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Napoli: bellissima, eterna Incompiuta

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3 anni fa:
LE MACERIE DELLA SCONFITTA
Il Napoli di Gattuso stecca l’importante finale di Supercoppa Italiana, giocata contro la Juventus di Andrea Pirlo in uno scontro fra ex glorie rossonere di grande suggestione e fascino calcistico. I bianconeri disputano un’ottima partita, cercando sempre di tenere il pallino del gioco e di costruire costantemente attacchi verso la porta difesa da Ospina, mentre dall’altra parte gli azzurri sono apparsi rinunciatari nella costruzione, troppo spesso inclini a rintanarsi nella propria metà campo per poi ripartire in contropiede, nonostante la qualità e lo spessore della rosa. Il calcio di rigore fallito da Lorenzo Insigne negli ultimi spezzoni di gara è lo specchio di ciò che il campo ha mostrato, una squadra ancora lontana dalla piena maturità e consapevolezza tipica dei club vincenti.
Il discorso non riguarda i valori del roster, poiché i partenopei sono sulla carta una squadra forte, piena di individualità importanti e con un coefficiente tecnico da far impressione; tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare, soprattutto psicologico, per poter ambire ai più grandi successi sportivi, e la Coppa Italia vinta nella scorsa stagione non può certo essere una giustificazione, dato che la stessa non ha portato al balzo di consapevolezza definitivo dei campani.
Nel corso di questa stagione il cammino azzurro è stato caratterizzato da grandi vittorie mischiate a pareggi e sconfitte molto discutibili, figli di una mancanza di solidità mentale ed un rendimento decisamente altalenante sia nei singoli che nel gruppo intero.

Azione di Ronaldo durante la finale di Supercoppa
LE CAUSE TATTICHE
Come precedentemente detto, questa squadra possiede dei valori importanti all’interno della propria rosa, basti pensare a gente come Kalidou Koulibaly, ritenuto uno dei più forti centrali difensivi d’Europa, o Dries Mertens, calciatore dalle qualità tecniche enormi e dalla grande intelligenza tattica, senza contare Lorenzo Insigne, uno dei maggiori talenti della nostra nazionale. Un’analisi approfondita della squadra partenopea e del suo modo di giocare, cosi diverso a seconda delle partite, ci porta quindi a pensare che le ragioni della discontinuità siano da ricercare, in parte, nei disegni tattici.
I ragazzi di Gattuso si schierano solitamente con un 4-2-3-1 di stampo molto offensivo, con una punta di peso in grado di dare profondità e spazi ai trequartisti, agevolando quindi la definizione di gioco e l’efficacia delle manovre d’attacco. Tuttavia, sebbene il Napoli dimostri spesso di poter schiantare ogni tipo di avversario, la mancanza di una mentalità solida relega spesso gli azzurri ad un atteggiamento conservativo, che è una delle massime tipicità di Rino Gattuso. L’allenatore calabrese infatti non si è mai discostato del tutto dal resultadismo che lo ha contraddistinto in rossonero, trincerandosi spesso in situazioni di difficoltà o contro squadre di grande spessore, come nel caso della Juventus, al fine di non rischiare di esporsi e perdere la partita.
Questo atteggiamento è rispecchiato anche dalla scelta di giocare con due dighe a centrocampo, tali Demme e Bakayoko, rinunciando spesso alla qualità d’impostazione di Fabian Ruiz per avere una cerniera più chiusa in fase difensiva, e garantire quindi un maggiore equilibrio. Il risultato è che l’imbastimento della manovra risulta più blando e non sempre efficace, con un gioco insistito sugli esterni e risolto spesso da grandi giocate individuali. Inoltre l’abbassarsi troppo fa si che l’avversario prenda il totale controllo del campo e del gioco, aumentando esponenzialmente le possibilità di subire delle reti. Ringhio è certamente in una fase di maturazione nel suo percorso da allenatore, e la sua evoluzione è costante, ma salta ancora all’occhio quella paura di esporsi che non fa di certo bene alla crescita di una squadra forte ed ambiziosa.

