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La free agency ed il gioco delle tre carte - Parte 2

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La free agency ed il gioco delle tre carte – Parte 2

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Come al solito i primissimi giorni della free agency sono una specie di rivoluzione. Quest’anno più del solito. Come preventivato il Re si sposta da Cleveland per la seconda volta nella sua carriera. Location? La più adatta ad un Re: Los Angeles. Dopo un meeting a casa James assieme a Magic Johnson, arriva la firma per 4 anni a 154 mln totali, (Player Option al 3°) e senza no-trade clause. Un effetto su tutti: i Lakers secondo Las Vegas hanno le stesse probabilità di vittoria dei Celtics, secondi entrambi solo a GSW. Scelta prima di tutto di un uomo maturo. Ha già 2 proprietà a L.A., c’è Hollywood (e Space Jam 2 a questo punto sembra proprio un dovere) e… insomma, non è proprio uguale a Cleveland. A livello di appeal prima di tutto, di progetto sportivo in equal modo, di possibilità future. Le prime due vanno a braccetto. La notizia sorprendente non è vedere LBJ ai Lakers ma vederlo arrivare per “primo”. In questi giorni si è parlato per moltissimo tempo di qualche “cadeau” per ingolosire il pesce più grosso dello stagno. Invece, il pesce che conta ha abboccato prima degli altri. Il promesso sposo Paul George è rimasto ad OKC assieme a Russell Westbrook e Carmelo Anthony, il futuro di Kawhi Leonard è quanto di più indecifrabile possibile, necessaria una trade ma Buford e Popovich non fanno sconti, alla loro stella in rotta di collisione in particolar modo. Poi c’era DeMarcus Cousins ma meglio tenercelo da parte per più avanti.

Bron pare ci abbia pensato un po’, 3 giorni dopo le Finals senza fare assolutamente niente. Gli Warriors sembrano essere ancora un ostacolo insormontabile (tanto più per l'”attuale” roster) ma il meeting a Brentwood con Magic non ha che limato i dettagli finali dell’operazione. L’idea di fondo sembra essere quella di andare a puntare le fiches sulla stagione 2019-2020, tenendo un posto caldo per Leonard o chi per lui e con i giovani (si spera) già un minimo in confidenza con l’aria del Playoffs. Oltretutto, GSW l’anno prossimo dovrà affrontare il rinnovo di Klay Thompson, fattibilissimo data la volontà del giocatore ma del resto anche George…

Dà da pensare anche l’aver scelto un roster con una timeline molto diversa dalla sua. A fine contratto avrebbe 36 o 37 anni, non certo pochi e non è detto che tra un paio di anni sia ancora allo stesso livello di oggi, anche se tutto fa pensare il contrario. Una o due stagioni intelocutorie sembrano già messe in conto comunque, a partire dalla questione Kawhi, sulla quale James avrebbe detto a Magic di non “svenarsi” per averlo. Gli Spurs per esempio spno di altro avviso tant’è che non sembrano affatto contenti di nessuna proposta arrivata. Si scandagliano anche altre opzioni, da Love a Wall, a DeRozan, persino ai ritorni di Chris Bosh (a patto che le la sua salute sia ok) e Dwight Howard. In un contesto ancora così liquido sembra comunque fondamentale cercare di aggiungere peso ed altezza ai 15. Il ritorno ad L.A. di Dwight potrebbe essere un’ottima opzione ma non sufficientemente solida, un profilo come quello di Love non sembrerebbe essere più prioritario (ammesso e non concesso che Ingram rimanga) ed ovviamente Wall e DeRozan solo in caso di partenza di un pariruolo. La scelta più sensata sarebbe rifirmare tramite Bird Rights Brook Lopez con Javale McGee e Ivica Zubac in rotazione. Ad oggi questo passa casa, insomma.

