Connect with us
La Stella (Rossa) più brillante d'Europa

La nostra prima pagina

La Stella (Rossa) più brillante d’Europa

Pubblicato

:

Per i più giovani, ci sono squadre che comandano i propri campionati in giro per l’Europa senza essere minimamente protagoniste nelle competizioni europee. Sono quelle squadre che puoi vedere al massimo in qualche preliminare, o magari ai gironi di Europa League come retrocesse dal playoff di Champions, ma non tutti sanno che, in un passato neanche troppo remoto, alcune di queste compagini erano capaci di giganteggiare anche nel massimo torneo continentale.

I Balcani sono molto vicini a noi, e tante delle squadre di Serie A vanno a pescare i talenti nei campionati che vi sono presenti: basti pensare che la Serbia è il 4° paese rappresentato nella massima serie italiana (4,9% di stranieri), la Croazia è 6° (4,6%), la Slovenia 11° (3%), fino ad incontrare anche Bosnia-Erzegovina, Albania etc.

La frammentazione della Jugoslavia, in seguito alle guerre e alle varie dichiarazioni d’indipendenza che hanno portato alla nascita di tanti nuovi paesi all’interno del territorio balcanico, ha scaturito anche dei cambiamenti – ovviamente secondari rispetto a quanto accaduto negli anni ’90 in quelle zone – a livello sportivo e, dunque, anche calcistico. Per svariati anni il mondo del calcio si è chiesto come fosse possibile che una nazionale come quella jugoslava non avesse mai raggiunto nessun titolo europeo o mondiale, e allo stesso modo come mai nessuna squadra di club non fosse mai arrivata sul tetto d’Europa.

Fino al 1991.

LA RICERCA DELLA DIMENSIONE EUROPEA

Stella Rossa, Partizan, OFK Belgrado, Dinamo Zagabria, Hajduk Spalato: tutte squadre che oggi militano in due campionati diversi, ma che fino al 1992 hanno disputato grandi partite nella medesima competizione, il campionato jugoslavo. Erano altri tempi, all’epoca non si vedevano i trasferimenti dall’estero come accade nei tempi attuali, per questo motivo i tanti giocatori di livello che uscivano dai settori giovanili balcanici rimanevano quasi sempre nelle proprie squadre d’appartenenza.

Ed è per questo che anche in campo europeo Il Fudbalski klub Crvena Zvezda, o più semplicemente la Stella Rossa di Belgrado, è stato uno dei club più importanti a livello continentale per almeno una ventina d’anni. Una società che nasce nel 1945, in pieno svolgimento della seconda guerra mondiale, grazie alla decisione presa da alcuni studenti universitari di Belgrado che ereditano le infrastrutture e il logo della decaduta SK Jugoslavija, ai quali aggiungono la rosa del BSK Belgrado che viene definitivamente integrata in questo nuovo progetto: l’unica aggiunta ex novo sarà la stella rossa in mezzo al logo, che diventerà anche il nome ufficiale della nuova società.

Fin dai primi anni si dimostrerà un colosso del calcio jugoslavo, infatti porterà a casa 4 titoli nazionali e 2 coppe, vincendo per 5 stagioni consecutive almeno un trofeo: il giocatore più rappresentativo dell’epoca fu Rajko Mitić, una carriera regalata soltanto alla Stella Rossa (della quale diventerà poi anche allenatore), tanto da guadagnarsi il soprannome di zvezdine zvezde, ossia la stella della Stella (Rossa). Mitić e compagni saranno anche, loro malgrado, protagonisti di una tristissima tragedia che non li riguarderà direttamente: la Stella Rossa sarà l’ultima squadra contro la quale giocherà lo United di Matt Busby (quarti di finale di Coppa dei Campioni), prima del tragico incidente aereo di Monaco di Baviera del 6 febbraio 1958.

