Era uno dei vanti della vecchia gestione federale: “Abbiamo portato in Italia il Var“. Quando la Svezia ci ha buttato fuori, non è stata esattamente una consolazione. Ieri sera, ironicamente, il Var ci ha permesso almeno di evitare la seconda sconfitta in quattro giorni: al minuto 86 il tedesco Aytekin si corregge e concede il rigore per fallo di Tarkowski su Chiesa. Insigne, che si era svegliato poco prima con una combinazione “stile Napoli” con Jorginho, trasforma zittendo gli 84mila di Wembley (tranne la fetta azzurra).
UN TRAGHETTATORE CHE GUARDA AL FUTURO
L’uomo nuovo di questo ciclo pre-Mondiale della Nazionale Italiana non ha giocato né queste due amichevoli né giocherà le prossime partite. Si tratta infatti dell’allenatore pro-tempore Luigi Di Biagio, al quale è stato velatamente (ma neanche poi troppo) affidato il compito di traghettare la squadra fin quando non sarà eletto un nuovo presidente federale. Ma Di Biagio sa che nel calcio di oggi sono i risultati a contare più di qualsiasi altro fattore, ben conscio del fatto che prestazioni convincenti contro le big del calcio mondiale non avrebbero potuto far altro che aprirgli le porte di via Allegri.

L’Italia, in poche parole, ha provato a ripartire da un ct che ct non è. Siamo ripartiti, quindi, da meno di zero. Con ciò non si vuole sminuire l’operato (passato, presente e futuro) di mister Di Biagio. Anzi, il fatto che la scelta di Malagò e Costacurta sia ricaduta proprio su di lui fa ben sperare su un possibile progetto che leghi la Nazionale maggiore a quelle giovanili. Del resto, a Di Biagio va riconosciuto il merito di aver fatto crescere sotto la sua gestione molti giovani che adesso giocano da titolari in squadre anche piuttosto blasonate. Basti pensare a Federico Bernardeschi, protagonista indiscusso dell’under-21 di Di Biagio e adesso perla tra i tanti gioielli della Juventus. Ci sono poi Chiesa, Donnarumma, Conti, Cristante, Gagliardini, Petagna, Pellegrini, Caldara e Rugani, i quali faranno sicuramente parte del gruppo della Nazionale prescindendo da Di Biagio.
A lui però è spettato l’arduo compito di far ripartire fin da subito un gruppo che a novembre ha perso ogni certezza. Un gruppo sempre più giovane, anche se i vari Verratti, Immobile, Belotti, Candreva, Insigne non sono più propriamente dei ragazzini. Queste prime convocazioni, insieme alle due amichevoli, parlano chiaro: i giovani ci sono eccome. Da qui dunque che bisogna ricostruire le fondamenta di un movimento che ha perso di credibilità e fiducia da parte degli appassionati. Quella fiducia che solo pochi uomini hanno saputo mantenere ben salda affianco al proprio nome, anche dopo l’apocalisse post-Svezia.
UN’ITALIA SPUNTATA

Contro un’Inghilterra sperimentale, infarcita di esaminandi in vista della Russia, l’Italia ha operato solo quattro cambi rispetto alla formazione battuta dall’Argentina venerdì a Manchester, inserendo Donnarumma, Zappacosta, Pellegrini e Candreva.
Siamo scesi in campo con il 4-3-3 di Di Biagio che parte alto e, tutto sommato, parte bene: Jorginho, Parolo, Pellegrini cercano di rubare palla nella metà campo avversaria, e talvolta ci riescono. Poi però gli inglesi prendono le misure, e da lì in poi costruiamo poco (almeno di squadra) e soffriamo di più. Sterling ci fa letteralmente a fette, specie quando torna indietro una ventina di metri a prendere palla e poi si mette in moto a velocità doppia. I centrocampisti lo inseguono, i difensori retrocedono precipitosamente, lui prende campo e scarica per Vardy, più spesso per un sorprendente Young.
La nostra fase offensiva si limita a un buon cross di Candreva per Immobile (alto di testa) e a un tentativo dello stesso Ciro di riscattarsi in azione personale: tiro deviato fuori di poco. Per un tempo la differenza a centrocampo è stata evidente, l’Italia ha pagato la stanchezza di Jorginho e Parolo, entrambi costretti agli straordinari, ed è stata surclassata sul piano dell’intensità e della precisione. Ha avuto il merito di non disunirsi, di cercare faticosamente la giocata anche nella ripresa, ha accettato di correre rischi in contropiede. E, soprattutto, ha sfruttato la fase dei cambi, che hanno rivoluzionato gli equilibri in mezzo al traffico ed esaltato la verve di Chiesa. Poi c’è la buona reazione finale, quando Southgate, che già aveva sperimentato prima, cambia assetto tattico con quattro cambi.
PASSAGGIO DI CONSEGNE
Davanti agli 84mila di Wembley, in porta, non c’era come al solito Gigi Buffon, ma Donnarumma, che tredici giorni nella stessa città contro l’Arsenal visse una delle sue “macchie” stagionali. Il milanista sembra l’erede predestinato. Gigio ha potenza ed enormi margini di miglioramento, dimostrando più di una volta di saper reggere la pressione nonostante i suoi 19 anni. In allenamento lo si vede scrutare ogni istante Buffon – che in parte ci si rivede – per rubarne i segreti. Gigio è con questa partita al quinto gettone in azzurro, il terzo da titolare dopo quelli nel 2017 con Olanda (marzo) e Uruguay (giugno), le ultime gare saltate in azzurro da Buffon prima di quella di Wembley.

