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Ambizione contro realtà: l'altra Parigi che sogna il derby

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Ambizione contro realtà: l’altra Parigi che sogna il derby

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Lontano dal Parco dei Principi e dagli stabilimenti di Saint Germain en Laye, quartier generale del Paris Saint Germain, una nuova stagione sembra sorridere al calcio parigino grazie al Paris FC, tornato in Ligue 2 dopo la retrocessione del 2016. La società, con sede a Créteil, aveva di fatto imbastito un organico tale da poter competere nel campionato di National, ovvero la terza divisione francese, avendo perso la possibilità di partecipare alla serie cadetta perdendo lo spareggio contro l’Orléans, ma si è ritrovata in Ligue 2 a tre giorni dall’inizio delle competizioni a causa del fallimento del Bastia. Quella che suonerebbe come una doccia fredda dal punto di vista organizzativo è stata trasformata immediatamente in una possibilità di rilancio da parte di Fabien Mercadal e del suo staff, perché ad oggi, conclusasi ieri la prima parte di campionato (che riprenderà a Gennaio), il Paris FC occupa la sesta posizione in classifica ed è in piena lotta per la promozione, giocando  una prima parte di stagione esemplare in cui ha mostrato i propri punti di forza dal punto di vista tecnico, nel quale ha permesso ad alcuni talenti di sbocciare mostrando un viso totalmente diverso dalla squadra che nel 2016, con paura, stentava a proporre qualcosa di suo proprio in Ligue 2.

Il segreto sembra per l’appunto la tranquillità di fare le cose in maniera corretta e l’umile volontà di proporsi e di mettersi in luce in un panorama complicato come quello della capitale francese. Il gioco, seppur agli inizi, sembra riuscire, perché lo spettacolo proposto ha attirato sempre più gente allo stadio, soprattutto ragazzi, raggiungendo dei record di affluenza per lo Stade Charléty, nel tredicesimo arrondissement della città. Contro Lorient e Bourg en Bresse è stato superato il tetto dei 5000 spettatori, un risultato più che positivo per una squadra dalle centinaia di spettatori fino a qualche anno fa che sembra finalmente avere un tifo organizzato capace di scaldare anche le più fredde serate parigine.

Abbiamo incontrato mister Mercadal a Créteil, nel centro d’allenamento del Parc Interdépartemental des Sports, chiedendogli quale sia stato il segreto di una risalita così repentina nella scala di gradimento di un team che, come afferma l’allenatore, porta la Tour Eiffel sul suo stemma e deve difendere con onore lo charme del cuore pulsante di Francia. Il tutto ha inizio con la proiezione del film Sommeren ’92 ai suoi ragazzi, ovvero la storia della Danimarca che nel 1992 fu ripescata all’europeo dopo l’esclusione iugoslava e riuscì nell’impresa di vincere il titolo.

“Volevamo convincere i ragazzi che quando si ha voglia di fare le cose lo si può fare pur non essendo preparati al 100%. Abbiamo saputo di essere in Ligue 2 a tre giorni dall’inizio del campionato, cosa che ha fatto paura a tutti, dai tifosi ai dirigenti passando per i giocatori. Pensate alla Danimarca, quell’anno i giocatori erano già in spiaggia per le vacanze ma tutto ciò non gli ha impedito di essere i vincitori. E’ quello che ho cercato di trasmettere ai miei giocatori ispirandomi anche al mio passo falso di Tours, in una squadra che non sentivo mi rispecchiasse.Non è un passo falso che ti rende meno adatto a fare il tuo mestiere insomma!”

Fabien Mercadal, allenatore del Paris FC.

Dal punto di vista dello spogliatoio ci ha pensato capitan Hervé Lybohy, ivoriano cresciuto a Parigi che da tre anni difende questi colori per la quale ha vissuto momenti indimenticabili come la promozione in Ligue 2 nel 2015 e il ripescaggio di quest’estate, a parlarci delle dinamiche interne che hanno prodotto questo slancio:

“Sono cambiate tante cose dalla precedente esperienza in Ligue 2, è vero, perché lo scorso anno abbiamo cambiato tanti giocatori iniziando la stagione in National in maniera disastrosa. Penso semplicemente che avessimo bisogno di tempo per digerire la retrocessione, perché la seconda parte di stagione è stata incredibile e ci ha permesso di prendere coscienza della nostra forza, con una nuova sintonia che ci ha portato allo spareggio. Per assurdo, la promozione avvenuta improvvisamente ha cementificato i nostri rapporti e le nostre convinzioni.”

