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Paolo Zanetti: un nome, una garanzia

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Paolo Zanetti: un nome, una garanzia

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Zanetti

L’Empoli non smette di sorprendere. La formazione azzurra, stabilmente stanziata a metà classifica, ha largamente distaccato la zona retrocessione e avanza a passo spedito nel suo cammino verso la permanenza nella massima serie. A sugellare l’ottimo lavoro svolto è stata la vittoria di prestigio ottenuta in casa dell’Inter, dove un giovane Baldanzi ha catalizzato i riflettori del Meazza ed ha brillato di luce propria. 

La costanza che l’Empoli ha saputo mantenere nei propri risultati non è certamente dovuta al caso e porta inscritta il nome del proprio allenatore, capace di far emergere dalle acque torbide i propri giocatori e di condurli verso lidi tanto azzurri quanto la maglia che vestono. Se oggi i toscani possono guardare in lontananza la zona Europa il merito è, in gran parte, di Paolo Zanetti: un nome, una garanzia.

LO SCETTICISMO POST ANDREAZZOLI

Nel calcio, così come nella vita, il tempo è galantuomo. La scelta di esonerare Andreazzoli al termine della scorsa stagione aveva infatti destato qualche malumore nella tifoseria toscana. L’Empoli sotto la guida del tecnico ex Roma e Genoa aveva conquistato agevolmente la salvezza, concludendo il campionato con 41 punti. Ad avvertire l’esigenza di un cambiamento (apparentemente non necessario) era stato lo stesso presidente del club Fabrizio Corsi, il quale da uomo navigato di calcio ha saputo fiutare il pericolo e anticipare i tempi. 

Conosco il problema della salvezza dopo la salvezza, la mia è una scelta ponderata“, disse il patron empolese riguardo l’esonero. E aveva ragione. Quella di Andreazzoli era una squadra spigolosa, dura da affrontare e dotata di quell’istinto di sopravvivenza propria delle realtà neopromosse. Con Zanetti però l’Empoli ha dato il via ad una nuova fase del proprio progetto e il gioco espresso sul campo ne è la prova. Il tecnico veneto ha saputo raccogliere l’ottimo lavoro svolto dal proprio predecessore e sviluppare da esso un atteggiamento propositivo, che non si limita solamente al saper soffrire. 

LA CURA ZANETTI 

L’idea di calcio proposta dall’allenatore ex Venezia si sviluppa su linee verticali. In campo i giocatori allenati da Zanetti (che a sua detta si ispira a Spalletti e De Zerbi) sanno dove stare, cosa fare e in che modo. Il ragionamento che ne sta alla base è logico: in uno schieramento dove nulla è lasciato al caso, non esiste spazio per le incertezze. Che l’Empoli presenti dei limiti in termine di qualità dei singoli è indubbio, ma la squadra è cinica, pragmatica.

Il centrocampo è senza dubbio il reparto su cui la mano del tecnico si nota in maniera più marcata. Su 19 gol segnati 10 sono arrivati dalla mediana e nella zona centrale del rettangolo verde l’Empoli è la squadra ad aver vinto più contrasti (115). Sin dai giorni veneziani inoltre la figura di Zanetti ha infuso ai tifosi fiducia, passione. Non a caso il suo esonero ha comportato una vera e propria ribellione nei tifosi lagunari.

I PROTAGONISTI AZZURRI

I tre punti cardine dell’undici azzurro sono sicuramente Vicario, Marin e Baldanzi. Il primo, già nome noto alla Serie A nella scorsa stagione, ha ribadito il proprio valore e si è confermato tra i migliori portieri del campionato. Il centrocampista romeno, invece, è passato da profilo marginale a chiave di volta, è lui il metronomo della manovra dell’Empoli. Su Baldanzi una parola è poca e due sono troppe: la strada da fare è ancora lunga ma i primi segnali lasciano presagire il meglio. Nel suo caso la scelta più sana è quella di sgravare il ragazzo da ogni aspettativa, lasciandolo libero di formarsi e, incrociando le dita, di diventare un giocatore di livello nazionale. 

La scelta della dirigenza azzurra di puntare su profili giovani è stata dimostrata empiricamente nella sessione di mercato invernale appena conclusasi. Vignato e Piccoli, arrivati rispettivamente da Bologna ed Atalanta, troveranno in Toscana un ambiente ideale per la propria crescita personale. In un momento storico dove la Serie A ha sempre meno potere d’acquisto le mosse proposte dall’Empoli passano tutt’altro che inosservate e danno ulteriore validità a quello che è uno dei progetti più credibili del campionato nostrano.

