Abbiamo intervistato Luca Marelli, ex arbitro ed esperto opinionista sportivo. Tra i temi trattati, abbiamo parlato di calcio internazionale, delle differenze che caratterizzano i vari campionati europei e di tecnologia a supporto degli arbitri. Di seguito le sue parole ai nostri microfoni:
Buongiorno Luca e grazie di aver accettato il nostro invito. Comincerei la nostra intervista da un dato essenziale: il numero di cartellini che vengono estratti per campionato. Al primo posto c’è La Liga con circa 5 cartellini a partita, poi la nostra serie A (4,6 a partita), la Premier (3.8) ed a seguire Ligue 1 e Bundesliga (3,6 e 3,5). C’è un’abissale differenza tra il campionato dove si ammonisce di più e quello dove si ammonisce di meno: quasi il doppio. Pensi che ciò derivi solamente dallo stile di gioco o è possibile che incida anche la formazione della classe arbitrale?
”Ma no, molto spesso le sanzioni disciplinari seguono quello che succede in campo. Noi siamo molto vicini alla Liga e molto distanti dalla Premier League. La Premier League fa un campionato a sé per tanti motivi, sia economici che tecnici. Però c’è da dire che negli ultimi anni in Italia è molto diminuito il numero di cartellini, anche perché c’è da considerare un cambio generazionale tra gli arbitri, e come tutti i cambi generazionali anche questo porta con sé delle criticità. La criticità maggiore in questo periodo è il fatto che i direttori di gara sono molto poco esperti e non hanno grandi esperienze in serie A. Perciò piano piano si stanno adeguando al resto dell’Europa, e stiamo andando abbastanza bene a mio parere.
Perciò no, non parlerei di stile arbitrale: uno stile arbitrale si adegua molto al tipo di gioco, indipendentemente dal campionato. In Inghilterra, ad esempio, è oggettivamente è più semplice da un certo punto di vista arbitrale perché il gioco è molto più veloce. Ed è anche vero che proprio per cultura loro sono abituati a pochi fischi, ma ben selezionati. Se poi però vogliamo parlare di qualità degli arbitri italiani o inglesi, diventa un bel problema uscirne perché in questo momento la qualità degli arbitri inglesi è decisamente inferiore a quella italiana”.
Nonostante la classifica dei cartellini estratti, quella dei falli commessi dice tutt’altro. Infatti la Bundesliga, nonostante sia ultima per cartellini estratti è prima per numero di falli commessi; al contrario della Premier, che si caratterizza invece per molti falli commessi e poche sanzioni. Da ciò si evince, ad esempio, che in Bundes si fanno tanti falli ma si ammonisce poco, al contrario dell’Inghilterra. In Italia, invece, come reputi sia il rapporto tra falli fischiati e sanzioni utilizzate?
”Sul numero di falli fischiati siamo secondi solamente all’ Inghilterra, nel senso che abbiamo abbassato la media. Adesso siamo a circa 23,2 (falli a partita). Anche le espulsioni sono in ribasso, mentre stanno aumentando le sanzioni disciplinari nei confronti degli allenatori. Come sappiamo a inizio stagione c’è stato un po’ una stretta soprattutto dopo quello che è successo nelle ultime giornate e nella finale di Coppa Italia. Perciò: si, è un rapporto che ci sta. Sulla Bundesliga, anch’io avevo questo dato della Germania riguardante il numero di ammonizioni: molto più bassa rispetto al numero di falli. Tuttavia è tutta una questione di modo di approcciare la partita. Infatti bisognerebbe vedere ogni partita, non giudicarla sui dati. I numeri sono solamente numeri. Sostanzialmente è difficile fare dei ragionamenti o dei paragoni per capire il motivo per cui ci sia questo rapporto fra le ammonizioni ed i falli: è tutto molto ipotetico, ecco, mettiamola così”.
E tu, dal tuo punto di vista, preferisci gli arbitri che lasciano correre o quelli più rigidi sulle sanzioni?
”A me piacciono gli arbitri che applicano il regolamento. In questa frase c’è tutto e non c’è nulla. Nel senso che a me a me sta bene che ci siano arbitri che fischiano poco e tentano di far correre il più possibile, però non bisogna andare alla ricerca dei record. Cosa voglio dire, che se esiste una partita nella quale si può fischiare 10 falli, che è il minimo che è stato fischiato quest’anno, mi sta bene che si fischi 11 falli; ma se c’è una partita da 40 falli quei 40 falli vanno fischiati. Ci sono partite da 10 falli e ci sono partite da 40 falli, la bravura di un arbitro è quella di capire quando può evitare di fischiare troppo e quando invece è necessario fischiare: questa è la differenza”.
