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L'ascesa di Fabio Grosso

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L’ascesa di Fabio Grosso

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Compie oggi 41 anni Fabio Grosso, storico terzino della Nazionale e fondamentale pedina nel mondiale del 2006.

Questo è l’omaggio di Numero Diez, l’omaggio ad un uomo che – inaspettatamente – ci ha portato sul tetto del mondo e che ci ricorderemo per sempre: il racconto della sua ascesa, dagli inizi fino a quel rigore decisivo nella finale del mondiale.

INCIPIT

Nasce a Roma, per desiderio della madre romana, ma la sua terra è l’Abruzzo, dov’è cresciuto.
Il padre viene da qui, e lui ha iniziato a giocare alla Renato Curi di Pescara e al Chieti.
Anche il padre giocava, da ragazzo. La squadra era quella di un paesino dell’Alto Vastese, San Giovanni Lipioni, che oggi presenta Fabio Grosso come prodotto locale, perché “trascorreva le vacanze qui in paese”.

Alla Renato Curi lo tira su Cetteo Di Mascio, che lui continuerà a chiamare maestro. Uno che ha scoperto e cresciuto anche Massimo Oddo e Marco Verratti.
Il soprannome che Di Mascio ha dato a Grosso, per come sa combinare la tecnica e il cervello, è “la Centralina”. Insieme vinceranno un campionato Eccellenza, che per Grosso avrà lo stesso sapore dei campionati vinti in Serie A e in Ligue 1.

A 23 anni Fabio Grosso fa il trequartista, ha la maglia numero 10 e gioca in serie C2. Fino a due anni prima era nei Dilettanti. Il calcio è un hobby: parallelamente si è iscritto all’università, Scienze Politiche, e ha dato un paio di esami.

Le sue prestazioni e i suoi gol (11) permettono al Chieti di raggiungere la C1 e a lui di essere notato dal Perugia di Gaucci.

BALZO IMPROVVISO

Così, di colpo, per Grosso arriva la Serie A. E con un’intuizione di Serse Cosmi, si abbassa a fare il terzino.

Il tutto in uno stadio intitolato a Renato Curi, lo stesso che dava il nome alla squadra abruzzese in cui aveva cominciato.

Arriva in Umbria, a zero, da scommessa che costa poco fare. Per molti non è all’altezza del ruolo, oltre che non essere all’altezza dei compagni: in squadra ci sono Zé Maria, Dellas, Vryzas e Bazzani.

E invece gli bastano pochi mesi per diventare il titolare della squadra, pochi mesi per ambientarsi nel calcio che diventerà il suo, e che prima era una fantasia.

Perugia è una rampa di lancio, un’opportunità grandiosa, che lo trasforma in un giocatore affidabile e consapevole. La sua ultima gara con i “Grifoni” finisce per un’espulsione: è il primo di una serie di epiloghi che guastano i suoi addii.

Ha 26 anni e due stagioni e mezza di A sulle spalle, quando il DS Foschi lo acquista per il Palermo, nel gennaio 2004, sfilandolo al tentativo dell’Inter di inserirsi.

“Ho sempre scelto chi puntava su di me”

Fabio Grosso

I rosanero segnano la svolta della sua vita. Perché cresce enormemente, in altre due stagioni e mezza, in un contesto che vede la squadra passare dalla Serie B al quinto posto in A.

In quella rosa, in quegli anni, ci sono altri futuri campioni del mondo: Toni, Barzagli, Zaccardo, Barone, oltre a giocatori di talento come Corini, Brienza, e Di Michele.

GERMANIA 2006, PRIMA IMPRESA

Prima dei Mondiali 2006, in azzurro aveva raccolto appena 17 presenze, non aveva giocato neanche un minuto nelle nazionali giovanili; aveva esordito nel 2003, ma solo dalla primavera del 2005 era entrato in pianta stabile.

Il giorno del debutto dell’Italia, contro il Ghana, Fabio è in campo, il padre siede in tribuna e piange, e la madre a casa in Abruzzo che prega.

