Il basket italiano cerca Alessandro Gentile come in un rapporto genitore-figlio, e in tempi di vacche magre in Eurolega per l’Olimpia Milano, è tutto il movimento a risentire di un’assenza che pesa come un macigno. Ma cosa ne è stato dell’enfant prodige di qualche anno fa? Dalla chiamata di Houston nel Draft 2014 sono passati quasi tre anni: critiche, complimenti, aspettative ed i tanti flirt con la NBA che, come una donna molto riservata, non ha ancora deciso di dargli una chance. Se mettiamo tutto ciò nel menù giornaliero di un ragazzo di 24 anni, non è facile reggere nonostante le spalle larghe, fisicamente e mentalmente parlando.
“Se non accadrà con Houston, spero che succeda da un’altra parte. E’ il mio sogno giocare là ed ho dimostrato di valere il più alto livello in Europa, quindi voglio fare il passo successivo.”
Proprio come l’altro “strano” caso, quello di Benjamin Button, proviamo a percorrere a ritroso la vita del ragazzone di Maddaloni che, per gli esperti, costituirà il fiore all’occhiello del nuovo basket tricolore.
TERZA CASACCA IN QUATTRO MESI
Proprio una settimana fa, la notizia del matrimonio con l’Hapoel Gerusalemme di SimonePianigiani, il maestro per eccellenza adatto a recuperarlo. Di voci ne erano state prodotte tante, forse troppe: non potendo giocare in competizioni europee dopo l’Olimpia e il Panathinaikos nello stesso anno, né tornare in massima divisione italiana, si era parlato di Lega di A2, destinazione Fortitudo o Treviso, piazze storiche che nel passato hanno seminato bene, soprattutto per i nostri compatrioti emigrati al di là dell’oceano, Belinelli e Bargnani. Ma, proprio come Gentile ha affermato, la scelta di approdare in Israele è stata influenzata dalla guida tecnica.
“Io conosco lui, lui sa come sfruttare al meglio le mie qualità. E poi avrò l’opportunità di ritrovare Jerrels e di conoscere Stoudemire. La Nazionale? Decide Messina”
IL BINOMIO GENTILE-PIANIGIANI
Perché Pianigiani non è stato solo una guida spirituale per gli azzurri in spedizione a Lille in quella maledettissima fase finale dell’Eurobasket 2015, ha anche saputo mettere ogni tassello nel posto giusto, trasformando una squadra di campioni in una vera e propria corazzata organizzata. L’allenatore senese ha mostrato al mondo il miglior volto di Gentile, quello con il cosiddetto “fuoco dentro”, capace di sfondare qualsiasi difesa con il suo fisico nel pitturato o di fare il cecchino dall’arco. Insomma, un giocatore completo ed uno dei migliori insieme agli yankees del roster azzurro. L’ottavo di finale contro Israele, da 29 punti e 5 rimbalzi con una partita sontuosa anche in fase difensiva, resta negli annali.
https://youtu.be/cacnBVPGSl0
SULLE ORME DI NANDO
Come nel più classico dei ricambi generazionali, dopo l’Olimpia, squadra che lo ha cullato e cresciuto per poi affidargli le chiavi del cortile, Alessandro sceglie la sponda verde di Atene, il Panathinaikos. In realtà, quel cognome così latino aveva già saputo imporsi nell’arida terra degli dei, quando papà Nando Gentile, ex guardia della storica Juvecaserta, aveva fatto incetta di trofei: 3 campionati greci ed un Eurolega in tre anni. Ma stavolta le ampie spalle dell’ala italiana non hanno saputo reggere la pressione di Oaka, il palazzo biancoverde: una bolgia che inghiotte chi come Alessandro sente di non essere al centro del progetto. Quando sei giovane e perdi la fiducia di chi ti sta intorno ma soprattutto dei tuoi mezzi, quel canestro può diventare facilmente un “cerchietto”. In realtà parliamo di veri e propri alti e bassi, dei continui sali e scendi gentiliani: apre lo score in Eurolega con un pessimo 0/5 al tiro ma nel match successivo ne fa 15 e trascina i suoi contro l’Efes Pilsen. E’ arrivato il Gentil-moment. In Lega la media è pessima, sui 5 punti a partita. In Eurolega sparisce dalle rotazioni: gioca 20 minuti in tre partite con un pesante 0/5 cumulativo. Spara l’ultima cartuccia contro il Kazan, mettendo a referto 10 punti, prima di congedarsi il 3 Marzo contro il Darussafaka: partito nel quintetto titolare, colleziona 10 minuti senza iscrivere il suo nome tra i marcatori. Qualcosa si rompe, il 6 Marzo è già addio.
