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Meteora cadente: Diez Morfeo

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Meteora cadente: Diez Morfeo

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Intuizione, talento, classe cristallina e fulminea capacità di incendiare il campo da gioco in brevissimo tempo. Queste le caratteristiche delle stelle talentuose del mondo del calcio che, per una ragione o per l’altra, si sono perse per strada, diventando meteore della durata effimera ma splendenti di una luce incredibile.

UNA STORIA INCOMPIUTA

Mancino classe ’76, Domenico Morfeo è la perfetta rappresentazione di cosa significhi diventare una meteora nonostante un brillante futuro promesso da chi il talento lo distribuisce prima che tutto si compi: a quattordici anni viene pescato in Abruzzo dagli osservatori dell’Atalanta, sempre attenti a quella dose di talento in più concessa da madre natura, e a diciassette esordirà in Serie A con la maglia nerazzurra collezionando, in quella che fu la stagione 1993-94, tre goal in nove presenze affacciandosi al calcio che conta con il bagaglio del talento ancora tutto da svuotare.

Morfeo? Morfeo era un talento clamoroso. L’unico che lanciava calcolando l’intensità e la direzione del vento.”

Questo dirà di lui Lele Adani in un’intervista non troppo recente, parlando dei grandi calciatori che hanno vestito la maglia dell’Inter e che, purtroppo, non si sono mai realmente messi in gioco per diventare campioni con la C maiuscola: ecco, questo è il destino che ha scelto per sé Domenico Morfeo, trequartista di vecchio stampo con fisico esile ma perfetto per quell’inesistenza di compiti tattici che Prandelli, suo Allenatore all’Atalanta prima e al Verona poi, gli aveva cucito addosso.

SALTO NEL VUOTO

Dopo la stagione di esordio e, soprattutto, dopo la vittoria nell’Europeo Under 21 di categoria del 1996 in Spagna, la Fiorentina di Gabriel Omar Battistuta e Manuel Rui Costa decide di puntare forte su di lui. In casa della viola i limiti caratteriali del giovane trequartista si rendono evidenti quando la concorrenza inizia a renderlo nervoso, incapace di difendersi dagli assalti dei diretti avversari nel ruolo e lo relega in una spirale dove il talento lo richiama verso le grandi squadre ma la forza mentale lo riverrebbe protagonista in una squadra costruita su misura per lui. È questo ciò che succede quando lo chiama il Milan di Zaccheroni, col quale vincerà uno scudetto da attore non protagonista (1998-1999), ma dal quale scapperà in direzione Cagliari, per poi ripiegare a Verona, dove il suo ex allenatore dei tempi dell’Atalanta, Cesare Prandelli, lo renderà nuovamente fulcro del progetto tecnico.

METEORA IN SPEGNIMENTO

L’annus horribilis passato al Milan sembra ormai acqua passata e la Fiorentina, ancora invaghita del talento dell’abruzzese, lo riporta a casa sperando nella sua consacrazione definitiva: le poche presenze (tre in totale) e gli infortuni ne penalizzano il ritorno in maglia Viola e dopo soli sei mesi l’Atalanta lo riaccoglie a braccia aperte dove con diciassette presenze e cinque goal si riguadagna un ultimo, disperato, tentativo alla Fiorentina. L’amore impossibile tra la Viola e il numero dieci proveniente dall’Abruzzo si materializza quando l’Inter di Cuper cerca, con l’ennesima possibilità, di regalargli un futuro luminoso in una big: qui, circondato da grandissimi campioni, Morfeo è ricordato per aver conteso un rigore ad Emre a Leverkusen ma soprattutto per aver attaccato i tifosi al termine della gara vinta sul Piacenza per 3-1 in cui era stato subissato di fischi:

«Sui fischi bisogna dire due cose: la prima è che non arrivavano dalla curva ma dalla tribuna, dove c’ è gente che evidentemente non vuole bene all’ Inter e non si rende conto che siamo primi in classifica; la seconda è che secondo me questa gente durante la settimana è frustrata in famiglia, evidentemente sono persone che stanno sotto schiaffo con le proprie mogli e la domenica devono sfogarsi. Quanto a quelli delle tribune, li conosciamo: sono pieni di soldi e pensano che avendo il denaro possono permettersi qualsiasi cosa».

