Non è facile scrivere qualcosa su Gigi Buffon.
Innanzitutto perché il giudizio collettivo è già stato dato, poi perché è positivo ad ogni costo. Inappellabile, sempre. Di Buffon rimane una maschera, ed è una maschera che è impossibile da togliere, è la maschera di un uomo coraggioso. Buffon non sbaglia mai, e non è mai insicuro. Buffon è sempre a testa alta, è un uomo vero. Per gli italiani è questo, è scolpito nel marmo della memoria e dell’orgoglio nazionale.
IL GLORIOSO CREPUSCOLO
Il primo passo che trasforma un campione in leggenda è l’accettazione della parabola discendente. Accettare significa scoprire una nuova risorsa, un nuovo modo per rinnovarsi e arricchirsi. Perché questo accada c’è bisogno di consapevolezza e intelligenza. Nell’accettazione sono nascoste aspirazioni, quasi completamente libere da ogni spinta verso il successo personale, legate a qualcosa di più profondo. È per questo che, la maggior parte delle volte, sono proprio i campioni già affermati, quelli che hanno vinto molto, ad essere i più convinti nel loro intento di migliorarsi. Restare competitivi non è facile, cercare il continuo perfezionamento è raro. Si tratta di un passaggio estremamente complicato ma quando viene superato, assicura una specie di aura di immortalità.

Buffon è chiamato a una delle sfide più difficili della sua carriera, in bilico, verso la santificazione senza tempo.
È chiaro che ormai da diverso tempo non è più uno specialista assoluto. Nonostante questo, come ogni grande campione, ha riservato le sue migliori prestazioni alle partite più importanti, soprattutto in quella missione sacra che per la Juventus era diventata la Champions League. Ma oltre al campo, quello che di Gigi non smetteremo mai di ammirare è la sua mentalità, la sua grande forza psicologica. In questi anni Buffon è stato sì capitano della Juventus, ma anche della nostra Nazionale, e ha sempre ricoperto questo ruolo per autorità più che per anzianità.
Credo che i primi responsabili che devono far sì che le cose cambino siamo proprio noi giocatori, soprattutto quelli più esperti, che devono avere un senso di appartenenza e di responsabilità ancora maggiore cercando di sgravare i ragazzi più giovani di tutto questo
Lo ha fatto con una professionalità enorme e con una spiccata tendenza a prendersi forti responsabilità di fronte alla stampa. Ha alternato toni più contenuti a quelli più duri e schietti, creando così l’immagine di uomo deciso e sincero.
NON ANCORA
Ho un rapporto e un legame di amicizia con Andrea Agnelli tale che ci incontreremo e valuteremo tutto insieme e serenamente. Le forzature non mi piacciono, fin quando sarò considerato un punto di forza della Juve andrò avanti, altrimenti mi fermerò
La maturità di chi è consapevole che prima o poi bisognerà fermarsi davanti allo scorrere del tempo. La sensazione che sarà tutto. Tutto tranne che facile. In conferenza stampa, prima della gara contro il Chievo giocata ieri sera e vinta dai bianconeri per 2 a 0, Allegri ha affrontato nuovamente l’argomento. “Fa parte della vita, bisogna accettarlo, bisogna capire che arriva il momento e dopo ci sono altri 40 anni per fare grandi cose nella vita”. Buffon era stato convocato per la partita di ieri, al Bentegodi, ma è rimasto in panchina. Ora fisicamente sta bene e come ha sottolineato l’allenatore bianconero, ha avuto anche il tempo per riprendersi e riflettere dopo l’addio ai mondiali in Russia. Martedì rientrerà nella partita di Coppa Italia contro l’Atalanta, nel frattempo per celebrare i suoi 40 anni è pronta una maglia speciale. Un’ edizione limitata. Proprio come accade nei grandi anniversari, nelle ricorrenze che segnano la storia.
L’IMPOSSIBILITÀ DI ESSERE NORMALI
Gigi Buffon aveva appena diciassette anni quando esordì in serie A. Oggi ne compie 40. È cambiato, senza cambiare mai. È un monumento che ancora gioca, ma è già un monumento. È deciso da tutti, il portiere più forte del mondo e forse di sempre. È passato attraverso critiche per un rendimento che può definirsi calante una volta ogni due anni, e ha respinto tutto con orgoglio al mittente. Gli hanno detto che non era capace di parare rigori, e lui ha ricominciato a parare rigori, durante la Confederation Cup del 2013 contro l’Uruguay. È stato raccontato, in maniera più o meno intima, centinaia di volte: le scommesse, la depressione, il matrimonio, i figli, gli scudetti. Lui, è ovvio, si è rialzato sempre. A testa alta.
Gigi resta un ragazzino nell’angolo di uno spogliatoio, prima di Parma-Milan, che davanti ad un “Te la senti?” ha riposto “nessun problema”. Sorridendo. Buffon resta un uomo che non si è rassegnato allo scorrere del tempo. Anzi, lo ha progressivamente inclinato a proprio favore, usandolo per diventare uno dei migliori di sempre. Un uomo che due notti prima della finale di Berlino, il 9 luglio 2006, non riesce a dormire. “Un’ora e mezza in due notti”, dice.
Resta quell’uomo con le lacrime agli occhi dopo l’eliminazione dell’Italia dalla qualificazione ai mondiali di Russia. Per lui, l’ultima occasione. Resta il Capitano con il mento in su e gli occhi chiusi mentre canta più forte di tutti e con la voce più stonata di tutti “siam pronti alla morte”. Come l’eroe di un poema epico che è riuscito a diventare.
Auguri Gigi.
e grazie!