Pur non essendo riconosciuto da nessun altro organo federale né dalle Nazioni Unite, l’Australia adotta un vessillo formato da due bande orizzontali di colore giallo e verde, colori che rappresentano rispettivamente il sole e la terra, a tratti ancora vergine, del nuovissimo continente. Sono infatti questi i colori impressi sulla pelle dei Socceroos, che in Qatar hanno rappresentato per la quinta volta di fila il continente oceanico ai Mondiali.
Dal 2006 in poi, l’Australia non ha mai fallito l’obiettivo qualificazione. Il miglior risultato fu all’esordio, in Germania. Nessun italiano può dimenticare quel tardo pomeriggio di Kaiserslautern, l’espulsione di Materazzi e il rigore trasformato da Totti all’ultimo. L’ultima vittoria nei gironi risale a Sudafrica 2010 (2-1 con la Serbia), ma solo nella prima edizione i verdeoro hanno superato la fase eliminatoria.
Ma questa volta qualcosa è cambiato, l’Australia è arrivata agli ottavi superando un girone ” di ferro ”, dimostrando che, alla fine, tra i grandi ci sa stare. Arrivare secondi davanti a Tunisia e Danimarca è un qualcosa di straordinario, un motivo di immenso orgoglio. Vedere un popolo così lontano e spaiato riunirsi nei centro città per restare uniti e crederci è stato davvero da film.
IL PERCORSO
La qualificazione a Qatar 2022, è stata tutt’altro che semplice: sconfitta dal Giappone nel girone, l’Australia è dovuta volare già negli Emirati per lo spareggio decisivo col Perù, proveniente dal girone sudamericano. Partita terminata 0-0 al 120′ e decisa poi ai calci di rigore: ecco l’eroe che nessuno si aspetta, Andrew Redmayne. Il portiere australiano con una carriera altalenante trascorsa tra Brisbane, Melbourne e Sydney, para il rigore decisivo a Valera. Erano passati 1449 giorni da quando il Perù aveva eliminato i Socceroos ai gironi di Russia 2018. Si sa, la vendetta è un piatto che va servito freddo, gelido.
Sorteggiati nel girone con Tunisia, Francia e Danimarca, i favori del pronostico erano orientati per le ” due più forti ” (le due europee), ma gli australiani non si sono fatti intimorire. Sono stati capaci di mettere a segno due vittorie con Tunisia e Danimarca e di meritarsi il passaggio del turno. Il gol decisivo per l’approdo agli ottavi è stato di Leckie, attaccante del Melbourne City, diventato così l’eroe nazionale. Purtroppo, agli ottavi i Socceroos si sono ritrovati l’Argentina di Leo Messi (poi vincitrice del titolo) e seppur nettamente più forte, ci hanno provato tanto da perdere con un solo gol di scarto, rischiando addirittura il 2-2 nel finale. Finisce così l’avventura degli uomini della terra dei canguri, stabilendo un nuovo record: si classificheranno 11esimi nella classifica finale.
LA ROSA
Definire la spedizione australiana in Qatar carente di figure di spicco non è per nulla sbagliato. L’allenatore australiano Arnold ha puntato sul punto più forte: la compattezza del reparto difensivo. A protezione della porta c’era Matthew Ryan, capitano e figura di spicco. Il pacchetto dei centrali difensivi non comprendeva grandi leader, e i nomi non sono di certo conosciuti: Bailey Colin Wright, Harry James Souttar, Milos Degenek, Thomas Deng. Vista l’idea di voler preferire un unico riferimento offensivo, il centrocampo è stato molto ricco: Aaron Mooy, mediano del Celtic; Ryan Mcree; il capitano del St Pauli Jackson Irvine; Cammy Devlin; il veronese Ajdin Hrustic; Keanu Baccus, sudafricano d’origine; l’ala del Melbourne City Matthew Leckie. Sulle ali troviamo Awer Bul Mabil del Midtjylland; Goodwin dell’Adelaide United; Martin Boyle, ala dell’Hibernian. Purtroppo resta l’amare in bocca per Cristian Volpato della Roma; infatti neanche le insistenti chiamate di mister Arnold hanno convinto l’italo-australiano a preferire la maglia verdeoro a quella azzurra. Tutti a sostegno dell’unica punta: Mitchell Duke, bomber di razza dei campionati asiatici. La prima alternativa è stata Jamie McLaren, goleador del Melbourne City. Infine Koul e Cummings, che hanno completato la rosa.
NON SMETTERE MAI DI SOGNARE
Era il 2006, l’Italia batteva l’Australia all’ultimo secondo, dall’altra parte del mondo un ragazzino di 15 anni, Leckie, si disperava per la sconfitta della sua Nazionale. Da quella partita sono passati ben 16 anni e quel ragazzino adesso è riuscito a portare la sua Australia agli ottavi di finale, compiendo un miracolo pazzesco. Che poi, Matthew nemmeno voleva giocarci a calcio. Nato e cresciuto a Melbourne, la sua famiglia gli trasmette la passione per il football australiano. Il suo sogno è fare il pilota di aerei. Ma il cambio di scuola a 11 anni stravolge la sua visione. Saranno proprio i suoi nuovi amici a convincerlo a giocare a calcio. Fino ai 18 anni gioca nelle squadrette di province prima di arrivare nella massima serie australiana con l’Adelaide.
Ci mette poco a diventare uno dei giovani fenomeni del campionato australiano, fino a spingersi in club come Borussia Monchengladbach o Herta Berlino. Fa la prima stagione tra seconda e prima squadra insieme a Ter Stegen con Favre in panchina. In Germania si trova a suo agio. Tornato a casa, quel bambino doveva realizzare il suo sogno: portare la sua Nazione tra le prime 16 al mondo. Detto, fatto. Mai smettere di sognare.
Fonte immagine in evidenza: profilo IG Leckie