La bandiera americana è stata piantata sul suolo fiorentino. È successo lo scorso 6 giugno e l’autore di tale avvenimento è stato Rocco Commisso, imprenditore italo-americano, da una manciata di giorni nuovo presidente della Fiorentina.
Dopo 17 anni con la famiglia Della Valle al comando, la società viola è stata acquistata da Commisso per una cifra che oscilla tra i 160 e i 170 milioni di euro entrando a far parte delle proprietà americane nel calcio.
“Ho messo il cuore, la passione e i soldi per comprare la Fiorentina e oggi sono fiorentino.”
Sono queste le prime parole pronunciate dal neo presidente della Fiorentina appena sbarcato a Malpensa. Poi sono arrivate anche le dichiarazioni in conferenza stampa. I tasti toccati sembrano quelli giusti per tornare a far battere il cuore ai tifosi Viola dopo una stagione pietrificante.

Fonte: profilo Instagram Fiorentina.
Rocco Commisso è metà italiano e metà americano. È nato in Calabria, a Marina di Croiosa Ionica nel 1949, ma ha vissuto dai 12 anni in poi in America. La sua carriera da imprenditore inizia grazie a una borsa di studio ottenuta per meriti sportivi, che lo ha portato alla Columbia University a New York dove si è laureato in ingegneria.
La fondazione di Mediacom è stata certamente la vera svolta della sua vita. Quella che è una delle principali emittenti via cavo negli Stati Uniti, con un fatturato di circa 1,9 miliardi di euro ogni anno, gli ha permesso di ampliare il proprio patrimonio che ad oggi si aggira attorno ai 5 miliardi. Inoltre dal 2017 è il proprietario dei New York Cosmos, squadra storica del calcio nordamericano.
Ma Commisso non è l’unico proprietario americano nel calcio. Ci sono anche altre società con la bandiera a stelle e strisce al comando: ecco gli esempi europei più importanti.
JAMES PALLOTTA – ROMA

Fonte: sito ufficiale della AS Roma.
Le mani americane arrivano a Roma il 27 settembre 2011, quando Thomas DiBenedetto entra ufficialmente in carica come presidente. La cordata con la quale ha prelevato la Roma però prevedeva anche la presenza di altri tre connazionali: Richard D’Amore, Michael Ruane e James Pallotta. Sarà quest’ultimo poi a sostituire DiBenedetto il 27 agosto 2012, quando terminerà la sua breve avventura romana a seguito delle dimissioni. Da quel giorno in poi la Roma è targata James Joseph Pallotta.
Le origini del presidente americano affondano le radici in Italia: il padre era nativo di Teramo, la madre di Canosa di Puglia, perciò una percentuale di sangue è di matrice italiana. Lui però è nato a Stoneham, un comune della contea di Middlsex nello stato del Massachusetts.
La storia di Pallotta è la storia di una tifoso che ha realizzato il sogno di entrare nella società per la quale tifava. No, la Roma e il calcio non c’entrano. C’entrano invece il basket americano e i Boston Celtics, squadra per cui prova un amore incondizionato sin dai primi anni di vita. E così quando nel 2002 ha strappato un assegno da 15 milioni con destinatario la Boston Basketball Partners LLC, il suo sogno è diventato realtà. Come ha fatto a diventare un uomo così importante? Essex Investement Management prima, Tudor Investement Corporation poi e Raptor Capital Management infine.
E il 27 agosto 2012 è sbarcato a Roma con un mare di buoni propositi. Peccato che le sue parole e i proclami non abbiano trovato una risposta adeguata nei trofei vinti con i giallorossi, che in questi 7 anni di gestione sono fermi a zero. Nessuna coppa da quando Pallotta è diventato presidente della Roma. Superfluo aggiungere che il clima in una città focosa come quella romana si stia facendo di stagione in stagione sempre più rovente.
Il brand Roma è diventato sempre più conosciuto a livello mondiale, i numeri sono cresciuti e il bilancio, precedentemente da horror, si è stabilizzato. Ma l’assenza di trofei pesa più di tutto ciò.
Il concetto conclusivo per capire al meglio come viene visto Pallotta da gran parte della piazza è riassunto in uno striscione che viene spesso ripresentato: “Pallotta go home”.
STANLEY KROENKE – ARSENAL