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Chi ha segnato più gol di testa in Serie A dopo 27 giornate

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Chi ha segnato più gol di testa

CHI HA SEGNATO PIÙ GOL DI TESTA IN SERIE A – Osimhen e tutti gli altri. La speciale classifica dedicata a chi ha segnato più gol di testa in Serie A dopo le 27 giornate finora disputate certifica, anche in questo caso, il dominio dell’attuale capocannoniere del campionato, autore di 21 gol, almeno 7 più degli altri. Non è un caso che il nigeriano del Napoli i suoi ultimi due gol – i due segnati al Torino – li abbia fatti entrambi di testa.

Ma vediamo chi ha segnato più gol di testa finora, in attesa che le ultime 11 giornate diano un quadro definitivo.

1°: OSIMHEN (7 GOL)

7 di 21, ovvero il 33% del totale dei gol segnati in campionato, Osimhen li ha fatti di testa. Se vogliamo aggiungere un altro numero, possiamo dire 2, come le partite in cui ha fatto una marcatura multipla segnando solo di testa: per l’appunto, l’ultima contro il Torino, e quella strepitosa giocata contro la Juventus. I restanti tre gol realizzati in questo modo li ha fatti contro Atalanta (all’andata), Udinese e Spezia. Piccolo particolare da non trascurare: anche nello scorso campionato il 9 azzurro aveva segnato 7 reti di testa, ma quest’anno ha ancora 11 partite per segnarne altre.

2°: BASCHIROTTO (3 GOL)

Apriamo la lunga di secondi in classifica con Baschirotto, che è soltanto il quarto difensore ad aver segnato così tanti gol di testa (nella scorso campionato ci erano riusciti soltanto Skriniar e Ibanez arrivando a 3 gol). Il difensore del Lecce in questo modo ha punito Atalanta, Milan e Cremonese. Ha eguagliato così il miglior score personale di reti segnate di testa in un’unica stagione, che aveva stabilito nel 2020/21 in C, con la Viterbese.

2°: BREMER (3 GOL)

Come Baschirotto, anche Bremer quest’anno ha eguagliato il suo miglior score di gol di testa. È arrivato a 3 in campionato già nel 2019/20 e nel 2020/21, ovviamente con la maglia del Torino. Proprio i granata sono stati una delle sue “vittime” di quest’anno, come Salernitana e Sampdoria. Attenzione: se consideriamo anche le altre competizioni, il bottino del brasiliano arriva a 4 perchè un gol di testa l’ha realizzato anche alla Lazio, in Coppa Italia.

2°: IBANEZ (3 GOL)

Uno dei tre romanisti arrivati a quota 3 gol di testa è Roger Ibanez, che le sue reti le ha siglate sempre insaccando una palla proveniente dalla bandierina del calcio d’angolo (non a caso, i corner sono uno dei principali punti di forza della squadra di Mourinho). È successo contro Monza, Milan e Empoli. Come detto prima, Ibanez a 3 ci era arrivato già l’anno scorso e in nessun’altra stagione ha fatto meglio.

2°: SMALLING (3 GOL)

L’assist per il gol di Smalling solo una volta su tre è arrivata dalla bandierina del calcio d’angolo, ma sempre dai piedi di Lorenzo Pellegrini (che a Ibanez ha fatto 2 assist). In mischia, in area di rigore avversaria, l’inglese ha fatto centro con un colpo di testa contro Cremonese, Inter e Lecce. E per un giocatore di esperienza come lui acquisisce ancora più rilevanza il fatto che in nessun’altra stagione ha fatto più di 3 gol di testa: prima si era spinto a tanto solo nel 2014/15, con lo United, in Premier League.

2°: RABIOT (3 GOL)

Il centrocampista ad aver fatto più gol di testa in questa Serie A è proprio “Cavallo PazzoAdrien Rabiot. Il francese sta disputando il suo miglior campionato dal punto di vista realizzativo grazie ai suoi 7 gol (in unico campionato prima era arrivato al massimo a 4 centri, nel 2020/21 e, in Ligue 1, nel 2014/15). Tre di questi – contro Empoli, Fiorentina e Sampdoria – li ha fatti appunto di testa. Curiosità: prima di quest’anno, non aveva mai segnato di testa in Serie A.

