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Nomen omen

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Nomen omen

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Nomen omen. Nel nome il destino.
Secondo l’antica locuzione latina era credenza comune presso i Romani dei tempi plautini, appoggiati agli studi dei numerologi del tempo, che nel nome ogni uomo avesse racchiuso il proprio destino. Vita anticipata, augurio o cattivo presagio, e racchiusa nel solo nome.

Nel nome di Zinedine Machach, il suo destino. Quello del talento classe ’96, scritto per ora fino alla pagina 21, ricalca con una precisa quanto stupefacente perfezione quanto già disegnato in certe sfumature dal celeberrimo Zinedine antecedente che nel nome sembra tramandare la propria eredità. Sotto ogni aspetto.

NOMEN

Mio fratello era un appassionato di calcio e io sono nato nel 1996, quando il giovane Zidane giocava nel Bordeaux. Lui ha chiesto a mia madre di darmi questo nome, si trattava di una scommessa sicura.

Zinedine Machach. Nato a Marsiglia il 5 gennaio 1996. Pochi, pochissimi dati, utili e sufficienti semplicemente a inquadrare anagraficamente e geograficamente il protagonista di queste righe. Pochissimi dati che già ripercorrono quelle che contraddistinsero un altro Zinedine, grande del calcio francese. Europeo. Mondiale.

Anagrafica e geografia comune fra Machach e Zidane. Secondo credenze latine sopracitate quanto più sufficiente possibile per credere che il destino del talento ’96 possa seguire quello del suo antecedente. Parallelismi che non finiscono qua, destini dei due che si toccano in altri intrecci, ma che per il momento stoppiamo per saltare di 21 anni, dal 1996 ad oggi. Fino ai giorni in cui Machach sarà nuovo giocatore del Napoli.
Lo diventerà in tutto e per tutto a gennaio quando contratti e ufficializzazioni saranno assecondati dalla Lega Calcio. Per ora ci limitiamo a presentare quello che Machach è stato e quello che potrà essere, se a Napoli rimarrà, sotto la guida di Sarri.

OMEN

Duttilità, fisicità e tecnica. Apparentemente la perfezione sul campo costretta, se così possiamo eccedere, a centrocampo. Eccesso testimoniato dall’estrema versatilità del ragazzo dalle verificate origini algerine. Ennesimo parallelismo con l’altro, anzi il vero Zinedine (non ce ne voglia il ragazzo).
Costretta perché di fatto, l’atteggiamento in partita di Machach è quello di uomo a tutto campo. Fondamentale in impostazione e alleggerimento, pericoloso in inserimento e conclusione, utile anche in zona copertura. Movimento armonioso in ogni posizione del centrocampo, da quella di regista grazie alla grande visone a mezz’ala senza alcuna eccessiva restrizione di posizione fino alla trequarti. La tecnica è dalla sua. Destro di piedi, veloce di pensiero e azione. Proprio come Zidane. Parallelismi che continuano a sprecarsi ma che per ora si limitano a qualche apparenza – come le giovanili comuni nel Cannes – e poco più visto sul campo. Ma d’altronde che pretendere da un ragazzo di 21 anni…

Come detto Machach muove i primi passi nelle giovanili del Cannes prima di passare al Marsiglia nell’under 19. Poi Tolosa tra squadra B e prima squadra. Buone cose fatte vedere e viaggio di ritorno col prestito annuale verso la prima squadra dell’Olympique Marsiglia, una parentesi non fortunatissima. Da lì dunque il ritorno a Tolosa.

Breve carriera finora data dalla giovane età ma con una buona dose di esperienza spesa sul campo. Testimonianza delle grandi doti tecniche in possesso del ragazzo. Qualità come pochi macchiate però da un comportamento da proverbiale “testa calda”. Col rischio di impattare negativamente sulla propria carriera. Come tanti già ne abbiamo visti…

Le doti tecniche sono sicuramente dalla sua. Anche se ogni paragone con il più grande Zinedine è ovviamente sprecato perché prematuro e infondato nel lungo periodo della carriera ancora acerba per Machach.

Già si era messo in mostra alla prima stagione nel mondo dei grandi. Neanche 19enne esordì in Ligue 1 nell’ultima partita della stagione 2014/15 col Tolosa per diventare importante pedina nella stagione successiva. 21 presenze totali e la soddisfazione del primo gol da professionista contro il Montpellier alla prima da titolare.

