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Pronostico Lazio-Roma, statistiche e consigli per la partita

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Pronostico Lazio-Roma, statistiche e consigli per la partita

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Pronostico Lazio-Roma

PRONOSTICO LAZIO-ROMA – Un derby non è mai stato, non è e non sarà mai una partita come le altre, soprattutto se il derby in questione è quello di Roma. Lazio e Roma si contenderanno la supremazia sulla Città Eterna da domani al prossimo scontro, in una partita che, storicamente, prevede sempre tanto spettacolo. La sfida andrà in scena domani, domenica 19 marzo, alle ore 18. Il teatro sarà ovviamente lo stadio Olimpico, che domani si tingerà di biancoceleste, giocando in casa la Lazio.

LAZIO-ROMA: COME ARRIVANO LE DUE SQUADRE?

Lazio e Roma ricoprono, rispettivamente, la terza e la quinta posizione in campionato. La squadra allenata da Sarri è a quota 49 punti in classifica, mentre i ragazzi di Mourinho inseguono a quota 47.

Entrambe le compagini daranno battaglia a Milan, Inter e Atalanta per ottenere un posto tra le prime quattro, che garantirebbe un posto alla prossima Champions League. Vincere domani sarà fondamentale per tenere il passo delle rivali.

La Lazio non sta passando il miglior momento dell’era Sarri, i biancocelesti infatti sono usciti dalle coppe europee, a causa della doppia sconfitta contro l’AZ agli ottavi di Conference League. Nell’ultima giornata di Serie A Milinkovic-Savic e compagni sono invece stati fermati sul pareggio dal Bologna di Thiago Motta.

La Roma di Jose Mourinho ha perso punti importanti contro Cremonese e Sassuolo, perdendo entrambe le sfide. Nel mezzo la vittoria contro la Juventus che ha dato morale in vista della doppia sfida contro la Real Sociedad, dove grazie alla vittoria all’Olimpico e al pareggio ottenuto in Spagna i giallorossi hanno trionfato e passato il turno, accedendo così ai quarti di Europa League.

PRONOSTICO LAZIO-ROMA: I PRECEDENTI

Si giocherà il derby numero 180 in competizioni ufficiali. La Roma ha vinto 67 volte, i pareggi sono stati 63, mentre le vittorie della Lazio 49.

In Serie A sarà il 160esimo derby di Roma, nel massimo campionato italiano la squadra allenata da Mourinho ha trionfato 15 volte in più dei ragazzi di Sarri, 57 vittorie contro 42.

La sfida d’andata finì 0-1 per la Lazio, grazie al gol di Felipe Anderson nel primo tempo. La Roma cercherà di sfatare il tabù nei derby in casa della Lazio, l’ultimo vinto dai giallorossi risale infatti al 2016, da quel momento 6 partite, 2 pareggi e 4 sconfitte.

PRONOSTICO LAZIO-ROMA

Il derby di Roma è di per sé una sfida dai mille risvolti possibili, che va oltre il periodo di forma o il livello tecnico delle due squadre. Sarà fondamentale l’approccio alla gara e la voglia di vincere dei singoli giocatori in campo.

Questa situazione di parità la si comprende anche dalle quote dei bookmakers, biancocelesti e giallorossi infatti, su Bet365, sono quotati entrambi a 2.75, il pareggio invece è a 3.00.

Il segno Gol, che si realizza se entrambe le squadre segnano, è considerato un evento meno probabile del No Gol, infatti è quotato a 2.05.

Molto alta anche la quota dell’Over 2.5, che corrisponde ad almeno 3 gol nell’incontro. Sempre su Bet365 la si trova a 2.63, contro l’1.5 dell’Under 2.5.

Il nostro consiglio è di non puntare sulla vittoria di uno dei due club e di evitare di inserire la partita all’interno di un raddoppio o di una quota bassa.

Un rischio valido è, considerando le quote, il segno Over 2.5, senza aggiungere combo o doppie chance. In una partita imprevedibile come questa le tre reti non recherebbero stupore, infatti il derby di Roma è finito Over in ben tre delle ultime cinque occasioni, tre delle ultime quattro analizzando solo le partite con la Lazio in casa.