2°: ABRAHAM (3 GOL)

Sì, qualche attaccante oltre Osimhen c’è. Abraham sta disputando un campionato difficile: solo 6 i gol per lui, la metà ne ha fatti di testa, ai danni di Juventus, Sassuolo e Empoli. Un bel passo avanti perchè nella scorsa stagione, considerando solo il campionato, di reti di testa ne era arrivata solo una, all’Olimpico, contro la stessa Juve. Il miglior bottino personale in un unico campionato risale alla stagione 2018/19: 6 gol di testa in Championship.

2°: GIROUD (3 GOL)

Non si gira soltanto, ultimamente ci sta mettendo anche la testa. I suoi ultimi 3 gol in campionato – contro Sassuolo, Torino e SalernitanaOlivier Giroud li ha segnati proprio di testa. L’anno scorso, in Serie A, invece si era fermato a uno. In Premier League, però, di reti di testa ne ha fatte non poche: nel 2015/16 ne ha segnate 7 in campionato e questo rimane il suo miglior risultato.

CONFRONTO (MOMENTANEO) CON LA SERIE A 2021/22

Nello scorso campionato di Serie A, nella classifica dei gol di testa subito dietro Osimhen si erano piazzati grandi bomber come Immobile (con 6) e Vlahovic (con 5), che invece quest’anno sono entrambi ancora fermi a 1. Un calo dei gol di testa l’hanno registrato anche alcuni bomber di provincia come Destro (5 nel 2021/22, 0 nel 2022/23), Beto (4-1), Arnautovic (4-0) e Djuric (4-1). Anche un colosso come Milinkovic-Savic ha finora deluso le aspettative perchè se nello scorso campionato di testa aveva firmato 4 gol, quest’anno non ne ha realizzato ancora uno.

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Calcio Internazionale

Il modello della Francia: un club tra le nazionali

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Mbappé

Con i campionati al momento fermi, l’inizio delle qualificazioni ad EURO 2024 ha offerto diversi spunti interessanti. Uno su tutti proviene dalla serata dello scorso venerdì, quando, a Saint-Denis, la Francia di Didier Deschamps ha battuto con un netto 4-o l’Olanda, lanciando un segnale forte e chiaro al calcio internazionale. Una partita praticamente perfetta, che ha confermato quanto di buono fatto dai Bleus a Qatar 2022. Una partita fantastica per una squadra fantastica, che dispone di una gran quantità di nomi importanti, di un’organizzazione ed un gioco da far invidia ai club e di quello che probabilmente sarà il miglior calciatore al mondo per almeno i prossimi dieci anni. Tutte ragioni che possono spiegare il perchè di come questa nazionale possa dominare nei prossimi anni.

RINASCITA CON DESCHAMPS

Importante fare un salto nel passato per capire come la Francia sia riuscita a ripartire dopo anni difficili. Nel corso della propria storia recente, la nazionale transalpina ha vissuto tantissimi alti e bassi. Partendo dal ciclo d’oro, guidato da Zidane, in cui i Galletti dal ’98 al 2006 hanno sollevato la loro prima Coppa del Mondo, un Europeo e raggiunto la finale a Berlino.

Da lì praticamente il nulla, con eliminazioni addirittura ai gironi nelle competizioni successive. La svolta arriva nell’estate 2012, quando dopo le dimissioni di Blanc, Didier Deschamps viene nominato CT. Da qui parte la rinascita vera e propria. Dopo gli ottavi ai Mondiali del 2014, la Francia arriverà quasi sempre fino in fondo. Dopo la delusione ad EURO 2016, Les Bleus trionfano ai Mondiali in Russia e 4 anni più tardi sfiorano il bis in Qatar, arrendendosi solo in finale ai calci di rigore.

Una rinascita partito da lontano, con Deschamps che è riuscito man mano a trovare il giusto mix tra l’esperienza di chi era già nel giro della nazionale e il talento dei numerosi giovani esplosi nel corso degli anni, soprattutto in campionati esteri. Percorso che visti i presupposti e la giovane età dei protagonisti, ha tutto per durare ancora a lungo.

PARATA DI STELLE

Ciò che risalta subito guardando la Francia è sicuramente una rosa ampia, completa in ogni reparto e soprattutto composta da giovani di qualità e diverse stelle. Una squadra che può contare su più alternative di valore in ogni ruolo. Partendo dalla porta, dove l’ex capitano Lloris ha annunciato il ritiro dalla nazionale, Deschamps ha eletto come titolare Mike Maignan, il miglior portiere della scorsa Serie A.