Gattuso in conferenza stampa, da CalcioNapoli24.it
PROBLEMI DI TESTA
I problemi non sono però solamente tattici, visto che gli azzurri hanno diverse volte dimostrato di essere in grado, nelle difficoltà, di portare il risultato a casa perseverando e stringendo i denti. Salta all’occhio il come questa squadra venga troppo spesso intimorita dagli appuntamenti importanti, come quello della Supercoppa di mercoledì sera. L’aspetto psicologico è parte fondamentale delle vittorie di una squadra, e per il Napoli questo è ancora, spesso, un grosso punto debole, nonostante i miglioramenti innegabili degli ultimi anni.
Nella partita contro i bianconeri abbiamo visto un Insigne irriconoscibile, letteralmente lo spettro di sé stesso, a prescindere dal calcio di rigore sbagliato. Gli stessi Koulibaly e Manolas si sono resi protagonisti di diverse incomprensioni e pasticci in fase di disimpegno, a sottolineare un eccessivo stato di tensione all’interno del match.
I partenopei hanno letteralmente lasciato la partita in mano alla Juventus, che ha continuato ad attaccare ed a controllare il gioco per quasi tutta la gara, un elemento che ha costretto di conseguenza i giocatori a tenersi al riparo, invece di aggredire alti e tentare di appropriarsi del possesso palla e della partita.
L’eccessiva cautela di Gattuso si è trasformata, in questo caso, in un limite mentale per la squadra, che avrebbe tutte le carte in regola per dominare il gioco e sottomettere gli avversari attraverso la qualità ed il palleggio.
La morale di questa storia è che un’idea di calcio va perseguita in ogni situazione, ed il Napoli, essendo una squadra dalle spiccate caratteristiche offensive, perde la sua efficacia se relegata al difensivismo. Sicuramente è facile parlare da una scrivania, senza conoscere le dinamiche di spogliatoio e degli allenamenti, ma certamente applicare un’idea di calcio senza esserne completamente convinti e focalizzati in essa non porta da nessuna parte.
Napoli è e rimane un progetto importante, una squadra forte e di grandi potenzialità, ma per fare lo step-up è necessario avere un po’ di coraggio e spregiudicatezza in più. Gattuso sta evolvendo la sua mentalità giorno dopo giorno, attraverso tanto lavoro ed umiltà, elementi che possono portare solo lontano, in attesa che i colori azzurri possano risplendere al massimo del loro fulgore, per il bene di tutto il calcio italiano.

Insigne calcia a lato il rigore del possibile pareggio, da Cronachedi.it
Immagine di copertina dal profilo Twitter del SSC Napoli
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Generico
Si ferma Vlahovic: costretto al cambio in Juventus-Napoli

Pubblicato
11 ore fa:
Dicembre 8, 2023
Problemi per Dusan Vlahovic durante Juventus-Napoli, il serbo è stato sostituito al 70° minuto al suo posto Milik. Secondo quanto riportato da DAZN, potrebbe essere un falso allarme e solamente questione di crampi o indurimento del muscolo.
La Juventus è in vantaggio 1-0 grazie al gol di testa di Gatti, il terzo in stagione.
Generico
Ancora problemi per Baldanzi: potrebbe saltare anche Empoli-Lecce

Pubblicato
11 ore fa:
Dicembre 8, 2023
BALDANZI – Lunedì alle 18.30 ci sarà il calcio di inizio di Empoli-Lecce. Partita delicata in chiave salvezza, con due squadre che si trovano attualmente fuori dalle zone più calde ma a ridosso di quest’ultime. L’Empoli in primis, in quanto è solo a +1 rispetto il terzultimo posto con i suoi 11 punti. Lecce che invece respira di più con il suo 13esimo posto a 16 punti. I toscani quest’anno stanno giocando senza il totale contributo del suo talento più brillante. Stiamo parlando di Tommaso Baldanzi, che finora ha saltato 4 partite nelle prime 14 e spesso si è dovuto accontentare della panchina. Sempre la caviglia a dare fastidio al trequartista italiano, sia nel primo stop, sia in quello attuale.