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Retegui e gli oriundi: la possibile top 11 dei migliori giocatori con passaporto italiano

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Italia

Mateo Retegui è uno dei nomi più chiacchierati dell’ultimo periodo in ottica calcio italiano, vista la sua convocazione arrivata a sorpresa dopo un’attenta supervisione di Roberto Mancini, che ha deciso di convocare l’attaccante del Tigre. El Chapita, grazie alle sue origini italiane, ha infatti potuto ottenere l’opportunità di vestire la maglia azzurra. Nonostante la grande tradizione sportiva in famiglia, il padre Carlos è un ex giocatore e allenatore di hockey su prato argentino, con anche la sorella Micaela, vincitrice di una medaglia olimpica, da parte di Mateo non ci sarebbe stata alcuna esitazione.

Come riferito da Mancini, questa potrebbe essere la prima di tante convocazioni di qualche oriundo. Ma come sarebbe stata la migliore top 11 se alcuni giocatori di origine italiana avessero potuto giocare per l’Italia. Andiamoli a scoprire, immaginando di schierare un 4-2-3-1 ricco di classe e grandi campioni.

PORTA E DIFESA

Per la difesa, la scelta migliore partendo dai pali è Juan Musso. Tra i terzini, a sinistra troviamo Nicolas Tagliafico. Il giocatore del Lione ed ex Ajax ha chiare origini italiane, con il padre di origine genovesi come tanti altri cittadini di Buenos Aires (basti pensare ad alcuni legami con il calcio, come anche il Boca Juniors, fondato da alcuni genovesi in Argentina,  da cui nasce il soprannome Xeneizes). Mentre la madre ha strette origini con il comune di Lamezia Terme.

Al centro, posizioniamo l’ex capitano della Fiorentina German Pezzella, che ha ottenuto anche la cittadinanza italiana (origini di Frattamaggiore). Nell’altro slot, Roger Ibanez poteva essere una soluzione valida. Come anche riferito qualche anno fa, il brasiliano con passaporto uruguaiano e italiano si era detto felice di una possibilità di rappresentare l’Italia, Paese dove è cresciuto anche calcisticamente. Ma vista l’assenza di contatti, il romanista non ha poi esitato a scegliere la Seleçao. Altro terzino che conclude la catena difensiva con passaporto italiano è Alex Telles. Il brasiliano si era detto ottimista nell’ormai lontano 2016 per una convocazione con la Nazionale azzurra, definendosi italiano dentro. Il Brasile ha poi chiamato il calciatore ex Inter, United e Porto nel 2019, che non è rimasto in silenzio:

“Mentirei se dicessi che non mi aspettavo di essere convocato. La possibilità c’era”.

CENTROCAMPO

Passando al centrocampo, il primo nome è quello di Rodrigo De Paul. Il secondo invece quello del Papu Alejandro Gomez. La storia del Papu è più che interessante. Difatti, nonostante le sue origini non siano strettamente legate al nostro Paese, l’ex bergamasco ha acquisito nel 2016 la cittadinanza italiana, ed è stato probabilmente il giocatore più vicino tra i nominati in questa formazione a vestire la casacca azzurra. Dopo la mancata convocazione agli Europei del 2016 con Conte, è arrivata la beffa con Ventura. Infatti la FIFA ha bloccato la sua possibile convocazione e il Papu è stato poi chiamato a vestire la maglia dell’Albiceleste con cui si è laureato Campione del Mondo qualche mese fa.

ATTACCO

Dalla trequarti in poi, è libero spazio alla fantasia e alla classe allo stato puro. A destra, El Fideo Angel Di Maria. Al centro, Paulo Dybala. L’ex Juventus e attualmente in forza alla Roma è stato un altro giocatore tentato da una possibile chiamata dell’Italia, con la FIGC e Conte che ci hanno provato all’epoca della sua avventura del Palermo. Nonostante questo, Dybala ha detto no ad una possibile convocazione per sognare l’Albiceleste. Ha comunque acquisito la cittadinanza nel 2012 grazie alle origini della nonna materna.

Sulla sinistra, troviamo Gabriel Martinelli. Il giovane brasiliano e nuova stella dell’Arsenal, fin dai primi esordi con i Gunners in Premier League, aveva fatto parlare di sé in Italia per una sua possibile convocazione nell’Italia visto il doppio passaporto.

Infine, come riferimento offensivo la scelta è ricaduta su uno dei più grandi possibili oriundi italiani di sempre, forse il più grande di tutti. Con il trisavolo originario di Recanati, Lionel Messi è anche un cittadino italiano. Angelo Messi partì infatti alla volta dell’Argentina nel 1893 in cerca di fortuna come tanti milioni di italiani del periodo, sia negli Stati Uniti che in Sudamerica.

