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Pagellone girone d’andata – Salernitana 6: bene ma non benissimo

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2 mesi fa:

Alti e bassi in questa stagione per i campani, viste le aspettative. Perché è vero che messa a confronto con lo scorso anno, la Salernitana ha ottenuto sette punti in più fino a qui, ma è normale come non sia opportuno fare questo paragone. Dodici mesi fa era ancora una squadra di nessuno, che non aveva cambiato la proprietà, detenuta in quote da chi già aveva la Lazio e con una rosa che era la medesima della cadetteria, costretta per questo a non fare mercato.
Da gennaio in poi la squadra è stata affidata a Davide Nicola e ricostruita da Walter Sabatini, con i granata capaci di ottenere venti punti in diciannove partite nel girone di ritorno e salvarsi in extremis a discapito di Cagliari e Genoa. Da lì, però, si doveva ripartire e, forse, così non è stato: le discussioni che hanno portato all’allontanamento prematuro del Direttore Sportivo, sostituito poi da Morgan De Sanctis, hanno indebolito la mentalità di un ambiente compatto.
SORPRESA MANCATA
Il mercato fatto in estate portava la squadra di Nicola a doversi presentare come la grande sorpresa: in difesa sono arrivati Lovato, Mazzocchi, Pirola, Bronn, Bradaric e Daniliuc; in mezzo al campo Maggiore, Coulibaly, Bohinen, Vilhena, Kastanos e Candreva, mentre davanti Botheim, Boulaye Dia, Piatek, Mikael, Diego Valencia e Bonazzoli.
Nonostante ciò, la Salernitana si trova appena sopra la zona retrocessione, con un solo +6 sul Verona terz’ultimo, ben lontano da quel decimo posto che doveva essere il nuovo obiettivo minimo.
Come se non bastasse, prima della fine del girone d’andata, abbiamo assistito anche alla bagarre da parkour di Iervolino, che caccia Nicola e lo richiama due giorni dopo per non aver trovato alternative valide. Alla fine il risultato è una sufficienza striminzita, ma probabilmente nulla più.
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Se ai playoff possiamo dire che la sorte è stata tutto fuorché benevola con la Fiorentina, accoppiata al Braga, che, però, la squadra di Vincenzo Italiano ha sconfitto in entrambe le gare, stavolta, invece, il sorteggio ha sorriso ai viola: l’avversario da superare per l’accesso ai quarti di finale di Conference League sarà il Sivasspor.
Partendo dal presupposto che nessun avversario può esser sottovalutato in Europa, se la compagine gigliata approccerà bene psicologicamente entrambe le partite, non dovrebbe essere un grosso problema procedere nel cammino.
Attenzione, però, a trasferta e tradizione! Se è vero che l’ago della bilancia del livello pende verso la squadra italiana, è anche vero che quest’anno la compagine toscana ha incamerato brutti ricordi in terra turca, passando il raggruppamento, ma alle spalle dell’Istanbul Basaksehir.
Il Sivasspor è una squadra con grande esperienza alle spalle: l’età media è di trentuno anni, una delle più alte in Europa; mister Riza Calimbay, che ha fatto all-in sull’esperienza: questa scelta non sta affatto pagando in campionato. I turchi detengono il quattordicesimo posto in classifica: questi si trovano a ventidue punti di distanza dalla zona Conference League e a sole due lunghezze sulla zona retrocessione. Per confermare il piazzamento europeo servirebbe un miracolo. Tuttavia, anche se siamo distanti da Natale, sarebbe opportuno crederci: infatti, anche la scorsa annata dei turchi era stata tutto fuorché esaltante; i biancorossi si sono classificati al decimo posto, arrivando a -11 dall’ultimo piazzamento europeo valido. Eppure la loro grande forza la tirano fuori nelle coppe: nella stagione precedente, in Coppa di Lega, hanno messo in fila Ankaragucu, Bandirmaspor, Karagumruk, Alanyaspor e Kayserispor, alzando al cielo il trofeo per la prima volta nella loro storia. A distanza di un anno, la storia potrebbe ripetersi: eliminato l’Ekospor e il Karacabey, ai quarti di finale hanno ottenuto il passaggio del turno a tavolino per via del terremoto, che ha costretto il Gaziantep a ritirarsi da tutte le competizioni. In questo mondo, i biancorossi giocheranno di nuovo la semifinale di coppa, sebbene stavolta sia molto probabile che l’urna li accoppi con una fra Galatasaray, Istanbul Basaksehir, Trabzonspor e Fenerbache.