Capitan Lybohy festeggia il gol contro il Lens (2-2,8 Dicembre 2017).

Cambiamento passato dalle idee propositive di Mercadal che non ha accettato di limitare i danni proponendo un’identità diversa e permettendo a dei talenti come quello di Redouane Kerrouche e di Saifeddine Alami di diventare delle vere e proprie “petite”:

“L’idea è quella di fare di tutto per avere la palla e di far inserire tra le linee tanti atleti, cosa che a Tours non mi riuscì proprio perché i giocatori erano abituati ad un sistema più difensivista come quello di Marco Simone, che non denigro ma che non mi rispecchia come idea. Quanto a Kerrouche ed Alami, ma anche lo stesso Nomenjanahary che trovo molto adatto alla copertura ed alla comprensione del gioco d’anticipo e che potrebbe far comodo in Italia, sono dei giocatori preziosi data la caratura tecnica ma non indispensabili perché abbiamo altri ragazzi in grado di preservare la nostra qualità”

Qualità che deve essere preservata proprio per mantenere le luci della ribalta su una realtà che sta provando, con fatica, a diventare una costante seppur non goda ancora di un centro sportivo di proprietà e sia costretta ad appoggiarsi ad una struttura pubblica per quanto riguarda gli allenamenti e gli uffici del club. L’altro cruccio riguarda i settori giovanili, in quanto i ragazzini delle squadre under sono costretti ad allenarsi da tutt’altra parte della città, a Montreuil. “Stiamo provando a spostare qui a Créteil anche il settore giovanile” mi conferma il responsabile della comunicazione Kévin Briand, “ma qualsiasi cosa dal punto di vista logistico qui a Parigi richiede l’approvazione del comune e non è semplice“. Continua Mercadal:

“C’è del lavoro da fare, da parte di tutti, soprattutto a livello strutturale. Guardate le nostre installazioni, siamo lontani dal Paris Saint Germain e dalla Ligue 1. Ma dobbiamo ancorarci all’aspetto sportivo, al fatto che la gente provi piacere nel vederci giocare un buon calcio e che la luce sia su di noi, nel senso che si parli del nostro buon lavoro, senza presunzione. Fino a qualche tempo fa tutto ciò sembrava impossibile, ora anche dall’Italia c’è chi vuole saperne di più, dobbiamo approfittarne cercando di avere strutture adeguate che ci possano mandare in Ligue 1. Non mi ispiro chiaramente al PSG, è una società che è andata oltre il calcio ed è irraggiungibile, ma seguire l’esempio di compagini come l’Angers penso che sia qualcosa alla nostra portata, qualcosa di intelligente con pochi mezzi a disposizione.”

Uno dei due campi d’allenamento situati nel Parc Interdepartemental de Créteil.

Fa specie che una città come Parigi, che pullula talento da ogni quartiere e banlieue, non riesca a sviluppare delle squadre “laboratorio” con i giovani più promettenti della città a cavallo tra la Ligue 1 e la Ligue 2, ma il problema ci riporta al punto di partenza, ovvero alla mancanza di fondi per la struttura di società del genere. “Non riusciamo a proporre ai giovani dei contratti in grado di farli restare qui, dove sono nati e dove hanno la loro famiglia, per potersi formare completamente prima di diventare dei professionisti” mi conferma Briand: “Abbiamo avuto tanti ragazzi partiti nei migliori settori giovanili di Francia e d’Europa senza che la società potesse essere ripagata della partenza e potesse sfruttare questi bonus per migliorarsi internamente“, un po’ come accadde al club parigino Les Ulis dopo la vendita di Martial al Manchester United che fruttò al club 600.000 euro di profitti, ovvero tre volte il budget annuale, a causa di un accordo stipulato con il Monaco che prevedeva lo 0.75% su una vendita futura al club. ”

Giocando sul mio confronto tra Parigi e Londra di qualche mese fa, Mercadal conferma quanto precedentemente affermato scindendo di fatto l’aspetto calcistico delle due capitali:

“Sono città che spesso vengono messe a confronto, ma da questo punto di vista mi risultano incomparabili. A Londra ci sono delle squadre ricche economicamente ma “povere” di londinesi. Riesco a stento a ricordare dei giocatori autoctoni, mentre a Parigi puoi trovare ottimi giocatori ovunque che però non riusciamo a tenere qui, permettendo proprio a città come Londra di venirsi a servire da noi. Guardando la nostra rosa, almeno il 50%, se non di più, sono dei “titi parisiens”, così come in National in tante squadre della capitale che giocano un gran calcio. Lo scorso anno, quindici giocatori su diciassette del settore giovanile sono diventati professionisti. A Londra non succede perché non è una città di calcio “popolare” come Parigi.”