“Sono emozioni che posso raccontare, le ho raccontate e le racconterò. Ma non si riescono mai a capire. Raccontarle non renderebbe mai quello che in realtà è stato”

Ottavi di Finale, “Fritz Walter Stadion” di Kaiserslautern.
Italia e Australia sono bloccate sullo 0-0 e mancano venti secondi alla fine, quando Grosso riceve palla. Andare oltre i tempi regolamentari è un rischio, anche perché l’Italia è in dieci, ma ormai pare inevitabile.

“Allora Totti con il sinistro prova a lanciare, per Grosso, che riesce a far passare il pallone, c’è ancora spazio per un traversone; prova a prendere lo spazio Grosso, Grosso in area di rigore, sempre Grosso ancora in area di rigore… rigore! Calcio di rigore! Calcio di rigore! Calcio di rigore!”

Totti va dal dischetto, ed è gol. L’arbitro non fa nemmeno ricominciare: l’Italia è ai quarti.

GERMANIA 2006, SECONDA IMPRESA

Siamo di nuovo negli ultimi istanti di una gara paralizzata, senza reti.
Stavolta il pallone pesa di più, perché è la semifinale e perché l’avversario è la Germania padrona di casa.

“Palla tagliata, messa fuori c’è Pirlo, Pirlo, Pirlo ancora, Pirlo di tacco, tiro… gol! Gol! Gol di Grosso! Gol di Grosso!”

Probabilmente la sua corsa cieca, infantile, mentre fa no col dito e scuote la testa, è l’equivalente dell’esultanza di Tardelli nel 1982.
L’immagine che rimarrà con più intensità nell’immaginario, da quel Mondiale, insieme alla testata di Zidane.

Arriva poi il raddoppio azzurro con Alex Del Piero, e i tre fischi che mandano l’Italia in finale.

GERMANIA 2006, ULTIMA IMPRESA

È il 9 luglio 2006.

L’Olympiastadion di Berlino è esausto, eppure la tensione continua a prendersi la serata, a strappi, dopo 120 minuti, due gol e un’espulsione come quella rifilata a Zidane.

I Mondiali 2006 arrivano fino in fondo, oltre i tempi regolamentari della finale, oltre i supplementari.

I primi quattro italiani segnano tutti, per la Francia tre gol e l’errore di Trézéguet. Il quinto a dover battere è Fabio Grosso, l’ha deciso Lippi a fine partita, e lui gli ha chiesto «se veramente fosse sicuro».

Non batte un rigore da cinque anni: l’ultima volta era stata in serie C2. Non guarda la porta. Tira forte. Palla da una parte, Barthez dall’altra.

L’Italia è campione del mondo.

PICCOLA CONSIDERAZIONE FINALE

Esiste, per un calciatore, qualcosa di più bello di un mondiale vinto? No.

Forse è anche per questo che Fabio Grosso, dopo il mondiale, non farà mai quel salto di qualità definitivo, senza incidere mai troppo nelle sue squadre di club: anzi, è proprio lì che Fabio fatica a fare la differenza.

Questo è lo strano aneddoto di Grosso: tanto in difficoltà nelle squadre di club, quanto assistito dalla provvidenza e decisivo con la maglia azzurra, quella più pesante, quella della Nazionale.

Non si può far altro che ringraziare Grosso per le emozioni che ci ha fatto provare in quelle notti di dodici anni fa, e augurargli – oltre che un buon compleanno – buona fortuna per la sua carriera da allenatore.

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Dove vedere Real Madrid-Napoli di Youth League

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Dove vedere Real Madrid-Napoli di Youth League

DOVE VEDERE REAL MADRID-NAPOLI DI YOUTH LEAGUE – Non solo la prima squadra, a Madrid arriverà anche il Napoli Primavera, pronto ad affrontare il Real nel match di Youth League. Per gli azzurrini l’imperativo è quello di vincere per tenere in vita le residue chances di approdo al turno successivo. Le merengues, però, sembrano un ostacolo insormontabile. I giovani del Real Madrid, infatti, sono primi nel girone e hanno vinto il match d’andata a Napoli con un roboante 0-4.

DOVE VEDERE REAL MADRID-NAPOLI DI YOUTH LEAGUE – COME ARRIVANO LE DUE SQUADRE

Per i partenopei di mister Tedesco, dicevamo, la trasferta del campo intitolato ad Alfredo Di Stefano sembrerebbe proibitiva. Il Napoli infatti è ultimo nel suo girone di Youth League insieme all’Union Berlino a quota tre punti. Il Real, dall’altra parte, è primo con il Braga a quota otto. Questo vuol dire, dunque, che agli azzurrini serviranno due vittorie nelle ultime due gare del girone e dovranno sperare che i Blancos o il Braga non vincano la partita contro l’Union Berlino.