Il passaggio di testimone sancisce la gerarchia tra i pali azzurri. Il futuro è di Gigio, alla vigilia di un’estate che potrebbe vederlo lasciare il Milan. Buffon gli avrà ripetuto più volte, nelle ore trascorse in ritiro, che quello del portiere è il mestiere più ingrato. Consiglio prezioso a chi finora ha vissuto solo spiccioli di gloria in Nazionale.
È l’inizio di un nuovo ciclo, quello della nazionale del futuro, che avrà non solo Gigio come protagonista ma anche altri interessantissimi giovani come Chiesa, Romagnoli e Belotti.
FLOP: SCUGNIZZO DISORIENTATO
Dopo la brutta prestazione contro l’Argentina , ci si aspettava una bella reazione da parte di Insigne contro la nazionale dei tre leoni. L’idolo dei tifosi partenopei però anche a Wembley fatica ad inserirsi negli schemi di Ventura. Intendiamoci, sarà mica riuscito Di Biagio ad imporre la propria idea di gioco in una settimana? Difficile a questo punto. 
Il riscatto personale arriva all’87’: Chiesa si procura un rigore per un pestone di Tarkowski visto solo grazie al Var, lui con personalità va a prendersi il pallone. Dal dischetto non gli tremano le gambe: pareggia, salva l’onore di questa nazionale figlia di un dio minore oltre che la sua ‘reputazione’ azzurra. Inoltre ha salvato l’imbattibilità duratura dei nostri contro gli inglesi. Una tenue fiammella di speranza. Su di lui gli Azzurri vogliono puntare per la ricostruzione, ma serve una maturazione internazionale che al momento ancora sembra lontana.
TOP: DE SCIGLIO DUTTILE
Sia nel 4-3-3 che nel 4-2-3-1 di Allegri l’ex Milan è abituato a giocare come terzino destro,poco propenso ad affacciarsi nella metà campo avversaria. Di Biagio però lo lancia a sinistra e De Sciglio fa benissimo: in un mare di mediocrità è l’unico a emergere. Si ritrova un avversario duro come Oxlade-Chamberlain e gli tiene testa caparbiamente.
Mattia concede pochissimo, così come Zappacosta sull’altro versante del campo, infatti non è un caso che le azioni più pericolose degli inglesi siano arrivate per vie centrali, dove Bonucci ma soprattutto Rugani hanno sofferto molto la rapidità di gioco di Sterling & Co.
QUESTIONE DI RANKING
Nel Ranking Fifa, purtroppo, le amichevoli contano: sono anni che continuiamo ad organizzarle contro le big del calcio mondiale, mentre le altre nazioni cercano di giocare contro le nazionali meno blasonate per accumulare un po’ di punti in più.
Fatto sta che il 12 aprile verrà ricalcolato il ranking che ridisegnerà la classifica FIFA a pochi mesi da Russia 2018, dove molto probabilmente al termine della competizione – che chiaramente non giocheremo – saremo destinati a perdere ulteriore terreno.
Prima di questo giro di amichevoli infatti l’Italia occupava la 14esima posizione, ma insidiata dalla stessa Inghilterra e dal Messico (già certe del sorpasso ai nostri danni), oltre che da Svezia, Galles, Olanda e Uruguay. Con il pareggio rischiamo di vederci superati da questo blocco di nazioni a cui bisogna aggiungere anche Tunisia e Islanda. Un disastro totale se pensiamo che solo 12 anni fa alzavamo in quel di Berlino la Coppa del Mondo.
QUELLO CHE VERRÀ
Le due amichevoli con Argentina e Inghilterra ci hanno dimostrato come gli azzurri sentano ancora forte la delusione per l’esclusione dai Mondiali di Russia ma, soprattutto nel secondo tempo di Wembley, abbiamo visto una timida reazione, che ci potrà – forse – far sperare per il futuro.
Il pari è un raggio di sole e forse la scintilla che serve per ripartire.
L’Italia alla fine si salva ma la sensazione è che chi arriverà a guidare questa squadra dovrà lavorare molto. Ma almeno potrà ripartire da uno spirito combattivo e volenteroso. Meglio di niente. Per il resto: auguri.