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Nobili decadute del calcio inglese – capitolo III: l’Inferno

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Nobili decadute del calcio inglese – capitolo III: l’Inferno

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INFERNO

Terzo e ultimo capitolo del nostro viaggio alla riscoperta delle nobili decadute del calcio inglese. Partiti dal Paradiso della Premier League e attraversato il Purgatorio della Championship, oggi vi condurremo nell’Inferno della League One. È infatti nel campionato di terza divisione inglese che concluderemo il nostro cammino da moderni Dante, riportando alla luce i nomi di quattro club un tempo celebrati per le loro vittorie e ora invece costretti a lottare per la propria sopravvivenza.

Sunderland, Portsmouth, Ipswich Town e Bolton Wanderers. Ecco il quartetto protagonista di questa puntata. Un quartetto che non può essere dimenticato.

SUNDERLAND

Partiamo dai Black Cats, senza ombra di dubbio la squadra con più allori tra quelle sopra citate. Attualmente al settimo posto in League One (appena fuori dalla zona playoffs) – prima dell’interruzione dei campionati di calcio a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus – il Sunderland nel corso della sua storia è stato per ben sei volte Campione d’Inghilterra. Sei infatti i titoli di prima divisione, competizione nella quale il club della contea metropolitana di Tyne and Wear ha impresso il proprio marchio per la prima volta nel 1892. Entrato a far parte della Football League nel 1890 come tredicesimo club – fu dunque il primo ad aggiungersi alle 12 squadre fondatrici del 1888 – il Sunderland impiegò solamente due anni per imporsi a livello nazionale, bissando poi quel trionfo nella stagione successiva.

Una doppia affermazione alla quale i Black Cats riuscirono poi ad affiancare quella ottenuta ancora una volta nel 1895, diventando così il primo club di calcio inglese capace di conquistare tre titoli nazionali. Un vero e proprio vanto per la società con sede nel nord dell’Inghilterra, in grado poi di aggiungere altri tre importanti successi nel primo quarantennio del ventesimo secolo.

Il 1902, il 1913 e il 1936 sono infatti ricordati rispettivamente come gli anni della conquista del quarto, del quinto e del sesto titolo di Campioni d’Inghilterra. Trofei che hanno così finito per rendere – con merito – il Sunderland una delle grandi del football britannico, nonostante dal secondo dopo guerra a oggi i Black Cats non siano quasi mai riusciti a togliersi alcuna soddisfazione.

Se prima della Seconda Guerra Mondiale i bianco-rossi si erano fatti un nome grazie alla vittoria dei sei campionati e della FA Cup conquistata nel 1937, alla ripresa delle competizioni dopo la sospensione resa necessaria dagli eventi bellici non furono più gli stessi.

Per una decina d’anni il Sunderland non riuscì ad andare oltre il terzo posto in First Division, collezionando parecchie stagioni mediocri fino alla clamorosa retrocessione del 1958. Clamorosa perché per la prima volta dalla fondazione, i Black Cats furono costretti a lasciare la prima divisione inglese, dove erano rimasti per 68 anni consecutivi. Un evento a suo modo storico e che finì per minare le sicurezze di un club che ancora oggi si trova al sesto posto nell’albo d’oro delle società con il maggior numero di titoli nazionali di prima divisione, al pari di Chelsea e Manchester City.

Per un trentennio il Sunderland si divise infatti tra Second e First Division, riuscendo a togliersi l’ultima grande soddisfazione nel 1973, quando da club di seconda divisione batté il leggendario Leeds United di Don Revie a Wembley e conquistò così la sua seconda FA Cup.

Nel 1987 invece la prima retrocessione in Third Division della propria storia, esperienza ripetuta poi dai Black Cats nel 2018. È qui infatti, nell’attuale League One, che il Sunderland si ritrova a lottare da un paio di stagioni, costretto a vivere dolorosamente in una dimensione che non sente propria ma dalla quale non riesce ad allontanarsi.

Un inferno che il Sunderland sta provando a lasciare sotto la guida della nuova proprietà guidata da Stewart Donald – come mostrato nella seconda stagione di ‘Sunderland ‘Til I Die’ – deciso a rivivere i tempi di gloria non più solamente come un lontano ricordo ma nuovamente come un concreto presente.

PORTSMOUTH

Tornare grandi. Un sogno condiviso dal Portsmouth attualmente guidato da Kenny Jackett. Un club che ha scandito la propria storia al grido di ‘o tutto o niente’, sempre accompagnato dall’immancabile sostegno dei propri supporters.

Nato nel 1898 e trascorso il suo primo ventennio in Southern League, lega semi-professionistica creata per raccogliere le squadre del sud dell’Inghilterra in un’unica competizione, il Pompey è passato dalla Third e dalla Second prima di fare il proprio debutto in First Division nel 1925.

Qui è rimasto sempre – a eccezione della stagione 1925/26 – fino al termine degli anni ’50, riuscendo a conquistare una FA Cup nel 1939 e due campionati consecutivi tra il 1949 e il 1950, anni in cui il Portsmouth diventò dunque la migliore squadra del Paese.