FINALMENTE IL PARMA

Un carattere complesso che nel giro di poco lo porta ancora una volta lontano da Milano, ancora una volta con un fallimento che a ventisette anni, inizia a pesare sulle spalle di chi ha sempre pensato che il solo talento bastasse per emergere. A cinque anni dalla fine della sua carriera arriva ancora una volta il suo salvatore a renderlo nuovamente protagonista: fallito totalmente il salto nelle big, è il momento per Morfeo di dedicarsi a diventare il faro di una squadra di media classifica rendendosi protagonista assoluto dello spartito tecnico offensivo. E’ il Parma di Cesare Prandelli che crede in lui prima di ogni altro, un Parma infarcito di talento (Gilardino, per citarne uno fra i tanti) che sognerà con le partecipazioni in Coppa Uefa e che dal 2003 al 2008 si godrà il talento finalmente posto al centro del villaggio di Domenico Morfeo. Tantissimi assist, molti dei quali per Gilardino, e sedici reti lo consacrano definitivamente ma, dopo cinque stagioni in cui aveva evidentemente dato tutto ciò che poteva dare, la discesa verso le categorie inferiori con Brescia (2008-2009), Cremonese (ultimi sei mesi della stagione 2009) e San Benedetto dei Marsi (2010 – 2011) portano a compimento una carriera che sarebbe potuta essere ma non è stata.

https://gph.is/2S1wREb

CLASSE CRISTALLINA MAI CONCRETIZZATA

Le caratteristiche tecniche sono quelle di un dieci classico, devastante in fase offensiva con un mancino che ricorda quello dei grandissimi campioni. Non assomiglia a nessuno Morfeo, per stessa affermazione di Favini, osservatore dell’Atalanta che in lui aveva visto un talento da regalare al calcio che conta, per caratteristiche è simile a se stesso e irripetibile. A Bergamo, dopo l’esordio con doppietta nella gara contro il Lecce, divenne un idolo della tifoseria e il soprannome di “Maradonino” non gli fu assegnato certo per caso. Una meteora cadente Domenico Morfeo, che dal firmamento in cui si sarebbe dovuto iscrivere dopo l’Europeo del 1996 in cui calciò il rigore decisivo per assegnare il titolo all’Under 21 azzurra, decadde in una condizione di limbo perpetuo, dove il gioco del calcio in fondo era solamente un gioco, e dove il talento sarebbe bastato per vivere di calcio per tutta la carriera. L’errore è stato forse di chi non l’ha convinto del contrario, di chi non ha portato il suo calcio a un livello successivo grazie a un’applicazione metodica. Ma, forse, facendolo si sarebbe snaturato il talento di un dieci da galassia, un dieci classico ma contemporaneamente ineguagliabile. Quel Domenico Morfeo meteora cadente del nostro calcio.

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Flash News

La madre di Radonjic critica Juric per la gestione del figlio: il post

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Radonjic

Dopo un buon avvio di stagione, Nemanja Radonjic nelle ultime uscite ha riacceso il derby di spogliatoio intrapreso con il suo allenatore, Ivan Juric.

L’allenatore granata, infatti, ha nuovamente rinunciato alla convocazione del classe ’96 per motivi disciplinari nella trasferta di Frosinone, dopo averlo già fatto nella delicata sfida contro l’Atalanta.

Motivo delle frizioni (come anticipato precedentemente) la poca convinzione negli allenamenti del trequartista serbo, che nonostante le strabilianti doti tecniche continua a non dimostrarsi prestaste dal punto di vista attidudinale.

La madre di Radonjic, Radmila, sembra non esser particolarmente d’accordo con la gestione da parte di Juric del figlio, e sul suo profilo Instagram in giornata ha pennellato una velata critica proprio verso l’allenatore ex Verona.

LA STORIA – “Il karma dice: sii abbastanza buono da perdonare le persone, ma non essere così stupido da fidarti di nuovo di loro”.

 

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Diez allo stadio

Ascoli-Spezia 1-2, le pagelle: Bellusci risponde al rigore di Verde, ma nel finale Hristov regala la vittoria allo Spezia

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Esposito

Al Del Duca lo Spezia batte l’Ascoli 2-1. Nella ripresa Giuseppe Bellusci risponde al rigore di Daniele Verde, ma nel finale arriva l’incornata di Hristov a decidere il match.

Il primo squillo del match arriva all’ottavo minuto quando Verde illumina per Kouda, ma trova la respinta attenta di Viviano. L’Ascoli reagisce e, dopo un rischio autorete di Muhl, Botteghin ha l’occasione da due passi, ma spreca. L’episodio chiave arriva al 20′ quando il direttore di gara Marchetti viene richiamato alla review per un tocco di mano di Di Tacchio all’interno dell’area e concede il rigore. Dal dischetto Verde spiazza Viviano. I marchigiani non si perdono d’animo, Mendes ci prova con un diagonale impreciso. Al 38′ si vede Kouda con un colpo di testa che Viviano respinge in angolo. Nel finale di primo tempo, sugli sviluppi un calcio di punizione, la spizzata di Botteghin favorisce Rodriguez che non angola a sufficienza. Prima dell’intervallo Kouda costringe Viviano al miracolo.

