In questi giorni a Tokyo si stanno disputando i giochi olimpici. Tra tutte le discipline presenti ovviamente non può mancare il Calcio. Le Olimpiadi del pallone però non ha mai goduto di grande successo e consensi da parte del pubblico e non solo. Molti calciatori infatti spesso tendono a snobbare la chiamata della propria nazionale per la rassegna a cinque cerchi, dando priorità agli impegni con i propri club. Tutto il contrario di quello che si vede per europei o mondiali. A questo punto la domanda che sorge spontanea è: “Perchè il torneo olimpico di Calcio non ha appeal?”. Per rispondere a questo quesito sarà necessario effettuare un lungo viaggio nel tempo.
1908-1948: L’ERA DELLE NAZIONALI MAGGIORI
Dopo due edizioni con squadre di club, a Londra 1908 abbiamo il primo torneo a cui presero parte le nazionali. Le squadre però erano formate da soli giocatori dilettanti, nel segno dello “spirito olimpico”, anche se i successi venivano accostati alle selezioni maggiori dei vari paesi. Il torneo del 1908 vide l’affermazione dei padroni di casa del Regno Unito, che bissarono il successo 4 anni dopo a Stoccolma. I tornei del 1920, 1924, 1928 vennero invece considerati dei mondiali “dilettanti” e videro il successo del Belgio e due ori consecutivi dell’Uruguay. La “Celeste” infatti per celebrare le due vittorie olimpiche inserì nelle loro maglie due stelle da affiancare alle altre due per i mondiali del 1950 e 1930. Ad Amsterdam 1928 inoltre arrivò la prima medaglia azzurra, con la conquista del bronzo. A Los Angeles 1932 il Calcio non fu poi presente ai giochi per via di uno scontro tra CIO e FIFA, con quest’ultima che chiedeva invano un’apertura ai professionisti, negata però dal comitato olimpico. Questa diatriba portò alla creazione del mondiali di calcio FIFA, aperto anche ai professionisti. Alle olimpiadi invece questa disciplina tornerà a Berlino nel ’36 (sempre con i dilettanti) e in terra tedesca arrivò l’unico oro azzurro del Calcio. L’ultima edizione con le nazionali maggiori fu nella prima olimpiade del dopoguerra, a Londra ’48, e vide la vittoria della Svezia.
L’Italia campione olimpica nel 1936 (Pic by: oasport.it)
1952-1980: DILETTANTISMO E DOMINO DELL’EST EUROPA
Nel secondo dopoguerra i mondiali di calcio conobbero la loro definitiva affermazione e godettero per la prima volta del consenso della gran parte dei tifosi. Questo fenomeno portò ad un notevole calo di interesse verso il torneo a cinque cerchi, che rimaneva chiuso al dilettantismo. Nelle 8 edizioni dal 1952 al 1980 si assisterà ad un vero e proprio dominio delle nazionali dell’Est Europa, che conquisteranno tutti e 8 gli ori (3 Ungheria e 1 a testa Urss, Jugoslavia, Polonia, Germania Est e Cecoslovacchia). Saranno 21 su 25 disponibili le medaglie provenienti dall’Europa orientale.
I motivi di questa egemonia sono abbastanza semplici. Negli stati filo-sovietici gli atleti venivano considerati tutti dei “dilettanti” in quanto ufficialmente dipendenti statali. Questo portò ad uno squilibrio tra le altre squadre e quelle dell’est Europa, che “de facto” presentavano delle rose professionistiche.
La nazionale olimpica ungherese tre volte medaglia d’oro (Pic by: Storie di calcio)
DAL 1984: ENTRATA DEL PROFESSIONISMO E UNDER-23
Per spezzare il dominio del blocco est europeo il CIO decise nuovamente di cambiare le regole; nell’edizione del 1984 infatti venne permesso alle nazionali europee e sudamericane di portare giocatori professionisti che però non avevano mai giocato gare di qualificazione o fase finali dei mondiali di Calcio. Anche con questo format cambiò molto poco perchè se è pur vero che la Francia a Los Angeles 1984 spezzò il dominio dell’Est Europa, 4 anni dopo a Seul fu proprio l’Urss a trionfare nuovamente.
Dal 1992 si decise per un ulteriore modifica delle rose del torneo, tra l’altro in vigore ancora oggi. Le nazionali possono convocare giocatori professionisti ma Under-23, con la possibilità di aggiungere fino ad un massimo di tre “fuori quota”. Questo sistema ha reso il torneo olimpico a tutti gli effetti un “Mondiale Under-23” e inoltre anche le nazionali al vertice sono cambiate. A Barcellona ’92 trionfarono i padroni di casa della Spagna, ma ci fu anche la prima medaglia africana col bronzo del Ghana. Il “continente nero” ha giovato di questo format, aggiudicandosi anche le due edizioni successive con la Nigeria nel ’96 e il Camerun nel 2000. Sempre la Nigeria vincerà l’argento nel 2008 e il bronzo nel 2016. Anche il Sudamerica ne ha tratto beneficio grazie ai trionfi di Argentina nel 2004 e 2008 e Brasile nel 2016, con nove medaglie totali nelle ultime 6 edizioni.
Nell’era under-23 è arrivata anche la terza medaglia olimpica dell’Italia, grazie al bronzo di Atene 2004.
Il Brasile campione olimpico nel 2016 (Pic by: corriere.it)
QUALE FUTURO PER IL CALCIO OLIMPICO?
Nonostante il torneo olimpico da quasi 30 anni sia una vetrina per i giovani talenti, anche questo regolamento sembra aver fatto il suo tempo. Nel 2016 il presidente Infantino ha definito questa formula “Nè carne nè pesce”, alludendo alla presenza dei fuori quota in una squadra di giovani. A 5 anni di distanza non si è più fatto nulla nè tantomeno si è capito se Infantino volesse eliminare i fuori quota oppure re-introdurre le prime squadre, già presenti nel torneo femminile, che fece il suo esordio ad Atlanta ’96. Un eventuale ritorno delle nazionali maggiori però comporterebbe alcuni fattori non graditi a federazioni e CIO. In primis sicuramente si dovrà andare incontro ad una modifica dei calendari delle nazionali; inoltre la presenza delle nazionali maggiori darebbe enorme visibilità al Calcio rispetto agli altri sport, cosa che il comitato olimpico internazionale difficilmente accetterebbe. Quale futuro dunque per il Calcio ai giochi? Solo il tempo lo dirà.