L’opzione Cousins sembrava essere viabile ma è brutalmente sfumata durante la nostra notte. Semplicemente, il front office dei Warriors ha mostrato un gigantesco dito medio a tutto il sistema NBA. Avere il potere di convincere un 4 volte All-Star (seppure con un punto interrogativo bello gorsso in testa) a firmare per i 5.3 MLN della Taxpayer MLE era impensabile fino ad oggi. La questione sembra andata più o meno così: nessuno (tranne i Blazers tramite sign and trade) ha avanzato offerte. Nessuno. Quando la montagna è andata da Maometto ha trovato due opzioni allo stesso “compenso”: Celtics e Warriors appunto. Tralasciando un attimo il fatto che Golden State sembra  talmente “grossa” da aprire scenari mai esplorati nella storia della stessa organizzazione, potrebbe sorprendere come DMC sia stato snobbato anche da chi non aveva niente (o quasi) da perdere da un’operazione del genere. O magari semplicemente quasi tutte le franchigie aspettano stancamente la fine di questa dinastia, semplicemente rinunciando a combattere e prenotando un posto per il successivo scenario. Ragionamento strategicamente condividibile, perchè forzare una free agency oggi sacrificando il futuro per un presente comunque inverosimile? Soprattutto ad Ovest dove la porta è estremamente stretta. Golden State tutto questo ormai lo sa, deve solo continuare a perpetuare ciò che è stato costruito fino ad oggi. In due anni li aspettano le firme di Thompson e Green, potrebbero risultare scomode ma al momento non sembra proprio. Il front office guidato da Bob Myers ha appena “buggato” la NBA. Se tutto va bene hai 5-All Star in campo, in caso contrario hai comunque dato una dimostrazione di forza sul mercato senza pari, abbiamo visto spesso veterani firmare al minimo per squadre da anello ma non gente che a 27 anni fa parte della top-3 dei lunghi oggi presenti. A parte le battute di Kanter su Silver, c’è poco da fare, il salary cap non è bastato per arginare quello che la stessa NBA non vuole, questo poter tenere quantità mai viste di talento assieme a roster. Proviamo ad immaginare come giocare contro questa Golden State, hai 5 tiratori, almeno 3 trattatori di palla eccellenti, difesa in single coverage ottima. Già marcare Durant è uno dei quesiti irrisolti del basket, al pari dei “Millennium problems”, adesso c’è anche una (un’altra) potenziale tripla-doppia che cammina. Certo, è pur vero che DeMarcus dovrà approcciarsi ad un basket mai giocato da lui, fatto da pochi pick’n’roll ma da una montagna di blocchi off-screen ed extra pass. Sembra comunque un environment offensivo molto adatto alle sue caratteristiche, in quanto può lavorare sia on che off the ball con estrema qualità. Curry e Durant poi condizionano già le difese non necessariamente toccando palla (tipo gente che marca a uomo Steph appena passata la metà campo oppure i 108 screen assist con cui ha chiuso la RS di due anni fa), Cousins fa tranquillamente parte di questo gruppo.

Mai come questa volta nla free agency rischia di cambiare volto al futuro della Lega.

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Clamoroso Lebron James, le sue parole sul possibile ritiro: “Ci devo pensare”

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Nella nottata italiana i Los Angeles Lakers di Lebron James sono stati battuti, e eliminati per 4 a 0, dai Denver Nuggets per 111-113. Lakers che non riescono a riaprire la serie e che manda i Nuggets alle Finals aspettando la vincente di Miami-Boston.

Oltre che per la sonora sconfitta sulle 4 partite, il mondo del NBA è rimasto scosso per le dichiarazioni di Lebron James nel post partita, che lasciano pensare ad un possibile ritiro:

“Ho molto su cui pensare a livello personale sulla possibilità di proseguire con il basket, devo riflettere a fondo”

Dichiarazioni bomba del 4 volte campione NBA, che nonostante abbia ancora 2 anni di contratto, con l’ultimo opzionale, non pare più cosi certo di voler continuare a calcare i parquet della NBA. L’idea a cui tutti pensavano era quelli che il “Re” avrebbe aspettato il draft del figlio Bronny, per giocare una stagione insieme a lui. Ha poi confermato alla domanda sul possibile ritiro ai microfoni di un giornalista ESPN.