Un momento molto importante per la storia della Stella Rossa fu la costruzione del nuovo stadio, lo Stadion Crvena Zvezda, quella fortezza che avrebbe ospitato un qualcosa di molto simile all’inferno; oggi il regolamento imposto dalla UEFA ha portato ad una riduzione massiccia dei posti all’interno dello stadio (li ha praticamente dimezzati), ma per far capire cosa significasse giocare a Belgrado basta scrivere il record di presenze per una partita della Stella Rossa: 23 aprile 1975, Stella Rossa-Ferencvaros, 110000 spettatori. Risulta quindi abbastanza semplice capire il motivo della denominazione “Marakanà“, chiaro riferimento allo storico stadio brasiliano di Rio de Janeiro.

In campo nazionale la Stella Rossa non ci mette niente ad imporsi, conquistando titoli praticamente ogni anno, ed è per questo che decide di iniziare a puntare ad un obiettivo più grande, più importante: l’Europa. A parte un paio di Mitropa Cup tra gli anni ’50 e gli anni ’60, la compagine jugoslava non era ancora riuscita a salire alla ribalta in campo continentale; qualche buon risultato in Coppa delle Fiere – l’antica denominazione dell’attuale Europa League – e la grandissima soddisfazione di essere la prima squadra ad aver vinto ad Anfield contro il Liverpool in Coppa dei Campioni, rimanendo addirittura l’unica in tutto il novecento ad esserci riuscita nella maggiore competizione continentale per club. Purtroppo però, questi record portano gloria ma non trofei. Tra il ’66 ed il ’74, sotto la guida di Milan Miljanić, la dimensione europea della Stella Rossa cresce ma non raggiunge mai le vette, mentre il primo allenatore ad avvicinarsi veramente ad un trofeo è Branko Stanković, già giocatore dei biancorossi negli anni ’50, che per la prima volta riesce a portare la squadra di Belgrado ad una finale europea: è la Coppa delle Fiere del 1979, dove fu sconfitta da una delle squadre più forti e belle di quel decennio, il Borussia Moenchengladbach.

L’EPOCA D’ORO

Una volta raggiunta una dimensione europea più che discreta, l’obiettivo diventa definitivamente uno: vincere un trofeo. Manca l’ultimo step, perchè il nome Crvena Zvezda non è più una semplice comparsa, ma una vera e propria certezza. Nel 1983 sarà la Coppa delle Coppe a vedere la Stella Rossa protagonista, sconfitta soltanto dal Barcellona di Udo Lattek – ex mister di Bayern e del Gladbach – e soprattutto di Diego Armando Maradona, uno dei pochi ad aver ricevuto una rispettosa standing ovation al Marakana, mentre il 1985 diventerà l’anno delle combine nel campionato jugoslavo: l’ultima giornata di campionato viene definita “truccata”, e per questo motivo la Stella Rossa viene privata del titolo (assegnato agli acerrimi rivali del Partizan) ed estromessa dalla Coppa dei Campioni della stagione successiva.

Nel 1987 però si decide di fare il passo definitivo verso la gloria: 5 anni, un quinquennio per provare ad arrivare sul tetto d’Europa; Dragan Džajić e Vladimir Cvetković diventano i personaggi principali dell’area tecnica, col compito di costruire una squadra che sia rappresentativa del territorio, ma soprattutto competitiva. Nei primi anni si cominciano a prendere le misure, prima un’eliminazione per mano del Real Madrid (soltanto per la regola dei gol in trasferta), poi un paio di stagioni senza partecipare alla fase finale di Coppa dei Campioni, fino alla gloriosa annata del 90/91.