Anche in Europa si sono rivelati una piacevole sorpresa. Parliamo pur sempre di una compagine che ha disputato solo due match continentali in tutta la loro storia: il precedente è individuabile nella Champions League 2009-10: l’urna li ha accoppiati all’Anderlecht nel terzo turno preliminare, ma in Belgio finisce 5-0. Di fatto, finisce lì il sogno europeo dei turchi, i quali vincono inutilmente 3-1 al ritorno. In Conference, invece, potrebbe aver trovato la sua dimensione. Nel girone hanno pescato non proprio alla loro altezza, sortegiando Cluj, Slavia Praga e Ballkani. Ad eccezione di una sconfitta inspiegabile per 3-4 fra le mura amiche contro la squadra kosovara, hanno vinto due volte contro il Cluj e pareggiato in due occasioni contro la Slavia Praga, passando il proprio raggruppamento come primi.
Dopo essere stato bandiera del Besiktas da calciatore, Mister Calimbay è diventato allenatore: con questo mestiere è diventato un guru in Turchia.
Il sistema di gioco, utilizzato dai turchi, sarà il solito 4-3-3: in porta il titolare c’è l’esperto Vural; la linea a quattro prevede il greco Soutas e il gabonese Appindangoyé, che dovrebbe prendere il posto dell’infortunato Osmanpasa; l’esperto trentacinquenne, infatti, è alle prese con un infortunio al legamento collaterale mediale. A destra, Paluli ancora non ha la piena fiducia del mister. Per questo è probabile che a giocare sarà Okumus; dalla parte opposta, ci sarà una staffetta fra Ugur Ciftci e capitan Erdal. In mediana, non dovrebbe giocare Cofie, conosciuto in Italia, visto il suo trascorso con le maglie di Genoa, Carpi, Chievo, Sassuolo, Piacenza e Torino. A partire dal primo minuto dovrebbe, invece, esserci Ulvestad; il norvegese si adatterebbe in cabina di regia a sopperire la mancanza dell’infortunato Robin Yalcin. Il trentaquantenne Arslan e Charisis, centrale greco bravo ad adattarsi sia da mediano che come esterno sulla fascia destra. Davanti c’è tantissima qualità: la certezza è Gradel, trentacinquenne, che ha giocato in Premier con le maglie di Leicester, Bournemouth e Leeds e in Francia con Saint-Etienne e Tolosa. Quest’anno è partito benissimo, siglando tre gol e due assist nelle sei partite, disputate in Conference. In attacco il mister, però, potrà anche contare su calciatori come Ahmed Musa (ex Leicester e CSKA), Yesiliurt (visto in Germania con l’Arminia Bielefeld), N’Jie (bomber camerunese ex Lione, Marsiglia e Tottenham), Angielski (ex Under 21 polacco, acquistato in estate per 1.5 milioni) e Jordy Caicedo (preso per due milioni dal Tigres).
Sulla carta, il match non dovrebbe essere così proibitivo per la Fiorentina. Tuttavia sarà importante tenere in considerazione l’esperienza e non sottovalutare un impegno che è già di per se fondamentale.

Anche per la Juventus in Europa League, come per la Fiorentina in Conference League, la pescata nel sorteggio è stata piuttosto benevola: i bianconeri, usciti dal turno playoff, dovevano necessariamente evitare la capolista della Premier League Arsenal e le due spagnole che hanno già incrociato il cammino dell’altra italiana rimasta, la Roma, e quindi il Betis, che Mourinho ha affrontato nel raggruppamento, e la Real Sociedad, avversario dei capitolini nella serata degli ottavi. L’urna che accoppia Massimiliano Allegri al Friburgo è piuttosto benevola per le condizioni dettate, sebbene sottovalutare la squadra di Grifo sarebbe quasi come farsi un autogol disperato.
I tedeschi sono una squadra estremamente europea per i canoni richiesti da una competizione internazionale in questo momento storico: giocano a pallone senza remore, con il pressing alto, che viene utilizzato per vietare agli avversari di costruire con tranquillità, rompendo le linee e ritagliandosi occasioni dalle seconde palle vacanti che vengono arpionate dai rossoneri di Friburgo: lo stile di gioco, in sostanza, è l’esatto opposto di quello proposto dal Nantes, già affrontato dalla Juve ai sedicesimi. I francesi rinunciavano alla pressione alta e ad un giro palla verticale, puntando maggiormente sulla compattezza difensiva, sulle diagonali atte a non perdersi l’uomo e su un contropiede veloce e fulmineo. Lo stesso Nantes, però, è passato dai playoff proprio per esser arrivato secondo nel girone dietro al Friburgo, con il quale ha perso entrambe le volta (2-0 all’andata, 0-4 al ritorno): questo importante campanello d’allarme per la Juventus.