Poi l’approdo all’Olympique Marsiglia, il salto nel grande club rivelato non proprio fortunato a posteriori. Un discreto inizio “rovinato” dall’arrivo di Rudi Garcia sulla panchina del Velodrome coinciso con la progressiva totale esclusione di Machach dalla prima squadra. 10 magre presenze nella scorsa stagione e un solo gol in Coupe de la Ligue.

Inopinabile e giustificata la volontà assecondata di tornare a casa, al Tolosa.

Grandi prospettive – con il gol al Monaco che lasciava presagire che la credenza latina trovasse fondamento – ma in cattiva compagnia di qualche eccesso comportamentale, come detto. Ciò che poco tempo fa gli è costato il licenziamento e l’ennesimo paragone con Zidane, estremamente coincidente, ma non nella miglior ottica possibile.

Un fine di rapporto tutt’altro che romantico con quella che per i primi anni da professionista è stata casa sua. Un “diverbio” acceso con Denis Zanko l’allenatore della squadra B – a cui era aggregato temporaneamente –  a metà settembre. Discussione nata a causa dell’esclusione del ragazzo dalla lista rigoristi. Discussione sfociata poi, secondo le narrazioni, in una testata del giocatore al suo allenatore.
“Mi manda Zidane”...

ORA NAPOLI (FORSE)

L’incertezza è obbligatoria. Perché consci delle doti tecniche del ragazzo si è piuttosto scettici sull’impatto, la reale utilità da pedina fondamentale che Machach potrebbe avere nell’organico di Sarri. Tutto alimentato, va detto, dall’ormai approvata “fatica” del toscano nell’inserire i nuovi ingranaggi nel suo meccanismo perfettamente oliato.
Scetticismo rinforzato anche e soprattutto dall’abbondante quantità di scelte possibili nel centrocampo azzurro.
Per quanto visto e dato il curriculum viene difficile pensare, oggi, un inserimento immediato e irremovibile da parte di Machach. Innesto che dovrebbe di fatto far fuori uno tra Hamsik e Zieliski (o Allan) nel trio titolare. Probabilità? Poche, pochissime data l’importanza del capitano, il fondamentale apporto anche in fase difensiva di Allan e l’esponenziale crescita di Zielinski.
Jorginho e Diawara non viene neanche da considerarli nell’eventuale ballottaggio consci dell’importanza che ha il regista nel dipinto di Sarri.

La trequarti, in sé, è praticamente reparto inesistente a bocce ferme per Sarri. Dunque possibile collocazione sull’esterno? Anche qui lo scetticismo aumenta. La titolarità è esclusiva cosa di Insigne e Callejon. Il futuro ritorno di Milik porterà con sé, forse, il possibile slittamento di Mertens all’originale posizione di esterno sinistro – in ballottaggio con Insigne – (o destro chissà…) rafforzato dall’acquisto di Inglese.
Le conclusioni portano ad un altrettanto affollato reparto esterni.

Una più ampia considerazione poi si apre qui sugli ultimi tre acquisti del Napoli. Machach appunto, Ciciretti (cosa praticamente fatta) e Inglese.

Andando per ordine temporale e dunque inverso di scrittura la prima perplessità è sulle scelte tempistiche dell’acquisto della punta del Chievo. A gennaio molto probabilmente Milik sarà di nuovo arruolabile, postulata la sua permanenza in azzurro, l’arrivo di Inglese (con la premessa di Mertens mantenuto come punta) non farebbe che ricreare le condizioni già viste un anno fa con Pavoletti: magre presenze e dopo sei mesi “costretto” all’addio. La reale utilità di Inglese sarebbe più probabilmente stata durante la degenza di Milik con dunque l’arrivo anticipato di 6 mesi.
Secondo in ordine temporale è Ciciretti. Ormai giocatore azzurro. Le doti tecniche certo non si toccano ma nulla di trascendentale e continuo. A priori nulla in più all’apporto che Giaccherini e Ounas (soluzioni interne già scavalcate addirittura dall’adattato Zielinski) potrebbero dare. Nessuna marcia in più in ottica campionato. Tantomeno europea.
Ciciretti, ironizzando, la mera fusione della conoscenza del campionato italiano di Giaccherini con l’età e il piede sinistro di Ounas.
Goliardica ironia a parte l’apporto immaginabile dell’esterno del Benevento alla causa azzurra appare piuttosto scarno.