Poco prima, sempre nella conferenza stampa post partita, si è espresso così su una domanda riguardante la sua visione sulla prossima stagione:

Vedremo cosa succede… non lo so. Non lo so. Ho molto a cui pensare a dire il vero. Personalmente, quando si tratta di basket, ho molto a cui pensare. Penso che sia andata bene, anche se non mi piace dire che è stato un anno di successo perché non sto giocando per nient’altro che vincere titoli in questa fase della mia carriera. Non mi diverto solo a fare una finale di Conference. L’ho giocata molte volte. E non è divertente per me non essere in grado di fare una finale di campionato”.

 

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Basket

[VIDEO] Finale di Basket islandese: parte un coro contro la Juventus

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Simpatico siparietto quello avvenuto sabato durante la finale Scudetto del campionato islandese di basket.
Durante un momento di pausa del match tra Valur Reykjavik e Tindastoll, lo speaker del palazzetto ha fatto partire la celebre canzone dei Ricchi e Poveri, “Sarà perché ti amo”.

Fino a qui nulla di strano, ma durante il ritornello, il pubblico si lancia nel celebre coro (di matrice milanista) contro la Juventus, proprio sulle note della canzone.

Un episodio che ha già fatto il giro del mondo e che ha strappato un sorriso a molti in Italia, anche ai tifosi bianconeri.

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Curry contro LeBron: sfavoriti a chi? Stanotte ritorna in scena il duello

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Non saranno le Finals del quadriennio 2015/2018, ma questa notte sarà di nuovo Steph Curry contro LeBron James. E la Lega già si infiamma, per la serie che questi due talenti potrebbero mettere in piedi.

Il primo guida ormai dal 2009 i Golden State Warriors, con cui ha vinto 4 anelli e segnato un’epoca. Il secondo si è legato con i Los Angeles Lakers nel 2018, laureandosi campione NBA per la quarta volta nella sua storia la stagione successiva.

I PRECEDENTI

Nel 2018 i Golden State Warriors di Curry, Thompson, Durant e Green hanno spazzato via i Cleveland Cavaliers di LeBron James nelle Finals con un nettissimo 4-0. Da un lato abbiamo, probabilmente, la squadra più forte della storia come quintetto titolare. Dall’altro lato un roaster in evidente fase calante che LeBron James, se non da solo quasi, ha trascinato alle Finals. Le sue ottave Finals NBA consecutive, tra Miami Heat e Cleveland Cavaliers.

Nonostante il risultato senza repliche, infatti, dalle parti di Cleveland, King James fu idolatrato come una divinità, quando a fine anno svestì la casacca della franchigia dell’Ohio. Il motivo di tale amore incondizionato del pubblico dei Cavs è dovuto al fatto che il primo addio, che a tutti è sembrato un vero e proprio tradimento, commercializzato all’inverosimile con “The Decision“, è stato ampiamente colmato. Nella sua seconda avventura ai Cavs, LeBron ha portato la squadra ad un livello superiore. E, soprattutto, ha portato a casa il primo anello della storia della squadra. Lo ha fatto con un’impresa degna di nota: prima e unica volta nella storia che una squadra in svantaggio di 3-1 in una serie di Finals è riuscito a ribaltare e vincere.

Quell’estate, LeBron ha lasciato la sua Cleveland e la Eastern Conference, per sbarcare ad Ovest, per la prima volta in carriera, a quasi 34 anni. Con la casacca gialloviola, LeBron ha subito scritto la storia, vincendo il titolo nel 2020 e, soprattutto, tenendo alto il nome di Kobe Bryant, leggenda e volto storico dei Lakers tragicamente scomparso nel gennaio dello stesso anno. Ma dal 2018, non ci sono più stati scontri in un play-off tra Steph Curry e LeBron James. Ci si è andati vicini, se si pensa che nella stagione 2020/21 le due squadre si sono affrontate in un play-in, in cui è stato il King ad avere la meglio.