In difesa abbondano le alternative soprattutto tra i centrali, con Konatè, Upamecano, Saliba e Koundè, tra l’altro schierabile anche come terzino. Sugli esterni invece, si può contare sulla solidità di Pavard a destra e sull’esplosività di Theo Hernandez a sinistra. Anche a centrocampo tanta varietà con Tchouameni, Rabiot, Camavinga e l’adattamento riuscito di Griezmann, fondamentale nell’ultimo Mondiale.

Il fiore all’occhiello è però l’attacco che vanta nomi come Giroud, Coman, Diaby, Kolo-Mouani e soprattutto Kylian Mbappe, trascinatore indiscusso e da poco anche capitano. Una rosa che di per se fa già paura, ma che impressiona ancor di più per i nomi rimasti fuori. Per infortuni e ragioni varie restano infatti fuori campioni come Kantè, Pogba, Nkunku, Mendy, Dembele e Benzema. Una parata di stelle da fare invidia ai top club più ricchi al mondo.

GIOVANI DI VALORE

Oltre che su una rosa altamente competitiva, la Francia può contare anche su un processo di rinnovamento destinato a durare ancora negli anni. Apparte l’attività dello storico centro di formazione di Clairfontaine, capace di sfornare campioni come Mbappe ed Henry, sono tanti i giovani talenti francesi che trovano spazio nei principali campionati europei.

L’ultimo in ordine cronologico a raggiungere la nazionale maggiore è Khephren Thuram, ma la lista dei giovani in rampa di lancio è lunga. Basti pensare per esempio a Pierre Kalulu, protagonista in Serie A con il Milan, o restando sempre al reparto difensivo, a Benoit Badiashile l’investimento da 40 milioni del Chelsea.

Elenco che poi si allunga con Olise, Cherki, Kalimuendo ed Ekitike, ancora nel giro dell’under 21 ma capaci di ritagliarsi spazio con i loro rispettivi club. Un processo di innovazione costante, caratterizzato dalla forte fiducia nei giovani e nel coraggio di lanciarli ad alti livelli. Un modello che potrebbe durare ancora a lungo e da cui magari l’Italia potrebbe prendere spunto.

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Calcio Internazionale

Débacle azzurra al Maradona: da chi può ripartire l’Italia di Mancini

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Mancini

Parte con un’ingloriosa frenata in casa contro l’Inghilterra il viaggio verso l’Europeo 2024 dell’Italia di Mancini.

Una partita che ha mostrato un’Italia assai diversa rispetto a quella spettacolare scesa in campo nell’indimenticabile spedizione europea del 2021, e che ha messo alla luce disparate mancanze della nostra nazionale, sia dal punto di vista del gioco che delle scelte tecniche, a dire il vero abbastanza rivedibili.

PRIMO TEMPO

Nel primo tempo azzurro non ha letteralmente funzionato nulla. Un’Italia attendista e tremendamente disequilibrata ha ceduto il passo a un’Inghilterra che ha mostrato una cilindrata nettamente superiore e che si è portata avanti di due gol, che sarebbero stati tre se Grealish non avesse deciso di graziarci sparando fuori a porta vuota.

I primi 45 minuti dell’Italia sono stati caratterizzati da un palleggio sterile e da vari errori di impostazione, con la mediana azzurra in grande difficoltà sia in fase di costruzione della manovra che in quella di rottura, con una difesa in balia degli eventi e assolutamente da registrare.

Il primo tempo dell’attesissimo Retegui è stato fantasmatico e caratterizzato essenzialmente da una serie di anticipi da parte di Maguire e poco più. Il classe ’99 è stato limitato dalla retroguardia inglese per tutti i 45 minuti, segno che ha bisogno di entrare negli ingranaggi tattici della nazionale necessitando del fisiologico periodo di ambientamento.

SECONDO TEMPO

Il secondo tempo ci ha mostrato un’Italia più arrembante ed aggressiva, ma guidata più dallo spirito e dalla rabbia che da una vera e propria idea tattica e di gioco.

Il gol di Retegui (unica scintilla dell’attaccante dell’attaccante del Tigre in una partita pressoché opaca) scaturito da un recupero palla e da un‘imbucata di Pellegrini si rivela essere l‘unico tiro in porta degli azzurri, troppo poco per arrivare a parlare addirittura di un’Italia dominante nel secondo tempo.

Gli ingressi di Cristante, Tonali, Politano e Gnonto non hanno apportato un gran surplus, se non qualche tentata verticalizzazione e qualche guizzo offensivo.