Da ultimo poi Machach, il protagonista delle nostre righe, con tutte le considerazioni già disegnate.

A difesa del Napoli va però ammesso che, nello specifico, Ciciretti e Machach non aggiungerebbero nulla di determinate alla causa azzurra, ma altrettanto vero è che, di fatto, non ne tolgono nulla essendo arrivati a costi esigui se non nulli.
Un’alibi a cui una squadra con le ambizioni del Napoli non può minimamente appellarsi.

Acquisti, gli ultimi, che andrebbero semplicemente ad allungare la panchina – se permanenza a Napoli sarà – o finirebbero utilizzati come mera merce di scambio. Una panchina allungata più in termini di quantità che di reale apporto di qualità determinante.
L’obbiettivo scudetto è risaputo e annunciato, la principale e forse unica pretendente (e reale favorita) è ancora una volta la Juventus. Con una panchina che domenica a Bologna poteva permettersi lussi come Bernardeschi, Marchisio, Dybala (con Cudarado fuori per infortunio).
Abisso tecnico.
Chiave in stagioni da 50 partite e oltre.

Perplimono dunque i principi d’acquisto del Napoli.

Nomen omen. Zinedine Machach potrebbe essere comunque una pedina in più in mano di Sarri.

Quanto realmente determinante perplime il pensiero…

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Hellas Verona-Lazio 1-1, le pagelle: Zaccagni on fire, Henry decisivo

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Lazio-Milan

PAGELLE HELLAS VERONA-LAZIO – Al Bentegodi il Verona ferma la Lazio sul pareggio: il match termina 1-1, a segno Zaccagni al 23′ e Henry al 70′. I padroni di casa, in inferiorità numerica dal 77′ per l’espulsione, per doppia ammonizione, di Duda, riescono a mantenere il risultato e conquistano un punto importante per la lotta salvezza. Altro passo falso in campionato, invece, per i biancocelesti.

LE PAGELLE DELL’HELLAS VERONA

Montipò 6.5: incolpevole sul vantaggio della Lazio, compie un paio di interventi importanti, su tutti quelli su Castellanos e Luis Alberto.

Tchatchoua 5: non segue l’inserimento di Zaccagni, che si può coordinare tutto solo e segnare. Fatica moltissimo in fase difensiva, non graffia davanti.

Coppola 5.5: anche lui ha delle responsabilità sul gol di Zaccagni, l’esterno biancoceleste gli passa a fianco prima di fare 1-0 (dal 87′ Magnani sv).

Amione 6.5: si rivela decisivo nel finale con due interventi difensivi da grande difensore.

Terracciano 6: prova positiva, non commette sbavature.

Duda 5: uno dei migliori per il Verona, recupera diversi palloni e li amministra con qualità. Troppo ingenua, però, la seconda ammonizione rimediata per fallo su Castellanos: lascia così la sua squadra in inferiorità numerica.

Folorunsho 5.5: lotta a centrocampo con Guendouzi, si annullano a vicenda (dal 58′ Hongla 6: entra senza farsi notare).

Ngonge 6: si muove molto cercando di rendersi pericoloso, è proprio dalla sua conclusione che arriva il gol del pari della Lazio.

Serdar 5.5: cambia spesso posizione nel primo tempo, ma senza mai riuscire a entrare in partita (dal 46′ Lazovic 6.5: non fa chissà che, ma il suo ingresso cambia la mentalità del Verona).

Suslov 6: non sfodera una prestazione memorabile, ma trova l’assist per Henry (dal 76′ Mboula sv).

Djuric 5.5: un po’ troppo isolato davanti, fa a sportellate con la retroguardia avversaria ma, per il resto, fa molto poco (dal 58′ Henry 7: entra e fa 1-1, secondo gol consecutivo per la punta francese).

All. Baroni 6: il suo Verona fatica nel primo tempo ma, di orgoglio, riesce a conquistare un punto importante.

LE PAGELLE DELLA LAZIO

Provedel 5.5: quasi inoperoso per tutta la partita, viene sorpreso dal tiro dalla distanza di Ngonge da cui arriva il gol di Henry.