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Bundesliga

L’inaspettata crisi gestionale del Bayern Monaco

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Bayern Monaco

L’esonero di Julian Nagelsmann dalla panchina del Bayern Monaco è stato un fulmine a ciel sereno che ha scombussolato il calcio tedesco ed europeo in generale. Un evento inaspettato, arrivato per giunta durante la pausa delle nazionali, ma anche a ridosso di tre appuntamenti importantissimi per i bavaresi. Il Klassiker contro il Borussia Dortmund capolista (che vale il vertice della classifica), la semifinale di DFB-Pokal contro il Friburgo e, soprattutto, l’attesissimo quarto di finale di Champions League contro il Manchester City.

Una mossa rischiosa, dunque, cambiare in corsa in un periodo in cui i tedeschi si giocheranno tutti i trofei disponibili in stagione. Ma anche la scelta del sostituto di Nagelsmann, Thomas Tuchel, va in controtendenza con i progetti che la dirigenza bavarese aveva sposato appena un anno e mezzo fa. Un cambiamento che è, forse, la goccia che ha fatto traboccare il vaso nell’ambiente Bayern che, in questi ultimi mesi, sta vivendo una profonda crisi a livello gestionale.

LA DIRIGENZA DEL BAYERN BOCCIA IL SUO STESSO PROGETTO

La scelta di esonerare Julian Nagelsmann sembra, innanzitutto, in controtendenza con il progetto che il Bayern Monaco aveva sposato un anno e mezzo fa. Quando pagò la clausola di ben 25 milioni per assicurarsi l’ex allenatore del RB Lipsia, facendogli firmare un contratto quinquennale.

Certo, i risultati in questo anno e mezzo sono stati altalenanti. Due trofei in bacheca: il Meisterschale e la Supercoppa di Germania. Ma anche una cocente eliminazione nella scorsa Champions League per mano del Villareal. Inoltre, pesa nella scelta anche il rendimento ondivago in Bundesliga in questa stagione. Con il Borussia Dortmund che è riuscito a recuperare ben 10 punti in 10 partite e a scavalcare i bavaresi in vetta al campionato.

Ciò sembrerebbe comunque troppo poco per giustificare un esonero in corsa di Nagelsmann, che resta comunque uno dei più grandi allenatori europei in prospettiva futura, avendo solamente 35 anni. Con, quindi, ancora tutto il tempo per migliorarsi e sviluppare le proprie idee.

La scelta di affidarsi a Tuchel potrebbe sembrare un passo indietro per il Bayern Monaco. L’ex tecnico di Chelsea e PSG ha dimostrato di avere idee di gioco diverse e meno radicali di quelle di Nagelsmann, che invece aveva dato al suo Bayern un’impronta più avanguardistica, con un gioco iper offensivo improntato al Gegenpressing. Armi con il quale Nagelsmann ha saputo piegare il Paris Saint-Germain nella doppia sfida degli ottavi di finale di Champions League; ma anche dominare un girone di ferro con Inter e Barcellona.

LE DISCUTIBILI MOTIVAZIONI DELL’ESONERO

Come se non bastasse, anche le tempistiche di alcune dichiarazioni fanno pensare che la scelta di esonerare Nagelsmann potrebbe essere stata poco sensata. Fa riflettere in particolar modo quella del presidente del club tedesco Herbert Heiner. Il numero uno dei bavaresi si era infatti schierato a favore di Nagelsmann con queste parole:

“Si tratta di un grande allenatore che anche nel doppio confronto con il PSG ha dimostrato di essere tatticamente e a livello strategico ai massimi livelli. Gli abbiamo fatto un contratto quinquennale perché vogliamo costruire qualcosa di importante con lui e i progressi si sono già visti in questo primo anno e mezzo”.

Parole di elogio, dunque, pronunciate neanche tre giorni prima dell’esonero. Si era parlato anche di uno spogliatoio ormai contro l’allenatore. Ma neanche questa ipotesi sembra aver un fondamento. Anzi, Joshua Kimmich, capitano del Bayern Monaco, ha rilasciato un’intervista in cui cita Nagelsmann fra migliori allenatori che abbia avuto in carriera. Un altro senatore come Thomas Müller ha dedicato un post in cui fraternizza col suo ex allenatore dopo l’esonero. Dunque, non starebbe nemmeno in piedi la teoria di un ammutinamento dello spogliatoio nei confronti dell’allenatore, avallando sempre più l’ipotesi di una scelta voluta da Kahn e Salihamidzic.