Ma si tratta di una sfida facilmente oltrepassabile. In primis, perchè non è reputata parte della post-season. In secondo luogo, perchè è stata una sola gara disputata, non una serie.

COINCIDENZA DELLE STELLE

LeBron James è di Akron, Ohio. Per tutti ora è “Il King“, ma per anni è stato “Just a kid from Akron“. Un’etichetta nata per erssere dispregiuativa e limitante nei suoi confronti e che ora, invece, lui stesso sfoggia con orgoglio. Il ragazzo venuto dal niente, in possesso solo di un talento sconfinato, schiacciato dalle attese sin dal suo ingresso nella Lega a soli 18 anni. Ed ora diventato leggenda.

Ma se andassimo a leggere, invece, data e luogo di nascita di Steph Curry, ritroveremo un nome familiare. Anche in questo caso, Akron, Ohio.

Le due stelle più rappresentative del basket americano degli anni 2010, vincitori di 7 titoli complessivi su 1o disponibili tra il 2010 e il 2020 concittadini. Nati nello stesso ospedale di Akron, a poco più di 3 anni di distanza. Quando le stelle (in questo caso, in senso astronomico) decidono di dare alla luce altre stelle (ora parliamo di Curry e James), il risultato non può che essere esplosivo. Stanotte, dopo 5 anni dall’ultima volta, i due si guarderanno di nuovo negli occhi in una serie da dentro-o-fuori valida per i Play-off. Con la consapevolezza che solo uno dei due potrà andare avanti.

La cosa più ironica, però, è che i due fuoriclasse sono arrivati a questa sfida scollandosi l’etichetta di chi li dava come “sfavoriti“. Memphis Grizzlies (avversari dei Los Angeles Lakers) e Sacramento Kings (avversari dei GSW) avevano dalla loro un miglior piazzamento in regular season e sembravano favoriti, con una eventuale Gara 7 in casa. Per i Grizzlies questa Gara 7 non si è neanche giocata. Curry, invece, ha letteralmente vinto quella giocata contro i Kings, con la migliore prestazione della storia in termi di punti segnati (50) in una Gara 7.

Da stanotte saranno l’uno contro l’altro, in una sfida che si prospetta già elettrica e piena di colpi di scena.

TUTTO SU SKY

La diffusione dell’NBA in Italia, ormai da anni, è governata da SKY. Su SkySport NBA (ed in streaming su NOW) sarà possibile assistere alle prime quattro gare in diretta e in replica. Si inizia stanotte alle 4:00 ora italiana.

Gara 1

LIVE nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 maggio ore 04:00

Repliche mercoledì 3 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 2

LIVE nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 maggio ore 03:00

Repliche venerdì 5 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 3

LIVE nella notte tra sabato 6 e domenica 7 maggio ore 02:30

Repliche domenica 7 maggio ore 14:00 e 19:30

Gara 4

LIVE nella notte tra lunedì 8 e martedì 9 maggio ore 04:00

Repliche martedì 9 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Eventuali gara 5, gara 6 e gara 7 verranno comunicate in seguito.

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Altri Sport

LeBron James supera Kareem: i 5 canestri più iconici della carriera del Re

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Nella notte LeBron James ha superato Kareem Abdul-Jabbar diventando così il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dell’NBA. Nella partita persa dai suoi Lakers in casa alla Crypto.com Arena contro gli Oklahoma City Thunder, il Re ha riscritto la storia: con un canestro in fade-away ha raggiunto quota 38.388 punti in carriera, aggiungendone due poco dopo, così da superare l’ex Bucks. Riviviamo insieme i cinque canestri più iconici della sua straordinaria carriera.

