Centododici anni e non sentirli: era il 3 dicembre del 1906 quando, dalla fusione fra il Football Club Torinese e un gruppetto di dissidenti della Juventus, nasce il Torino.
Oggi, augurando un buon compleanno a tutti i tifosi granata, noi di Numero Diez andiamo a ripercorrere un viaggio nella storia, alla ricerca dei quattro diez che, per più di un secolo e un decennio, hanno scritto la storia di questo club con quella maglia sulle spalle.
CIRO IMMOBILE
Il più recente. Bomber in maglia azzurra con la Lazio, fatica molto di più in nazionale. A Torino, però, il centravanti napoletano ha trovato la sua dimensione. Da un gioco di sentimenti, come solo il destino sa fare, l’attaccante partenopeo cresce nelle giovanili della Juventus, mettendosi poi in mostra al Genoa con qualche rete qui e lì. Quando i bianconeri accettano di cedere metà del cartellino di Ciro al Toro non si sarebbero mai potuti immaginare cosa avrebbe fatto l’anno successivo.
In granata Ventura gioca con la coppia Cerci-Immobile. Quest’ultimo mette a referto 22 marcature, tantissime.
A fine stagione vincerà il titolo di capocannoniere, superando di due reti l’infinito Luca Toni, che a Verona ancora incide di prepotenza.
La curiosità? Ciro Immobile non portava la dieci sulle spalle. La Dièz ce l’ha Barreto che a fine stagione giocherà meno partite di giocatori molto modesti come Brighi, Basha e Farnerud. È un 9 Ciro Immobile.
A fine stagione i gol del napoletano trascineranno il Torino in Europa dopo un ventennio di mediocrità. Ciro diventerà dieci solo dopo aver provato la grande esperienza da emigrante, a Dortmund prima e a Siviglia poi. Con la Diez farà cinque gol in quattordici gare, giocando solo il girone di ritorno e lasciando nella memoria dei tifosi torinisti un ricordo epico.

ALESSANDRO ROSINA
Gioca ancora Sandrino, perché non è in alcun modo disposto ad accettare che gli anni prima o poi passano. E gioca a Salerno, in cadetteria. La maglia che indossa è quella granata, quella con cui ha fatto magie e con la quale si è fatto conoscere al mondo intero.
Rosina il numero dieci ce l’ha davvero nel sangue. È un dieci puro: un dieci vero e proprio.
Mancino di piede, veniva spesso impiegato su una delle due fasce alte a Torino – senza nessuna preferenza – ma dando il maggior contributo da seconda punta. Quando arriva Rosina il Toro non sta passando un bel momento: la squadra è in Serie B. Nel 2005 Sandrino viene prelevato dal Verona per appena 400 mila euro. Rosina mette subito in mostra tutto il suo repertorio: giocherà praticamente tutte le gare, mettendo a segno dodici gol.
Anno dopo anno, stagione dopo stagione, Rosinaldo (così soprannominato in telecronaca) diventa la faccia del Torino. L’espressione più assoluta, un bandiera. Già alla prima annata nel massimo campionato sfiora la doppia cifra. Diventerà capitano di un Torino nel quale sarà ricordato per sempre come il Diez per eccellenza.

ENZO FRANCESCOLI
Francescoli sulla carta d’identità, ma per tutti “El Principe”. Il primo principe. Prima di Milito, lui. Come Milito sudamericano, ma nel suo caso uruguagio, con chiare discendenze italiane. Ed è qui che arriva, nel bel paese, dopo aver fatto stropicciare gli occhi a migliaia di tifosi prima in Uruguay, poi in Argentina al River e poi in Francia. Mezzapunta naturale, ha sulle spalle a Torino la maglia che più gli appartiene.
Prima della maglia granata, però, fa scalo a Cagliari. Uno scalo molto lungo, durato tre anni, dove si afferma una volta per tutte andando in gol anche 17 volte.
Quando arriva a Torino nel ’93 sulla panca dei granata siede Emiliano Mondonico.
Quel Toro di Galli e Venturin vedrà in Andrea Silenzi il miglior realizzatore di stagione con una media di un gol ogni due gare. Francescoli, da dietro, giocherà da vero dieci. Quella stagione, ad onor del vero, non andò come sperato. Per due punti il Toro non centrò la qualificazione in Coppa Uefa perdendo l’ultima gara allo stadio Olimpico contro la Roma – giallorossi che superarono il Toro di un punto, non arrivando comunque in zona europa.

VALENTINO MAZZOLA
Centodiciotto gol in centonovantacinque partite. Numeri da capogiro. Valentino Mazzola tutt’oggi è IL dieci. Quello che per tutti è riconoscibile come la vera espressione del dieci. Giocò per sette anni a Torino: il trascinatore per eccellenza era Valentino, non lo buttava giù nulla. Resistente a qualunque cosa, inventò il dieci moderno 50 anni in anticipo. Per molti è il calciatore italiano più forte di sempre. Era un play da qualunque posizione. Capace di impostare, ma perfetto in fase di interdizione, il mister lo metteva dove serviva. Dalla mezzala al ruolo di attaccante, senza disdegnare il ripiego difensivo, fu schierato in ogni ruolo.
In sette anni vinse cinque scudetti e una coppa Italia col dieci tatuato sulle spalle. Valentino non lo buttava giù nulla, ci pensò il fato. Tutt’ora rimane il miglior giocatore nella storia ad aver indossato la casacca granata.
