Minuto 68 di Manchester City-Atletico Madrid. Il quarto uomo, il signor Di Bello, chiama un triplo cambio per i padroni di casa. Dentro Phil Foden, Jack Grealish e Gabriel Jesus.
E’ sul primo di questi sei nomi, che concentreremo la nostra attenzione.
FULMINE
All’Ethiad Stadium di Manchester si gioca l’andata dei quarti di finale di Champions League. Di fronte, due filosofie calcistiche radicalmente opposte.
Il calcio rapido e orizzontale di Pep Guardiola e del suo Manchester City. Ed il cholismo, firmato Diego Pablo Simeone, dell’Atletico Madrid.
Al momento della sostituzione il risultato è ancora di 0-0. Le offensive dei citizens non sembrano avere effetto sulla strenua resistenza dei colchoneros. Guardiola decide di gettare in campo tre giocatori in un solo colpo. Tra questi c’è Phil Foden, centrocampista classe 2000.
Passano solo due minuti. Un boato infiamma la sponda sky blue di Manchester. Kevin De Bruyne riceve una palla deliziosa in verticale e trafigge Oblak. Il merito del gol, però, va condiviso con quel classe 2000 dal volto d’angelo e dal sinistro demoniaco. Quel classe 2000 che risponde al nome di Phil Foden.
Alla prima palla toccata, concretizza il colpo di genio che serve per spezzare gli equilibri.
Un fulmine a ciel sereno colpisce l’Atletico Madrid, che vede sgretolarsi la sua muraglia difensiva. Il Manchester City è avanti. E ci rimarrà fino al fischio finale.
SIMBOLO
Se pensi a Phil Foden, non puoi non pensare al Manchester City. Il nativo di Stockport è il volto, il cuore e l’anima del club. La maglia sky blue è la sua seconda pelle sin da bambino. Nel corso degli anni apparirà più volte sugli schermi di tantissime televisioni inglesi, ma ancora nessuno sa chi sia.
Dal 2016, quando a soli 16 anni approda in prima squadra, diventerà impossibile non riconoscerlo.
Le parole su di lui si sprecano. Guardiola, nel 2019, lo ha definito
“Il giocatore più talentuoso che ho mai visto nella mia carriera da allenatore“.
Con buona pace di un certo Lionel Messi, probabilmente dimenticato dal tecnico catalano. In molti lo soprannominano “foot of sugar“, cioè “piede di zucchero“.
Ma la cosa che più sorprende, di Foden, è che riesce a rispettare tutte queste promesse solo con ciò che dimostra in campo. Pochi proclami al di fuori del rettangolo di gioco. E molte copertine lasciate ad altri compagni di squadra.
Ma dalle parti dell’Ethiad Campus, quartier generale della squadra allenata da Pep Guardiola, sanno tutti benissimo che Foden rappresenta il Manchester City nella sua interezza.
IN CAMPO
Se alla grande abilità tecnica e disponibilità al sacrificio ci aggiungi le conoscenze di Pep Guardiola, il prodotto potrebbe rivelarsi davvero scoppiettante. Ed è proprio quello che è successo.
Giocatore totale nel vero senso del termine, Foden è in grado di occupare ogni posizione dal centrocampo in su.
Nasce come trequartista. Ruolo in cui si esalta la sua grande lettura di gioco, la sua maturità nelle scelte e la sua vena da killer d’area di rigore. Ma, all’occorrenza, può muoversi anche sull’esterno, in un tridente. Con predisposizione a destra, per poter sfoggiare il suo dribbling e rientrare sul piede forte. Infine, può essere una perfetta mezz’ala di inserimento o un regista arretrato, in caso di emergenza totale di uomini.
Ma, soprattutto, il ruolo in cui Guardiola lo vede meglio è quello di attaccante. Dopo gli anni di Messi, Villa e Pedro ad alternarsi al centro del tridente, Guardiola ha cercato di riproporre l’idea dell’attaccante leggero al Bayern Monaco. Ma con Robert Lewandowski, in Baviera, di “attaccante leggero” c’è stato ben poco.
A Manchester, il tecnico catalano ha ritrovato in Foden in suo “falso 9” ideale. Capace di abbinare tecnica e intelligenza tattica, di saper attaccare lo spazio, così come di saperlo creare, Foden è cresciuto sotto l’ala di Agüero. Per poi spiccare il volo in autonomia.
E Guardiola si gode la sua ennesima creazione. Autrice di 8 gol e 3 assist in 18 apparizioni come punta, in questa stagione. Molte, va sottolineato, da subentrato.
IERI. OGGI. PER SEMPRE.
Phil Foden è stato il passato del Manchester City. Rappresentando il club per tutto il suo trascorso nelle competizioni giovanili.
E’ il presente, del quale rappresenta l’anima più candida e sincera.
E sarà, con estrema probabilità, il futuro del Manchester City.
A prescindere dal futuro di Guardiola come allenatore dei citizens. Il centrocampista inglese ha legato a doppio filo il suo destino e quello del club. E in futuro potrebbe diventare ancora più centrale in un progetto, che godrebbe al massimo di un giocatore tanto fenomenale quanto multidimensionale come il suo numero 47.
La degna conclusione di tutto ciò, potrebbe essere la fascia da capitano del club. Un premio che potrebbe arrivare prima di quanto sembri.
Phil Foden rappresenta in toto il Manchester City. I suoi valori, la sua crescita, la sua dimensione, la lotta quotidiana per il dominio di Manchester.
Dalle interviste in cui esponeva la sua su Mario Balotelli, quando era ancora bambino ma già rappresentava gli sky blues. Fino all’assist per De Bruyne nella notte dell’Ethiad Stadium.
Dal passato come raccattapalle nei match del suo Manchester City, fino alla finale di Champions League, accarezzata e lasciata sfuggire lo scorso maggio.
Foden è il Manchester City. Ieri. Oggi. Forse, per sempre.