Probabilmente i tedeschi continueranno a spingere sul 4-2-3-1 che fino a questo momento gli sta facendo vivere una delle stagioni più positive degli ultimi anni, grazie alla continua fiducia rinnovata a mister Streich e ad un assetto collaudato. L’allenatore ha sposato a vita la causa rossonera, iniziando lì la propria carriera da calciatore, nel 1983. Rimarrà al Grifone fino all’85, salvo poi tornarci altre due volte, nella stagione 1987-88 e infine dal 91 al 95, appendendo gli scarpini al chiodo a casa sua. Una volta ritirato, ha lavorato per il Friburgo undici anni di fila, allenando le giovanili, passando poi a fare l’assistente per altri cinque anni. Dal 2011 si è insediato in pianta stabile al comando, come mister in prima e questo è l’undicesimo anno consecutivo che viene confermato.
Con lui in panchina, i tedeschi sono retrocessi solo una volta, risalendo immediatamente, ma soprattutto sono tornati a giocare quelle notti europee che mancavano da quando la Roma non alzava al cielo il tricolore.
Con tutta probabilità il portiere del 4-2-3-1 che affronterà la Juventus sarà Flekken. Linea a quattro con Gunter, Lienhart, Ginter e Kubler. Per fare diga davanti la difesa, la scelta ricade sul doppio mediano, con Eggestein ad accompagnare Hofler. La punta, Gregoritsch, regista offensivo bravo in sponde e movimenti, verrà supportata da uno trio che compone la batteria della trequarti, con Doan, Kyereh e Grifo. Quest’ultimo sta vivendo una vera e propria annata esplosiva: nelle sei gare di Europa League giocate fin qui, ha segnato una rete che è valsa la vittoria contro il Qarabag, ha servito l’assist per il trionfo esterno contro l’Olympiakos e ha anche segnato nei tre punti interni ottenuti contro il Nantes. La differenza la sta però facendo in campionato, dova ha messo a segno dodici reti e quattro assist in sole ventidue partite.
A partita in corso attenzione anche all’ungherese Roland Sallai, che da dinamismo alla manovra, anche se fin qui non ha mai segnato e ne servito un assist vincente e in Italia ha un passato pessimo con la maglia del Palermo.
L’avversario è di quelli da non sottovalutare e la cosa che lo suggerisce è la classifica della Bundesliga, che lì vede al momento al quinto posto con 42 punti, gli stessi del Lipsia quarto, due in meno dell’Union Berlin terzo e soprattutto solo sette punti sotto il duo delle capoliste formato dalle aliene Borussia Dortmund e Bayern Monaco.

La sconfitta nel match contro la Fiorentina nell’anticipo del venerdì, sottolinea come il Milan non sia la squadra esaltante della scorsa stagione. I rossoneri, che sono comunque ancora in piena corsa per il quarto posto e hanno nel mirino la qualificazione ai quarti di finale di Champions League, stanno vivendo un periodo in cui alternano sprazzi di bel gioco a delle sbandate clamorose. Nella sfida del Franchi è però mancato al Milan Rafael Leao, il giocatore più talentuoso che Pioli ha a disposizione. Anche in altre partite in cui il portoghese non è stato a disposizione della squadra, il Milan è sembrato far molta fatica nel creare pericoli agli avversari. Si può dunque parlare di un Milan “Leao-dipendente”? Analizziamo alcuni fattori per scoprire se i problemi del Diavolo dipendono dalla sola presenza o assenza del suo numero 17.
IL MILAN CON LEAO E IL MILAN SENZA LEAO
Partiamo subito da un dato pragmatico. Ovvero, tutte le partite in cui Rafael Leao non è stato a disposizione dei rossoneri o è stato messo solo a gara in corso. In queste occasioni quanti punti ha raccolto il Milan? La risposta è solo tre nelle sei partite in cui il portoghese non è sceso in campo tra i titolari. Nello specifico, si tratta delle sfide contro Napoli (sconfitta per 1-2 in casa), Monza (unico match vinto senza Leao per 4-1), In Coppa Italia contro il Torino (sfida in cui Leao è subentrato, senza però brillare, solo a gara in corso). E le recenti sfide contro Sassuolo e Inter (in cui Pioli ha fatto ricorso a lui solo a gara in corso). Da aggiungere anche la sconfitta nella 12esima giornata per 2-1 contro il Torino, in cui Pioli sostituisce Leao al ’45
Ma non solo. È interessante anche l’analisi fatta a Sky Calcio Club da Fabio Caressa. Il giornalista Sky ha portato alla luce dei dati che sottolineano le difficoltà del Milan senza Leao. Il rendimento dei lombardi con il classe ’99 in campo è di 2,3 punti a partita, mentre senza è di soli 0,7 punti. Il dato è, ovviamente, da contestualizzare meglio. Questa statistica dice che un Milan con Leao sempre in campo avrebbe oggi 57 punti, due in più di quelli della scorsa stagione alla 25esima giornata e 10 in più rispetto ai 47 attuali.
