato l’ultimo giorno di mercato alla corte di D’Aversa che, però, non ha ancora i novanta minuti nelle gambe.

INIZIA L’INCONTRO

Per tutto il primo tempo le squadre si studiano. Gioco lento, poco accattivante ed a tratti primeggia la noia. Nessuna occasione di rilievo da entrambe le parti, degna di nota. Il Parma, sembra solo la brutta copia della squadra vista sette giorni prima. Non c’è un gioco verticale, non c’è velocità di manovra. La squadra è spenta e fa il gioco della Spal, che tenta più volte di partire in contropiede sfruttando Petagna come pivot, e la velocità di Antenucci. Da Cruz, intanto, sul lato destro, si accentra di continuo, dimostrando grande incertezza per non ricoprire il suo ruolo naturale.

Nel secondo tempo la partita cambia, poiché la Spal aumenta leggermente il passo e inizia a far male. Lazzari diventa imprendibile sulla fascia destra – dove Gobbi sembra accusare molto la velocità dell’esterno ferrarese – e al ’49 crossa un pallone in area per Antenucci che, colpevolmente lasciato solo dalla difesa crociata, gira di destro siglando un gol delizioso per gli occhi. La Spal pare saper segnare solo gol belli quest’anno, contando anche quello di Kurtic contro il Bologna.

La squadra di Ferrara prende il controllo della partita, dimostrando maggior esperienza in partite di Serie A, amministrando il gioco con serenità. La squadra ducale si spegne minuto dopo minuto, sebbene D’Aversa tenti in tutti i modi di cambiare la partita, inserendo Ceravolo per Di Gaudio e cercando di sfruttare la pericolosità aerea dell’ex Benevento e di Inglese, completamente assente durante tutto l’incontro.

Ad un quarto d’ora dal termine dell’incontro, l’allenatore dei gialloblù prova finalmente la carta Gervinho, trasformando il modulo dal 4-3-3 al 4-2-4, con 3 punte centrali ed un esterno di velocità come l’ex Roma. Il Parma, però, non decolla. La velocità non aumenta, i ritmi sono ancora troppo bassi, complice il gioco perfetto dei ferraresi, e Gomis quasi non si sporca i guanti. Nessuna conclusione in porta per tutta la partita.

Sebbene ci fossero tre arieti come Ceravolo, Inglese e Da Cruz in attacco, nessun cross viene eseguito dagli uomini in maglia nera per servirli, se non con traversoni bassi e poco pericolosi. L’unica azione degna di nota per il Parma è allo scadere, quando Inglese esegue un tiro cross che attraversa tutta l’area piccola avversaria. Basterebbe toccarla appena per segnare, ma sia Da Cruz, che Ceravolo, dimostrano di non crederci fino in fondo, non arrivando a trasformare quell’unica occasione in tutto l’incontro.

Spal che alla fine, vince meritatamente questa partita, dimostrando di essere molto più esperta, potendo contare su una gestione della partita impeccabile. Punteggio pieno e nemmeno un gol subito in due partite. Mica male per una squadra considerata sempre, alla vigilia, come una formazione a rischio retrocessione.

Per il Parma, invece, un brutto passo indietro dopo la prestazione del Tardini contro l’Udinese.
Le assenze non devono essere delle attenuanti, poiché la salvezza non la regala nessuno, e per ottenerla bisogna sempre entrare in campo per dare il massimo. Con la poca cattiveria, la lentezza nel gioco, e la poca concentrazione, si rischia molto in Serie A.
Le prossime due partite, per i Ducali, saranno un incubo: dovranno affrontare a turno, la Juventus di Cristiano Ronaldo e l’Inter di Icardi.

Se è vero che si tratta di match ostici, però, è altrettanto realistico affermare che, i tifosi del Parma, dopo anni di oblio, non vedevano l’ora di tornare a giocarsi le proprie carte su questi palcoscenici, coltivando la speranza che la propria squadra – che vinca o che perda – dia il massimo per 90 minuti. Oneri ed onori della militanza nella massima serie italiana.

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La Flop XI della Serie A 22/23 votata da Numero Diez!

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La lunghissima stagione di Serie A 2022/23, iniziata nella metà metà di agosto e conclusa il 3 giugno, è finalmente giunta al termine. Spaccata in due dal mondiale in Qatar, tra novembre e dicembre, questo campionato ha incornato il Napoli. Decisamente tante, invece, le delusioni viste. Resta solo l’ultimo verdetto: quello che proverrà da domenica prossima, quando si giocherà lo spareggio salvezza tra Verona e Spezia. La nostra redazione si è occupata di votare la Flop XI della Serie A appena trascorsa, la mostreremo di seguito seguendo il modulo classico del 4-3-3.