Capitan Lybohy insiste invece sul gigante Paris Saint Germain che oscura in un certo qual modo tutto il bene che viene fatto nella regione parigina:

“A Londra hanno la fortuna di avere più squadre in Premier League mentre qui si fa fatica ad esistere perché il Paris Saint Germain viene considerato il “padrone” assoluto del calcio parigino. E’ difficile in questo modo mostrare il buon lavoro svolto, perché si guarda alla dimensione PSG. Prendete ad esempio la nostra squadra, siamo in Ligue 2, alle porte della Ligue 1, ma abbiamo solo 5000 persone allo stadio rispetto ai numeri del Parc des Princes. Spero qualcuno possa arrivare davvero in Ligue 1 e professionalizzarsi, perché al momento c’è il gran club di Parigi e poi ci sono gli altri.”

I social network del club parlano di “ambizione capitale” per cui abbiamo chiesto a Lybohy cosa significhino per lui queste due parole e cosa renda questo club tanto particolare da aver catturato l’interesse di alcuni artisti francesi come Jazzy Bazz (storico ultras PSG) o Nekfeu che hanno invertito la tendenza delle star di sfilare sul tappeto rosso di Boulogne Billancourt.

“Quando si parla di ambizione capitale si fa riferimento al progetto che c’è di portare questo club ai più alti livelli del calcio francese. Che una piccola diventi grande rinnovandosi ed essendo prossima per le stagioni successive. Onestamente al momento non siamo ancora pronti per la Ligue 1 e questo lo sappiamo ma c’è per l’appunto l’ambizione di arrivarci. Io sono stato contento di restare qui e ci sarei rimasto anche in National perciò adesso mi piacerebbe salvare questo club e portarlo in Ligue 1 in modo tale da esser ricordato come il capitano di questa squadra”

Il concetto di prontezza o di prematurità è qualcosa che nel calcio spesso ha constrastato con quelli che sono stati gli effettivi risultati sul campo. All’uscita dal centro, Kévin Briand mi conferma che la volontà è quella di arrivare gradualmente a potersi giocare la Ligue 1 senza ripetere un caso Arles-Avignon, squadra promossa in Ligue 1 nel 2010/2011 subito rispedita al mittente Ligue 2 dopo una stagione disastrosa. Ne seguì poi una retrocessione in National ed un fallimento per mancanza di capitali. Nonostante il monito sia quello di fare le cose piano e per bene, l’impressione è quella che il Paris FC stia cercando di restare umile e con i piedi per terra per evitare inutili delusioni, pur sapendo che una promozione in Ligue 1 frutterebbe al club un innumerevole quantità di sponsor e di fondi grazie alla posizione di cui gode, in una zona centrale e fruibile a tutti.

“Siamo un club popolare, è per questo che chi vuole seguire il calcio e non può permettersi le cifre del PSG viene da noi, il vero club parigino!” conclude Lybohy.

Con la vittoria di ieri allo Stade Marcel Picot di Nancy per 0-1 le vacanze natalizie del PFC sono appena iniziate, con un regalo anticipato, ovvero il gol di Idriss Ech-Chergui che ha permesso ai suoi di poter continuare a credere nel sogno chiamato Ligue 1 anche nel 2018.

https://www.facebook.com/parisfc/videos/2043348495691675/?hc_ref=ARSQXyYkqhGU0lckbpoHXcPMlA5SbaHX4diBqQVANatC_INTTAneeRTU244JEmG7b4Q&fref=nf

 

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L’Italia si prepara alla Nations League: il programma

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Italia

Sta per tornare la Nazionale: in arrivo gli appuntamenti della Nations League, in cui vedremo impegnate Italia, Spagna, Olanda e Croazia per la final four. Come riporta Il Corriere dello Sport, inizia tutto stamattina. Alle ore 12 il presidente Malagò, Carlo Mornati (segretario generale del Coni) e Gabriele Gravina intitoleranno il campo numero 3 del centro di preparazione olimpica all’Acqua Certosa a Gianluca Vialli. Alla cerimonia parteciperanno gli Azzurri. Inoltre Mancini ha programmato un leggero allenamento in cui, ad assistere, ci saranno anche trenta giovani pazienti del Bambin Gesù, ospedale che collabora insieme alla Nazionale.