Un glorioso tempo del ‘tutto’ al quale seguì poi l’orrendo tempo del ‘niente’ vissuto negli anni ’70, quando il club retrocesse fino alla quarta serie, prima di riuscire a riaffermarsi come un cliente abituale di First Division/Premier League tra la seconda metà degli anni ’80 e il primo decennio dei 2000, il quale portò in dote la seconda FA Cup e l’accesso alla Coppa UEFA. Nella stagione 2007/08, il Portsmouth di Harry Redknapp batté infatti il Cardiff City in finale a Wembley, conquistando così trofeo e diritto di disputare le coppe europee l’anno successivo (verrà poi eliminato ai gironi di Coppa UEFA).

Un nuovo e inaspettato ‘tutto’ al quale seguì ancora un nuovo e dolorosissimo ‘niente’, materializzatosi questa volta sotto forma di problemi societari. Quattro diversi proprietari susseguitisi nel solo anno solare 2009 e l’ingresso del club in amministrazione controllata quello seguente portarono il Portsmouth a vivere la sua più rovinosa caduta.

Il secondo decennio degli anni 2000 ha infatti visto il Pompey galleggiare tra Championship, League One e League Two. Innumerevoli cambi di società, fallimenti scampati e lacrime versate, fino all’improvviso matrimonio con i propri tifosi. Nel 2013 il Portsmouth è infatti finito nelle mani del Pompey Supporters Trust, iniziando così a essere gestito dai propri fans. Un connubio che ha ridato respiro a un glorioso club ormai pronto a scomparire, non riuscendo però comunque a toglierlo dall’inferno della League One. È qui infatti che gli ex campioni d’Inghilterra si trovano ormai da un paio di stagioni, dopo aver lasciato la League Two grazie alla promozione conquistata nel 2017, ed è da qui che ora sono pronti a bussare alla porta del Purgatorio, ovvero di quella Championship che potrebbe arrivare attraverso i playoffs.

Attualmente al quarto posto in campionato, qualora le competizioni calcistiche inglesi dovessero tornare a scandire i fine settimana nella terra d’Albione dopo lo stop dovuto al Covid-19, il Portsmouth si trova infatti nella posizione perfetta per credere fino in fondo in una promozione in seconda divisione che manca da sette anni.

IPSWICH TOWN & BOLTON WANDERERS

Concludiamo ora il nostro lungo viaggio con la riscoperta delle ultime due sleeping giants che abbiamo deciso di ricordare in questa nostra rubrica in tre puntate. Ipswich Town e Bolton Wanderers, squadre passate dalle magiche notti al sapore d’Europa ai duri pomeriggi in League One.

Vincitori della Coppa UEFA 1981, i Tractor Boys di Bobby Robson sono stati una delle grandi squadre del calcio inglese. Quella conquistata nella doppia finale contro gli olandesi dell’AZ Alkmaar è l’unica coppa europea dell’Ipswich Town, nonché l’ultimo grande successo dei Blues della contea di Suffolk.

Riconosciuto come club professionale solamente ne 1936, l’Ipswich Town ha vissuto il suo primo periodo d’oro nel 1962, quando da esordiente in First Division riuscì ad affermarsi come Campione d’Inghilterra all’ultima giornata di campionato. Un vero e proprio exploit per i Tractor Boys, retrocessi poi in Second Division un paio di stagioni più tardi.

Nel 1978 invece il secondo periodo d’oro del club, iniziato in quell’anno con la vittoria della FA Cup e concluso poi nell’81 con quella della Coppa UEFA, trofei conquistati grazie all’incredibile lavoro di Bobby Robson, capace di creare una vera e propria corazzata in grado di sfiorare altri due titoli nazionali (per un paio di stagioni concluse il campionato al secondo posto).

Gli anni 2000 infine quelli del declino. Dall’accesso alla Coppa UEFA grazie al premio Fair Play UEFA nella stagione 2001/02, alla retrocessione in Championship nella stessa annata. Dai problemi societari, all’amministrazione controllata, passando infine per la retrocessione in League One al termine della scorsa stagione.

Ed è qui, in terza divisione inglese, che il club si trova ora. Al decimo posto in classifica. Lontano da un rapido ritorno in Championship e alla gloria di un tempo. Quello che addirittura potrebbe non avere più il Bolton.

Accarezzato il terribile incubo del fallimento la scorsa estate, i Trotters sono senza ombra di dubbio il gigante dormiente del calcio inglese che naviga nelle acque peggiori. Gigante perché nel proprio palmares vanta quattro FA Cup e due partecipazioni alla Coppa UEFA/Europa League. Dormiente perché si trova all’ultimo posto in League One e ormai certo della retrocessione in League Two, se non addirittura della propria scomparsa dalla scena calcistica.

A -16 dalla zona salvezza, con soli 14 punti in campionato, il Bolton sta vivendo il tempo più nero della propria storia. Costretto a partire con una penalizzazione di 12 punti in campionato dopo essere stato messo in amministrazione controllata lo scorso anno, la gloria del passato per il Bolton non è che un lontano ricordo.