L’OLIMPIA
Gentile è stato il volto 2.0 dell’Armani Milano, che nel frattempo è diventata Olimpia. Di Olimpia, come nell’antica Grecia, AG ci è diventato una colonna, di stile ionico per caratteristiche ed ampiezza stilistica. Arriva nel 2012 e l’anno successivo riesce a sfatare il tabù scudetto, superando i 10 punti di media stagionali. A 21 anni. Si conferma l’anno successivo, dove migliora anche a rimbalzo, un aspetto in cui pecca nonostante la stazza. La conferma per gli Europei 2015 è assicurata e anche lì il cestista italiano si ripete. L’impressione è quella che abbia bisogno di sentirsi essenziale per poter brillare di luce propria, perché la giovane età lo porta ad entrare in crisi quando gli si chiedono pochi minuti ma di qualità. A Milano ha fatto parte degli dei del basket europeo nonostante la crisi italiana in europa stesse nettamente iniziando a farsi sentire: nelle poche presenze nella massima competizione 2015-2016, quando l’Olimpia uscì malamente al primo girone, Gentile ne fa 120 in 6 partite, che gli vale la media totale di 20 punti nonché l’essere uno dei migliori marcatori europei. Vince di nuovo il campionato e la coppa italia e le voci che lo vedono raggiungere Houston, ormai in mano a Mike D’Antoni, si moltiplicano.
Nello stupore generale misto ad amarezza per non vederlo approdare negli States, l’Italia e Milano quasi non sanno come comportarsi. In questi casi si dice sempre che per giocare “di là” bisogna essere maturi e forti psicologicamente prima di entrare nella fossa dei leoni. E dopo il caso Datome, il movimento NBA non vorrebbe ripetersi ed è per questo che, come dichiarato ad Ottobre dal diretto interessato, Houston avrebbe deciso di lasciargli ancora un anno. Tra momento giusto ed esasperazione dello stesso la linea è molto sottile, e le strade si separano nel Dicembre 2016, dopo un buon inizio in Eurolega ma uno scarso utilizzo in campionato, dove Gentile finisce addirittura in panchina e perde la fascia da capitano. I rapporti con Repesa e la piazza si incrinano, come se strizzare l’occhio alla massima lega del mondo fosse proibito. Come fosse uno dei tanti.
“Ho detto che mi sarebbe piaciuto provare l’esperienza in NBA. E’ un reato? Tutti sognano di giocare lì! Evidentemente lo era, perché ho pagato non essendo più il capitano.”
Il futuro, spesso imprevedibile nello sport, saprà darci le giuste risposte. Ma, per il bene dell’Italia anche nei prossimi europei, recuperare il ragazzo prima ed il giocatore poi sarà la vittoria più importante. Sempre che dietro l’angolo non ci sia già qualcosa di importante che noi comuni mortali non conosciamo. Se davvero Alessandro Gentile è il Benjamin Button della pallacanestro nazionale, ci aspettiamo di vedergli ripetere fed-away e canestri in allontanamento dove la palla scotta di più.
Il record dei 40.000 punti di Lebron James è soltanto la punta dell’iceberg di un giocatore che, a 39 anni (40 a dicembre) fa ancora scuola nell’intera NBA. I suoi Los Angeles Lakers perdono ma LeBron entra, con più forza, nella storia del basket. Quello che impressiona è la costanza in più di vent’anni di carriera. Andiamo a vedere i principali record del Chosen One.
Per capire subito l’entità e la caratura del giocatore, cominciamo proprio dal canestro che lo ha consegnato non alla storia, ma alla leggenda. Infatti, contro i Nuggets,LeBron è diventato l’unico giocatore della storia a segnare 40.000 punti.
THE FIRST PLAYER TO EVER SCORE 40K POINTS IN NBA HISTORY
Parlavamo di costanza e LeBron è anche l’unico giocatore della storia ad avere almeno 25 punti di media in 19 stagioni consecutive. Nel 2005-2006, poi, entra subito nella storia, a 22 anni, grazie alla vittoria dell’All-Star Game MVP Award. Con i Cleveland Cavaliers quella stagione, fa registrare una media di 31,4 punti a partita e vince il premio nella partita delle stelle diventando il più giovane di sempre a riuscirci. È anche il giocatore più giovane ad aver vinto quattro MVP. Un altro record è l’essere stato il più giovane a segnare 2.000 punti in una stagione, ed essere nominato MVP dell’All-Star Game.
