PAGELLE MONDIALI – ARABIA SAUDITA 6 – Non sarà riuscita nell’impresa di qualificarsi agli ottavi (traguardo che manca da USA 1994), ma quando in futuro si ripenserà ai Mondiali in Qatar difficilmente ci si dimenticherà della favola dell’Arabia Saudita. La squadra di Hervè Renard ha infatti ottenuto una delle più epiche e inaspettate vittorie della storia della Coppa del Mondo (nella partita contro l’Argentina poi laureatasi campione del mondo) e anche contro la Polonia ha onorato al meglio la rassegna iridata, prima di capitolare contro il Messico.
La partita contro l’Argentina ha spiegato al meglio le caratteristiche tattiche e le proprietà tecniche della squadra araba: la nazionale di Renard nel primo tempo ha infatti sorpreso per la capacità quasi sfacciata di saper affrontare la corazzata sudamericana con una vetusta quanto obsoleta trappola del fuorigioco (con cui ha impigliato in dieci occasioni gli attaccanti dell’Albiceleste) e all’inizio del secondo tempo ha sorpreso per l’abilità di giocare nello stretto e di trovare il gol con due grandissime giocate di Al-Shehri e Al-Dossari, per poi difendersi in modo ordinato e senza soffrire eccessivamente contro la squadra poi campione del mondo. Renard con l’Argentina ha infatti saputo organizzare la squadra con un 4-1-4-1 che ha permesso ai propri giocatori di chiudere le linee di passaggio agli avversari, in particolare Paredes ed Enzo Fernandez, e che in ripartenza ha fatto sì che si potesse scatenare la qualità dei suoi fantasisti, su tutti Albrikan e Al-Dawsari.
Ancora più interessante è stato il modo di approcciare la partita contro la Polonia: sfruttando la remissività della squadra di Michniewicz, l’Arabia Saudita ha saputo rendersi pericolosa in più occasioni con un’ottima proprietà di palleggio e collezionando numerose occasioni da gol (fra cui il rigore parato da Szczesny ad Al-Dossari) e ha perso sostanzialmente per il minor cinismo (a differenza della partita con l’Argentina, in cui ha trovato il gol negli unici due tiri in porta) rispetto ai polacchi che, una volta trovato il gol del vantaggio con Zielinski, hanno saputo difendersi con ordine dagli assedi offensivi degli arabi apparsi spesso inconcludenti, nonostante la grande mole di gioco creata. Senza dubbio questo ha rappresentato il loro più grande limite: spesso, trainata dalla capacità dei propri centrocampisti di recuperare palloni (in particolare Al-Malki) e di giocare con qualità nello stretto (su tutti Kanno, la vera sorpresa della nazionale araba, e Al-Najei), la squadra allenata da Renard è riuscita ad entrare in area di rigore, ma non è mai riuscita a trovare il gol che con la Polonia avrebbe indubbiamente meritato.
Questo ha probabilmente rappresentato il motivo per cui l’allenatore francese ha voluto presentare un 4-3-3 con un mediano in meno e tre punte, Al-Dawsari, Al-Shehri e Al-Buraikan, contro il Messico, scelta però rivelatasi inconcludente: dopo un buon primo tempo in cui la squadra araba si è resa pericolosa e ha saputo controllare la nazionale del Tata Martino, nel secondo tempo l’assenza di densità in mezzo al campo si è fatta sentire e l’Arabia Saudita è stata dominata dal Messico, che ha trovato due gol all’inizio del secondo tempo ed è andato in numerose occasioni vicino al terzo. Il fatto di giocare tre partite in una settimana per una squadra certamente non abituata ha influito sulla brutta prestazione nell’ultima partita, ma ha lasciato interdetti vedere la stessa squadra che aveva sorpreso il mondo per la sua grinta contro l’Argentina così inaspettatamente remissiva e incapace di lottare sui contrasti e sulle seconde palle.
L’impressione è che sia mancato poco per qualificarsi e che il miglioramento rispetto ai mondiali precedenti sia tangibile, motivo per cui l’Arabia Saudita merita comunque la sufficienza, ma è altrettanto evidente che la grande organizzazione mostrata con l’Argentina ha lasciato spazio a un implicito appagamento nelle altre due partite del girone, in cui gli arabi non sono riusciti a finalizzare la grande mole di gioco creata e sono calati anche fisicamente.