Si era anche parlato di come Nagelsmann non avesse sviluppato a pieno il talento dei suoi giocatori. Ma, a ben guardare, anche questa è una falsa considerazione. Visto che è riuscito a recuperare Benjamin Pavard, che da partente è passato a essere nuovamente un perno della squadra. O la valorizzazione di pedine facenti parte delle seconde linee quali Stanisic; della crescita esponenziale di giovani come Alphonso Davies e Jamal Musiala. Nonché dell’inaspettata centralità di un giocatore come Choupo-Moting. E ancora i vari Coman, de Ligt, Upamecano, che hanno mostrato grandissimi progressi in quest’ultimo periodo.

IL CASO NEUER

Come se non bastasse a rendere l’ambiente del Bayern Monaco una vera e propria polveriera, ricordiamo anche il caso che ha riguardato Manuel Neuer. Il portierone tedesco è stato duramente ripreso dopo la rottura della tibia e del perone in un incidente sugli scii.

Dopo l’accaduto il rapporto fra il club e Neuer sembra essersi logorato. Kahn e Salihamdizic hanno licenziato Toni Tapalovic, allenatore dei portieri e fedelissimo di Neuer, oltre che suo grande amico. In tutta risposta, l’ex Schalke 04 si è pesantemente sfogato contro la società in un’intervista a The Athletic. Intervista, peraltro, che la società non gli aveva permesso e che, dunque, gli è costata una multa di ben 1,6 milioni di euro.

Sono tutti indizi di un ambiente che, in quest’ultimo periodo, sembrerebbe essere sempre più logoro. Un’evento molto strano in casa Bayern Monaco, visto che stiamo parlando di un club che, sia dentro che fuori dal campo, ci ha da sempre abituati a un livello di gestione eccellente. Solo il tempo ci dirà se la dirigenza sta procedendo in maniera oculata, o se sta effettivamente perdendo il controllo di una situazione forse mai così tesa come in questo momento all’interno della società.

 

 

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Chi ha segnato più gol di testa in Serie A dopo 27 giornate

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Chi ha segnato più gol di testa

CHI HA SEGNATO PIÙ GOL DI TESTA IN SERIE A – Osimhen e tutti gli altri. La speciale classifica dedicata a chi ha segnato più gol di testa in Serie A dopo le 27 giornate finora disputate certifica, anche in questo caso, il dominio dell’attuale capocannoniere del campionato, autore di 21 gol, almeno 7 più degli altri. Non è un caso che il nigeriano del Napoli i suoi ultimi due gol – i due segnati al Torino – li abbia fatti entrambi di testa.

Ma vediamo chi ha segnato più gol di testa finora, in attesa che le ultime 11 giornate diano un quadro definitivo.

1°: OSIMHEN (7 GOL)

7 di 21, ovvero il 33% del totale dei gol segnati in campionato, Osimhen li ha fatti di testa. Se vogliamo aggiungere un altro numero, possiamo dire 2, come le partite in cui ha fatto una marcatura multipla segnando solo di testa: per l’appunto, l’ultima contro il Torino, e quella strepitosa giocata contro la Juventus. I restanti tre gol realizzati in questo modo li ha fatti contro Atalanta (all’andata), Udinese e Spezia. Piccolo particolare da non trascurare: anche nello scorso campionato il 9 azzurro aveva segnato 7 reti di testa, ma quest’anno ha ancora 11 partite per segnarne altre.

2°: BASCHIROTTO (3 GOL)

Apriamo la lunga di secondi in classifica con Baschirotto, che è soltanto il quarto difensore ad aver segnato così tanti gol di testa (nella scorso campionato ci erano riusciti soltanto Skriniar e Ibanez arrivando a 3 gol). Il difensore del Lecce in questo modo ha punito Atalanta, Milan e Cremonese. Ha eguagliato così il miglior score personale di reti segnate di testa in un’unica stagione, che aveva stabilito nel 2020/21 in C, con la Viterbese.

