Si è chiuso il Mondiale in Russia, ormai da un paio di giorni. C’è chi festeggia, chi vive di rimpianti, chi ormai ha già somatizzato un’eliminazione prematura, e c’è anche chi li ha guardati da casa. Finito tutto, ci si ributta immediatamente nel calcio dei club, quello delle grandi società che, a dirla tutta, mai si sono fermate. Proprio durante i mondiali, molte squadre hanno battuto la strada per avvicinarsi a giocatori che stavano proprio partecipando alla più ambita delle manifestazioni calcistiche. Un esempio è Xherdan Shaqiri, neo acquisto del Liverpool e nuova freccia nell’arco di Jurgen Klopp.
Il classe 1991 nato in Kosovo da genitori kosovari-albanesi ma cresciuto in Svizzera ha firmato con i Reds dopo aver lasciato lo Stoke City appena retrocesso: il costo del suo cartellino equivale alla clausola rescissoria che aveva nel contratto con i Potters, una cifra intorno ai 15 milioni di euro, dunque un accordo che ha fatto contente entrambe le società.

LE MONTAGNE RUSSE DI XHERDAN
Una carriera altisonante, quella di Shaqiri, che però mai è riuscito totalmente ad imporsi nel grande calcio. Nasce, cresce ed esplode con la maglia del Basilea, dove tra il 2009 ed il 2012 contribuisce alla conquista di 3 campionati svizzeri consecutivi e ad una qualificazione storica alla fase ad eliminazione diretta della Champions League: è proprio in questo triennio che si mette in mostra per le sue qualità, che nonostante un fisico molto particolare e decisamente insolito per un calciatore (169 cm per 77 kg), riescono ad impressionare i grandi club; padronanza eccezionale del pallone, fisicità impressionante nonostante non sia affatto alto, e grande capacità di andare al tiro con il suo piede forte, il mancino.
Il Bayern lo visiona, lo tiene d’occhio e alla fine lo acquista, visto che vede in lui il perfetto alter ego di Arjen Robben o di Franck Ribery, quel classico esterno d’attacco che punta l’avversario e al quale non rimane che scegliere se concludere in porta o servire un compagno meglio piazzato. Il giocatore che può fare la differenza creando la superiorità numerica. Heynckes lo apprezza, lo stima, ne tesse le lodi, ma ovviamente tra il 2012 ed il 2015 è difficile togliere il posto a quei due, e men che meno a Thomas Muller, trequartista di quel 4-2-3-1 che fece la fortuna del Bayern del Triplete: tutto sommato Shaqiri gioca bene, quando può si mette in mostra e spiega al mondo calcistico perchè il Bayern abbia investito per lui 12 milioni di euro – non era ancora il mercato D.N., dopo Neymar – ma a 24 anni sente il bisogno di cambiare aria e di trovare una realtà che lo renda protagonista e non comparsa.

Ed è qui che arriva l’Inter, che a gennaio del 2015 lo prende per 15 milioni facendo impazzire i tifosi nerazzurri. Sembra essere il primo di una serie di colpi ad effetto, di quelli che vedono il ritorno della grande Inter, ma che in realtà si dimostrerà pressochè un flop: Shaqiri parte bene, sembra essere ciò che all’Inter serviva, ma col passare dei mesi non trova continuità di rendimento, Mancini comincia progressivamente a perdere la fiducia in lui fino a relegarlo in panchina. Dalle stelle alle stalle verrebbe da dire, tanto che dopo soli sei mesi viene nuovamente ceduto, stavolta in Inghilterra, allo Stoke City che lo acquista per quasi 17 milioni (plusvalenza inaspettata per l’Inter). In Premier tutto sommato fa bella figura, in un crescendo di prestazioni che lo porta in 3 anni a diventare assoluto protagonista dei Potters: per assurdo, la miglior stagione di Shaqiri in biancorosso è stata l’ultima, in cui però non è riuscito ad evitare la retrocessione; 36 partite, 8 gol e 7 assist sono un bottino di notevole fattura per un giocatore che fa parte di una squadra che è in lotta per non retrocedere, motivo per il quale si sono riaffacciate le grandi squadre.
Ed eccoci dunque al Liverpool ed al giorno d’oggi.