Il dato dei punti senza Leao è fuorviante (visto che con un rapido calcolo si arriverebbe alla conclusione che il Milan sarebbe una squadra da retrocessione), considerando che stiamo comunque parlando di poche partite. Ma ciò ci aiuta comunque a capire quanto il Milan faccia fatica a vincere senza il numero 17. E il dato più interessante, in quest’ottica, è quello delle Big Chance create con o senza Leao: 3,2 a partita con lui e 1,3 senza. Con, in aggiunta, un calo degli xG, che passa da 1,6 a 1,1 (quindi, circa un terzo in meno) e un calo della media gol dei rossoneri, che passa da 1,8 a 1,3 reti di media.
COSA CI DICONO QUESTI NUMERI?
Come già detto, il Milan senza Rafael Leao non è certo una squadra da zona retrocessione, come i dati di Caressa potrebbero far pensare. Ma queste statistiche sottolineano comunque l’imprescindibilità del talento portoghese per la squadra di Pioli. Non a caso, stiamo pur sempre parlando dell’MVP dello scorso campionato. Un giocatore che è in grado di spostare gli equilibri anche con una singola giocata. E, soprattutto, la cui presenza o assenza (o anche il semplice fatto di fare una brutta prestazione) è essenziale per le ambizioni da Scudetto dei rossoneri.
Senza il suo esterno titolare, il Diavolo dovrebbe drasticamente ridimensionare le proprie ambizioni, almeno nel medio-breve periodo. La dipendenza del Milan da Leao, infatti, consiste semplicemente nel fatto che i rossoneri non hanno alternative offensive valide per sopperire all’assenza del classe ’99.
La rosa del Milan è infatti pressoché identica a quella dello scorso anno, anche considerando i nuovi acquisti. De Ketelaere non sta ancora decollando, Vranckx e Adli sono ancora lontani dall’essere al livello dei titolari. Thiaw, per quanto valido, ha iniziato a giocare con regolarità solamente da poche partite. Sono dunque identici anche i difetti della scorsa stagione. Se la catena di sinistra formata da Leao e Theo Hernandez si inceppa, il Milan ha una carenza di alternative quando si tratta di trovare quel guizzo in più per vincere le partite.
Questo perché Giroud, per quanto possa essere valido, manca di costanza in fase realizzativa (com’è normale che sia per un 37enne). Saelemaekers e Messias sono, più che altro, giocatori “di sistema”. Brahim Diaz, che comunque riesce a dare qualche spunto sulla trequarti, è ancora abbastanza incostante nel suo rendimento. E le alternative nel ruolo di Leao, Rebic e Origi, non offrono neanche lontanamente il livello di prestazioni del classe ’99.
Dunque, il Milan è costretto sempre più a fare affidamento su Leao, l’unico punto fermo nel reparto avanzato di Pioli. Senza il quale, i rossoneri sono quasi sempre costretti a scontrarsi con le lacune creative di una rosa comunque valida, ma che ha spesso bisogno di essere trascinata dal giovane portoghese.
Pensiero Influente
Pagellone girone d’andata – Monza 7: rinascita totale con Palladino

Pubblicato
2 mesi fa:
Gennaio 27, 2023
Giudicare la prima parte di stagione del Monza risulta facile solo se si prendono in considerazione le due estremità e, calcando pesatemente la mano, si tirano le somme. Infatti l’obiettivo iniziale conclamato da Galliani e dai dirigenti tutti per la prima stagione fra i grandi dei lombardi era la metà classifica.
E così è oggi, con i biancorossi tredicesimi, ma ad appena un punto dal decimo posto. La cosa che, però, è difficile non considerare, se si tenta di fare un’analisi oggettiva, è come sono arrivati ad ottenere i ventidue punti che oggi fieramente vantano. La squadra di Palladino in principio era in mano a Giovanni Stroppa, che ha incontrato fin troppe difficoltà nell’adattarsi a un campionato nuovo, di alto livello.
Con idee innovative e voglia di fare, invece, Raffaele Palladino ha raccolto i cocci di una squadra che aveva cambiato più di quindici elementi, cercando di potenziare il gruppo per rimanere ad alto livello.
Da qui si è partiti verso un percorso di rinascita, che ha portato poi a risultati spumeggianti come la vittoria contro la Juventus, i pari contro Inter e Fiorentina, da sommare a vere affermazioni negli scontri diretti, come i successi contro Sampdoria (0-3), Spezia (2-0), Udinese (2-3), Verona (2-0), Cremonese (2-3) e Salernitana (3-0).
La media punti finale è pari a 44 punti, ovvero la salvezza matematica. Bene.
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