2°: BREMER (3 GOL)

Come Baschirotto, anche Bremer quest’anno ha eguagliato il suo miglior score di gol di testa. È arrivato a 3 in campionato già nel 2019/20 e nel 2020/21, ovviamente con la maglia del Torino. Proprio i granata sono stati una delle sue “vittime” di quest’anno, come Salernitana e Sampdoria. Attenzione: se consideriamo anche le altre competizioni, il bottino del brasiliano arriva a 4 perchè un gol di testa l’ha realizzato anche alla Lazio, in Coppa Italia.

2°: IBANEZ (3 GOL)

Uno dei tre romanisti arrivati a quota 3 gol di testa è Roger Ibanez, che le sue reti le ha siglate sempre insaccando una palla proveniente dalla bandierina del calcio d’angolo (non a caso, i corner sono uno dei principali punti di forza della squadra di Mourinho). È successo contro Monza, Milan e Empoli. Come detto prima, Ibanez a 3 ci era arrivato già l’anno scorso e in nessun’altra stagione ha fatto meglio.

2°: SMALLING (3 GOL)

L’assist per il gol di Smalling solo una volta su tre è arrivata dalla bandierina del calcio d’angolo, ma sempre dai piedi di Lorenzo Pellegrini (che a Ibanez ha fatto 2 assist). In mischia, in area di rigore avversaria, l’inglese ha fatto centro con un colpo di testa contro Cremonese, Inter e Lecce. E per un giocatore di esperienza come lui acquisisce ancora più rilevanza il fatto che in nessun’altra stagione ha fatto più di 3 gol di testa: prima si era spinto a tanto solo nel 2014/15, con lo United, in Premier League.

2°: RABIOT (3 GOL)

Il centrocampista ad aver fatto più gol di testa in questa Serie A è proprio “Cavallo PazzoAdrien Rabiot. Il francese sta disputando il suo miglior campionato dal punto di vista realizzativo grazie ai suoi 7 gol (in unico campionato prima era arrivato al massimo a 4 centri, nel 2020/21 e, in Ligue 1, nel 2014/15). Tre di questi – contro Empoli, Fiorentina e Sampdoria – li ha fatti appunto di testa. Curiosità: prima di quest’anno, non aveva mai segnato di testa in Serie A.

2°: ABRAHAM (3 GOL)

Sì, qualche attaccante oltre Osimhen c’è. Abraham sta disputando un campionato difficile: solo 6 i gol per lui, la metà ne ha fatti di testa, ai danni di Juventus, Sassuolo e Empoli. Un bel passo avanti perchè nella scorsa stagione, considerando solo il campionato, di reti di testa ne era arrivata solo una, all’Olimpico, contro la stessa Juve. Il miglior bottino personale in un unico campionato risale alla stagione 2018/19: 6 gol di testa in Championship.

2°: GIROUD (3 GOL)

Non si gira soltanto, ultimamente ci sta mettendo anche la testa. I suoi ultimi 3 gol in campionato – contro Sassuolo, Torino e SalernitanaOlivier Giroud li ha segnati proprio di testa. L’anno scorso, in Serie A, invece si era fermato a uno. In Premier League, però, di reti di testa ne ha fatte non poche: nel 2015/16 ne ha segnate 7 in campionato e questo rimane il suo miglior risultato.

CONFRONTO (MOMENTANEO) CON LA SERIE A 2021/22

Nello scorso campionato di Serie A, nella classifica dei gol di testa subito dietro Osimhen si erano piazzati grandi bomber come Immobile (con 6) e Vlahovic (con 5), che invece quest’anno sono entrambi ancora fermi a 1. Un calo dei gol di testa l’hanno registrato anche alcuni bomber di provincia come Destro (5 nel 2021/22, 0 nel 2022/23), Beto (4-1), Arnautovic (4-0) e Djuric (4-1). Anche un colosso come Milinkovic-Savic ha finora deluso le aspettative perchè se nello scorso campionato di testa aveva firmato 4 gol, quest’anno non ne ha realizzato ancora uno.

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Calcio Internazionale

Il modello della Francia: un club tra le nazionali

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Mbappé

Con i campionati al momento fermi, l’inizio delle qualificazioni ad EURO 2024 ha offerto diversi spunti interessanti. Uno su tutti proviene dalla serata dello scorso venerdì, quando, a Saint-Denis, la Francia di Didier Deschamps ha battuto con un netto 4-o l’Olanda, lanciando un segnale forte e chiaro al calcio internazionale. Una partita praticamente perfetta, che ha confermato quanto di buono fatto dai Bleus a Qatar 2022. Una partita fantastica per una squadra fantastica, che dispone di una gran quantità di nomi importanti, di un’organizzazione ed un gioco da far invidia ai club e di quello che probabilmente sarà il miglior calciatore al mondo per almeno i prossimi dieci anni. Tutte ragioni che possono spiegare il perchè di come questa nazionale possa dominare nei prossimi anni.