TITOLARI

Portiere – LUIS MAXIMIANO: se Ivan Provedel è stato eletto miglior portiere di questa Serie A, il rovescio della medaglie riguarda il portiere che, almeno sulla carta, è sbarcato nella Capitale per essere il titolare. La stagione del portoghese è durata appena 6′: il tempo di farsi cogliere in flagrante bloccando la palla con le mani fuori dall’area di rigore. Rosso diretto, tunnel degli spogliatoi dello Stadio Olimpico e nessun’altra presenza nel massimo campionato.

Terzino destro- SERGINHO DEST: il terzino statunitense ha vestito la maglia del Milan con le prospettive di dar seguito a quanto di buono si diceva su di lui. Cresciuto nell’Ajax come uno dei craque della prossima nazionale a stelle e strisce, poi trasferitosi in Catalogna per vestire la maglia del Barcellona, le prospettive di un giocatore in grado di spaccare in due il campionato c’erano tutte. A 22 anni e con maggiore esperienza europea, il Milan sembrava la squadra perfetta per lui. Soprattutto perchè la sua indole offensiva e la sua polivalenza sulle due fasi lo rendeva un ottimo profilo sia per giocare come terzino, che per muoversi da ala. In totale scenderà in campo appena 8 volte, senza neanche toccare quota 330′ minuti giocati e senza lasciare la firma in nessuna gara.

Difensore centrale – MILAN SKRINIAR: pesa e non poco la situazione legata al mercato e al mancato rinnovo con l’Inter. Nella prima parte di stagione alterna ottime partite a prestazione decisamente sottotono. Non sembra il difensore che si è visto negli scorsi anni, sia per efficacia, che per concentrazione nelle varie gare. Se il derby di andata, in cui ha sofferto per tutto il tempo le accellerate di Leao, sembrava il punto più basso, peggio ancora ha fatto il 23 gennaio, in Inter-Empoli: due gialli in poco più di 15′ e squadra lasciata in 10 uomini per un’ora, nella sconfitta contro i toscani. Rientra per il derby di campionato, vinto 1-0, e scende in campo nella grigia trasferta di Genova contro la Sampdoria. Poi, il vuoto. Termina la stagione tra infermeria e panchina, guardando un ottimo Darmian prendere il suo posto e accumulando solo 21 gettoni stagionali.

Difensore centrale – LEONARDO BONUCCI: nell’estate in cui De Ligt e Chiellini hanno salutato la casacca bianconera e in cui il pacchetto di difensori centrali era in emergenza, lui sarebbe dovuto essere il faro al quale aggrapparsi. Invece la sua stagione ha vissuto di pochissime luci e tantissime ombre: Bremer, neoarrivato bisognoso di un tutor, lo ha trovato in un Danilo ben più affidabile. Gatti lo ha rapidamentie scavalcato nelle gerarchie, così come Alex Sandro, spesso utilizzato da braccetto nella difesa a 3. Per Bonucci solo 16 gettoni, di cui 9 da titolare su 38 disponibili. Riesce, però, a trovare anche una rete in questa stagione.

Terzino sinistro – ROBIN GOSENS: dopo uno scudetto sfumato e l’addio del miglior Ivan Perisic visto a Milano, i tifosi neroazzurri guardavano a Gosens come all’ancora di salvezza per la nuova stagione. Il tedesco, acquistato a gennaio dello scorso anno, sembra aver recuperato del tutto dall’infortunio e può tornare ad essere quel terzino che faceva timore all’Europa intera con la maglia dell’Atalanta. Tra infortuni e poco spazio, però, il tedesco non ha rispettato le attese. Decisamente meglio Dimarco, che lo ha costretto a tanta panchina e a solo 11 gare da titolare, sulle 32 totali disputate. I numeri, comunque, non mancano: 3 reti e 2 assist. Ma da lui ci si aspettava sicuramente di più.

Mezz’ala destra – PAUL POGBA: indubbiamente se si cerca la parola “flop” sul dizionario di questa Serie A, non può mancare la sua foto. Arrivato a parametro zero, tra la gioia e il gaudio di tutto l’universo Juventus. Di fatto, invece, il suo apporto sarà pari a zero. Solo 6 partite disputate, una sola da titolare, terminata con uno dei tantissimi infortuni di quest’anno. Si fa molta fatica a descrivere la stagione di uno dei giocatori che, lo scorso agosto, era dato tra i candidati alla Top XI.