Passando ai record di anzianità, bisogna mettere in conto che LeBron è il più vecchio di sempre ad aver completato una tripla doppia da 30 punti e avere una media di 30 punti in una stagione. Infine ultimo, per darvi solo alcuni highlights di quello che è ed è stato il percorso di LeBron in NBA, è il giocatore più vecchio ad aver messo a segno 25+ punti in 11 partite consecutive.
È l’unico giocatore ad aver vinto il premio MVP delle Finals con tre squadre diverse (Miami Heat, Cleveland Cavaliers e Los Angeles Lakers). Detiene la striscia attiva più lunga di partite consecutive con almeno 10 punti segnati: 1.205, nel 2018 ha superato Michael Jordan, attuale secondo in classifica, che è fermo a 866. Ancora attiva anche la striscia di 280 partite consecutive ai play-off con almeno un punto: 280, di cui 278 con almeno 10 punti segnati. Ai play-off è anche l’unico giocatore ad avere tre triple doppie da almeno 40 punti: nessun altro ne ha più di una.
Nelle Finals 2016 contro GSWè diventato l’unico giocatore a guidare entrambe le squadre per punti, rimbalzi, assist, stoppate e recuperi in una serie intera. E ci sono ancora tantissimi altri record, di minore importanza, che sottolineano l’incredibile carriera di LeBron James.
James Harden, cestista statunitense che ha vestito la maglia dei Philadelphia 76ers nell’ultima stagione, ha deciso di acquistare qualche tempo fa alcuni azioni degli Houston Dynamo. Harden ha trascorso ben nove anni in Texas e ha deciso quindi di investire sulla squadra di calcio di Houston che disputa la MLS. Ora, con l’arrivo di Lionel Messi all’Inter Miami di proprietà di David Beckham, il play americano sogna un colpo simile per la sua squadra. Ha infatti rilasciato recentemente alcune dichiarazioni a USA Today Sports: “Cerchiamo un campione che venga a Houston. Sappiamo tutti quanto incredibile è Messi, che a Miami insieme alla sua famiglia si sta trovando bene. Anche noi cerchiamo qualcuno che venga nella nostra franchigia e siamo sicuri che lo troveremo. Non me ne occupo io direttamente, ma il club è al lavoro”.
Nella nottata italiana i Los Angeles Lakers di Lebron James sono stati battuti, e eliminati per 4 a 0, dai Denver Nuggets per 111-113. Lakers che non riescono a riaprire la serie e che manda i Nuggets alle Finals aspettando la vincente di Miami-Boston.
Oltre che per la sonora sconfitta sulle 4 partite, il mondo del NBA è rimasto scosso per le dichiarazioni di Lebron James nel post partita, che lasciano pensare ad un possibile ritiro:
“Ho molto su cui pensare a livello personale sulla possibilità di proseguire con il basket, devo riflettere a fondo”
Dichiarazioni bomba del 4 volte campione NBA, che nonostante abbia ancora 2 anni di contratto, con l’ultimo opzionale, non pare più cosi certo di voler continuare a calcare i parquet della NBA. L’idea a cui tutti pensavano era quelli che il “Re” avrebbe aspettato il draft del figlio Bronny, per giocare una stagione insieme a lui. Ha poi confermato alla domanda sul possibile ritiro ai microfoni di un giornalista ESPN.
Poco prima, sempre nella conferenza stampa post partita, si è espresso così su una domanda riguardante la sua visione sulla prossima stagione:
“Vedremo cosa succede… non lo so. Non lo so. Ho molto a cui pensare a dire il vero. Personalmente, quando si tratta di basket, ho molto a cui pensare. Penso che sia andata bene, anche se non mi piace dire che è stato un anno di successo perché non sto giocando per nient’altro che vincere titoli in questa fase della mia carriera. Non mi diverto solo a fare una finale di Conference. L’ho giocata molte volte. E non è divertente per me non essere in grado di fare una finale di campionato”.
Simpatico siparietto quello avvenuto sabato durante la finale Scudetto del campionato islandese di basket.
Durante un momento di pausa del match tra Valur Reykjavik e Tindastoll, lo speaker del palazzetto ha fatto partire la celebre canzone dei Ricchi e Poveri, “Sarà perché ti amo”.
Fino a qui nulla di strano, ma durante il ritornello, il pubblico si lancia nel celebre coro (di matrice milanista) contro la Juventus, proprio sulle note della canzone.
Un episodio che ha già fatto il giro del mondo e che ha strappato un sorriso a molti in Italia, anche ai tifosi bianconeri.