L’allenatore è Ljupko Petrović, serbo che ha passato tutta la sua carriera in patria, salvo un paio di stagioni in America. Un passato da allenatore nelle giovanili della Jugoslavia, fondamentale per conoscere ragazzi giovani e dunque materiale che può essere pronto nel giro di poche stagioni, sia per i propri club che per la nazionale: la Stella Rossa del 1991 è una squadra giovanissima, ma è composta da una delle generazioni migliori della storia del calcio balcanico; sembra un 4-4-2 classico, ma sono gli interpreti che rendono questo semplice modulo una vera e propria macchina da guerra. La difesa non ha fenomeni al suo interno, ma è guidata dal capitano della squadra, il portiere Stevan Stojanović, leader della Stella Rossa e della stessa nazionale jugoslava; il centrocampo è evidentemente il fiore all’occhiello: i due centrali sono giocatori che faranno la storia anche del calcio italiano, uno è Vladimir Jugović, ex tra le altre di Juventus e Lazio, mentre il suo compagno di reparto è Sinisa Mihajlović, colui che ha soli 21 anni dominerà la mediana contro tutte le compagini d’Europa grazie al suo divino mancino e alla sua fisicità, che gli permetterà nel giro di qualche stagione di diventare uno dei difensori più forti del campionato italiano. Ai loro lati due esterni che incarnano perfettamente il concetto di “talento”, Robert Prosinečki e Dejan Savicević, due giocatori che rappresentano la qualità tecnica, tutte le caratteristiche che corrispondono al classico numero 10. Davanti, insieme a Binić, una delle meteore più grandi mai passate dalla Milano nerazzurra, Darko Pančev, che segnava a raffica con la maglia della Crvena Zvezda e che con quella dell’Inter fece poco o niente.

Eliminati Grasshoppers, Rangers e Dinamo Dresda, il grande salto degli jugoslavi avviene nella semifinale contro il Bayern Monaco, dove da sfavoriti riescono a vincere in Germania per 2-1 e a tenere al Marakanà pareggiando per 2-2, così da arrivare alla finale del San Nicola di Bari, da poco costruito per Italia ’90, contro l’Olympique de Marseille, altra squadra che ebbe come periodo di massimo splendore proprio i primi anni ’90. Prosinečki contro Abedi Pelé, Mihajlović contro Boli, Savicević contro Waddle, una serie di scontri tra alcuni dei migliori giocatori dell’epoca, che si concluse con uno scontato incontro tattico e abbastanza noioso, che inizia e finisce con il risultato di 0-0 fino ai fatidici calci di rigore.

La Stella Rossa è squadra giovanissima ma soprattutto balcanica, quindi l’inesperienza dovuta alla giovane età viene sovrastata dal carattere guascone e vigoroso tipico di quella terra: Prosinečki, Binić, Belodedici, Mihajlović e Pančev, nessuno dei 5 tiratori della Stella Rossa sbaglia (tutti e 5 under 30), mentre ai francesi costa caro il primo errore di Manuel Amoros: a Bari vince la Crvena Zvezda, è il primo trionfo europeo di una squadra balcanica, e tutt’oggi rimane l’unico ed inimitabile. Una generazione irripetibile, non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche per il fatto che, anche se dovessero rinascere una serie di talenti del genere e nel medesimo periodo, non avrebbero la possibilità di giocare assieme un quinquennio per arrivare a raggiungere un obiettivo quale la Champions League. Storie ormai impossibili nel calcio moderno.

LA FINE DI UN MITO

Dopo quel trionfo e la conseguente vittoria nel ’92 della Coppa Intercontinentale contro i cileni del Colo Colo, la Stella Rossa ha subito un decadimento causato principalmente dall’inizio degli scontri all’interno del territorio jugoslavo, che hanno messo logicamente il pallone in secondo piano. La guerra portò prima la Stella Rossa a dover disputare gran parte delle sue partite in campi lontani da Belgrado, fino a quando la UEFA non bandì definitivamente le squadre balcaniche dalle competizioni continentali. Oltretutto il club più titolato di Jugoslavia riuscì a vincere soltanto un titolo (1994/95) in quel decennio, peggior risultato della storia del club.