Una missione insomma quasi impossibile, soprattutto considerando che il Napoli dovrebbe infilare il doppio delle vittorie che ha messo a referto sin qui nella competizione (solo una, arrivata per 1-0 nell’ultimo match contro l’Union Berlino). Come se non bastasse, i ragazzi di Tedesco hanno deluso anche in Primavera 2, dove attualmente occupano la sesta posizione in classifica.

Tutt’altro discorso per il Real Madrid, che in Europa si sente a casa anche con le giovanili. Agli spagnoli potrebbe bastare un punto per la qualificazione al turno successivo, ma andranno sicuramente a caccia del bottino pieno. In tal caso, infatti, otterrebbero la certezza matematica di figurare tra le 32 squadre che rimarranno nella competizione anche a febbraio.

Guardando al calendario, inoltre, il Real non vince in Youth League da due partite: nella doppia sfida con il Braga sono infatti arrivati altrettanti pareggi per 0-0. Un motivo in più per trovare la vittoria dopo essere partiti con 6 punti ottenuti contro Union Berlino e Napoli.

DOVE VEDERE REAL MADRID-NAPOLI DI YOUTH LEAGUE

La partita tra Real Madrid e Napoli andrà in scena mercoledì 29 alle ore 16.00 e non ci sarà modo di seguire il match in diretta video. Il canale streaming ufficiale della UEFA, UEFA.TV, infatti, trasmette solo quattro partite a settimana sul suo sito e per questa non è previsto il match delle due squadre. Sarà comunque possibile seguire la diretta testuale sul sito della UEFA nella sezione dedicata alla Youth League, e guardare nella stessa area gli highlights del match a fine partita.

DOVE VEDERE REAL MADRID-NAPOLI DI YOUTH LEAGUE – LE PROBABILI FORMAZIONI

REAL MADRID (4-3-3): Gonzalez, Sanchez, Serrano, Ramon, Yusi; Manuel Angel, De Llanos, Palacios; Paulo Iago, Bravo, Yanez.

NAPOLI (4-3-3): Turi; Mazzone, Gambardella, De Luca, Di Lauro; Gioielli, De Chiara, Russo; D’Angelo, Vigliotti, Vilardi.

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Flash News

Dybala torna sull’esultanza: “C’è gente che parla troppo e senza motivi”

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Roma-Udinese resoconto

A riportare in vantaggio la Roma contro l’Udinese, prima del sigillo definitivo di El Shaarawy, ci ha pensato Paulo Dybala. Lo stesso argentino, nel post partita, ha parlato ai microfoni di DAZN toccando diversi temi. Dall’esultanza al feeling con Lukaku, queste le parole della Joya:

LA VITTORIA – “Una giornata bella, l’importante era vincere e lo abbiamo fatto. Sono tre punti fondamentali”.

ESULTANZA – “C’è gente che parla troppo, purtroppo, e senza motivi. Io cerco sempre di dare il meglio per la squadra, le risposte sono per il mister e i compagni”.

FUTURO –Sono venuto qui per restituire tutto l’amore che questa gente mi dà, vorrei restare nella storia con un trofeo magari”.

LUKAKU – “Io e lui ci capiamo al volo, abbiamo parlato tanto dal suo arrivo per arrivare a questa intesa”.

CLASSIFICA – “Tre punti dalla zona Champions Leagye? Il campionato è ancora lungo”.

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Palladino soddisfatto del pari col Cagliari: “Guardo il bicchiere mezzo pieno, il risultato è giusto”

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Palladino

Il Monza è riuscito a strappare il pareggio per 1-1 contro il Cagliari nel lunch match della 13ª giornata di Serie A. I brianzoli sono riusciti a riacciuffare i sardi grazie al gol di Maric, che ha risposto al momentaneo vantaggio di Dossena. L’allenatore del Monza Raffaele Palladino ha parlato del match odierno nella conferenza stampa post partita.