Fonte: sito ufficiale Arsenal Fc
Ci spostiamo poi in Inghilterra, Premier League, più precisamente all’Arsenal. I gunners sono stati acquistati ufficialmente da Stanley Kroenke nel 2008, ma in principio le sue quote erano solo del 29,9%. Successivamente sono arrivate al 62,89. Infine nell’agosto del 2018 ha rilevato il 100% delle quote da Alisher Usmanov, all’epoca il principale proprietario.
Stanley Kroenke deve le sue fortune soprattutto alla Kroenke Sports e Enterteinement, la holding company che gestisce l’Arsenal, i Los Angeles Rams nella NFL, i Colorado Rapids della Major League Soccer, i Colorado Mammoth nella National Lacrosse League, i Denver Nuggets dell’NBA e per concludere i Coloradio Avalanche della NHL, con queste ultime due proprietà ufficialmente nelle mani della moglie, Ann Walton Kroenke.
Secondo la rivista americana Forbes, il magnate americano possiede l’11° patrimonio più cospicuo tra i presidenti nel mondo dello sport, con una cifra che si aggira attorno agli 8,5 miliardi di dollari.
Il valore stimato del suo Arsenal invece è di 643 milioni di euro. Le coppe alzate da quando le fortune del club passano dal suo portafoglio sono 6: 3 Community Shield e 3 Coppe d’Inghilterra. Una società forte, con una base solida e una crescita costante tutt’altro che scontata. Finora il percorso di Kroenke con l’Arsenal non si può definire fallimentare.
JOHN WILLIAM HENRY – LIVERPOOL

Fonte: profilo Instagram @liverpoolfc.
Il percorso americano del Liverpool inizia nel 2010 e dopo 9 anni di gestione è arrivato al suo punto più alto. I Reds hanno vinto l’ultima edizione della Champions League battendo in finale il Tottenham e alzando la coppa più importante nel mondo calcistico europeo.
John William Henry è un businessman nato nel 1949 a Quincy, Ilinois, con la passione per lo sport. È il baseball il motore della sua vita, tanto che i primi investimenti sono proprio fatti in piccole squadra di baseball. Poi il livello è salito sino all’acquisto dei Red Sox, team con 9 titoli vinti, di cui l’ultimo nel 2018.
L’esponenziale crescita del patrimonio di Henry è attestata anche dalle differenti cifre stimate negli anni: se nel 2006 il The Boston Magazine parlava di 1,1 miliardo di dollari, 11 anni dopo Forbes parla di 2,6 miliardi, più del doppio. Tutto ciò è stato reso possibile dalla John W.Company, una compagnia di investimenti nata nel 1981 divenuta sempre più colossale nel suo ambito.
Nel 2010 la Fenway Sports Group acquista il Liverpool da Tom Hicks e George N.Gillet. I due precedenti proprietari erano malvoluti da tutto il popolo reds a causa di promesse non mantenute, gestione inadeguata e rapporti incendiari con giocatori, coach e staff.
E dopo due anni di gestione americana il Liverpool torna a vincere: in finale di Coppa di Lega inglese contro il Cardiff vince ai rigori e torna ad alzare una coppa 6 anni dopo l’ultima volta.
Nel 2013-2014 si avvicina addirittura a vincere lo scudetto con Rodgers in panchina, ma al primo posto arriva il Manchester City e le speranze sfumano in una nuvola di delusione.
Poi Klopp. Con il tecnico tedesco in panchina e una successione di sessioni di calciomercato gestite alla perfezione, il Liverpool è arrivato per due anni di fila in finale di Champions League: la prima, lo scorso anno, persa contro il Real Madrid, mentre la seconda è stata vinta 2-0 sul Tottenham.
Una crescita mostruosa.
FAMIGLIA GLAZER – MANCHESTER UNITED