Queste differenze si notano, ovviamente, in campo internazionale. Secondo il tuo punto di vista, ad oggi, in campo europeo vi è un arbitraggio diverso in base alla provenienza del direttore di gara? Soprattutto riguardo l’uso del VAR.
”Guarda, c’è qualcosa che differenzia molto le coppe europee del campionato, in particolare il campionato italiano. Ma fino a un certo punto. Perché poi dobbiamo anche fare un ragionamento, insomma come numero di falli siamo in linea con la Champions, uguale anche cartellini gialli ed espulsioni. La differenza che c’è tra i campionati, soprattutto latini, e le coppe europee è che è completamente diverso l’approccio delle squadre. E per squadre intendo i giocatori. Per esempio, ci sono molte meno proteste perché non si transige sulle proteste in campo internazionale.
Poi dobbiamo considerare anche un altro aspetto: ovvero che le squadre in campo internazionale portano il brand oltre i confini nazionali; perciò, anche i giocatori capiscono che avere un pubblico che va oltre i confini rischia di portare ad un danneggiamento della loro immagine. Io ho sempre avuto questa sensazione: che in Italia ci sia un determinato atteggiamento nei confronti della classe arbitrale, mentre invece in campo internazionale si tende a essere molto più rispettosi. Probabilmente dovuto anche al fatto che si trovano davanti un arbitro che parla una lingua completamente diversa da quella che si parla di generalmente durante il campionato, forse. Non ho mai capito esattamente il motivo per cui ci sia un atteggiamento diverso ma è insindacabile che ci sia un comportamento differente tra quello che è il campionato e quella che invece è la competizione internazionale”.
Dunque, secondo te la barriera linguistica può essere un fattore determinante in campo europeo? Parlando lingue diverse si protesta di meno?
”Questo è indubbio. Soprattutto se abbiamo a che fare con arbitri, non sto facendo discriminazione territoriale ci mancherebbe, per esempio dell’est europeo. Loro parlano lingue che sono a noi a praticamente sconosciute. Cioè, possiamo ipotizzare: l’inglese lo si capisce un po’ dappertutto, il francese è abbastanza compreso in Europa, lo spagnolo lo capiamo più o meno anche noi italiani; mentre le lingue dell’est Europa no. Tuttavia io credo che la barriera linguistica sia soltanto una parte della spiegazione del perché proprio in campo europeo assistiamo a delle partite con molte meno proteste. Questo succede anche le tre squadre spagnole, che sono probabilmente le più complesse da arbitrare per gli arbitri spagnoli in campionato. Seguendo la Liga si nota questa differenza e non è un caso che in Liga ci sono i numeri più alti per ammonizioni, espulsioni e falli fischiati. E nonostante ciò, anche le spagnole quando giocano in campo internazionale sono molto più tranquille, evidentemente è proprio un approccio mentale e psicologico dei giocatori delle squadre alle coppe internazionali”.
Per quanto riguarda invece le ultime novità: al Mondiale abbiamo visto per la prima volte dei recuperi più ampi ed in Supercoppa per la prima volta è stato usato il fuorigioco semiautomatico. Pensi che si continuerà a remare in quella direzione? E quindi verso tempo effettivo e fuorigioco automatico?
”È un po’ complessa la situazione qui.. allora, per quanto riguarda il tempo di recupero: quello che abbiamo visto al mondiale non lo stiamo vedendo nel campionato di serie A. E questo era abbastanza scontato perché si è iniziato con una certa indicazione sul tempo di recupero e cambiare a metà campionato sarebbe stato eccessivo. Vedremo l’anno prossimo quali saranno le indicazioni in merito. Per quanto riguarda invece il fuorigioco semiautomatico: si tratta di un miglioramento della tecnologia già esistente. Ma sarà impossibile, anzi, io mi auguro che sia impossibile arrivare al fuorigioco automatico. E ti spiego perché: per valutare un fuorigioco attivo o passivo bisogna ragionare. Cioè ci deve essere un ragionamento sulla base di quello che succede. Se esistesse un fuorigioco automatico vorrebbe dire che la macchina ha imparato a ragionare da sé. E nel giorno in cui la macchina ragionerà da solo io spero di non esserci più, in generale eh, non per quanto riguarda il calcio. Una macchina che può ragionare e che può prendere decisioni in autonomia sinceramente mi spaventa molto”.