Nella ripresa l’Ascoli è più cattivo e trova il pareggio con Bellusci. I marchigiani inizialmente continuano a spingere ma è Kouda a spaventare Viviano che blocca senza problemi. Da lì lo Spezia prende coraggio e si espone alle ripartenze fulminee dell’Ascoli. Nel finale l’incornata di Hristov da calcio di punizione fissa il punteggio sul 2-1. Dopo un tentativo di Di Tacchio, termina così, lo Spezia batte l’Ascoli e ottiene tre punti pesantissimi.

Ecco le pagelle della gara, direttamente dalla tribuna stampa dello Stadio Del Duca.

LE PAGELLE DELL’ASCOLI

Viviano 6,5: una sua respinta sulla conclusione di Kouda prima dell’intervallo, mantiene in gara l’Ascoli.

Bellusci 7: regala il momentaneo pareggio all’Ascoli con una conclusione dal limite. Per il resto, tutto il reparto difensivo mostra una buona coesione. Riceve un’ammonizione per una sbracciata nel primo tempo. (dal 82′ Haveri s.v.)

Botteghin 6: si divora la rete del vantaggio dopo pochi minuti, ma in fase difensiva non sbaglia nulla.

Quaranta 6: anche per lui vale il discorso fatto per i compagni di reparto. Difende bene sugli attaccanti liguri.

Adjapong 6: lotta e spinge sulla destra, inizialmente crea qualche pericolo, ma viene raddoppiato per tutto il resto della gara. (dal 64′ Bayeye: Dà freschezza alla fascia destra. Apporto sufficiente).

Milanese 6: gioca solo il primo tempo, convince solo a tratti per qualità e per carattere. Giocando con continuità potrebbe diventare una buona arma per Castori, che però lo sostituisce nell’intervallo. (dal 46′ D’Uffizi 6,5: entra con coraggio e voglia di dimostrare, anche se mostra nervosismo in qualche circostanza. Approccio positivo).

Di Tacchio 5: commette ingenuamente, ma anche sfortunatamente, il fallo da rigore.

Falasco 6: insidioso palla al piede soprattutto con le traiettorie velenose da calcio piazzato.

Masini 6: il solito Masini che agisce a sostegno delle due punte, si fa vedere tra le linee, ma oggi non incide. (dal 86′ Giovane s.v.)

Mendes 6: a lui è affidata la reazione marchigiana, ma viene contenuto dai difensori avversari. Nella ripresa si trasforma in assist-man per Bellusci.

Rodriguez 6: la sua velocità mette in difficoltà i marcatori spezzini, ma manca di concretezza nella finalizzazione. (dal 82′ Millico s.v.)

All. Castori 5,5: la squadra è viva e resta in partita nonostante un avvio complicato, ma nel finale la squadra è ingenua. A gennaio urgono rinforzi.

LE PAGELLE DELLO SPEZIA

Zoet 6: trasmette sicurezza al reparto difensivo pur senza dover compiere miracoli.

Amian 6: da quella parte Milanese e Falasco spingono molto, ma lui si disimpegna senza troppi problemi.

Muhl 6: rischia un autogol nel primo tempo, ma per il resto è impeccabile. (dal 63′ Hristov 7: entra per dare freschezza al reparto e decide la sfida).

Nikolaou 6,5: sforna una prestazione perfetta nel limitare Mendes.

Elia 6,5: spinge molto sulla sinistra. Nei primi minuti fatica a mantenere le misure su Adjapong, ma viene aiutato dai ripiegamenti di Kouda.

Cassata 6: riceve un’ammonizione ingenua nel primo tempo che potrebbe condizionargli la gara, ma dà tanto al centrocampo di D’Angelo. (dal 63′ Zurkowski 6: entra per incidere nel reparto offensivo con qualche inserimento, ma nulla  di particolare da segnalare)

Salvatore Esposito 5,5: deve fare gioco, ma è impreciso nel gestire un paio di ripartenze.

Bandinelli 6: anche per lui vale la pagella di Cassata, ma senza l’ammonizione. Il contributo dell’ex Empoli è fondamentale per l’equilibrio del reparto.

Verde 7: è freddo dal dischetto portando in vantaggio i suoi. Quando si illumina crea qualche problema alla difesa marchigiana. (dal 70′ Antonucci 6: entra con tanta voglia di fare, ma il finale non gli permette di colpire.

Kouda 6,5: spazia molto su tutto il fronte offensivo arrivando più volte alla conclusione.. Importantissimo è il suo contributo in fase difensiva in aiuto ad Elia.

Pio Esposito 6: gara di sofferenza perchè viene risucchiato dal trio difensivo marchigiano, ma ha il merito di guadagnarsi il rigore del vantaggio.

All: D’Angelo 6,5: vittoria doveva essere e vittoria è stata, ma poteva gestire meglio il vantaggio. Dopo un buon primo tempo, la squadra pensa ad un secondo tempo di puro contenimento e paga. Dopo il gol del pareggio cerca e trova il gol vittoria.