TACTICALLY SPEAKING
Shaqiri si è messo in mostra anche durante il Mondiale, dove la sua Svizzera è sì uscita agli ottavi contro la sorprendente ed inattesa Svezia, pur riuscendo a mettersi in mostra per dinamismo, qualità tecnica ed anche un gol contro la Serbia, quello che di fatto ha portato gli elvetici a superare il girone assieme al Brasile. Anche con la nazionale la sua posizione di partenza è stata quella di esterno destro in un 4-2-3-1 dalle ali che giocano a piede invertito, infatti il mancino Shaqiri partiva da destra, mentre il destro Zuber dal lato opposto. E al Liverpool?
Si presuppone che possa andare così anche con la maglia gloriosa dei Reds: difficile scalzare gente come Firmino, Mané o addirittura Salah, quindi probabilmente Shaqiri sarà l’alternativa di lusso dell’egiziano, ossia il giocatore che parte proprio dal lato destro, in quanto mancino proprio come l’elvetico. Sicuramente meno scattante e meno tecnico di Salah, ma Shaqiri può dare quell’esplosività che spesso mancava a partita in corso al Liverpool, che tra i pochi difetti che aveva, vedeva sicuramente quello di una mancanza di alternative, di quei giocatori che possono dare il giusto ricambio, che sia dalla panchina o anche da titolare in caso di turnover. Nell’idea iperoffensiva di Klopp non ci stupirebbe neanche vedere Shaqiri in posizione di trequartista centrale, magari in caso di estrema necessità, con l’obiettivo di recuperare un risultato negativo, ma sicuramente il buon Xherdan dovrebbe lavorare particolarmente dal punto di vista tattico.
Troppe volte si dimostra poco incline al sacrificio, troppe volte tende a nascondersi nell’arco dei 90 minuti, e sono motivi che potrebbero costringerlo a partire quasi sempre dalla panchina, visto che il calcio di Klopp si basa sul gegenpressing (il famoso pressing a tutto campo, superoffensivo ed a partire dagli attaccanti) e sulla copertura preventiva di spazi che si vengono a creare proprio dal pressing di determinati compagni di squadra che liberano la loro porzione di campo: un calcio che pretende un’attenzione maniacale, una concentrazione duratura, un qualcosa che abbiamo visto raramente nelle corde di Shaqiri.

Al contrario, il suo sprint e la sua capacità di saltare l’uomo creando superiorità possono dare quel qualcosa in più al Liverpool: in un calcio tattico come quello di oggi, dove molto spesso fanno la differenza i giocatori capaci di puntare l’avversario e saltarlo nel duello 1 vs 1 (guardate cos’ha combinato Mbappé appena ha avuto modo di puntare l’uomo in questo Mondiale…), Shaqiri può dare qualcosa in più, può completare del tutto un tridente già devastante di suo.
La volontà del Liverpool è quella di provare a ripetere quanto fatto nel suo percorso europeo, sebbene il sogno sia quello di tornare davvero a competere per vincere un titolo inglese che ormai manca veramente da troppo tempo. Sappiamo per certo che non basta un 11 titolare forte come quello dei Reds per portare a casa la Premier, ma serve qualcosa di più; servono non 11 ma 18 giocatori capaci di poter stare nella formazione titolare, servono alternative che possano sopperire all’assenza di un titolare, senza farne sentire la mancanza, nè al resto della squadra nè ai tifosi.
Shaqiri è un colpo che spiega totalmente questa filosofia e che serve per sopperire a questa mancanza che al momento colpisce il Liverpool. Un’alternativa di lusso che, chissà, magari potrebbe sbocciare definitivamente.