Di seguito le sue dichiarazioni:

SUL MATCH – “Si. Il Cagliari ci ha messo in difficoltà ed ha meritato il vantaggio. Nella ripresa abbiamo cambiato registro e fatto bene. Il risultato è giusto”.

PRESTAZIONE DI MARIC – “E’ un grandissimo professionista. Oggi è entrato ed ha fatto molto bene, a parte il goal. Ho un gruppo straordinario ed anche chi entra fa sempre la sua parte”.

SUL CAGLIARI – “Pensavamo si presentasse con la difesa a 4 ed invece Ranieri ha schierato quella a 3. Sapevo che il Cagliari era una squadra camaleontica e lo ha confermato anche oggi. Ranieri è un grande allenatore ed è bravo a valutare queste situazioni”.

RISULTATO POSITIVO – “Guardo il bicchiere mezzo pieno e dico di essere soddisfatto del punto. Il Cagliari ha giocato bene, ma nella ripresa abbiamo fatto il nostro, dunque bene così”.

PALLE INATTIVE – “Effettivamente nel primo tempo abbiamo subito tanti calci d’angolo, ma c’era pure il vento a favore dei rossoblù”.

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Calcio Internazionale

Preferisco la Coppa: Coppa UEFA 1978/79

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Coppa UEFA

L’8 dicembre 1978 negli USA viene proiettato in anteprima “Il Cacciatore”, il mitico film di Michael Cimino che racconta in maniera molto atipica la Guerra del Vietnam e, in particolare, le sue conseguenze sui reduci. Il film arriva nelle sale italiane solamente a febbraio del 1979, ma la potenza della pellicola e le prove di un cast stellare nel quale spiccano Robert De Niro, Christopher Walken e il mitico John Cazale, morto il 13 marzo ’78 a riprese ancora in corso, fanno si che il film entri immediatamente nell’immaginario collettivo degli spettatori, colpendo dritto al cuore.

Mentre il film di Cimino spopola nelle sale americane le coppe europee hanno appena terminato la prima parte della loro stagione, e la Coppa UEFA 1978/79 ha già visto diverse cadute eccellenti nei primi tre turni.