SCELTE TECNICHE E UTILIZZO DEI GIOVANI

Ci sarebbe da aprire una breve parentesi sulle scelte di Mancini, che ha deciso di schierare come centrali di difesa Acerbi e Toloi, due difensori abituati a giocare in una difesa a tre e quindi non molto funzionali al 4-3-3 azzurro. Tra l’altro dopo tutti i discorsi venuti fuori sull’utilizzo e la valorizzazione dei giovani, portati avanti proprio da Mancini, fa specie vedere titolari come centrali difensivi della nostra nazionale un classe ’88 e un ’90.

Nel reparto arretrato tricolore sono presenti talenti del calibro di Scalvini o Bastoni (a questo turno infortunato ma molto raramente schierato dal nostro CT anche quando disponibile), oltre che il sontuoso Mancini della Roma o il duo difensivo della Lazio Casale e Romagnoli, diga biancoceleste che ha portato a referto della squadra romana 16 clean sheet stagionali.

Il discorso è ampliabile anche nel ruolo dei terzini, dove a sinistra sarebbe interessante valutare un gioiello come Udogie, sprizzante classe 2002 già di proprietà del Tottenham e in forza all’Udinese.

Il discorso non è molto differente per quanto riguarda il centrocampo. Reparto ormai in affanno da un po’ di gare, non vedrebbe male l’inserimento di giovani del calibro di Fagioli, Frattesi o Baldanzi, che possono dare vivacità e statura a un centrocampo che ha bisogno di più guizzi e fisicità e che è forse il reparto azzurro più ricco di risorse, in cui quindi è più possibile sperimentare.

In attacco bene il gol di Retegui, che, come detto, ha comunque bisogno di entrare nei meccanismi della squadra, ma stupisce l’assenza di Zaccagni, faro offensivo della Lazio di Sarri, o la mancata titolarità del secondo marcatore della Bundesliga, Vincenzo Grifo.

CONCLUSIONI

L’Italia di Mancini ha bisogno di ripartire dal talento e dalla vivacità dei giovani, che (tralasciando retoriche inutili e discutibili) ci sono e vanno valorizzati. Sta al nostro tecnico trovare il coraggio di lanciarli in campo e rinnovare una squadra che non può sopravvivere di rendita e non può puntare sulla stessa medesima rosa di Euro2021, scarica ormai di stimoli e che inizia anche a porre quesiti anagrafici.

A oggi l’unica cosa salvabile di questa nazionale è la nuova maglia.

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Serie A, i cinque gol più belli del mese di marzo 2023

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gol marzo

GOL MARZO SERIE A – Tre settimane di partite senza pausa hanno caratterizzato il mese di marzo. Tra Serie A e coppe europee, non c’è stato un giorno di stop per gli appassionati, che potevano ogni sera godere del grande calcio. È stato, inoltre, il mese in cui è tornato al gol Zlatan Ibrahimovic, che si è laureato calciatore più anziano di sempre a segnare nel nostro campionato. A 41 anni e 166 giorni, grazie al calcio di rigore trasformato contro l’Udinese, ha scritto una nuova pagina nella storia di questo gioco.

Dalla sua prima realizzazione in Serie A, arrivata con la maglia della Juve, il mondo è totalmente cambiato. Per trovare il primo gol in Italia, bisogna tornare al lontano 12 settembre 2004, data in cui molti tra coloro che stanno leggendo questo articolo, probabilmente, non erano nemmeno nati. Mentre Zlatan continua a fare lo stesso lavoro, segnare, le cose attorno cambiano. Sembra cristallizzato in un mondo solo suo. Per esempio, a settembre 2004, Apple iniziò a sviluppare il primo modello di iPhone. Oggi, mentre il suo ideatore ci ha lasciato e si è arrivati all’iPhone 14, Ibrahimovic sta continuando a fare ciò per cui è nato.

Lo svedese non sarà protagonista della classifica dei cinque migliori gol del mese di marzo 2023 in Serie A, dato che la sua realizzazione è arrivata dal dischetto, ma chissà che possa essere solo un nuovo punto di partenza nella sua immensa carriera. Oltre al suo, sono state numerose le reti in questo mese così variegato, nonostante le giornate di campionato siano state “solo” tre. I colpi di classe non sono mancati e alcuni sono stati esclusi: uno su tutti, il banger di Mancini che ha deciso Roma-Juventus.

