ESCLUSIVA ERRICO PORZIO – Il tema dell’alimentazione ha spesso generato molti dubbi e polemiche nel suo rapporto con il mondo dello sport, creando molte discussioni su diete sane e bilanciate per mantenere la miglior condizione possibile. Tuttavia, spesso ci si interroga su quale sia la relazione ideale tra cibo ed attività fisica, ma in pochi riescono a fornire una soluzione ben determinata.
La redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di affrontare questo argomento con Errico Porzio, grande esperto della sfera alimentare. Porzio è un pizzaiolo campano molto celebre sui social network, sui quali conta complessivamente 1.5 milioni di follower. Oltre ad essere un pizzaiolo molto celebre, è un grande tifoso del Napoli e, ai nostri microfoni, ha espresso le sue sensazioni ed emozioni in merito a questa stagione molto positiva per i partenopei.
L’INTERVISTA AD ERRICO PORZIO
L’alimentazione, per un atleta, è uno step cruciale per avere successo nell’attività fisica. In qualità di figura esperta nel campo alimentare, cosa pensa di tutte quelle leggende e tabù su diete rigorose e sull’imposizione di limiti per il consumo di prodotti come la pizza?
“Oltre che un pizzaiolo io sono stato e sono tuttora uno sportivo. La cosa importante è affidarsi a persone che capiscono davvero di equilibrio alimentare, e non ad improvvisati o appassionati. Io, ad esempio, quando vado in palestra potrei sempre mangiare una pizza. Per chi non fa attività fisica, non si può abusare di carboidrati in generale e bisogna sapersi controllare. Condanno assolutamente chi elimina la pizza dalle diete, e te lo dico da persona che andando in palestra può mangiarla anche 3 volte a settimana”.
I suoi locali hanno mai ospitato dei giocatori? Se sì, c’è qualche aneddoto che vorrebbe raccontarci?
“L’ultimo aneddoto molto curioso riguarda Alessandro Zanoli. È stato mio ospite nel locale sul lungomare di Napoli e mi ha chiesto lui la foto. È stato un episodio molto simpatico, sembrava quasi mi volesse prendere in giro, ma mi ha fatto enormemente piacere. Però in realtà lui già mi conosceva e si era ricordato che ero stato a Castel Volturno qualche giorno prima per seguire gli allenamenti del Napoli. Inoltre abbiamo avuto clienti in passato come Ancelotti, che ordinava da casa, Pepe Reina, Gabbiadini, Callejon, che abitava a poche centinaia di metri dalla pizzeria”.
In una sua recente intervista lei ha dichiarato: “Nelle pizze, vale come per il calcio: conta l’estro. Ogni calciatore ha un ruolo diverso, e, allo stesso modo, esistono diversi tipi di pizzaiolo con varie qualità”. Alla luce di questa dichiarazione, quanto è importante, secondo lei, esaltare le capacità individuali di un professionista e farle coesistere con il lavoro di squadra?
“È davvero importante. Io feci il paragone con una squadra di calcio, in cui trionfa il gioco di squadra, però è anche normale che al suo interno si esaltino le singole qualità. In questa stagione, per esempio, il Napoli ha avuto Osimhen come finalizzatore, Kvaratskhelia che faceva la differenza, Lobotka e Anguissa che a centrocampo sono stati maestosi. Quindi, oltre al gioco di squadra bisogna dare sempre spazio all’estro e alla personalità. Anche nel caso del pizzaiolo, saper ascoltare ed individuare chi all’interno di un gruppo può fare la differenza e affidargli determinate responsabilità, altrimenti saremmo tutti uguali. Invece, c’è il personaggio più conosciuto, il più veloce, quello bravo a fare la pizza, quello veloce a fare gli impasti…
La cosa perfetta sarebbe trovare colui che, a prescindere da tutto, si intravede abbia qualità importanti, per dargli sicuramente più spazio e permetterti di fare la differenza all’interno di un locale. Ovviamente questo discorso vale per ogni lavoro di squadra, è una caratteristica generale della vita. Io uso sempre l’espressione “s’adda sape’ fa'” per esprimere questo concetto ed è riferito a qualsiasi elemento della vita. Se c’è qualcuno che ha estro e si applica con spirito di sacrificio, dedizione e passione, allora sicuramente può aiutare. Quindi, oltre alla bravura serve anche molta dedizione per fare bene”.
Nelle ultime settimane lei ha girato per tutta Italia a causa di eventi importanti a cui ha partecipato, come a Milano. Che atmosfera si respirava in città in attesa della finale di Champions League che affronterà l’Inter?
“Io sono stato a Milano il giorno del ritorno dell’euroderby. Già in quel momento c’era un umore ottimista da parte dei tifosi dell’Inter, meno da parte dei tifosi del Milan, che si erano già rassegnati dopo lo 0-2 dell’andata. Da parte interista, ovviamente, c’è grande entusiasmo e soprattutto consapevolezza che dall’altro lato c’è una squadra che ha battuto l’altra probabile finalista, che era il Real Madrid. Il caso ha voluto che si sono scontrate in una semifinale, ma in realtà si pensava che una vera finale fosse stata proprio quella. E non c’è stata partita”.
La finale è una partita secca e fa storia a sé. Un episodio può indirizzarla verso una o l’altra strada, ma tutti siamo consapevoli che dall’altro lato c’è il Manchester City, una squadra di un livello superiore. Se dovessimo parlare di percentuali, personalmente direi 70% Manchester City e 30% Inter. Il calcio, come dicevamo prima, è un gioco di squadra, però effettivamente i Citiziens, oltre che la squadra, hanno 15/16 fenomeni“.