PRIMO TURNO: DISASTRO TRICOLORE

Delle consuete quattro partecipanti italiane alla Coppa UEFA, ben tre non superano il primo turno, tra rimpianti e sfortuna.
Il Torino di Gigi Radice, ormai lontano parente di quello Campione d’Italia nel 1976, cade nella trappola dell’esordiente Sporting Gijón, squadra su cui si conosce molto poco ma che impiega appena un quarto d’ora per portarsi sul 2-0 al Molinón, grazie alle reti di Ferrero e Moran, prima di chiudere i conti nella ripresa con il secondo centro personale del numero 7.
La prestazione degli spagnoli si rivela troppo per un Torino arrivato in Spagna con intenti ben diversi e che al Comunale, due settimane dopo, non riesce nel miracolo, vincendo con un misero 1-0 a firma Graziani.
Non va meglio al Napoli di Gianni Di Marzio, che dopo l’ottimo sesto posto in Serie A dell’anno precedente parte malissimo nella stagione 1978/79, con la dirigenza partenopea che silura il tecnico dopo l’uscita dalla Coppa UEFA, arrivata per mano della Dinamo Tbilisi.
I sovietici, che stanno facendo le prove generali per il momento più alto della loro storia, sono squadra quadrata e pratica, ormai presenza fissa nelle coppe europee.
Il 2-0 con cui liquidano gli azzurri alla Dinamo Arena non ammette repliche, con il Napoli che rischia più volte di naufragare definitivamente già all’andata.
Purtroppo per i partenopei, però, anche il ritorno al San Paolo non riserva gioie, visto che la Dinamo si porta avanti a metà ripresa con Daraselia e il Napoli riesce solamente ad evitare la sconfitta interna grazie al sigillo di Savoldi su rigore nel finale.
La terza, ed ultima squadra, eliminata al primo turno è un’esordiente assoluta, si tratta del mitico Lanerossi Vicenza, guidato da G.B. Fabbri in panchina e da un giovane Paolo Rossi in avanti.
I biancorossi sono reduci da un clamoroso secondo posto in Serie A, risultato irripetibile e magnifico per una squadra come il Lane, che ha saputo dimostrarsi squadra molto difficile da battere, grazie alle reti di Rossi e alla fantasia di Roberto Filippi, centrocampista magnifico che in estate lascia Vicenza per accasarsi al Napoli.
Senza il faro del centrocampo biancorosso, la squadra fatica a girare tanto da retrocedere a fine stagione, al termine di un’annata decisamente sfortunata.
Le avvisaglie del periodo travagliato per il Lane si palesano già al primo turno della Coppa UEFA, quando i veneti pescano il Dukla Praga.
Sull’onda lunga del successo all’Europeo 1976, le squadre cecoslovacche si dimostrano sempre avversari scorbutici e, molto spesso, affrontate al “buio”, viste le poche informazioni che arrivano da oltre il Muro di Berlino.
Il 13 settembre allo Stadion Juliska basta un gol nei primi minuti di Nehoda, uno dei pilastri della Cecoslovacchia e del Dukla, con il quale giocherà per ben 12 stagioni. Il centravanti riceve in area il cross di Stambachr e fredda Galli con una gran girata al volo.
Il risultato non cambia più, nonostante le offensive dei padroni di casa, con il Vicenza  che non riesce a controbattere in fase offensiva, anche in virtù dei continui interventi duri dei giocatori del Dukla, in particolare rivolti a Rossi, maltrattato per tutto l’incontro.
L’1-0 subito in trasferta lascia aperto uno spiraglio in vista del ritorno al Menti, dove il Vicenza parte subito forte e trova il vantaggio dopo un quarto d’ora. Su un lancio in profondità di Cerilli, Briaschi salta un paio di avversari e conclude con un potente diagonale sul primo palo che sorprende Stromsik.
Il gol concede una nuova speranza agli uomini di Fabbri, che però non riescono a sfondare e prestano il fianco al contropiede ceco, che si concretizza al 50’ con Samek che calcia un punizione da lontano e il pallone che, deviato (forse da Guidati, forse da Gajdusek) finisce all’angolino.
Il Vicenza si riversa in avanti, conscio che ora servono altre due reti per passare il turno e al 76’ ha l’occasione più grossa per rimettersi in gioco, quando l’arbitro, il tedesco Einbeck concede un rigore al Lane per fallo di Samek su Guidati. Dal dischetto, però, Callioni si fa tradire dall’emozione e spedisce a lato.
Un pizzico di sfortuna e una dimensione europea totalmente assente, dunque, sono le principali cause della prematura uscita dalla Coppa UEFA del Vicenza, che tronerà in Europa in una sola occasione, ma ne parleremo più avanti…

OTTAVI DI FINALE: GRANDI SORPRESE

Se il secondo turno è decisamente avaro di sorprese, con le favorite che fanno il loro lavoro fino in fondo, è agli ottavi che iniziano a compiersi delle vere e proprie imprese.
Il primo risultato impensabile alla vigilia arriva da The Hawtorns, la casa del West Bromwich Albion, che torna in Europa dopo la Coppa delle Coppe 1968/69 e, dopo Galatasaray e Braga, elimina il Valencia di Mario Kempes, grazie ad una doppietta di Tony Brown.
Dall’altra parte del Continente, invece, la Honved elimina l’Ajax, vincendo con un sontuoso 4-1 in casa, per poi contenere i Lancieri al ritorno, perdendo 2-0.

La caduta più fragorosa, però, è quella del Milan di Liedholm, che viene annichilito dal Manchester City.
I rossoneri faticano già al primo turno contro gli altri cecoslovacchi del Lokomotíva Košice, che perdono 1-0 a San Siro (gol di Novellino) e poi restituiscono lo stesso risultato al ritorno, grazie al gol nel finale di Kozák, portando la sfida prima ai supplementari e poi ai rigori. Dal dischetto la spunta il Milan, al termine di una serie interminabile.