Fonte: profilo Instagram del Manchester United.
1 Champions League, 1 Mondiale per club, 5 Premier League, 3 Coppe di Lega inglese, 1 Community Shields. Sono questi i trofei portati a Manchester, sponda United, dal 2005, quando la famiglia Glazer è diventata proprietaria della società. Ma l’apparenza inganna. Nonostante le innumerevoli vittorie infatti il rapporto tra i Glazer i supporters è da sempre tutt’altro che idilliaco, a causa di comportamenti e scelte non condivise dal popolo dei Red Devils.
L’inizio di gestione della famiglia statunitense non è stato positivo, ma in poco tempo il Manchester United è arrivato a toccare livelli altissimi, sia da un punto di vista calcistico che commerciale.
Nel 2005 i ricavi del club erano di 264,5 milioni l’anno, mentre nel 2014 di 518 milioni pieni. Circa il doppio rispetto al passato.
Il principale proprietario è stato Malcolm Glazer, prima della sua scomparsa a 86 anni nel 2014. Lui che era il quinto figlio di sette, nato da un padre lituano immigrato dal quale ha ereditato una catena di gioiellerie, è riuscito a diventare uno degli uomini più ricchi e potenti.
Anche dopo la morte di Malcolm però la famiglia Glazer ha continuato a controllare lo United. Fitte voci periodicamente li vedono pronti a cedere la società, ma i numeri sono in aumento. Nel 2016 sono entrati circa 600 milioni di euro, 513 milioni di sterline, dagli sponsor, cifre che pongono lo United al secondo posto tra le squadra con gli introiti maggiori (prima c’è il Barcellona).
Ma i soldi non sempre fanno la felicità. E nemmeno i trofei, a quanto pare.
FRANK McCOURT – OLYMPIQUE MARSIGLIA

Fonte: sito ufficiale dell’Olympique de Marseille.
È il 17 ottobre 2016 quando Louis-Dreyfous, presidente dell’Olympique Marsiglia per 19 anni, decide di cedere per circa 40 milioni la società al businessman americano Frank McCourt.
Il proprietario della McCourt Company, una grande agenzia che spazia nel mercato immobiliare, è stato il presidente della squadra di baseball della MBL, Los Angeles Dodgers dal 2004, quando ha sborsato 430 milioni di dollari per acquistarla. Dopo una serie di accuse e scandali, tra cui evasione fiscale e appropriazione indebita, ha ceduto la società nel 2012 per la spaventosa cifra di 2,15 miliardi di dollari.
E da circa tre anni si è affacciato sul mondo del calcio:
Sono davvero entusiasta di poter far tornare l’Olympique Marsiglia campione, vogliamo lottare per il titolo in ogni stagione. Il mio progetto si chiama OM Champion e ci saranno quattro obiettivi strategici: costruire una squadra che sarà in grado di lottare ogni anno per la vittoria della Ligue 1, fornire l’ambiente migliore per i tifosi e la migliore esperienza possibile nel giorno della partita, l’inserimento del club nella comunità marsigliese con lo sviluppo di un nuovo rapporto tra tutte le parti interessate e, infine, costruire un’organizzazione forte sia in campo che fuori”.
Queste le sue parole da neo presidente. Parole che però, fino ad oggi, non hanno ancora portato trofei, ma solo una finale di Europa League persa lo scorso anno contro l’Atletico Madrid per 3-0.
Il tempo ha disposizione è stato poco: riuscirà il Marsiglia a raggiungere le mete promesse da McCourt?
Solo il campo potrà dircelo.
Discorso analogo per la Fiorentina di Commisso, che ora alle belle frasi dovrà affiancare i fatti.
Perché ci sono americani che ai sogni hanno preferito la realtà e americani che non sono riusciti a guadagnare credibilità con il proprio operato.
Fonte immagine di copertina: sito ufficiale As Roma