L’EMPOLI SENZA BALDANZI – LA SITUAZIONE
Tra ottobre e novembre rimase fermo per una settimana, ora siamo già a un mese ai box. La distorsione subita a inizio dicembre potrebbe costargli anche la prossima sfida del Castellani. Secondo Tuttomercatoweb il numero 33 sta andando incontro alla possibilità di non indossare una casacca da titolare, ma non solo. Per lui potrebbe esserci la non convocazione e quindi la non disponibilità per la quindicesima giornata. Questa sarebbe un’altra brutta notizia che incrementerebbe le note negative dell’inizio di stagione del giocatore dell’Under 21 dell’Italia.
ESCLUSIVE
ESCLUSIVA – L’ex Milan e Inter Sapienza si racconta: “Ecco com’è nata la passione per la comunicazione”

Pubblicato
15 ore fa:
Dicembre 8, 2023Di
Elio Granito
Un viaggio emozionante, un momento di trasporto totale: sono queste le sensazioni che ci lasciano le parole, mai banali, rilasciate ai microfoni della nostra redazione da un colosso della comunicazione calcistica italiana, Giuseppe Sapienza.
“Nasce tutto per amore, il sentimento che muove tutto. L’amore per il gioco del calcio e la passione per Diego Armando Maradona, il più grande Numero Diez, nato, come me, il 30 ottobre”.
Per raccontare questo amore, Sapienza sceglie la strada del giornalismo, partendo dai campi di periferia fino a raggiungere Milano.
È il 3 giugno del 1996 quando inizia uno stage di tre mesi all’Inter. I mesi diventeranno anni – sette per l’esattezza – e si riveleranno lunghi e formativi. Col passare del tempo, diventerà capo ufficio stampa dei nerazzurri e fonderà, insieme alla moglie del presidente Moratti e due ingegneri del Politecnico di Milano, il sito www.inter.it.
Quello stagista ha avuto “la fortuna, la grazia e le coincidenze” che gli hanno permesso di restare nel mondo del calcio e osservare tutti i cambiamenti degli ultimi 30 anni.
L’INTERVISTA ESCLUSIVA
Comunicazione: cosa è cambiato? Quanto è diventata importante all’interno del calcio?
“Bisogna fare una prima distinzione tra Paesi di classe A e di classe B.
- Classe A (USA, UK, Francia, Spagna, Germania, ecc.): considerano la comunicazione come primo asset, strategico e fondamentale, extra-sportivo;
- Classe B (Italia): ritengono la comunicazione importante quando la si fa, molto meno quando la si subisce. Non si investe né sui mezzi di contrasto per evitare di subire una pessima comunicazione, né sulle iniziative propositive.
Ai nostri dirigenti piace comunicare ad personam, delegare pochissimo e affidarsi ancor meno a strutture aziendali che siano in grado di gestire le situazioni di crisi. Responsabilizzare le persone “sotto di noi è sempre stato uno degli impegni più importanti da prendere col club. Vedo figure alto-dirigenziali che accentrano sempre di più su di sé i poteri senza la voglia di delegarli. Secondo me, la delega resta uno dei primi strumenti, forse il migliore, per far crescere le altre figure e di conseguenza tutto il calcio italiano. Qualcosa si sta intravedendo grazie all’arrivo delle proprietà esterne ma anche di imprenditori illuminati italiani.
La comunicazione può spostare completamente gli equilibri e migliorare aspetti strategici, tra cui la vendita di calciatori. A parità di livello tecnico, un giocatore che comunica male ha un prezzo di mercato inferiore rispetto a chi possiede proprietà di comunicazione, tale da consentire al club, grazie ai diritti d’immagine, lo sviluppo di ricavi. In un mondo concentrato sui social, la comunicazione, pur essendo in continua evoluzione, non abbandona mai i pilastri della tradizione: l’esempio lampante è un’intervista old-style fatta a Paolo Maldini, in grado di generare un numero elevatissimo di commenti in Italia e nel mondo rossonero”.
Lei si è dovuto “ricreare” per poter stare a passo coi tempi?