Ai sedicesimi i rossoneri eliminano il Levski Spartak e poi, appunto, pescano il City dall’urna degli ottavi.
I citizens sono tutt’altro che una corazzata, tanto che in campionato chiuderanno con un misero 15’ posto, ma in Coppa UEFA si trasformano totalmente e lo dimostrano già all’andata a San Siro.
In meno di un’ora di gioco gli inglesi sono avanti di due reti, firmate da Kidd, con un bel colpo di testa su cross di Hartford, nel primo tempo e dalla formidabile azione personale di Power, che parte dalla propria metà campo in solitaria e si invola a battere un rivedibile Albertosi.
Il doppio colpo sembra una mazzata troppo grande anche per una squadra come il Milan, ma due minuti dopo, su un cross di Novellino, la difesa del City si perde inspiegabilmente Bigon, che mette in rete da due passi e riapre la partita.
È lo stesso Bigon a trovare il 2-2, sfruttando un rimpallo derivante da una conclusione di Novellino.
Nonostante il 2-2 sia un risultato favorevole al City, la rimonta dei rossoneri viene interpretata come un segnale importante in vista del ritorno, soprattutto dal punto di vista mentale.
Il 6 dicembre a Maine Road, però, Booth, Hartford e Kidd, segnano tre reti nel primo tempo, passeggiando sulle macerie della difesa milanista, totalmente in balia degli avversari.

QUARTI DI FINALE: STRAPOTERE TEDESCO

La corsa del Manchester City si interrompe immediatamente al ritorno dalla pausa invernale, quando il terribile Borussia Mönchengladbach di Udo Lattek, che strappa un prezioso 1-1 a Maine Road e poi azzanna gli avversari al ritorno, con un facile 3-1.

I Fohlen sono solo la prima delle tre squadre tedesche che stanno cannibalizzano il torneo, infatti anche Herta Berlino e Duisburg superano l’esame dei quarti.
I biancoblu, dopo Botev, Dinamo Tbilisi e Esbjerg, superano anche il Dukla Praga, non senza patemi. I cecoslovacchi, infatti, passano in vantaggio sia all’andata in Germania, sia al ritorno in casa, ma in entrambi i casi vengono recuperati (1-1 e 1-2) dai tedeschi.

Affascinante, invece, il percorso del Duisburg, che dopo una toccata e fuga nella Coppa UEFA 1975/76, torna a competere in campo internazionale e lo fa da protagonista.
Le Zebre, guidate da Rolf Schafstall, partono molto forte, eliminando il Lech Poznań con un pesante 10-2, poi non subiscono reti contro Carl Zeiss Jena (3-0 complessivo) e Strasburgo (4-0).
Il sorteggio dei quarti mette di fronte ai tedeschi la Honved, carnefice dell’Ajax e squadra abituata a fornire ottime prestazioni offensive.
La sfida di andata, giocata in Ungheria il 7 marzo 1979 è splendida, con il Duisburg che passa in vantaggio con Worm e poi viene ribaltato dai magiari, che grazie a Varga e Weimper si portano sul 2-1. Il finale dell’incontro, però, premia le Zebre, che prima pareggiano, ancora con Worm e poi assestano il colpo del ko nel finale con Seliger, ipotecando, di fatto, la semifinale.
Al Wedaustadion, infatti, basta una rete di Büssers nel primo tempo ai tedeschi per mettersi al riparo da sorprese e a nulla servono i due gol della Honved nel finale, il Duisburg passa per i gol segnati in trasferta.

Quindi tre squadre su quattro provengono dalla Germania Ovest e sembra che nessuno possa interrompere questa egemonia… nessuno tranne la Stella Rossa.

DAL MARAKANA CON FURORE

Gli slavi non sono ancora la formidabile formazione di fine anni ’80, quando domineranno l’Europa, ma, guidati da Branislav Stankovic la Stella Rossa inizia a far tremare i propri avversari.
La Zvezda, si rende immediatamente protagonista al primo turno, quando perde 5-2 a Berlino Est contro la Dynamo, per poi ribaltare tutto al Marakana, con due reti negli ultimi 10 minuti.
Dopo un avvio del genere, la Stella inizia a figurare tra le possibili outsider della Coppa UEFA, sensazione consolidata ancora di più dal pragmatico 2-1 con cui gli slavi si sbarazzano dello Sporting Gijon.
Il vero capolavoro della Zvezda, però, arriva agli ottavi, quando il sorteggio recita: Arsenal.

