Dopo il fallimento dello scorso Mondiale in Russia, dalla Germania ci si aspettava sicuramente qualcosa di più. Molto di più. E invece, anche in Qatar l’avventura della Mannschaft termina ai gironi, in un raggruppamento in cui la squadra di Hansi Flick era data già per qualificata. La sorpresa Giappone, però, ha stravolto le carte in tavola, battendo i tedeschi proprio alla gara d’esordio grazie alle reti di Doan e Asano.
Nella seconda, già decisiva, gara contro la Spagna, si sono rivisti sprazzi della Germania che tutti conosciamo, ma i limiti offensivi della squadra appaiono fin troppo evidenti. Per pareggiare l’iniziale vantaggio di Morata, subentrato al 53′, ci deve pensare un altro subentrato, Fullkrug, che con una diagonale potente supera Unai Simon e lascia ardere, momentaneamente, la flebile fiamma della speranza. All’ultima giornata poi i tedeschi fanno il loro dovere, rimontando la Costa Rica e “riversando” le responsabilità sulla Spagna, che, sconfitta dal Giappone, si qualifica come seconda proprio davanti ai rivali europei.
La Germania lascia così il Qatar stracolma di rabbia e delusione, con Flick che dovrà rispondere alle solite critiche e anche a qualche accusa, secondo cui l’ex tecnico del Bayern avrebbe fatto le sue convocazioni con un occhio di riguardo verso i giocatori del club bavarese.
LE PREMESSE
I tedeschi arrivavano in Qatar con grandi aspettative, visti gli ultimi (deludenti) risultati tra Russia 2018, Nations League ed Europeo.
Rispetto al recente passato, infatti, la rosa tedesca poteva contare su alcuni innesti di grande livello, come Jamal Musiala e David Raum, giovani in rampa di lancio esplosi solo negli ultimi mesi. Ad essi si aggiungevano i cosiddetti senatori, fondamentali nel gruppo teutonico. Uno su tutti, il capitano Manuel Neuer, affiancato da Kimmich, Muller e Gundogan.
Visto l’infortunio di Timo Werner, la selezione suscitava fin da subito qualche incognita dal punto di vista offensivo, ma la vasta gamma di alternative sulla trequarti sembrava poter compensare. Poche squadre potevano infatti permettersi di schierare un tridente come quello composto da Gnabry, Musiala e Sané. Velocità, qualità e imprevedibilità, tutte riassunte in tre calciatori.
Eppure, da qualche tempo ormai, intorno all’ambiente Germania aleggia un clima tutt’altro che disteso: dall’insofferenza di Ter Stegen per il suo scarso impiego alle recenti polemiche sulle scelte del CT Flick, accusato di “privilegiare” giocatori del Bayern Monaco a scapito di altri potenzialmente più meritevoli. Se ad esse aggiungiamo anche le pressioni dovute all’obbligo di riscatto dopo gli anni bui, era ovvio che il castello di carte tedesco potesse crollare (di nuovo) da un momento all’altro.
POCHE LUCI E MOLTE OMBRE
E infatti, la Germania non ha solo dimostrato evidenti problemi tecnici, ma anche criticità dal punto di vista psicologico. La grande mentalità tedesca, quella della storica Turniermannschaft (squadra da torneo), in questo momento appare quanto mai persa.
Tuttavia, nonostante l’affondamento generale della nave, qualche scialuppa è comunque riuscita a salvarsi. Uno su tutti, Jamal Musiala. Il classe 2oo3 ha dimostrato di essere pronto per guidare la Nazionale tedesca a suon di dribbling e movimenti tra le linee. Nonostante chiuda a quota zero reti, sfiora il gol in più di qualche circostanza e, in ogni caso, è anche il giocatore più pericoloso dell’intera squadra. Altra nota di merito, ovviamente, per Niclas Fullkrug, forse l’unico dell’attacco teutonico a meritare un encomio. Flick gli concede poco spazio, mettendolo in campo solo al 79′ contro il Giappone e al 70′ contro la Spagna, mentre con la Costa Rica entra in campo già al minuto 55. Eppure, con poco tempo a disposizione e all’esordio con la Mannschaft, riesce a mettere a segno due reti, di cui una, fondamentale, per il pareggio contro la Roja.
Oltre a loro, rimangono poche note positive della squadra tedesca. Tutto sommato si possono definire promossi l’esordiente Raum, il senatore del centrocampo Kimmich e Kai Havertz. Il terzino sinistro, convocato al posto dell’interista Gosens, è riuscito a colmare il vuoto sulla corsia difensiva mancina. Il secondo, nonostante il fallimento della Germania in toto, ha svolto a dovere il suo compito a centrocampo, sdoppiandosi tra fase di costruzione e di filtro. Nell’ultima gara del girone viene sacrificato a terzino destro vista la penuria di alternative, su cui, però, torneremo tra poco. Per quanto riguarda il giocatore del Chelsea, invece, il discorso è leggermente più complicato. Opache prestazioni da titolare contro Giappone e Spagna, ma quando, alla terza giornata, Flick lo butta in campo al 66′ per sbloccare il momentaneo 1-1, l’ex Leverkusen segna una doppietta e dà momentanee speranze alla sua nazione.
Per il resto, la Germania delude e non poco. In particolare, vanno attribuite grandi colpe al reparto difensivo, che concede troppe occasioni e troppe reti agli avversari, spesso anche facilmente evitabili. Dalla passività di Schlotterbeck sulla rete di Asano alla scarsa marcatura di Sule in occasione del gol di Morata, passando per i due orrori di Manuel Neuer contro la Costa Rica. Un Rudiger che non trasmette sicurezza al reparto e un enorme allarme rosso sulla fascia destra. Sule, Kehrer, Kimmich e Klostermann: quattro terzini destri in tre partite, sintomo di un’autentica confusione e della mancanza di un laterale affidabile. Ma non solo.
Evidente anche l’assenza di una punta di peso, in grado di capitalizzare al meglio le occasioni create (3.3 vs 1.4 gli Expected Goals). Thomas Muller in quel ruolo non riesce a performare a dovere, mentre Kai Havertz ci è riuscito, come detto, a sprazzi. Qui, però, finiscono gli alibi di Hansi Flick, che avrebbe a disposizione due soluzioni. La prima si chiama Niklas Fullkrug, relegato solamente a mossa della disperazione, che invece sembra possedere l’istinto del numero 9. La seconda, più “rischiosa” e futuribile, risponde al nome di Youssufa Moukoko, 18enne ma già protagonista con il Borussia Dortmund.
Di conseguenza, il voto della Germania non può quindi essere superiore al 4,5: un altro fallimento che verrà ricordato a lungo e che pone sempre più incognite sull’attuale progetto della Mannschaft. Solo 8 anni fa il il trofeo iridato si tingeva per la quarta volta di giallo, rosso e nero; ad oggi, invece, sembra che quei colori si stiano piano piano sbiadendo.