“L’aggiornamento e lo stare al passo coi tempi risultano determinanti. Ognuno di noi non può avere una conoscenza a 360°, vi sono punti di forza e di debolezza. Ragion per cui, chiunque voglia occuparsi di comunicazione deve costruire una squadra che replichi il modello allenatore-squadra a livello di comunicazione. Occorre scegliere persone smart, che abbiano la tua stessa ‘solarità’, capacità di: relazionarsi, interagire, essere trasversali. Individui capaci di coniugare lo sviluppo delle relazioni interpersonali e umane, col club e il mondo esterno. Non dimentichiamoci che ogni centro sportivo ha un ‘recinto’ e la comunicazione deve lavorare ogni giorno per far sì che non esista. Senza ciò, si casca nell’errore di comunicazione, ergo il silenzio: subire senza dire.
A distanza di 27 anni, vi dico che le relazioni umane torneranno a essere le più importanti. Senza squadre di comunicazione non si potrà mai elevare il livello di comunicazione attuale”.
Inter e Milan nel suo passato. Che rapporto ha avuto con Moratti e il compianto Berlusconi?
“Lo stile dell’alta borghesia-aristocrazia imprenditoriale milanese non esiste più. Le famiglie Moratti e Berlusconi incarnavano perfettamente la milanesità che diventa imprenditoria su tutti i livelli: nazionali e internazionali.
Vi è una differenza profonda tra le due famiglie:
- nell’Inter di Massimo Moratti si respirava l’importanza del grande club, ma vi era un’atmosfera familiare;
- al Milan ho riscontrato una realtà basata su una formazione aziendale e piramidale. Tutti rispettavano i propri incarichi. L’impatto era di una perfetta organizzazione. Il giocatore non doveva quasi pensare a nulla ed era tutto ben coordinato da Adriano Galliani che resta, alla soglia degli ottant’anni, il miglior dirigente sportivo dell’intera area UEFA, non mi limito all’Italia. Un uomo marketing straordinario. Non a caso, il Milan è stato primo nel ranking europeo per quattro anni su cinque (2003-2008). Credo che la nuova società stia facendo delle buonissime cose, quantomeno dal punto di vista della comunicazione.
Può raccontarci un aneddoto che le è capitato nel corso della sua carriera?
“Ce ne sarebbero tanti. Il 3 gennaio 2013 giocammo un’amichevole a Busto Arsizio con la Pro Patria e improvvisamente si udirono ululati, fischi, espressioni a sfondo razzista nei confronti dei nostri calciatori di colore. Intorno al 20’, Boateng perde la pazienza e scaglia il pallone verso quel manipolo di tifosi che proferivano tali espressioni. Al che tutta la squadra decide, per solidarietà, di abbandonare il campo terminando anzitempo l’incontro. Da questo evento nasce un filone estremamente positivo.
Vi era una sola telecamera (Milan Channel) che produceva la partita in differita. Mi reco immediatamente dal cameraman dicendogli di non muoversi; telefono Galliani e gli spiego brevemente la situazione. Mi dice di operare nella massima attenzione e delicatezza. Capisco di avere in mano qualcosa di importante e delicato: gestisco la notizia facendo uscire le immagini sulla CNN (emittente televisiva statunitense all-news n. d. r.) che rilancia direttamente la notizia. Il messaggio rimbalza su tutte le agenzie: ‘il Milan è la prima squadra a effettuare una simbolica e forte presa di posizione sul tema del razzismo’. Il calciatore Boateng verrà successivamente invitato all’ONU per raccontare all’assemblea generale tale problema presente nel calcio. Il Milan viene così identificato come squadra dal forte richiamo antirazzista”.
È un po’ la potenza di una comunicazione sana che, grazie alla strumentalizzazione del calcio, trova modo di divenire veicolo di valori positivi e di princìpi etici
Esatto. Un episodio del genere, che poteva essere gestito col silenzio, con la notizia breve, è servito a lanciare un messaggio forte a livello mondiale. La comunicazione è riuscita a spostare completamente gli equilibri e a far diventare un avvenimento locale, molto profondo e sensibile, un episodio di caratura mondiale e far diventare Boateng e il Milan paladini dell’antirazzismo”.