Mediano- LEANDRO PAREDES: il suo compito era quello di portare all’interno della mediana bianconera garra ed esperienza e, magari, essere un buon esempio per la crescita di giocatori più giovani come Fagioli e Miretti. Il suo impatto, invece, sarà esattamente il contrario. I due italiani lo superano nelle gerarchie e di lui si evidenziano soprattutto i passaggi a vuoto. Stagione ampiamente sotto la sufficienza, con 6 gialli e 1 rosso e con 8 partite dal 1′ a fronte delle 25 totali.

Mezz’ala sinistra – GEORGINO WIJNALDUM: pesa molto, forse troppo, il suo infortunio ad inizio stagione. Nel 2022, praticamente, non scende mai in campo. Arriva a calcare il prato dell’Olimpico con frequenza solo da fine febbraio in poi, riuscendo a siglare ben due reti contro Sassuolo e Sampdoria. Una stagione in salita, ma francamente inadatta per quelle che erano le aspettative su di lui.

Ala destra- CHARLES DE KETELAERE: inutile girarci attorno, impossibile non pensare a lui tra i flop di questa stagione. Sbarcato a Milano con tanta, sicuramente troppa prressione addosso per un semplice 2001, il belga non rispetterà mai le aspettative. Il buon ritiro prestagionale impatta ancora di più su un giocatore che raccoglie in totale solo 1 assist in 32 partite giocate. Tantissime le dimostrazioni di inadeguatezza, i gol sbagliati, ma anche le giocate positive a cui non è stato dato seguito. I buoni propositi per smentire tutto ciò, sin dalla prossima stagione, ci sono tutti. Ma per ora non può scrollarsi di dosso l’etichetta di flop.

Centravanti – ANDREA BELOTTI: la promessa era quella di restare competitivo anche in una piazza come Roma e partendo dalla panchina alle spalle di Abraham. Il Gallo ha interrotto in estate il suo rapporto pluriennale con il Torino, del quale era anche capitano, per provare nuove esperienze in Serie A. Mourinho, inoltre, gli garantisce le 31 partite in cui, sia partendo da titolare che subentrando, ha opportunità di mettersi in mostra. Ma l’unico momento degno di nota, nella sua produzione offensiva stagionale, è il calcio di rigore sbagliato al 92′ contro il Torino nell’ultima uscita, prima della pausa per il mondiale. La cifra 0 nella casetta gol segnati pesa tantissimo.

Ala sinistra – DIVOCK ORIGI: sarebbe dovuto essere il nome per far rifiatare Giroud e assicurare gol, portando con sè anche il carico di esperienza internazionale dopo la parentesi al Liverpool. Pochissime, invece, le gioie dell’attaccante belga in questa stagione, che pure segna due reti contro Monza e Sassuolo. Il titolare Giroud è stato costretto agli straordinari, anche a causa dei vari infortuni che lo hanno colpito nel corso dell’anno.

RISERVE

Oltre all’undici “ideale“, abbiamo deciso di elencare anche due riserve per reparto, che non hanno particolarmente brillato in questa stagione.

Portiere – ALESSIO CRAGNO

Terzino – MANUEL LAZZARI

Difensore centrale – MERIH DEMIRAL

Mezz’ala destra – HARRY WINKS

Mediano – GIULIO MAGGIORE

Centravanti – ANDREA PINAMONTI

Centravanti – LUKA JOVIC

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Il Celtic cerca il successore di Postecoglou: tra i nomi anche Maresca

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Celtic

Il Celtic fresco del Treble casalingo vinto, ha però bisogno di trovare un nuovo allenatore. Il biennio sotto la guida di Postecoglou è stato fantastico e pieno di trofei e soddisfazioni ma ora gli Hoops devono voltare pagina. L’australiano, infatti, è diventato l’allenatore del Tottenham e ora sono molti i profili che interessano ai campioni di Scozia per la guida tecnica.

Tra questi Sky Sports sottolinea anche il nome di Enzo Maresca. L’ex centrocampista italiano è attualmente il vice-allenatore del Manchester City di Guardiola. Il 43enne sarebbe tra i tanti nomi uno dei più papabili al ruolo di nuovo allenatore, anche se i tifosi sognano il grande ritorno di Brendan Rodgers.

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La Champions “rovina” i piani di Gagliardini: nozze rimandate

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Gagliardini

Aver raggiunto la finale di Champions League è stata, ovviamente, una grande emozione per tutti i giocatori dell’Inter. Eppure, la sfida contro il Manchester City ha “rovinato” i programmi di qualcuno.