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Carlos Augusto: “Sono stato sempre umile, non ho mai mollato. E sull’Inter…”

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Carlos Augusto
L’Inter si prepara alla sfida di questa sera contro l’Udinese. L’obiettivo principale dei nerazzurri rimane quello di rispondere presente alla vittoria di ieri sera della Juventus, che avendo la meglio sul Napoli è balzata momentaneamente in cima alla classifica.

Alcuni dubbi di formazione per mister Simone Inzaghi, alle prese con alcune assenze pesanti soprattutto nelle retrovie. In dubbio la presenza di Alessandro Bastoni, che ha saltato la trasferta di Napoli dell’ultimo turno in via precauzionale e dovrebbe essere arruolabile per il match odierno. In caso di fortfait, spazio a Carlos Augusto.

Proprio il brasiliano è intervenuto al Match-day Programme ufficiale dell’Inter parlando della sua carriera: dai primi passi mossi in patri fino all’arrivo in Italia, l’esperienza formativa a Monza e infine il salto di qualità compiuto nell’ultima sessione di calciomercato. Di seguito le parole di Carlos Augusto.

ORIGINI – “Appena ho iniziato a giocare ho chiesto a mio papà di iscrivermi in una scuola calcio, poi a 15 anni ho capito che sarei potuto diventare un calciatore professionista. Sono stato umile, ho sempre lavorato tanto e non ho mai mollato e questo mi ha portato fino a qui. Per me l’amore per il calcio è la cosa più importante, mi piace giocare, allenarmi, poi quando si arriva allo stadio e si vedono tutti i tifosi che incitano la squadra, solo questo ti dà una carica incredibile”.

INIZI IN BRASILE – “Sono diversi i momenti che hanno segnato il mio percorso, la consapevolezza acquisita a 15 anni, poi la finale vinta con la Primavera in Brasile, ricordo che c’erano 45.000 tifosi, abbiamo vinto ed è stato importante. Il primo gol con la Prima Squadra è un altro momento che non dimenticherò, è stato nel match contro la Chapecoense, ricordo che non riuscivo neanche a parlare dopo perché ero troppo felice e sono andato a festeggiare con la mia famiglia”.

APPRODO ALL’INTER – “L’Inter è una squadra importantissima, è un onore indossare questa maglia. Da qui sono passati grandi campioni, Ronaldo è stato devastante, è quello che mi ha ispirato e poi c’è stato Roberto Carlos che nel mio ruolo è stato incredibile. Fuori dal calcio Michael Jordan è un punto di riferimento, è stato impressionante come professionista e come persona, ho letto molto su di lui. Non si è mai arreso e anche quando era il migliore del mondo ha sempre voluto migliorarsi. Cos’è importante per me? La famiglia e la squadra che sono concetti molto simili, conta essere uniti e aiutarsi, soprattutto nei momenti difficili”.

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Big della Premier pronte all’assalto per Calhanoglu: la posizione dell’Inter

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Calhanoglu

Uno degli uomini copertina dello scoppiettante inizio di stagione dell’Inter è Hakan Calhanoglu. Da quando Inzaghi lo ha reinventato regista, il turco è diventato perno inamovibile della mediana nerazzurra. Centrocampista tuttofare, infallibile dal dischetto, Calhanoglu conta già 6 gol in questo primo scorcio di campionato, di cui l’ultimo ha spalancato la strada verso la vittoria contro il Napoli. Il rendimento del giocatore ex Milan non è passato inosservato all’estero, dove non mancano le lusinghe per il turco, soprattutto dalla Premier League. Infatti, secondo quanto riferisce l’edizione odierna di Tuttosport, due big del massimo campionato inglese sarebbero pronte a farsi avanti in estate per Calhanoglu. Trattasi nel dettaglio di Chelsea e Liverpool.

La posizione dell‘Inter è però piuttosto netta: Calhanoglu non si tocca, a meno di offerte da capogiro. I nerazzurri sono tutelati da un contratto, recentemente firmato, che lega l’ex rossonero all’Inter fino al 2027. D’altra parte, il turco si è calato alla perfezione nella realtà nerazzurra e il rapporto con compagni e allenatore è ottimo. Cambiare aria significherebbe un azzardo anche per lo stesso giocatore che dell‘Inter è ormai uno dei leader tecnici. Già la scorsa estate, gli interessamenti dall’Arabia non fecero breccia nella testa di Calhanoglu che in questo momento è pienamente focalizzato sulla conquista delle suo primo scudetto.

Le intenzioni delle parti sembrano quindi ben chiare e nonostante l’Inter, per esigenze di bilancio, possa privarsi di un big quest’estate, Calhanoglu non è affatto in discussione. Il sodalizio tra il turco e l’Inter sembra destinato ad andare avanti.

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