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Piatek e Paquetà: come sta cambiando il Milan?

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Piatek e Paquetà: come sta cambiando il Milan?

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E’ stato un mese di Gennaio importante per il nuovo Milan di Leonardo, Maldini e Gattuso. Dopo l’arrivo di Gazidis e la dimostrazione di forza servita sul piatto del calciomercato sotto forma di dietrfront rispetto a  Higuaìn, lasciato partire a cuor leggero, i rossoneri hanno imboccato la strada che porta a lottare fino all’ultimo per un posto nell’Europa che conta. Gli arrivi di Piatek e Paquetà hanno non solo cambiato a livello tattico la squadra di Gattuso, che ora si può permettere di svariare su più fronti offensivi, ma sopratutto a livello mentale: è visibile in campo come l’intera squadra si stia assumendo responsabilità diverse dopo la partenza di Higuain, e come i due nuovi arrivati stiano facilitando questo carico di oneri e onori.

L’INNESTO DI PAQUETA’

Il 4-3-3 impostato da Gattuso non cambia, al massimo si trasforma, grazie all’arrivo di Lucas Paquetà. Se l’attaccante polacco ha fisicamente e tatticamente preso il posto di Gonzalo Higuaìn relegando per ora Patrick Cutrone in panchina, è il brasiliano ad aver cambiato la marcia tattica al gioco del Milan: inserito come mezz’ala sinistra, Paquetà sembra essersi calato perfettamente nella realtà europea ed italiana riuscendo a utilizzare l’imponente fisico (1,80 mt per 72 kg) non come un ingombro alle giocate di qualità ma come un supporto, che lo rendono utile non solo in fase offensiva ma anche in fase di copertura. La novità più importante apportata al Milan con l’innesto del brasiliano è sicuramente la maggiore qualità attribuita alla manovra, diventata più fluida grazie ad un’ottima visione di gioco unita alle verticalizzazioni costanti che si sviluppano dalle sue giocate.

Bicicleta di Lucas Paquetà contro il Genoa: il brasiliano oltre a servire tatticamente, dimostra anche nelle giocate meno utili ma più estetiche, un livello di qualità e sicurezza mentale che al Milan mancava da tanto.

RINASCITA CALHANOGLU

Se con Piatek il rapporto d’amore è già sbocciato (due gli assist del brasiliano per il polacco, contro Napoli e Roma), sabato sera contro l’Atalanta è finalmente venuto alla luce il legame che hanno stretto Paquetà e Calhanoglu. Il turco si sta rendendo protagonista di una stagione ben al di sotto delle aspettative, ha fatto fatica per tutta la prima parte di stagione per vari motivi: da ala soffriva la mancanza di passo mentre da mezz’ala non trovava altri compagni che Suso con i quali parlare la sua stessa lingua calcistica. L’avvento di Paquetà, un vero e proprio tornado di rivoluzione, sta permettendo al turco di scambiarsi di posizione con lo stesso brasiliano nel corso del match, non dando punti di riferimento agli avversari e venendo a giocare dentro al campo con Paquetà pronto a sobbarcarsi l’onere di occupare la fascia sinistra. Dopo il goal di domenica tante sono state le lacrime versate insieme a Gattuso, sintomo di un coinvolgimento maggiore figlio di quell’assunzione di responsabilità che nel corso dell’ultimo mese ha cambiato le carte sul tavolo di Milanello.

PISTOLERO GELIDO

Il quarto posto e la teorica rincorsa alla Champions non sarebbero però possibili se l’attaccante polacco giunto da Genova non si fosse messo a segnare come se farlo fosse la cosa più semplice del mondo. Krystof Piatek, classe ’95, ha messo a segno 25 goal in 26 partite nella stagione 2018/2019, di cui 6 registrati nelle 5 gare giocate con il Milan (19 goal in 21 match con la maglia del Genoa). Una sentenza, che in maglia rossonera segna un goal ogni 84 minuti, dimostrandosi il vero e proprio fattore per la rincorsa alla Champions League. Se però ci limitassimo ad elencarne i numeri offensivi non daremmo giustizia a quanto fatto dall’attaccante polacco in queste prime uscite a tinte rossonere: oltre alla freddezza glaciale sotto porta, Piatek sta dimostrando di saper giocare con la squadra in modo efficace e preciso. Viene a prendersi il pallone, resta in continuo movimento per offrire più soluzioni di gioco ai compagni e chiede costantemente la sfera in profondità per puntare le difese avversarie. Inoltre, sta mostrando una visione di gioco superiore alla media degli attaccanti adibiti alla pura finalizzazione, imponendosi come punto cardinale intorno al quale il gioco rossonero si dipana e si trasforma.