I 5 CANESTRI PIÙ ICONICI DI LEBRON JAMES – TOMAHAWK DUNK CONTRO MILWAUKEE

Probabilmente la giocata più conosciuta del Re: il celebre passaggio dal suo compagno di mille avventure Dwayne Wade a inizio partita con i Milwaukee Bucks. Questa giocata ha dato vita ad una delle foto più iconiche della storia del basket e non è un caso che ci sia proprio LeBron a schiacciare in contropiede, mentre Wade esulta già a mani aperte.

I 5 CANESTRI PIÙ ICONICI DI LEBRON JAMES – FADE-AWAY DEL PAREGGIO CONTRO GLI WASHINGTON WIZARDS

Come dimenticare uno dei canestri forse più complicati della sua carriera. Immaginiamo il momento: 117-120 per gli Wizards con 3.4 secondi sul cronometro. I Cleveland Cavaliers di LeBron James non hanno più timeout e devono rischiare la giocata. Sarà Kevin Love a lanciare la palla stile football americano per trovare LBJ che riceve spalle a canestro. Trova il tempo di guardare dove si trova, per poi mettere i piedi dietro la linea dei tre punti e sparare una tripla impossibile in fade-away. Risultato? Canestro con sponda sul tabellone e pareggia la partita (poi vinta 140-135) per forzare i tempi supplementari. Un canestro fuori dall’ordinario, un canestro da Re.

I 5 CANESTRI PIÙ ICONICI DI LEBRON JAMES – SCHIACCIATA CONTRO HOUSTON IN MEMORIA DI KOBE BRYANT

LeBron James, come in generale tutti gli amanti del basket, è sempre stato molto legato alla figura di Kobe Bryant. Dopo la sua morte il 26 gennaio 2020, l’ex Miami Heat si è mostrato tra i più commossi durante le celebrazioni allo Staples Center (ora Crypto.com Arena). Qualche giorno dopo la sua morte, esattamente il 7 febbraio 2020, LeBron ha voluto ricreare una schiacciata che fece lo stesso Kobe ben diciannove anni prima. Il Re ruba palla, parte indisturbato in contropiede e piazza una schiacciata all’indietro sullo stesso parquet, nello stesso canestro di Kobe Bryant. Un tributo apprezzato da tutti i tifosi, una schiacciata che verrà ricordata da tutti con un significato particolare.

I 5 CANESTRI PIÙ ICONICI DI LEBRON JAMES – POSTER SU JASON TERRY

Bisogna dire che LeBron James potrebbe riempire le pareti di casa sua con tutti i poster che ha collezionato in carriera, ma probabilmente il più iconico e “cattivo” è quello contro i Boston Celtics nel 2013. I suoi Miami Heat rubano palla e dopo aver ricevuto da Mario Chalmers, Norris Cole alza per LBJ che arriva a schiacciare sulla testa di Jason Terry. Il giocatore dei Celtics prova a saltare per contrastarlo, ma c’è poco da fare. Dopo aver aggiunto alla sua collezione uno dei poster più conosciuti della storia dell’NBA, James guarda per terra il povero Terry, spazzato via dal suo strapotere fisico. Dominante e fisicamente incontenibile sono due definizioni che probabilmente contraddistinguono il Re.

I 5 CANESTRI PIÙ ICONICI DI LEBRON JAMES – BUZZER BEATER NELLA VITTORIA CONTRO I MAGIC NEL 2009

Si poteva mettere il fade-away di questa notte come ultimo canestro iconico, ma sarebbe troppo scontato. La scelta ricade su uno dei buzzer beater più decisivi della carriera di LBJ. Contro Orlando nel 2009, sul punteggio di 95-93 per i Magic con un 1.0 sul cronometro, la palla arriva al Re. La serie di playoff era partita male, sotto 1-0 dopo la prima sconfitta in casa e ci pensa proprio James a pareggiare momentaneamente la serie (poi persa 2-4). Rimessa per i Cavaliers, palla a LeBron che in “catch and shoot” spara da tre punti e sancisce la vittoria dei suoi Cavs per 96-95. Un buzzer beater da ricordare, il primo della sua carriera, per LBJ, nonostante poi la serie si sia conclusa con una sconfitta alle finali di conference.

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