Una volta raggiunta la dissoluzione dello stato jugoslavo, con la conseguente divisione dei paesi che facevano parte di questo grande paese dalla Serbia (inizialmente assieme a Montenegro, fino al 2006), anche il campionato di calcio jugoslavo si divise in diverse competizioni: in Serbia l’unica grande rivalità è rimasta quella tra Partizan Belgrado e la stessa Stella Rossa, che ormai si contendono soltanto i trofei nazionali e la crescita dei migliori talenti del paese, da dover poi cedere alle più alte cifre possibili alle big europee per proseguire il processo di sostentamento della società.

A livello europeo ovviamente la Crvena Zvezda non è più quel simbolo che era circa 30 anni fa, ma proprio in questa stagione è riuscita a tornare in Champions League, diventando la prima società che è riuscita a raggiungere i gironi di Champions partendo dal primo turno preliminare. Un girone proibitivo, quello con Napoli, PSG e Liverpool, dove comunque i serbi hanno battagliato contro tutte queste compagini e ottenendo ben 4 punti, pareggiando contro i partenopei e battendo clamorosamente il Liverpool (proprio come successo nel lontano 1974), in entrambi i casi dentro le mura amiche, quelle del Marakanà.

Non possiamo più parlare della grande Stella Rossa di Belgrado, ma se nel cielo del calcio europeo c’è una squadra balcanica che ha brillato più delle altre, è sicuramente quella che emanava una luce rossa, intensa, come quella delle torce che infuocano quella meraviglia che è il Marakanà di Belgrado.

Continue Reading
Commenta

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Flash News

Buone notizie per la Roma verso Lecce: recuperati anche Smalling e Sanches, Dybala ancora in forse

Pubblicato

:

Paulo Dybala, giocatore della Roma, Serie A, Europa League, Coppa Italia

La Roma lunedì sera affronterà il Lecce in terra pugliese. In vista di questa partita, però, i giallorossi, devono affrontare ancora i recuperi di alcuni giocatori. La pausa nazionali, infatti, ha messo a dura prova molte infermerie della Serie A, tra cui, in maniera particolare, proprio quella della squadra capitolina. Le attenzioni, però, si rivolgono tutte su Paulo Dybala, il quale si è infortunato nella partita contro il Sassuolo prima della pausa. La Joya, a causa di questo infortunio non ha potuto neppure rispondere alla chiamata della nazionale Argentina.

Dybala rimane comunque al centro dello scacchiere di De Rossi, contribuendo alla classifica con 12 gol e 7 assist in 20 partite giocate. L’argentino, in vista di lunedì, svolgerà ancora alcune sessioni di allenamento differenziato. Questo, nelle speranze dello staff e del mister De Rossi, dovrebbe permettere a Dybala di rientrare in tempo per poter partire verso Lecce con i suoi compagni. Il rientro in gruppo, infatti, dovrebbe essere previsto per il weekend.

Le buone notizie per la Roma non finiscono qui. Oltre al possibile recupero di Dybala e i recuperi dei giorni scorsi di Lukaku e Cristante, Renato Sanches e Chris Smalling si sono allenati in gruppo, e quindi tornano a disposizione di De Rossi in vista della trasferta di lunedì.

Ancora non disponibili per la sfida al Lecce Spinazzola, Kristensen e Azmoun.

Continua a leggere

Bundesliga

ULTIM’ORA – Xabi Alonso ha confermato in conferenza che rimarrà al Bayer Leverkusen

Pubblicato

:

Xabi Alonso, allenatore del Bayer Leverkusen, Bundesliga, Europa League

Dopo le indiscrezioni sempre più insistenti delle ultime ore, ecco l’annuncio ufficiale del protagonista della telenovela: Xabi Alonso. Il tecnico spagnolo ha attirato l’interesse di tutti i top club europei, in particolare Bayern Monaco e Liverpool, per la prossima stagione, ma vista la scadenza del contratto a giugno 2026 e visto quanto di buono fatto in questa stagione, con una Champions League quasi certamente da disputare l’anno prossimo, l’ex centrocampista ha deciso di rimanere nella squadra che ora sta allenando.