5°: DAVIDE FRATTESI (2-0 vs CREMONESE)

Il quinto posto a marzo se lo aggiudica un importante guizzo di Davide Frattesi. La realizzazione, già di per sé molto complicata e spettacolare, assume ulteriore valore grazie all’azione che la precede. Recupero palla a metà campo di Laurienté, che poi riparte in maniera molto violenta verso la porta avversaria, superando un paio di avversari.

Quando tutto sembra perso, arriva l’equilibratore Maxime Lopez a rivitalizzare il tutto, mettendo in mezzo una palla sagace proprio per l’esterno francese. Lì, il colpo di genio: controllo e tacco senza guardare, con Frattesi che si ritrova la sfera al limite dell’area piccola senza marcatore. Essendo spalle alla porta, però, l’unica giocata possibile è provare la magia, che va a buon fine.

4°: PAULO DYBALA (2-3 vs SASSUOLO)

Ancora il Sassuolo coinvolto: questa volta, però, è la vittima. L’ideatore e il realizzatore della carneficina risponde al nome di Paulo Dybala. L’argentino, che spesso ha abituato a gol di altissima caratura, è riuscito di nuovo a stupire tutti. In una squadra dove l’aggressività, le risse e i cartellini rossi sono all’ordine del giorno, come quella di Mou, Dybala garantisce quella qualità sopraffina cui non si può rinunciare.

Uno-due un po’ intricato con El Shaarawy e conclusione improvvisa, di prima, che beffa Consigli, che non può far altro che osservare il pallone che termina la sua corsa in fondo alla rete. Il portiere è quasi inerme, come se fosse affascinato dalla traiettoria a forma di arcobaleno uscita dal mancino sublime della Joya.

3°: MANOLO GABBIADINI (2-0 vs VERONA)

Gli uomini d’esperienza, i leader si fanno sentire soprattutto nei momenti di difficoltà. Colui che spinge la nave con più forza di un vichingo del 700 d.C. è senza dubbio Dejan Stankovic. Ha preso un Titanic già affondato e vuole farlo riemergere, mettendoci volontà e applicazione senza paragoni nel nostro campionato.

Sta provando a dargli una mano un altro totem, un personaggio cruciale all’interno dello spogliatoio doriano: Manolo Gabbiadini. Comunque vada, resterà per sempre nei cuori dei tifosi blucerchiati lo sforzo erculeo che sta mettendo l’attaccante italiano. Iconica per identificare il periodo è la sua doppietta al Verona. Il secondo dei due gol è un vero capolavoro, segno che sa ancora colpire anche dalla distanza. Controllo per liberarsi di un avversario, pallone nascosto per evitarne un altro e missile imparabile. Terzo miglior gol di marzo.

2°: MATIAS VECINO (0-1 vs NAPOLI)

Il Napoli non perdeva in casa da quasi un anno e solo un fulmine arrivato da Zeus poteva trafiggerlo. Ci ha pensato bene Matias Vecino, in un match davvero cruciale, soprattutto per la “sua” Lazio. Sarri tornava nello stadio che lo ha reso grande e ha punito il Napoli. Una punizione indolore, dato che i partenopei hanno ancora 19 punti di vantaggio proprio sui biancocelesti, secondi in classifica.

Il rilancio sbagliato con la testa di Kvara, che ha “finalmente” mostrato segnali di debolezza e umanità, ha favorito l’uruguagio. Vecino, rimembrando anche i suoi anni migliori, ha lasciato partire an absolute banger, che non ha lasciato scampo a Meret. Per importanza e bellezza stilistica, merita di essere riconosciuto come secondo miglior gol a marzo.

1°: KHVICHA KVARATSKHELIA (1-0 vs ATALANTA)

Ancora Napoli, ancora al Maradona, ancora Kvara protagonista. Anzi, primatista. Il suo slalom gigante contro l’Atalanta non può che vincere la classifica dei migliori gol del mese di marzo in Serie A. In questa realizzazione riassume tutte le sue principali caratteristiche: palla attaccata al piede, dribbling aggressivo, forza muscolare, freddezza, lucidità e gran tiro.

Il miglior giocatore di questa Serie A si conferma in ogni partita e, ogni tanto, decide di tirare fuori dal cilindro qualche nuovo colpo. Mette a terra qualche difensore, altri restano ipnotizzati dai suoi movimenti di gambe, così netti e squadrati ma allo stesso tempo così leggiadri. Tutti cercano di recuperare il pallone, ma è come se fossero bloccati. Potrebbe spostare la palla da qualunque parte e, se si dovesse intervenire, il rischio di provocare un rigore sarebbe davvero alto. Un solo gol degno dei migliori di sempre.

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