Tre le FA Cup conquistate negli anni ’20 dal club allora allenato da Charles Foweraker, prima della sostituzione dei campi da calcio con quelli da battaglia. È lì infatti che quasi tutti i calciatori del Bolton decisero di vivere la Seconda Guerra Mondiale, sostituendo il pallone con una baionetta e l’obiettivo di segnare un goal con quello di difendere la propria patria. Da calciatori a soldati, fino al ritorno sul prato verde al termine del conflitto bellico e alla conquista della quarta FA Cup nel 1958, questa volta sotto la guida di Bill Ridding. Poi tanti anni in Second Division, altrettanti in Third e addirittura qualche apparizione in Fourth Division, con l’avvento degli anni ’70 che finì per decretare l’inizio del primo periodo buio per il Bolton.

Un tempo di ‘magra’ al quale seguì poi il tempo di ‘grassa’ che nel 2005 portò i Vagabondi di Sam Allardyce a conquistare la prima storica qualificazione alla Coppa UEFA. Risultato bissato poi due anni dopo. Nel 2012 invece l’ennesima discesa in Championship e l’inizio del declino societario, fino al fallimento scongiurato la scorsa estate, ma che con ogni probabilità potrebbe manifestarsi nel prossimo futuro.

Il Paradiso della Premier League, il Purgatorio della Championship e l’Inferno della League One. Finisce qui il nostro viaggio alla scoperta delle nobili decadute del calcio inglese. Un cammino in tre puntate che potete trovare su Numero Diez e con il quale abbiamo provato a raccontarvi gioie e dolori delle più importanti sleeping giants del football britannico.

Fonte immagine in evidenza: profilo Facebook ufficiale League One

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Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico

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Barcellona Lewandowski

Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.

Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.

Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.

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Scaloni avvisa: “Nessuno è certo della convocazione, tranne due calciatori”

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Scaloni

Dopo il Mondiale l’Argentina del commissario tecnico Lionel Scaloni punta a difendere il titolo della Copa America. La competizione si disputerà negli Stati Uniti tra giugno e luglio 2024.

Per preparare la competizione l’Albiceleste è scesa in campo in questa pausa per le Nazionali. Due vittorie per i ragazzi di Scaloni che si sono imposti 3-0 contro El Salvador, grazie alle reti di Romero, Enzo Fernandez e Lo Celso e 3-1 contro la Costa Rica.  A segno Di Maria, Mac Allister e Lautaro Martinez.

Nella conferenza stampa dopo la sfida contro la Costa Rica, Scaloni ha voluto tenere in guardia tutti i calciatori, sottolineando che nessuno dei convocati, a parte due fuoriclasse (Messi e Di Maria), siano certi della partecipazione alla Copa America. Dunque sull’attenti anche tutti gli “italiani” che puntano la convocazione. Resta comunque quasi impossibile che il commissario tecnico rinunci ad alcuni tasselli importanti, su tutti il capitano dell’Inter Lautaro Martinez, protagonista di una stagione strepitosa fin qui.

Nella fase a gironi, l’Argentina è stata inserita nel Gruppo A con Perù, Cile e Canada.

LE PAROLE DI SCALONI

“Non posso garantire a nessuno che era qui che sarà convocato per la Copa America . Solo Messi e Di Maria sono certi del posto“.

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“CI METTO la FIRMA” – La Rassegna del Diez

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La rassegna stampa è senza alcun dubbio il miglior modo per iniziare la giornata. Ecco quindi le prime pagine dei principali quotidiani sportivi internazionali per la giornata di oggi.

LA GAZZETTA DELLO SPORT

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CORRIERE DELLO SPORT

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TUTTOSPORT

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L’EQUIPE

MARCA

 

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Thiago Almada nel mirino dell’Europa: il prezzo è accessibile

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Almada

Thiago Almada è pronto ad approdare in Europa. Non si sa ancora per chi, ma sembra che il tempo in USA del classe 2001 argentino sia giunto ai titoli di coda. Era arrivato all’Atlanta United nel febbraio 2022 per quindici milioni di euro, e ora è pronto a lasciare per un prezzo quasi raddoppiato.

Già, perché secondo quanto riportato da Diario Sport, nel contratto di Almada con gli statunitensi ci sarebbe una clausola già prefissata che gli permette di andare via per circa 27 milioni di euro; un prezzo sì alto, ma vista l’età e la direzione intrapresa ultimamente dal mercato, è tutto sommato una cifra abbordabile, soprattutto per le big europee.

Le due squadre più interessate sembrano essere il Chelsea, che ormai ci ha abituato ad avere un occhio di riguardo per i giovani di talento, e l’Atletico Madrid, che lo vorrebbe per sostituire il partente Angel Correa, suo connazionale.

I NUMERI DI THIAGO ALMADA IN MLS

Almada è un trequartista di bassa statura (1,71m) che può giocare anche più defilato, sia a destra che a sinistra. L’argentino è un giocatore creativo e con un forte fiuto del gol, visto che nella stagione 2023 ha fornito in totale 11 gol e 16 assist in Major League Soccer. Nella stagione attuale, ha già trovato il gol dopo solo tre partite, e sembra già pronto per fare il grande passo nel Vecchio Continente.

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