I Gunners sono in una fase di transizione della propria storia, a metà tra i successi di Bertie Mee e il futuro periodo di fine anni ’80 sotto la guida di George Graham, ma restano un avversario temibile e rispettato in campo europeo.
Nella bolgia del Rajko Mitic di Belgrado, la Stella Rossa vince 1-0, grazie alla rete siglata al quarto d’ora da Blagojevic, un risultato positivo ma che lascia aperta anche la possibilità della rimonta per l’Arsenal.
In due settimane da un tempio del calcio ad un altro, dal Marakana al mitico Highbury, dove la squadra inglese si trasforma, ma non riesce a superare la strenua difesa degli uomini di Stankovic, fino al 69’, quando Alan Sunderland firma di testa il gol del vantaggio per i Gunners.
Il punteggio, dunque, è di totale parità e l’Arsenal sembra ad un passo dalla rimonta, ma all’87’ arriva il gol qualificazione per la Stella Rossa, con Savic che gira al volo un cross dalla sinistra e regala agli slavi il pass per i quarti.
Dopo la sosta invernale c’è un’altra squadra inglese sul cammino della Zvezda, il West Bromwich Albion, una delle rivelazioni del torneo.
Il copione del doppio confronto è identico alla sfida contro l’Arsenal: 1-0 per la Stella Rossa al Marakana e 1-1 a The Hawtorns, con gol decisivo di Sestic all’87’.

Gli slavi, dunque, sono in semifinale di Coppa UEFA e l’urna prevede lo scontro con l’Herta Berlino di Klötzer.
Anche in questo caso l’andata si gioca al Rajko Mitic, e si conclude con l’ormai consueto 1-0 in favore della Zvezda, stavolta a firma Savic, con un bel colpo di testa su cross di Borovnica.
Quello che cambia, rispetto agli altri confronti, è la voglia dell’Herta di conquistare la finale, tanto che all’Olympiastadion Beer e Sidka portano sul 2-0 i tedeschi in meno di un quarto d’ora.
Il copione dell’incontro, però, non cambia e la Stella Rossa ha bisogno di una sola rete per qualificarsi, rete che arriva al 74’, ancora con Sestic, ormai abituato a gol pesanti nel finale.

SFORTUNA E POLEMICHE

Un ultimo atto inatteso, dunque, decreterà la vincitrice della Coppa UEFA 1978/79, con il Borussia Mönchengladbach che torna in finale dopo la vittoria del 1975 e la Stella Rossa, per la prima volta ad un passo dal trofeo.

Il 9 maggio 1979 va in scena la finale d’andata al Rajko Mitic, e la Stella dimostra di poter effettivamente rompere le uova nel paniere ai favoriti Fohlen.
Sospinti da un tifo infernale, gli slavi colpiscono un palo in avvio con Savic e poi passano in vantaggio al 21’ con Sestic, ben servito in area dallo stesso Savic.
I padroni di casa sembrano in pieno controllo della situazione, ma al 60’, su un pallone innocuo messo in mezzo da Wohlers, il centrale della Zvezda, Jurišić mette nella propria porta con uno sciagurato tuffo di testa.
L’1-1 è un risultato pesante non solo per quel che riguarda il ritorno, ma anche dal punto di vista mentale, soprattutto per come è maturato il punteggio.

Due settimane dopo è il Rheinstadion il teatro della sfida di ritorno, arbitrata dall’italiano Michelotti, che si rivelerà protagonista della serata.
Dopo un quarto d’ora di equilibrio, infatti, il direttore di gara concede un rigore al Borussia per un fallo, molto dubbio, ai danni di Simonsen.
Dal dischetto il danese è implacabile è firma il gol che si rivelerà decisivo.
Nei restanti 75 minuti la Stella Rossa prova ad attaccare, ma la sfortuna e l’imprecisione non permettono agli slavi di trovare il gol dell’1-1. La Zvezda si ferma ad una clamorosa traversa colpita nella ripresa da Muslin che avrebbe portato la sfida ai supplementari.
Si conclude, dunque, in gloria un decennio splendido per il Borussia Mönchengladbach, che conquista la seconda Coppa UEFA della sua storia.

Nonostante gli anni ’80 siano ormai realtà, tra tre settimane sarà ancora il Borussia Mönchengladbach la squadra protagonista della Coppa UEFA 1979/80, ma il risultato per i Fohlen sarà ben diverso da quello che abbiamo appena ricordato.

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