Queste le dichiarazioni di Xabi Alonso durante la conferenza stampa alla vigilia della sfida con l’Hoofenheim:

DECISIONE – “Arriviamo da una stagione ricca di impegni, durante la quale ci sono state anche moltissime speculazioni in merito al mio futuro. Per questo motivo ho utilizzato la sosta del campionato per gli impegni delle Nazionali per riflettere su cosa fare. La scorsa settimana ho avuto un incontro con la dirigenza del club per capire quale fosse la decisione da prendere. E la decisione è quella di continuare ad allenare il Bayer Leverkusen. Ho analizzato tutto e ho capito che questo è il luogo e il club giusto per continuare il mio percorso di crescita come tecnico. Ho sempre sentito grande supporto e c’è grande partecipazione nel lavoro da parte di tutti i reparti della società. I tifosi poi ci hanno dato un grande supporto, anche lo scorso anno quando abbiamo avuto momento di difficoltà. E oggi lo fanno supportandoci nel dare tutto quello che possiamo dare”.

SQUADRE INTERESSATEBayern e Liverpool? Credo che da parte mia non sarebbe corretto parlare di altre società. Di sicuro ci sono società con cui ho un forte legame, ma non è corretto parlarne adesso”.

Continua a leggere

Flash News

La simpatica rivelazione di Dossena: “Se ci salviamo mi taglierò la barba”

Pubblicato

:

In foto: Victor Osimhen del Napoli e Dossena del Cagliari

Il difensore del Cagliari, Alberto Dossena, ha rilasciato una breve intervista a Radio Serie A, il nuovo format e podcast della Serie A. Qui vengono intervistati tanti protagonisti delle squadra del massimo campionato italiano ed oggi è stata la volta dell’ex Perugia.

LE DICHIARAZIONI DI DOSSENA DURANTE l’INTERVISTA A RADIO SERIE A 

SUL PROSSIMO SCONTRO SALVEZZA CONTRO IL VERONA- “Cagliari-Hellas Verona è uno scontro diretto che vale tanto. Dobbiamo prepararci al meglio e farci trovare pronti”.

ELOGIO A RANIERI- “In mezzo alla tempesta della corsa salvezza noi abbiamo un timoniere (Ranieri, ndr) che già la scorsa stagione ci ha portato alla promozione dalla Serie B alla Serie A“.

SUL GRUPPO- “Il Cagliari è un gruppo unito che lavora senza sbavature anche nei momenti di difficoltà. Con l’arrivo di Mina e Gaetano abbiamo alzato ulteriormente il livello”.

SUL RAPPORTO CON RANIERI – “Devo molto a mister Ranieri. Ha creduto subito in me. Ho un rapporto umano e tecnico molto stretto. Corregge gli errori, consiglia, ti aiuta in ogni momento. Come lo si vede all’esterno è in campo. E’ un “Signore del calcio“, trasparente, anche nelle reazioni, rare, forti”.

SULLA SERIE A- “L’impatto della Serie A si fa sentire. Io ci sono arrivato a 25 anni. Ho trovato fisicità impressionante e molta qualità. All’inizio non è stato facile. Importante accumulare esperienza e partite per essere tranquillo”.

LA PROMESSA IN CASO DI SALVEZZA – “In caso di salvezza taglierò la barba, i capelli assolutamente no. Nello spogliatoio nessun patto, stiamo pensando a lavorare. In caso di raggiungimento dell’obiettivo faremo una bella grigliata di squadra“.