Questo il goal di Piatek contro la Roma: Paquetà si libera con un dribbling di due avversari e fa partire un cross da sinistra su cui il polacco si avventa spiazzando Olsen e Fazio. L’intesa tra i due giocatori è evidente.

PORTARE A COMPIMENTO

Nei mesi di difficoltà rossoneri, quando Higuaìn non riusciva a segnare e il gioco sembrava involuto al punto da mettere sulla graticola Gattuso, il problema principale derivava dalla mancanza di goal. Il Milan non riuscendo a segnare vedeva il suo gioco non finalizzato, non portato alla luce. Un 4-3-3 come quello di Gattuso necessita del goal per impostazione di base, i giocatori stessi avevano bisogno di qualcuno che finalizzasse la mole di gioco prodotta per portare a compimento l’idea di calcio che tanto bene sta facendo in quest’ultimo mese e che, prima dell’arrivo dei due nuovi, non era diversa, ma si trovava anni luce lontana dall’essere realizzata. Dalla gara con la Sampdoria del 12 gennaio, il Milan ha segnato tredici goal (quattro in coppa Italia e nove in campionato) subendone solo tre e giocando contro appunto Sampdoria, Juventus, Genoa, Napoli (due volte), Roma, Cagliari e Atalanta. Un percorso netto che parla di cinque vittorie, due pareggi e una sola sconfitta maturata nella Supercoppa contro la Juventus. Dei tredici goal messi a segno, quattro sono antecedenti all’arrivo di Piatek ma contemporanei al debutto di Paquetà (avvenuto contro la Sampdoria) e sono stai siglati dalla vecchia guardia a disposizione di Gattuso. Degli altri nove invece, ben sette portano la firma del duo di gennaio: un goal e due assist, entrambi per il polacco, per Paquetà, e sei goal per Piatek, a cui vanno aggiunti l’autogoal di Ceppitelli propiziato da Suso e il goal di Calhangolu, messosi in proprio a Bergamo.

Milan – Cagliari: Piatek si abbassa oltre la linea di centrocampo portandosi dietro un difensore e liberando così lo spazio per Suso. Il lancio del polacco è preciso verso lo spagnolo libero di puntare il diretto avversario.

QUADRATURA DEL CERCHIO

Gli arrivi di Piatek e Paquetà sono stati dunque fondamentali per portare a compimento definitivo l’idea di calcio di Gattuso che grazie alle qualità dei due nuovi innesti ha potuto alzare il livello qualitativo del gioco trovando un tessitore di livello europeo e un finalizzatore per ora implacabile, che porta all’estrema ratio l’idea di gioco messa in campo dal tecnico di Corigliano Calabro. Un’evoluzione tecnica e tattica del Milan, che oggi si muove in campo con più naturalezza, vede il 4-3-3 trasformarsi in un 4-2-3-1 (sintomo ne sono i minori inserimenti in area da èarte di Kessié) che libera Suso e Calhangolu dal compito di impostare dalle fasce delegando la mansione al brasiliano. Entrambi vogliono il pallone, entrambi sembrano avere fame di campo al punto da diventare pedine fondamentali del Milan dopo nemmeno un mese dal proprio arrivo. Paquetà, che ricordiamo provenire  dalla stagione giocata e conclusa in Brasile, si sta rendendo protagonista di un’ascesa verticale nel campionato italiano, mentre Piatek, grazie ai suoi goal, sta confermando la vena realizzativa messa in mostra col Genoa.

PROSSIMA FERMATA EUROPA?