Nel pomeriggio, alle ore 17:15, l’Italia si imbarcherà da Fiumicino per volare in Sardegna, al Forte Village di Santa Margherita di Pula (come avvenne per Euro 2021). Ai giocatori sarà consentito portare le famiglie. Il tecnico ha previsto tre allenamenti: domani, mercoledì e giovedì; venerdì alle 10 rifinitura con la primavera del Cagliari. Domenica in serata nuovo ritrovo a Coverciano fino a mercoledì, in cui si partirà per Enschede (Olanda). Giovedì 15 la sfida contro la Spagna (mercoledì Olanda-Croazia). Domenica 18 le finali.

Mancini in Sardegna porterà 26 giocatori, ma già entro la mezzanotte di stasera dovrà inviare all’UEFA la lista dei 23 giocatori da portare in Olanda. Tra questi, anche se non presenti al ritiro perchè impegnati con l’Inter, ci dovrebbero essere Acerbi, Bastoni, Darmian, Dimarco, Barella.

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[VIDEO] – Pirlo non perde il tocco neanche in Kings League: la punizione

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Pirlo

Andrea Pirlo gioca ancora, e lo fa nella Kings League di Gerard Piquè. La sua squadra è il Jijantes che, anche se esce sconfitta per 4-3 contro il Pio FC, gli dà ancora modo di esprimersi e di far vedere di che cosa è capace, soprattutto con le punizioni. Infatti, il campione del mondo del 2006 si è reso protagonista di una punizione a dir poco sensazionale, che per poco non entrava in porta. Il tiro si è stampato sul palo.

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ESCLUSIVA – Errico Porzio: “Il segreto del successo? Dare spazio all’estro, ma con dedizione”

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ESCLUSIVA ERRICO PORZIO – Il tema dell’alimentazione ha spesso generato molti dubbi e polemiche nel suo rapporto con il mondo dello sport, creando molte discussioni su diete sane e bilanciate per mantenere la miglior condizione possibile. Tuttavia, spesso ci si interroga su quale sia la relazione ideale tra cibo ed attività fisica, ma in pochi riescono a fornire una soluzione ben determinata.

La redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di affrontare questo argomento con Errico Porzio, grande esperto della sfera alimentare. Porzio è un pizzaiolo campano molto celebre sui social network, sui quali conta complessivamente 1.5 milioni di follower. Oltre ad essere un pizzaiolo molto celebre, è un grande tifoso del Napoli e, ai nostri microfoni, ha espresso le sue sensazioni ed emozioni in merito a questa stagione molto positiva per i partenopei.

L’INTERVISTA AD ERRICO PORZIO

L’alimentazione, per un atleta, è uno step cruciale per avere successo nell’attività fisica. In qualità di figura esperta nel campo alimentare, cosa pensa di tutte quelle leggende e tabù su diete rigorose e sull’imposizione di limiti per il consumo di prodotti come la pizza?

“Oltre che un pizzaiolo io sono stato e sono tuttora uno sportivo. La cosa importante è affidarsi a persone che capiscono davvero di equilibrio alimentare, e non ad improvvisati o appassionati. Io, ad esempio, quando vado in palestra potrei sempre mangiare una pizza. Per chi non fa attività fisica, non si può abusare di carboidrati in generale e bisogna sapersi controllare. Condanno assolutamente chi elimina la pizza dalle diete, e te lo dico da persona che andando in palestra può mangiarla anche 3 volte a settimana”.

I suoi locali hanno mai ospitato dei giocatori? Se sì, c’è qualche aneddoto che vorrebbe raccontarci?

“L’ultimo aneddoto molto curioso riguarda Alessandro Zanoli. È stato mio ospite nel locale sul lungomare di Napoli e mi ha chiesto lui la foto. È stato un episodio molto simpatico, sembrava quasi mi volesse prendere in giro, ma mi ha fatto enormemente piacere. Però in realtà lui già mi conosceva e si era ricordato che ero stato a Castel Volturno qualche giorno prima per seguire gli allenamenti del Napoli. Inoltre abbiamo avuto clienti in passato come Ancelotti, che ordinava da casa, Pepe ReinaGabbiadiniCallejon, che abitava a poche centinaia di metri dalla pizzeria”.

In una sua recente intervista lei ha dichiarato: “Nelle pizze, vale come per il calcio: conta l’estro. Ogni calciatore ha un ruolo diverso, e, allo stesso modo, esistono diversi tipi di pizzaiolo con varie qualità”. Alla luce di questa dichiarazione, quanto è importante, secondo lei, esaltare le capacità individuali di un professionista e farle coesistere con il lavoro di squadra?