Lazzari 7: sua la sgasata dal quale parte l’azione che porta al gol di Zaccagni, perfetto anche in fase difensiva.

Casale 6: trova il gol dell’1-2, ma spinge Duda per smarcarsi e commette fallo.

Gila 6: duella di fisico con Djuric e Henry tenendoli a bada, ma non chiude sul francese nell’occasione dell’1-1.

Marusic 6: rimedia un colpo all’occhio in un contrasto con Ngonge e viene sostituito, sufficiente (dal 29′ Hysaj 5.5: fa il compitino, dal 85′ Pellegrini sv)

Guendouzi 6: mette corsa e intensità a centrocampo, senza strafare (dal 85′ Vecino sv)

Rovella 6: gestisce la manovra biancoceleste senza grandi picchi.

Luis Alberto 6.5: la sua qualità in mezzo al campo si nota, non sbaglia praticamente nulla.

Felipe Anderson 6.5: serve perfettamente Zaccagni, poi cala alla distanza.

Immobile 5.5: fatica a ingranare, si fa vedere poco (dal 72′ Castellanos 6.5: entra bene in partita, fa prendere il secondo giallo a Duda subendo fallo dal centrocampista slovacco e impegnando Montipò).

Zaccagni 7: ex della partita, torna al gol con un grande colpo di tacco e non fa capire nulla a Tchatchoua. Nel secondo tempo si fa vedere meno (dal 72′ Pedro 6: non riesce a incidere nei minuti in cui è in campo).

All. Sarri 5.5: altro passo falso in campionato, la prova è buona ma devono arrivare anche i tre punti.

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Flash News

Le formazioni ufficiali di Atalanta-Milan: De Roon in difesa, torna Giroud

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formazioni Atalanta-Milan

FORMAZIONI ATALANTA-MILAN – Sempre affascinanti le sfide che vedono coinvolte Atalanta e Milan. I rossoneri arrivano in un momento che può essere di svolta, come successe nel 2019 quando ne uscirono con un netto 5-0, da cui prese il via la risalita della squadra di Pioli. L’Atalanta ha 9 punti di distanza dai rossoneri e si trova al nono posto in classifica, con una rosa che può puntare ben più in alto.

Pioli inizia a recuperare diversi infortunati e squalificati: su tutti Olivier Giroud, che torna titolare dopo le due giornate di squalifica per il rosso rimediato nel pareggio per 2-2 contro il Lecce tre giornate fa. Ancora out per infortunio Leao e Kjaer, con Bennacer che inizia a scalpitare per ottenere sempre più spazio. Le difficoltà in difesa costringono il tecnico di Parma a schierare ancora Theo Hernandez centrale, anche dopo la buona risposta ottenuta con il Frosinone.

Anche Gasperini non ha a disposizione tutti i titolari nel reparto arretrato ed è costretto ad adattare De Roon nei tre di difesa. Lookman e De Ketelaere coppia d’attacco, supportati da Pasalic.

LE FORMAZIONI UFFICIALI DI ATALANTA-MILAN

ATALANTA (3-4-2-1): Musso; Scalvini, De Roon, Djimsiti; Zappacosta, Koopmeiners, Ederson, Ruggeri; De Ketelaere, Pasalic; Lookman. All: Gasperini.

MILAN (4-3-3): Maignan, Calabria, Tomori, Theo, Florenzi; Reijnders, Musah, Loftus-Cheek; Chukwueze, Pulisic, Giroud. All: Pioli.

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Diez allo stadio

Prima Castori e D’Angelo, poi Quaranta: le parole dopo Ascoli-Spezia

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Lo Spezia espugna il Del Duca, battendo 2-1 l’Ascoli nel finale. Decide Hristov dopo le reti di Verde e Bellusci. In sala stampa sono intervenuti i due allenatori Fabrizio Castori e Luca D’Angelo e il difensore di casa Danilo Quaranta.

Ecco le loro parole.

LE PAROLE DI CASTORI

SULLA SCONFITTA – “La sconfitta è immeritata perchè la squadra ha giocato, ma abbiamo degli infortuni. La situazione è di emergenza. I ragazzi si sono impegnati, ma loro hanno vinto con gli episodi. La squadra cala quando mancano i tasselli fondamentali”.