A quattordici gare dalla fine del campionato e a due dalla finale di coppa Italia, il Milan di oggi può sognare in grande e assumersi la responsabilità di puntare al ritorno in Champions League. Gli arrivi di Paquetà e Piatek non sono stati casuali, e il loro grande impatto sembra essere stato calcolato al millimetro da Leonardo, Maldini e Gattuso, che con loro sapevano di poter alzare l’asticella della stagione corrente. C’è voluto tanto coraggio per puntare su un trequartista proveniente dal Flamengo e su un attaccante che i goal li stava facendo in una realtà più piccola rispetto a quella rossonera, ma ad oggi il Milan sembra essere una macchina pronta a macinare punti grazie ad un gioco finalmente portato a compimento e a quei nuovi dettami tattici che da un mese hanno cambiato le carte in tavola dalle parti di Milanello.

 

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Arrivano le parole di Gravina su Acerbi: “La sentenza va rispettata”

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FIGC

Dopa la decisione del giudice sportivo di assolvere Acerbi sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Figc Gabriele Gravina circa l’accaduto. Nelle ultime ore la sentenza aveva scatenato le reazioni più disparate, a partire dall’indignazione del Napoli resa nota tramite un suo comunicato ufficiale. A cercare di placare le acque ci ha provato proprio Gravina, a conclusione dell’Assemblea di Lega odierna. Gravina ha invocato il rispetto verso la sentenza del giudice sportivo. Inoltre si è pure detto disposto a credere alla difesa di Acerbi che aveva saltato per via del caso gli ultimi impegni con la Nazionale italiana. Di seguito vi riportiamo le sue dichiarazioni.

GRAVINA – “L’assoluzione di Acerbi? Si tratta di una decisione del giudice che tutti devono accettare, compreso chi non si sente soddisfatto. Esistono  principi che devono essere rispettati altrimenti corriamo il rischio di  far saltare tutto il sistema. Io accetto il verdetto e sul piano umano  abbraccerò il ragazzo quando lo incontrerò. Abbiamo saputo di una verifica da parte del giudice sportivo e allora, per evitare forme di distrazione, lo abbiamo lasciato a casa. È stata una decisione a scopo precauzionale, non perché già condannato. Acerbi ha fornito le proprie motivazioni e noi crediamo alle parole del ragazzo”.

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Flash News

Kvaratskhelia in dubbio per l’Atalanta: oggi la decisione

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Khvicha Kvaratskhelia, giocatore del Napoli - Serie A, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Champions League

Nella giornata di oggi Khvicha Kvaratskhelia farà ritorno a Napoli. Nel corso del match contro la Grecia che è poi valso la qualificazione a EURO24 con la sua Georgia, l’esterno sinistro è stato costretto ad uscire dal campo a causa di un dolore all’inguine. La sua nazionale ha poi vinto lo stesso ai calci di rigore. La sua presenza contro l’Atalanta resta ancora in dubbio.

LE CONDIZIONI DI KVARATSKHEILA

Come riporta Il Mattino, Kvaratskhelia sarà valutato nelle prossime ore dallo staff del Napoli. La speranza è che si tratti solo di un affaticamento muscolare. Se così dovesse essere la sua presenza in campo per la sfida contro l’Atalanta non sembra essere in discussione. Se invece si dovesse trattare di uno stiramento il georgiano dovrà stare ai box per qualche settimana. il Napoli aspetta il rientro di Kvaratskhelia per capire se sarà necessaria o meno una risonanza magnetica. Vedendo i video che sono circolati sui profili social dello stesso georgiano, che lo ritraevano festeggiare coi compagni, la speranza è che davvero non sia nulla di grave. Il popolo azzurro dovrà restare con il fiato sospeso ancora per qualche ora. Ricordare l’importanza della sfida contro l’Atalanta è quasi superfluo: si potrebbe trattare infatti dell’ultima chance per la Champions League.

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Calcio Internazionale

Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico

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Barcellona Lewandowski

Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.

Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.

Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina

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Andrea Compagno

Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.

All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.

La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO

In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?

Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.

Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.

Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.

Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?  

Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA

Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?

Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.

C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?

Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.

E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento. 

Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR

I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A. 

Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.

È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese. 

Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE

Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto? 

Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.

Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?

Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.

La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?

Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.

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