“È davvero importante. Io feci il paragone con una squadra di calcio, in cui trionfa il gioco di squadra, però è anche normale che al suo interno si esaltino le singole qualità. In questa stagione, per esempio, il Napoli ha avuto Osimhen come finalizzatore, Kvaratskhelia che faceva la differenza, Lobotka Anguissa che a centrocampo sono stati maestosi. Quindi, oltre al gioco di squadra bisogna dare sempre spazio all’estro e alla personalità. Anche nel caso del pizzaiolo, saper ascoltare ed individuare chi all’interno di un gruppo può fare la differenza e affidargli determinate responsabilità, altrimenti saremmo tutti uguali. Invece, c’è il personaggio più conosciuto, il più veloce, quello bravo a fare la pizza, quello veloce a fare gli impasti…

La cosa perfetta sarebbe trovare colui che, a prescindere da tutto, si intravede abbia qualità importanti, per dargli sicuramente più spazio e permetterti di fare la differenza all’interno di un locale. Ovviamente questo discorso vale per ogni lavoro di squadra, è una caratteristica generale della vita. Io uso sempre l’espressione “s’adda sape’ fa'” per esprimere questo concetto ed è riferito a qualsiasi elemento della vita. Se c’è qualcuno che ha estro e si applica con spirito di sacrificiodedizione passione, allora sicuramente può aiutare. Quindi, oltre alla bravura serve anche molta dedizione per fare bene”.

Nelle ultime settimane lei ha girato per tutta Italia a causa di eventi importanti a cui ha partecipato, come a Milano. Che atmosfera si respirava in città in attesa della finale di Champions League che affronterà l’Inter?

“Io sono stato a Milano il giorno del ritorno dell’euroderby. Già in quel momento c’era un umore ottimista da parte dei tifosi dell’Inter, meno da parte dei tifosi del Milan, che si erano già rassegnati dopo lo 0-2 dell’andata. Da parte interista, ovviamente, c’è grande entusiasmo e soprattutto consapevolezza che dall’altro lato c’è una squadra che ha battuto l’altra probabile finalista, che era il Real Madrid. Il caso ha voluto che si sono scontrate in una semifinale, ma in realtà si pensava che una vera finale fosse stata proprio quella. E non c’è stata partita”. 

La finale è una partita secca e fa storia a sé. Un episodio può indirizzarla verso una o l’altra strada, ma tutti siamo consapevoli che dall’altro lato c’è il Manchester City, una squadra di un livello superiore. Se dovessimo parlare di percentuali, personalmente direi 70% Manchester City 30% Inter. Il calcio, come dicevamo prima, è un gioco di squadra, però effettivamente i Citiziens, oltre che la squadra, hanno 15/16 fenomeni“.

Lei è un grande tifoso del Napoli, come attestato dalla produzione di giacche personalizzate per lei e il suo staff, oltre alla pizza inedita per celebrare la vittoria del campionato di Serie A. Ci racconta come ha vissuto i festeggiamenti e i momenti più belli della stagione?

“Sembrerà strano, ma uno dei momenti più belli della stagione è stato Napoli-Liverpool del girone di UCL. Fino a quel momento il Napoli macinava vittorie e bel gioco, ma fino a quel momento non aveva mai avuto un rivale di alto livello. Dopo quella partita, mi sono auto-convinto che il Napoli avrebbe vinto lo scudetto. Registrai un video con un membro del mio staff tifoso del Milan in cui dicevo che il Napoli avrebbe vinto il campionato con un mese o due mesi di anticipo sarebbero arrivato tra le prime 4 di Champions. Mi sono sbagliato solo in quest’ultimo caso, ma ci siamo andati molto vicini, anche a causa della sfortuna nelle due partite contro il Milan. Comunque, Napoli-Liverpool mi diede la consapevolezza che il Napoli quest’anno sarebbe stato inarrivabile.

Il titolo non è mai stato in discussione ed era solo questione di tempo. Abbiamo vinto con 5 giornate d’anticipo, ma già 6 giornate prima era tutto fatto, anche in caso di eventuale spareggio contro la Lazio, se le avesse vinte tutte. La vittoria molto anticipata ha fatto sì che i festeggiamenti ci fossero tutte le settimane, già dopo Juventus-Napoli 0-1, ben 7 giornate prima della fine del campionato, e si impazziva. Io ero all’aeroporto tra i 10/15mila tifosi ad accogliere la squadra rientrante e c’era aria di festa, si gridava, si cantava. Ho vissuto tutti i 3 scudetti del Napoli: il primo non si scorda mai, ma l’ultimo appena conquistato ha avuto una durata così lunga che ci siamo quasi stancati di festeggiarlo.