Continua a leggere

Flash News

La prima conferenza alla vigilia di Tudor: “Sensazioni positive, ho visto bene Kamada”

Pubblicato

:

Tudor

La vigilia di Lazio-Juventus segna un momento significativo per Tudor, che si prepara ad affrontare la sua prima sfida come allenatore della Lazio. Una gara speciale in tutti i sensi per lui quella che si giocherà domani alle 18 presso lo Stadio Olimpico, in quanto i biancocelesti affronteranno la sua ex squadra, la Juventus. Questo incontro rappresenta non solo una prova importante per Tudor e il suo nuovo ruolo di allenatore, ma anche un’opportunità cruciale per la Lazio di dimostrare la propria forza e determinazione in campo. L’atmosfera sarà carica di tensione e aspettative, mentre i tifosi guarderanno con trepidazione a questa partita d’esordio. Tudor è pronto a guidare la sua squadra verso la vittoria e a lasciare il segno nel suo nuovo ruolo, affrontando con determinazione e spirito competitivo questa sfida contro una delle squadre più temute del campionato.

Di seguito ecco le sue dichiarazioni riportate da TMW:

LE DICHIARAZIONI DI TUDOR ALLA VIGLIA DI LAZIO-JUVENTUS

SUI SEGNALI DEI NAZIONALI TORNATI- “Sono tornati tutti senza acciacchi e questo è importante. Il problema è che sono arrivati tardi e abbiamo lavorato poco”.
SUL RESTO DEL GRUPPO CHE HA ALLENATO DURANTE LA SOSTA  –“Con gli altri abbiamo lavorato bene in 6-7 allenamenti. I ragazzi hanno avuto la giusta applicazione e voglia. La squadra deve essere lo specchio dell’allenatore, ci vuole però tempo e pazienza per trasformare questa Lazio. Sono qui da poco. Ci provo a farlo in fretta, ma non sarà perfetta la squadra, ma lavoreremo”.

SULLE EMOZIONI DEL DEBUTTO – “Sono sempre positive le sensazioni, nello sport si pensa sempre alla sfida, di poter vincere. Lo sport è gioia. Lo stadio pieno? Sarà bello, ci saranno molte motivazioni, ma va preparata nel modo giusto sotto ogni punto di vista. Penso a preparare la squadra e non alle emozioni”.

SULLA PASSATA ESPERIENZA ALLA JUVE – Non credo al destino che affronto subito la Juventus. Ho trascorso lì 7-8 anni, nel periodo in cui si costruisce la persona. Sono grato alla Juventus. Ho avuto compagni e dirigenti che mi hanno fatto diventare quello che sono ora, soprattutto per la cultura del lavoro”.

SUI CAMBIAMENTI IN DIFESA VISTO IL GIOCO DI SARRI – “Ci sono due cose che penalizzano questo cambio. Sono tre anni che la Lazio lavora in questa maniera e poi c’è stato Sarri che è un allenatore forte. Bisogna essere intelligenti. Il modulo è importante ma non come molti pensano. Magari parti con un modulo, ma poi diventa un altro schema. La difesa a tre? Lo vedrete tra poco, vedremo domani”.

SULLE IDEE E SULLE SCELTE TECNICHE – “È una situazione particolare, dovranno giocare per forza tutti. È la prima partita, dopo la sosta per le nazionali, e poi ci sono due partite in 4 giorni. I 5 cambi sono importanti. Io anche devo capire la squadra, una cosa sono gli allenamenti, un’altra le partite. Devo valutare i giocatori che possono migliorare e che possono seguire il tuo calcio. Poi bisogna vincere, c’è da fare bene da subito, serve essere tosti e con la qualità giusta”.

SU UNA FIGURA CHE FACCIA DA TRAMITE TRA SQUADRA E PROPRIETÀ – “Non è per me questa domanda. Non abbiamo parlato con la squadra del passato, ci siamo messi subito a lavorare”.

LE CRITICHE SOCIAL SU IMMOBILE E LA NAZIONALE – Non leggo i social e i giornali, sarebbe un suicidio. Io penso a lavorare, sia quando vanno bene le cose che quando vanno male. Ciro ci ho parlato due volte anche su questo argomento, l’ho visto molto motivato. Penso che lui ci tenga alla Nazionale, dipende solo da lui in questi due mesi. Ha sempre segnato, penso che li farà ancora. Ci conto tanto, è un ragazzo con qualità non solo calcistiche ma anche umane. Lo conosco, sono convinto che saranno due mesi importanti”.