COSA MANCA ALLA SQUADRA? – “Ci sono delle criticità, Abbiamo carenza in difesa. Bellusci non era al meglio ma lo abbiamo dovuto schierare. Quando vengono meno 4 o 5 giocatori, la squadra perde la caratura tecnica. Ci sono giocatori rosa che non hanno mai giocato”.

SULLA PARTITA E SUL MOMENTO – “La squadra non meritava la sconfitta. Sono state commesse delle ingenuità, ma sono i limiti di una squadra giovane. Dobbiamo rialzarci e non deprimerci. Ci dobbiamo impegnare e speriamo che passi il momentaccio. Tutte le squadre sono forti. Adesso è un brutto periodo per noi. Noi volevamo vincere, avevamo lavorato bene, ma c’è poco da dire alla squadra, ma ci sono state delle lacune che sono venute fuori”.

SU D’UFFIZI – “D’Uffizi ha spaccato la partita perchè ha tanta qualità. Poteva fare anche meglio, ma sono quei difetti di gioventù su cui può lavorare”.

SUGLI EPISODI – “Non so come ha fatto a dare quel rigore. Abbiamo perso perchè dovevamo avere un uomo in più sulla linea. Oggi c’è stata anche la sfortuna in certi episodi, come il rigore. L’avevamo recuperata e potevamo vincerla. L’arbitraggio lascia l’amaro in bocca”.

LE PAROLE DI D’ANGELO

SULLA VITTORIA – “Con il Parma non meritavamo di perdere. Oggi abbiamo ottenuto una vittoria importante e sono molto felice per i ragazzi”.

SU HRISTOV – “Ci fa piacere il suo gol. Ha lottato tanto negli ultimi mesi ed è una soddisfazione per noi”.

SULLA PARTITA – “Sappiamo del gioco aggressivo dell’Ascoli e dovevamo avere più intensità. Nel primo tempo abbiamo avuto delle buone occasioni. Poi abbiamo sofferto la fisicità dell’Ascoli, ma non a livello di gioco. Nel finale abbiamo preso campo anche perchè loro erano più stanchi”.

SUI SUBENTRATI – “I calciatori sono entrati bene, ma tutti hanno fatto un’ottima gara. L’Ascoli ha fatto delle buone partite e noi li abbiamo limitati. Siamo soddisfatti sia del gioco che del risultato”.

SULL’ASCOLI – “L’Ascoli di Castori l’ho guardato con più attenzione. Mendes è difficile da marcare perchè è un combattente vero e ha Rodriguez che gli gira intorno. Abbiamo faticato sulle palle verticali, ma non abbiamo rischiato molto. I nostri centrocampisti sono dediti al palleggio e si sono adattati”.

LE PAROLE DI QUARANTA

SULLA PARTITA – “Dispiace perchè abbiamo preso gol su una punizione laterale. La dinamica ancora non  mi è chiara, ma siamo scappati dietro. C’è rabbia perchè la prestazione c’è stata e la squadra ha dato tutto. Il risultato non è stato dalla nostra, fa molto male”.

COME BISOGNA REAGIRE? – “C’è da lavorare come sempre, questa è la strada e bisogna andare avanti”.

COME TI STAI TROVANDO CON IL NUOVO MODULO? – “Personalmente mi sto trovando bene. L’importante è la squadra che sa giocare in tutti i moduli. La strada è quella giusta”.

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Flash News

Cori contro De Laurentiis durante Bari-Sudtirol: l’accaduto

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Cori De Laurentiis Bari

Il Bari riesce a rialzarsi in casa contro il Sudtirol dopo due sconfitte consecutive in Serie B. Tre punti fondamentali per la squadra di Pasquale Marino, che avvicina nuovamente la zona playoff, ora distante solo tre punti. Le reti di Sibilli e Di Cesare, che hanno portato alla vittoria, non sono bastate per placare gli animi dei tifosi, infuriati contro il presidente Luigi De Laurentiis, figlio di Aurelio. Nonostante, il risultato favorevole, i tifosi pugliesi hanno cantato per alcuni minuti: “Quando te ne vai?”, in segno di estrema protesta contro la gestione presidenziale. Seguiranno certamente avvenimenti, a dimostrazione che le vittorie in campo non bastano più per saziare i tifosi.

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