Il presidente De Laurentiis è molto bravo ad organizzare feste e celebrare le vittorie e in ogni vicolo e quartiere di Napoli si respirava l’aria di gioia che si aspettava da 33 anniIn particolare, Udinese-Napoli rimarrà nella storia. I miei figli e i miei fratelli mi hanno portato un pezzo di prato dallo stadio di Udine e questo è un ricordo storico”.

Per rimanere in tema Napoli e festeggiamenti, come festeggerà domenica 4 giugno la premiazione ufficiale degli azzurri?

“Non so se andrò allo stadio. Io preferisco stare per strada tra la gente, cantare e divertirsi piuttosto che trattenersi dopo la partita. Ripeto, stiamo festeggiando da due mesi e, arrivati ad un certo punto, si preferisce festeggiarlo in modo diverso. Le partite del Napoli ormai sono un obbligo di proseguire il campionato, ma danno al mister la possibilità di provare nuovi giocatori. Effettivamente ogni partita del Napolisia in casa che fuoriè una festa. Questo mi rende molto orgoglioso da tifoso e tutto ciò ha dato nuova linfa non solo alla Campania, ma a tutto il Sud Italia.

Girando spesso per il Paese da Nord a Sud, devo essere sincero, ogni tifoso si è dimostrato felice della vittoria del Napoli. Vincere a Napoli non è come farlo in altre città: solo chi ci vive sa cosa significa. Siamo molto felici di questa vittoria, soprattutto perché arrivata in modo schiacciante. A volte l’organizzazione conta più del potere“.

Cosa pensa dell’addio di Spalletti e chi le piacerebbe come allenatore per la prossima stagione?

Spalletti ha dato delle motivazioni più che valide. Non ha detto di lasciare Napoli per allenare un’altra squadra, anche perché dopo uno scudetto e tutto quel che ha vissuto in due anni, sarebbe stato molto difficile da digerire, soprattutto se avesse trovato squadra in Italia. Lui va via per restare con la famiglia e godersela, per stare più sereno. Effettivamente vincere a Napoli ed esserne l’allenatore comporta molte responsabilità. In strada si è osannati se si va bene, ma si può essere disprezzati molto se si va male. Quest’anno l’atmosfera di grossa responsabilità si è sentita sin da subito, per fortuna dei tifosi, ma sfortunatamente per lui. Essere tra i favoriti comporta di non poter sbagliare e, secondo me, è davvero molto stressante ed intenso, soprattutto per lui che non si sposta mai da Castel Volturno.

Come prossimo allenatore del Napoli ho un altro “sogno nel cuore”. Ci sono 3 allenatori che apprezzo in ordine crescente. Al terzo posto Thiago Motta, che mi piace tanto e sta facendo cose importanti a Bologna, dimostrando di poter essere un buon allenatore. Poi, al secondo posto metterei De Zerbi, ma ha una clausola molto alta e difficilmente può avverarsi. Al primo posto, nonostante tutti facciano i nomi di Italiano, Benitez, Conceiçao, io considero Jurgen Klopp l’allenatore ideale per una piazza come Napoli. Sembrerebbe che a fine anno possa divorziare con il Liverpool e lo vedrei veramente molto bene a Napoli”.

                                                              Fonte immagine di copertina: profilo instagram di Errico Porzio                           

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Calcio e dintorni

Guai in vista per Quincy Promes: mosse accuse per possesso di cocaina

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Promes

Il Servizio d’Accusa Pubblica dei Paesi Bassi ha condannato Quincy Promes, giocatore dello Spartak Mosca, per possesso e trasporto di cocaina. L’avvenimento risale al 2020, quando erano avvenute le intercettazioni di 1370 kg di sostanze stupefacenti, trasportate dal giocatore olandese, dal valore complessivo di circa 75 milioni di euro,  secondo quanto riportato da NOS.

L’ex giocatore di Ajax Siviglia, tra le altre, sarà al centro della discussione di un’udienza preliminare che avrà luogo il prossimo lunedì, 5 giugno. In seguito al processo, l’accusa potrà essere chiarita definitivamente, ma si tratta di una situazione molto delicata e rischiosa per il classe ’92, già al centro di altri problemi legali.

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