SULLO ZOCCOLO DURO –  “C’è sempre rispetto per passato, ma non si vive di passato. Il calcio è crudele. Noi dobbiamo vincere, conta la squadra”.

SUL RUOLO DI KAMADA – “Lui in Germania giocava sia davanti che dietro, è un giocatore completo, ha corsa e qualità di gioco. Penso che, se devo essere sincero, è più adatto a questo calcio rispetto a quello precedente. Non è pulitissimo tecnicamente, ma ha altre doti che a me piacciono tanto. Ha la mentalità giusta e poi ha gol, una dote che fa la differenza. L’ho visto anche bello allegro e voglioso, vedremo in campo”.

SULLE CONDIZIONI DI LAZZARI E SUI RUOLI CHE PUÒ FARE- “Lo vediamo oggi, ha avuto un problemino piccolo. L’equilibrio è sia offensivo che difensivo. Servono sempre giocatori con gol, ma anche che facciano la fase difensiva. Poi si sceglie in base all’avversario e alla partita. A me piace attaccare, ma non prendere gol. Felipe Anderson a tutta fascia? Ah c’è già un sistema di gioco? Non lo ho provato, non so questa domanda. Ma lui è molto disponibile, ha gamba e qualità. Lei è convinto che giocheremo con la difesa a 3, magari non è quella”.

SULLO SPOGLIATOIO – “Sono vogliosi e molto orgogliosi. Non sono giocatori da nono posto, vogliono riscattarsi. In 10 giorni sono tutti perfetti perché c’è il nuovo allenatore, con il tempo però capiremo meglio. La gente vera si vede più avanti, nelle battaglia, quando non gioca o deve subentrare”.

SULLA FISICITÀ CHE HA TROVATO NELLA SQUADRA – “Vedremo domani se sarà in grato di esaudire le mie richieste. Nei dati fisici, la Lazio è sempre stata in alto. Abbiamo parlato tanto di questo, è un argomento importante, sono le distanze che saranno diverse. Dovranno fare corse diverse, ma anche delle similitudini perché Sarri voleva andare a prendere la palla su, la stessa cosa che voglio io”.

SU MARUSIC E HYSAJ NEL TERZETTO DIFENSIVO – “Tutto è ipotetico. Se non voglio dirti una cosa, posso non rispondere (ride, ndr). Patric è tornato, mi è sempre piaciuto da fuori, può essere un giocatore per me. Mi piace come difende anche a campo aperto”.

SULLE RETI MANCANTI SU COLPO DI TESTA RISPETTO ALLE PASSATE STAGIONI – “Sì, ogni squadra ha caratteristiche diverse. Serve però la cattiveria per fare gol, questo fa la differenza”.

SULLA MENTALITÀ CHE È RIUSCITO A TRASMETTERE – “Se un allenatore ci riesce in 5 allenamenti è un mago (ride, ndr). Il clima nello spogliatoio io è bello, vedo gente motivata. Domani servirà coraggio e bisognerà giocare senza troppi pensieri. Ci saranno problemini per le novità che faremo, ma è mia responsabilità. La chiave è attaccare e difendere tutti, voglio una squadra difficile da battere”.

SULLE TRE PARTITE DECISIVE IN CUI LA LAZIO SI GIOCA L’INTERA STAGIONE – “Non esistono partite della vita, è tutta un’esagerazione, è tutto fumo. Sono partite. A me interessa la squadra, prepararla bene, oggi voglio caricarla. Questo appartiene a me. Il resto è tutto fumo”.

Continua a leggere

I nostri approfondimenti

Giovani per il futuro

Esclusive

Fantacalcio

Serie A

Trending

Scarica L'App

Copyright © 2022 | Testata giornalistica n.63 registrata presso il Tribunale di Milano il 7 Febbraio 2017 | numero-diez.com | Applicazione e testata gestita da Número Diez SRL 12106070969