Lei è un grande tifoso del Napoli, come attestato dalla produzione di giacche personalizzate per lei e il suo staff, oltre alla pizza inedita per celebrare la vittoria del campionato di Serie A. Ci racconta come ha vissuto i festeggiamenti e i momenti più belli della stagione?
“Sembrerà strano, ma uno dei momenti più belli della stagione è stato Napoli-Liverpool del girone di UCL. Fino a quel momento il Napoli macinava vittorie e bel gioco, ma fino a quel momento non aveva mai avuto un rivale di alto livello. Dopo quella partita, mi sono auto-convinto che il Napoli avrebbe vinto lo scudetto. Registrai un video con un membro del mio staff tifoso del Milan in cui dicevo che il Napoli avrebbe vinto il campionato con un mese o due mesi di anticipo e sarebbero arrivato tra le prime 4 di Champions. Mi sono sbagliato solo in quest’ultimo caso, ma ci siamo andati molto vicini, anche a causa della sfortuna nelle due partite contro il Milan. Comunque, Napoli-Liverpool mi diede la consapevolezza che il Napoli quest’anno sarebbe stato inarrivabile.
Il titolo non è mai stato in discussione ed era solo questione di tempo. Abbiamo vinto con 5 giornate d’anticipo, ma già 6 giornate prima era tutto fatto, anche in caso di eventuale spareggio contro la Lazio, se le avesse vinte tutte. La vittoria molto anticipata ha fatto sì che i festeggiamenti ci fossero tutte le settimane, già dopo Juventus-Napoli 0-1, ben 7 giornate prima della fine del campionato, e si impazziva. Io ero all’aeroporto tra i 10/15mila tifosi ad accogliere la squadra rientrante e c’era aria di festa, si gridava, si cantava. Ho vissuto tutti i 3 scudetti del Napoli: il primo non si scorda mai, ma l’ultimo appena conquistato ha avuto una durata così lunga che ci siamo quasi stancati di festeggiarlo.
Il presidente De Laurentiis è molto bravo ad organizzare feste e celebrare le vittorie e in ogni vicolo e quartiere di Napoli si respirava l’aria di gioia che si aspettava da 33 anni. In particolare, Udinese-Napoli rimarrà nella storia. I miei figli e i miei fratelli mi hanno portato un pezzo di prato dallo stadio di Udine e questo è un ricordo storico”.
Per rimanere in tema Napoli e festeggiamenti, come festeggerà domenica 4 giugno la premiazione ufficiale degli azzurri?
“Non so se andrò allo stadio. Io preferisco stare per strada tra la gente, cantare e divertirsi piuttosto che trattenersi dopo la partita. Ripeto, stiamo festeggiando da due mesi e, arrivati ad un certo punto, si preferisce festeggiarlo in modo diverso. Le partite del Napoli ormai sono un obbligo di proseguire il campionato, ma danno al mister la possibilità di provare nuovi giocatori. Effettivamente ogni partita del Napoli, sia in casa che fuori, è una festa. Questo mi rende molto orgoglioso da tifoso e tutto ciò ha dato nuova linfa non solo alla Campania, ma a tutto il Sud Italia.
Girando spesso per il Paese da Nord a Sud, devo essere sincero, ogni tifoso si è dimostrato felice della vittoria del Napoli. Vincere a Napoli non è come farlo in altre città: solo chi ci vive sa cosa significa. Siamo molto felici di questa vittoria, soprattutto perché arrivata in modo schiacciante. A volte l’organizzazione conta più del potere“.
Cosa pensa dell’addio di Spalletti e chi le piacerebbe come allenatore per la prossima stagione?
“Spalletti ha dato delle motivazioni più che valide. Non ha detto di lasciare Napoli per allenare un’altra squadra, anche perché dopo uno scudetto e tutto quel che ha vissuto in due anni, sarebbe stato molto difficile da digerire, soprattutto se avesse trovato squadra in Italia. Lui va via per restare con la famiglia e godersela, per stare più sereno. Effettivamente vincere a Napoli ed esserne l’allenatore comporta molte responsabilità. In strada si è osannati se si va bene, ma si può essere disprezzati molto se si va male. Quest’anno l’atmosfera di grossa responsabilità si è sentita sin da subito, per fortuna dei tifosi, ma sfortunatamente per lui. Essere tra i favoriti comporta di non poter sbagliare e, secondo me, è davvero molto stressante ed intenso, soprattutto per lui che non si sposta mai da Castel Volturno.
Come prossimo allenatore del Napoli ho un altro “sogno nel cuore”. Ci sono 3 allenatori che apprezzo in ordine crescente. Al terzo posto Thiago Motta, che mi piace tanto e sta facendo cose importanti a Bologna, dimostrando di poter essere un buon allenatore. Poi, al secondo posto metterei De Zerbi, ma ha una clausola molto alta e difficilmente può avverarsi. Al primo posto, nonostante tutti facciano i nomi di Italiano, Benitez, Conceiçao, io considero Jurgen Klopp l’allenatore ideale per una piazza come Napoli. Sembrerebbe che a fine anno possa divorziare con il Liverpool e lo vedrei veramente molto bene a Napoli”.
Fonte immagine di copertina: profilo instagram di Errico Porzio