Poteva essere la stagione della consacrazione, del salto di qualità, e invece l’annata del Torino si sta rivelando finora deludente. Non fallimentare certo, ma nemmeno convincente. Una piatta mediocrità dovuta più che altro al rendimento altalenante di chi questa squadra doveva trascinarla tra le grandi. Si parla infatti del reparto più ambizioso del Torino, l’attacco, i cui interpreti stanno tradendo le aspettative e a questo punto sono insidiati da nuovi protagonisti emergenti.

IL GALLO CHE NON CANTA
La delusione più grande è ad oggi probabilmente Andrea Belotti. Nulla da dire per quanto riguarda le prestazioni, sempre all’altezza, ma sta mancando quella che è la caratteristica principale del gallo: il feeling col gol. Belotti quest’anno l’ha vista davvero poco la porta, solo 4 i gol in campionato in 14 partite, di cui 3 nelle prime 5 di campionato. Il digiuno del gallo ha influito non poco sul rendimento della squadra, che solo in due occasione senza i gol del suo numero 9 ha segnato più di una rete.
Sicuramente Belotti non rischia il posto, vista la sua caratura e la mancanza di alternative. Il bomber però deve ritrovarsi, deve tornare decisivo sotto porta. Sicuramente hanno influito l’infortunio rimediato ad ottobre e la scarsa forma dei suoi compagni d’attacco, ma da uno come lui ci si aspetta sicuramente di più. Se il Torino vuole lasciare la sua impronta sul campionato, il gallo deve tornare a cantare.

COMPAGNI INAFFIDABILI
Il rendimento del gallo è stato profondamente danneggiato dalle prestazioni di due suoi compagni di reparto: Adem Ljajic e M’baye Niang. Partito bene, il serbo si è presto affievolito, arrivando addirittura a perdere il posto nelle ultime due partite. Ora l’infortunio lo ha messo fuori gioco fino al nuovo anno. Il problema di Ljajic, oltre al carattere, è la difficile collocazione tattica: troppo solo sulla fascia, poco incisivo al centro. Nel 4-2-3-1 sembrava poter incidere da trequartista, ma troppo spesso non riusciva a tenere incollati il centrocampo e Belotti, finendo per risultare troppo evanescente. A sinistra nel 4-3-3 sono tornati i soliti problemi: non ha il passo da ala, fatica nella fase difensiva e non riesce ad incidere partendo largo. A Miha il serbo piace ma si sta rivelando davvero poco funzionale.
Un altro pupillo che il tecnico serbo ha provato a rilanciare è Niang. I problemi del senegalese sono analoghi a quelli del serbo: carattere scostante e difficile collocazione tattica. L’ex Milan era da recuperare principalmente a livello emotivo, cosa che il tecnico serbo ha provato a fare dandogli subito una maglia da titolare. Ma Niang ha deluso, mostrando poca abnegazione e scarsa concentrazione. Tatticamente poi nel 4-2-3-1 l’attaccante ha faticato moltissimo da ala, non riuscendo a trovare il giusto equilibrio tra fase difensiva e offensiva. Col passaggio al 4-3-3 ha perso definitivamente il posto.

I due hanno sicuramente mostrato evidenti limiti personali, ma hanno anche subito un piano tattico a loro davvero poco congeniale. Il 4-2-3-1 costringe le ali ad un faticoso lavoro difensivo, cosa che nè Ljajic nè Niang hanno nelle corde. Infoltendo il centrocampo, un posto in attacco va via e i due sono entrati in competizione. Il 4-3-3 sembrerebbe più congeniale ad entrambi, ma nessuno dei due è riuscito a trovare la sua dimensione col nuovo modulo. Se un discorso tattico può fungere da scusante col primo modulo, il passaggio al 4-3-3 ha evidenziato gli evidenti limiti caratteriali dei due giocatori, incapaci di trascinarsi la squadra sulle spalle.
NUOVI PROTAGONISTI
L’inefficacia del reparto offensivo e le deludenti prestazioni soprattutto di Ljajic e Niang hanno costretto Mihajlovic a mischiare le carte. Le alternative ci sono e il serbo ha deciso di usarle. Ecco dunque che, dalla vittoria all’Olimpico con la Lazio, hanno iniziato a ritagliarsi un ruolo importante due giocatori che fino ad allora erano stati mere comparse: Alex Berenguer e Simone Edera. Un gol per lo spagnolo, due per il talentino granata. Reti e prestazione che intendono sovvertire le gerarchie nel Torino.

