Un passo in meno verso quella che sarà la nuova Serie A. L’ultimo lo muoverà una tra Frosinone e Palermo vincitrici delle semifinali playoff. La formazione di Stellone dopo l’1-1 in laguna si libera del Venezia di Inzaghi grazie all’alleato e involontario contributo di Domizzi. Nell’altra semifinale è invece il Frosinone ad attraccare in finale nonostante il doppio 1-1 contro il Cittadella. La discriminante il miglior piazzamento in classifica. Il rammarico di certo non manca ai vinti per come si sono evolute le due gare dopo i doppi pareggi dell’andata. Un espulso per entrambe le inseguitrici che vanificano il sogno. In Serie A si tratterà dunque solo di ritorno dopo un periodo breve di “esilio” dal massimo campionato. Nessuna storica veneta impresa.
PALERMO-VENEZIA

L’andata era stata decisa da due folate improvvise. La Gumina prima e Marsura poi avevano fissato l’1-1 in una gara con poche emozioni. Il ritorno in Sicilia è stato decisamente all’altezza di una semifinale. Una di quelle partite che mai Inzaghi avrebbe voluto solo vedere dalla panchina e che in campo di sicuro avrebbe indirizzato a suo favore. Giacca e cravatta lo costringono al di là delle linee bianche. E dopo 5 minuti le eleganti vesti si fanno ancora più strette. Il tempo giusto di organizzarsi in campo e il Palermo passa per gentile concessione di capitan Domizzi sfortunato a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una sfortunata serie di rimpalli impazziti in area veneta, la respinta ultima di Audero finisce sullo stinco dell’ex Napoli e Udinese. Avanti-indietro, palla in rete. Palermo avanti.
Venzia subito sotto.
Venezia che riorganizza subito per provare a ribaltarla e arrivare in finale.
Subito Pinato al volo su schema da punizione trova però il primo Pomini che respinge senza trovare alleati-nemici come Domizzi si era rivelato.
Una partita a scacchi. Mossa e contromossa. Murawski trova Audero presente su un tiro da fuori. Bruscagin risponde senza centrare la porta.
Al 45esimo il Palermo è in finale. Senza che il Venezia demeriti, anzi. Un po’ di cattiveria sotto-porta non guasterebbe. Un po’ del vecchio, vero Inzaghi sarebbe manna dal cielo. Segnali nebbiosi di Inzaghi sembrano palesarsi sulla prima occasione del secondo tempo. Visioni offuscate e illusorie. Perchè se il prologo potrebbe essere perfetta premessa, l’epilogo Geijo, nonostante il mentore in panchina, non riesce ad emularne la fame. Il colpo di testa, forte ma per nulla ben indirizzato, sbatte sui piedi di Pomini. Ancora Pomini che, a onor del vero, anche senza muoversi avrebbe comunque scritto lo stesso finale. Chissà se invece che in panchina, lì ci fosse stato SuperPippo. Pure fantasie.
Tutto coraggio per il Venezia che aumenta velocità e pressione con Inzaghi incredulo e denunciante di tanta magnanimità sotto-porta.
Coraggio che con l’ansioso ticchettìo del cronometro si trasforma in nervosismo.
I muscoli iniziano a cedere e il rarefatto ossigeno ostacola il ragionamento. Pinato pecca così di poca freddezza agendo di mera foga. È rosso il cartellino estratto per il fallo su Jajalo. Venezia in dieci e poco dopo la catastrofe potrebbe essere totale. Il Palermo si presenta con La Gumina dal dischetto. Audero rinvia – semplicemente – la catastrofe.
Qualche minuto ed è triplice il fischio. Palermo in finale ma tutt’altro che indegna la figura del Venezia di Inzaghi che si avvicina solo di poco alla terza promozione consecutiva. Un sogno forse solo rinviato e da rinseguire, l’anno prossimo, senza Inzaghi. Premiata l’esperienza rosanero che si riavvicina alla Serie A dopo un anno lontana da “casa”.
Chissà che romantica storia sarebbe stata con Inzaghi in campo, invece che in panchina. Pure, bellissime, fantasie.
FROSINONE-CITTADELLA
Stesso punto di partenza per Frosinone e Cittadella. L’1-1 dell’andata lascia aperte le porte ad entrambe con i ciociari mezzo passo avanti. Il miglior piazzamento in campionato la discriminante a favore gialloblù.
Meno emozioni, almeno in avvio, in netta contrapposizione con la prima semifinale. Qualcosa di più cercano gli ospiti con i cross per le punte. La prima vera occasione arriva solo al minuto 29 con Strizzolo che sfiora solo un pallone quasi perfetto di Bartolomei solo da spingere in porta.
Il ciociaro “ci siamo anche noi” arriva più tardi con la punizione da oltre 30 metri di Ciano su cui Alfonso respinge in plastico intervento. Plasticità del numero 1 che si ripete sulla conclusione di Gori da fuori area. Prove generali di Gori. Secondi 45 che si chiudono con la stessa sentenza premessa ad inizio incontro.
Le prove di Gori si trasformano nella messa in atto del vantaggio Frosinone. Come la prima semifinale fondamentali sono le deviazioni amiche-nemiche. Lora (quasi) come Domizzi spiazza Alfonso. In discesa il percorso ciociaro verso la finale ad inizio ripresa.

A testa bassa spinge il Cittadella. A testa bassa Lora cerca redenzione personale non trovano il lasciapassare di Vigorito a proteggere il vantaggio.
Al 75esimo è tutto come all’inizio. Chiaretti conclude da fuori e la palla carambola fra i piedi di Kouame. Immobile la fase difensiva del Frosinone in un’orchestra di mani alzate – e ignorate – a chiedere il fuorigioco. Kouame punisce. Equilibrio totale nei risultati aggregati. Non nel finale virtuale.
Speranza smontata dalla ripetizione di quanto successo a Palermo qualche ora prima. Nel momento decisivo gli inseguitori capitolano in inferiorità. Varnier già ammonito usa il “jolly” del fallo tattico su Citro. Fine già scritta. Rosso e il Frosinone fa festa. Legittimata al 90esimo.

Nessuna impresa storica veneta. Orgoglio e favola che frenano di fronte alla maggior esperienza di Frosinone e Palermo.
Il 13 giugno la gara d’andata della finale per provare a capire quale figliol prodigo inizierà il ritorno verso casa.
Parola fine quasi inscritta al breve esilio.