NOZZE RIMANDANTE

Il calciatore in questione è Roberto Gagliardini. Secondo quanto riportato dalla rivista Chi, il centrocampista e la sua fidanzata Nicole Ciocca hanno dovuto rimandare la data delle nozze. La cerimonia, infatti, era stata fissata per il 10 giugno, proprio il giorno della finale di Champions.

Ma non è tutto, anche altri due calciatori nerazzurri sono stati coinvolti in questi cambiamenti: Lautaro Martinez e Alessandro Bastoni. Entrambi, infatti, si sono sposati subito dopo la fine del campionato. Addirittura Agustina Gandolfo, consorte dell’attaccante argentino, ha rivelato di aver avuto pochissimo tempo a disposizione per organizzare rito e cerimonia, a causa dei numerosi impegni della formazione nerazzurra.

 

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Pagelle Serie A – Sampdoria, 2: campionato disastroso

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PAGELLE SERIE A – SAMPDORIA, 2: Per la Sampdoria, quella di quest’anno, è stata una stagione complicatissima. I blucerchiati hanno vissuto un’annata caratterizzata soprattutto dalla difficile situazione societaria, con lo spettro del fallimento che aleggiava su Marassi e probabilmente sventato con la cessione solo pochi giorni fa. Situazione extra campo a parte, anche quella vista sul terreno di gioco è stata drammatica, con la retrocessione e l’ultimo posto in classifica. A niente è servita la cura Stankovic, che subentrato a Giampaolo prima del Mondiale, è riuscito a dare dignità al finale di campionato ma non punti.

LA STAGIONE

Quello della Sampdoria è stato campionato semplicemente disastroso. Partendo da agosto, con Giampaolo in panchina, la squadra non è mai riuscita a trovare un’identità. Già dalle prime giornate dove, nonostante il pareggio casalingo con la Juventus, spicca il netto ko per 4-0 con una diretta concorrente come la Salernitana, si erano intraviste le prime fragilità.

Ad ottobre si è cercata la svolta, con l’esonero del tecnico e l’arrivo in panchina di Stankovic. A cambiare, è stato sicuramente lo spirito e, solamente in piccola parte il rendimento. Con il serbo in panchina i blucerchiati hanno provato a lanciare il cuore oltre l’ostacolo e, solamente all’undicesima giornata è la prima vittoria in campionato in casa della Cremonese.

Nemmeno la sosta riservata a Qatar 2022 però è riuscita a riportare serenità. Al rientro, la vittoria esterna con il Sassuolo aveva riportato un entusiasmo poi stroncato da un nuovo filotto di sconfitte, interrotte di tanto in tanto da pareggi come quello a sorpresa contro l’Inter.

Da marzo poi l’ultimo disperato tentativo avviato dal successo sul Verona e poi reso inutile dalla clamorosa sconfitta casalinga contro la Cremonese e dagli ormai inutili pareggi negli scontri decisivi contro Spezia e Lecce. Una situazione che poi ha portato inevitabilmente all’aritmetica retrocessione alla Dacia Arena contro l’Udinese.

ASPETTATIVE E MERCATO

In casa Sampdoria le aspettative, non di certo altissime, erano quelle di una salvezza quantomeno tranquilla. La stagione precedente aveva già fatto accendere il campanello d’allarme, con la salvezza raggiunta matematicamente solo alla penultima giornata. Quest’anno si è riuscito a fare di peggio, grazie anche ad una gestione scellerata anche dal punto di vista del mercato.

Comprensibile, vista li situazione societaria, la scelta di voler far cassa con la cessione di Damsgaard per 15 milioni. Decisamente meno comprensibile invece quella di lasciar partire l’ossatura della squadra composta da gente come Candreva, Thorsby, Ekdal e Yoshida, e quella di non trattenere calciatori di proprietà come Caprari e Bonazzoli che in prestito avevano fatto benissimo.

Decisamente errata la scelta degli acquisti con cui rimpiazzarli, con gli arrivi di Djuricic e Rincon, e quelli in prestito di Pussetto, Villar e Winks. I riscatti poi di Sabiri, ceduto alla Fiorentina e tenuto in prestito fino a fine stagione, e di Caputo, girato inspiegabilmente all’Empoli in cambio di Lammers nel mercato invernale. Inutili poi gli arrivi di Jesè Rodriguez e di un Zanoli comunque valorizzato a gennaio. Scelte sicuramente poi pagate a caro prezzo sul campo.

 

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