“Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato.”
Lasciare che il tempo faccia il suo corso, vivere senza trattenere nessuno, Richard Bach docet. Filosofia di vita, applicata sempre più spesso al mondo del calcio.
Sono tanti i calciatori che negli ultimi tempi hanno vissuto amori platonici. È ormai un istinto naturale, che porta coloro che ne sono colpiti a colorare fuori dai bordi, ad andare oltre i limiti spaziali. Rischiando, a volte, di spingersi anche troppo lontano. È solo così, che forse, si riesce a scoprire quanto lontano si possa davvero andare. Liberi da confini. Provando, sbagliando, e imparando dai proprio errori, per poi fare sempre ritorno nell’unico posto in cui si è stati davvero bene: casa.
CERTI AMORI NON FINISCONO
Ne è piena la storia di grandi ritorni. In ordine temporale, il più famoso, resta quello di Ulisse ad Itaca, con l’obiettivo chiaro di riabbracciare la sua Penelope. L’ultimo, invece, ufficiale da qualche giorno, è quello di Mats Hummels al Dortmund, con il Bayern Monaco che al posto di un punto di arrivo si è rivelato quale “chiaritore di pensieri d’amore distorti”. Nel mezzo, una miriade di altri calciatori partiti alla volta della consacrazione, e tornati dopo qualche tempo consapevoli che forse si può perdere la testa tante volte, ma poi l’amore, quello vero, è un’altra cosa. L’emblema di questa teoria viene dall’Inghilterra, da Liverpool nello specifico, e di nome fa Wayne. Il giovane Rooney, cresciuto nel mito dei “Toffees”, esordisce con i blues di Liverpool a 16 anni, per poi trasferirsi al Manchester United con il volto pieno di lacrime. Tredici anni di infatuazione, per poi tornare lì, dove tutto è iniziato, dove ha lasciato per sempre una parte del suo cuore. A Goodison Park, tra l’armonia generale, tornerà ad essere quel ragazzino rossiccio che nel lontano 2002 fece innamorare mezzo Merseyside. Parallelamente alla sua storia, a 11.136 km di distanza da Liverpool, esattamente in quel di Buenos Aires, un altro grande amore rifioriva nel barrio Fuerte Apache. Dopo più di un decennio a girovagare l’Europa, infatti, Carlos Tevez faceva ritorno alla Bombonera, la sua casa fin da quando aveva 13 anni. Storia di una seconda giovinezza con i colori della sua vita sulla pelle, testimoniata a gran voce dalle 14 reti messe a segno in 34 presenze di Primera Division. Trasferendoci in Spagna, invece, un Nino ci ha messo 8 anni per rendersi conto di non essere mai cresciuto, e, il 4 gennaio 2015, al Vicente Calderon, ha restituito il suo cuore ai 50mila presenti, all’unico amore della sua vita fin da quando era a scuola e in classe su 21 bambini 20 tifavano Real tranne lui. Lui tifava Atletico. Un ritorno al passato parecchio soddisfacente per Torres, consapevole di aver marchiato a vita il suo cognome nella storia del club dato il 100esimo gol siglato il 6 febbraio 2016, e soprattutto, la sua 400esima presenza in rojiblanca il 3 maggio 2018.
OH CAPITANO, MIO CAPITANO!
Com’è il detto? Un capitano non abbandona mai la nave che affonda. Vero. Non vero invece che un capitano non abbandona mai la nave. Lo fa eccome, anche nelle acque più belle, nello scenario più suggestivo. Lo fa per prendere il comando di una nave più grande, per portarla ad essere la regina dei mari. Poi, nel momento in cui si rende conto che la sua prima nave sta davvero affondando, torna, riportandola in acque sicure ancora una volta. Diego Milito, Dirk Kuyt, Joaquin. Storie di tre capitani davvero coraggiosi, tornati in tempi difficili con perdite d’acqua in ogni dove delle loro navi, tappezzati alla meglio e riportate allo splendore di un tempo. Il primo, affermatosi in Europa, in particolare in Italia con l’Inter, come uno dei migliori attaccanti della storia, ha ripercorso la rotta Racing, contribuendo con diversi gol alla conquista del titolo nazionale. Non da meno il secondo, che il 14 maggio 2017 segna una tripletta contro l’Heracles che riporta l’Eredivisie a Rotterdam dopo ben 18 anni. L’ultimo, meno vittorioso, ma più idolatrato del barbiere a Siviglia, ha confessato che un giorno sogna di diventare il presidente del Betis talmente che è grande il suo legame con i colori biancoverdi. Una cosa è certa: i cognomi di questi tre ragazzini possono tranquillamente entrare di diritto accanto al significato della parola amore nel dizionario.
Fonte: profilo ufficiale Instagram di Dirk Kuyt
RIPORTATEMI LÌ, DOVE ERO BAMBINO
Mats Hummels, in sostanza, è solo l’ultimo dei grandi ritorni a cui ormai la storia ci ha abituato. Calciatori che non hanno mai dimenticato per davvero quanto buono sia l’odore di casa. Uomini, cascati nella trappola di squadre belle quanto belle donne, ma mai caduti per davvero in esse. Bambini, prima di tutto, tornati nel posto in cui erano felici senza motivo. Lì, dove vivevano felici nel presente, scordando ogni altra cosa. Dove non erano tormentati dal passato e non temevano il futuro. Lì dove credevano nei sogni impossibili. Dove si sentivano piccoli fuori, ma grandi dentro. Lì, dove devono farsi perdonare. Perdonare da un popolo che non li ha mai abbandonati, ma sempre protetti, in risposta a tutte le loro paure. Dove, adesso, più vecchi e deboli, potranno guardare nuovamente la loro gente, e leggere nei loro occhi che non è cambiato niente.
Fonte: pagina ufficiale di Instagram BVB