Tolto all’ultimo respiro al Napoli, l’esterno ex Osasuna è stato fino a qualche giorno fa un vero e proprio oggetto misterioso. Scalzato immediatamente da Niang, ha visto ridurre drasticamente il suo minutaggio, fino a diventare un semplice rimpiazzo col 4-3-3. Lo spagnolo ha però saputo pazientare e approfittare della prima occasione buona a disposizione. Con la Lazio viene lanciato da titolare e non tradisce, segnando e convincendo. Berenguer può ritagliarsi uno spazio importante, anche perché tra gli esterni a disposizione di Mihajlovic è quello con maggiori attitudini difensive. Lo spagnolo garantisce infatti il giusto mix tra copertura e attacco, un po’ come Iago dall’altra parte, diventando così molto importante anche in fase di transizione e non solo di costruzione. Inoltre ha messo in mostra uno spunto non male, che lo rende pericoloso anche negli ultimi metri. Infine è tatticamente molto più disciplinato di Ljajic e Niang e soprattutto più costante nell’arco dei 90 minuti. Quando serve concretezza, Berenguer è una garanzia.
L’altro ragazzo che sta scalando gerarchie nella squadra di Mihajlovic è Simone Edera. Prodotto della primavera granata, il giovane si è messo in mostra soprattutto in primavera, avendo trovato poco spazio nelle esperienze in prestito con Venezia e Parma. Colpito dalle sue qualità, Miha ha deciso di tenerlo in squadra per farlo crescere coi grandi. Edera anche si è fatto trovare pronto quando chiamato in causa, dapprima convincendo nei pochi minuti a disposizione e poi incidendo sempre di più, fino al gol con la Lazio per lui storico. Il suo piede mancino forse un po’ lo penalizza nella corsa ad una maglia da titolare, perché lo mette in competizione con l’unico giocatore ad oggi convincente nel reparto offensivo granata: Iago Falque. Dotato di grande rapidità, il giovane può essere un’arma preziosa anche a gara in corso, magari quando lo spagnolo ex Roma avrà bisogno di rifiatare. Un ruolo da preziosa alternativa è comunque un grande risultato per un ragazzo alla prima esperienza in A e che partiva come terza riserva in attacco.

PUNTO FERMO
In questo mosaico complesso e sfuggevole, l’unico punto fermo è proprio Iago Falque. Esterno preziosissimo, lo spagnolo è una garanzia per rendimento e abnegazione. Alterna perfettamente disciplina tattica ed estro, risultando praticamente irrinunciabile. Inoltre vede davvero bene la porta: sono già 7 le reti stagionali. Col suo sinistro è in grado di trovare sia la soluzione personale che l’ultimo passaggio per i suoi compagni, la sua rapidità lo rende imprevedibile in zona gol, la sua freschezza lo rende sempre disposto al sacrifico difensivo. Un jolly completo e insostituibile per Mihajlovic.
Al contrario, chi è sparito dai radar e Lucas Boye. L’argentino rappresenta il polo opposto rispetto a Iago Falque, il punto fermo ma in negativo. Non riesce a trovare una sua collocazione tattica, fatica da esterno e non convince da punta. Non incide quando chiamato in causa, risultando spesso fumoso e assente dalla manovra. Le caratteristiche individuali sono molto interessanti, lo spunto c’è, così come la giocata, ma vive davvero troppo di folate. Ora, con Berenguer ed Edera rischia davvero di finire ai margini della squadra e di vedere pochissimo il campo.

Le gerarchie stanno cambiando in casa Torino. Tutti sono chiamati a dare il massimo, perché ora più che mai tutti possono giocarsi le proprie possibilità. Le prossime partite diranno di più su chi sarà protagonista nell’attacco granata e chi dovrà accontentarsi di un ruolo da comprimario. Può essere felice Mihajlovic, che ha davvero a disposizione una varietà di alternative che ogni tecnico vorrebbe.