RINASCITA CON DESCHAMPS

Importante fare un salto nel passato per capire come la Francia sia riuscita a ripartire dopo anni difficili. Nel corso della propria storia recente, la nazionale transalpina ha vissuto tantissimi alti e bassi. Partendo dal ciclo d’oro, guidato da Zidane, in cui i Galletti dal ’98 al 2006 hanno sollevato la loro prima Coppa del Mondo, un Europeo e raggiunto la finale a Berlino.

Da lì praticamente il nulla, con eliminazioni addirittura ai gironi nelle competizioni successive. La svolta arriva nell’estate 2012, quando dopo le dimissioni di Blanc, Didier Deschamps viene nominato CT. Da qui parte la rinascita vera e propria. Dopo gli ottavi ai Mondiali del 2014, la Francia arriverà quasi sempre fino in fondo. Dopo la delusione ad EURO 2016, Les Bleus trionfano ai Mondiali in Russia e 4 anni più tardi sfiorano il bis in Qatar, arrendendosi solo in finale ai calci di rigore.

Una rinascita partito da lontano, con Deschamps che è riuscito man mano a trovare il giusto mix tra l’esperienza di chi era già nel giro della nazionale e il talento dei numerosi giovani esplosi nel corso degli anni, soprattutto in campionati esteri. Percorso che visti i presupposti e la giovane età dei protagonisti, ha tutto per durare ancora a lungo.

PARATA DI STELLE

Ciò che risalta subito guardando la Francia è sicuramente una rosa ampia, completa in ogni reparto e soprattutto composta da giovani di qualità e diverse stelle. Una squadra che può contare su più alternative di valore in ogni ruolo. Partendo dalla porta, dove l’ex capitano Lloris ha annunciato il ritiro dalla nazionale, Deschamps ha eletto come titolare Mike Maignan, il miglior portiere della scorsa Serie A.

In difesa abbondano le alternative soprattutto tra i centrali, con Konatè, Upamecano, Saliba e Koundè, tra l’altro schierabile anche come terzino. Sugli esterni invece, si può contare sulla solidità di Pavard a destra e sull’esplosività di Theo Hernandez a sinistra. Anche a centrocampo tanta varietà con Tchouameni, Rabiot, Camavinga e l’adattamento riuscito di Griezmann, fondamentale nell’ultimo Mondiale.

Il fiore all’occhiello è però l’attacco che vanta nomi come Giroud, Coman, Diaby, Kolo-Mouani e soprattutto Kylian Mbappe, trascinatore indiscusso e da poco anche capitano. Una rosa che di per se fa già paura, ma che impressiona ancor di più per i nomi rimasti fuori. Per infortuni e ragioni varie restano infatti fuori campioni come Kantè, Pogba, Nkunku, Mendy, Dembele e Benzema. Una parata di stelle da fare invidia ai top club più ricchi al mondo.

GIOVANI DI VALORE

Oltre che su una rosa altamente competitiva, la Francia può contare anche su un processo di rinnovamento destinato a durare ancora negli anni. Apparte l’attività dello storico centro di formazione di Clairfontaine, capace di sfornare campioni come Mbappe ed Henry, sono tanti i giovani talenti francesi che trovano spazio nei principali campionati europei.

L’ultimo in ordine cronologico a raggiungere la nazionale maggiore è Khephren Thuram, ma la lista dei giovani in rampa di lancio è lunga. Basti pensare per esempio a Pierre Kalulu, protagonista in Serie A con il Milan, o restando sempre al reparto difensivo, a Benoit Badiashile l’investimento da 40 milioni del Chelsea.

Elenco che poi si allunga con Olise, Cherki, Kalimuendo ed Ekitike, ancora nel giro dell’under 21 ma capaci di ritagliarsi spazio con i loro rispettivi club. Un processo di innovazione costante, caratterizzato dalla forte fiducia nei giovani e nel coraggio di lanciarli ad alti livelli. Un modello che potrebbe durare ancora a lungo e da cui magari l’Italia potrebbe prendere spunto.

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