Grandi comunicatori del mondo del calcio
“È cresciuta moltissimo l’importanza della comunicazione soggettiva. Ho fatto parte del Milan di Ancelotti stracolmo di fenomeni che comunicavano esclusivamente attraverso iniziative concordate con l’area comunicazione. I calciatori di dimensioni planetaria come Kakà e Ronaldinho avevano bisogno di appoggiarsi a noi. Devo dire cha la gestione del campione era abbastanza semplice, eccetto qualche volta. Non posso dimenticare un’attesa di nove ore fatta fare a un giornalista da Ronaldo il Fenomeno. Alla fine, si convinse poiché riuscimmo a trovare un escamotage. Con l’avvento dei social, i giocatori hanno compreso la loro importanza aziendale.
Ad esempio, David Beckham è sempre stato un comunicatore mostruoso per tutta una serie di ragioni che si sono create intorno a lui, anche a livello familiare. Essere usciti con una serie televisiva così seguita e impattante per tutti gli appassionati rappresenta un ulteriore successo. Tra l’altro, io appaio in quella serie. Dissi a Beckham: “Vieni con me, hai una fermata con la stampa, rispondi a tutte le domande che ti faranno i giornalisti”. Lui, senza fare una piega, rispose: “Assolutamente sì”. C’erano anche gli ‘assolutamente no’, a loro bisognava far comprendere che si trattasse della sua immagine, ma anche di quella del club.
Oggi i grandi comunicatori devono essere gli allenatori, perché il loro ruolo è cambiato con l’aggiunta di nuove figure professionali. Tutti i messaggi che lancia sono indirizzati alla squadra, al mondo e ai tifosi. Un aspetto che non bisogna dimenticare è che l’azienda calcio comunica a degli stakeholder particolari. Se non ottieni risultati sei soggetto a critiche, contestazioni, situazioni da prevedere, prevenire e gestire. Il club deve trasferire la propria linea comunicativa o editoriale sull’allenatore che poi, attraverso il lavoro fatto con la squadra e le varie aree comunicative, determina il flusso di comunicazione”.
Un suggerimento per chi vuole intraprendere questo percorso
“Abbiate intraprendenza, curiosità e apertura verso gli altri. Vi sono due categorie di persone: quelli che costruiscono ponti e quelli che alzano muri. Chi vuole lavorare nella comunicazione non può conoscere la parola ‘muro’, deve provare ad abbatterli in tutti i modi. Un ulteriore aspetto fondamentale è la cultura, ossia sapere cosa accade intorno a noi. Informarsi, essere multimediali, senza disconoscere la tradizione. Una somma di tante cose che afferiscono al termine curiosità. Se non hai curiosità non hai cultura, non viaggi. Se non viaggi non conosci, non migliori le lingue e non vedi le differenze. Le differenze invece vanno sostenute e non combattute”.
Il messaggio finale di Giuseppe Sapienza
“Siate sempre numeri 10, un’ispirazione. Il numero 10 è fantasia, responsabilità e soprattutto squadra”.
Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram Giuseppe Sapienza
Flash News
Ultimatum Real Madrid a Mbappé: il francese è a un bivio
Pubblicato
1 giorno fa:
Dicembre 8, 2023Di
Bjork Rajta
Come ogni telenovela degna del nome, anche quella tra il Real Madrid e Kylian Mbappé sembra non voler finire. Il francese ha continuato il suo limbo tra PSG e Blancos negli ultimi due anni ed ora gli spagnoli vogliono la risposta definitiva dal giocatore e dalla madre, agente dell’attaccante.
15 GENNAIO ULTIMA DATA DISPONIBILE
Secondo il noto quotidiano AS, Florentino Perez e i suoi collaboratori avrebbero comunicato a Kylian e a sua madre che vogliono una risposta definitiva entro il 15 gennaio. Il sogno delle Merengues sembrerebbe essere quello di portare il francese a Madrid a costo zero, ma non sarebbe escludere nemmeno uno sforzo importante dal punto di vista economico da parte di Florentino Perez. Il sogno di molti appassionati sarebbe quello di vedere Mbappé giocare con Bellingham: non dovrebbe mancare molto per scoprirlo.
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