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Il re di coppe: Sarunas Jasikevicius

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Il re di coppe: Sarunas Jasikevicius

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Il re di coppe, forse il playmaker più forte del mondo esclusi quelli che sul passaporto hanno una bandiera a stelle e strisce. L’importanza che ha avuto Jasi per il basket europeo è estremamente pesante: carattere, magia, fantasia e un trattamento della palla come se fosse un prolungamento naturale della sua mano, una parte di se stesso in dono a tutti coloro che hanno avuto l’onore di trovarsi a puntare un canestro senza tanti problemi perché al resto ci aveva pensato lui.
Il più scontato e semplice dei “basta tirare”.
O al limite ci mettiamo in proprio e la chiudiamo, da tre, da due, da sotto canestro, con buona pace dei difensori.
Un lituano che la Lituania l’ha vista da giovane, ma l’ha vista poco e niente: vive i suoi primi anni di vita negli Stati Uniti, in Pennsylvania e successivamente in Maryland, con la canotta dei Terrapins in NCAA.
La sua carriera si dipana da qui in poi in modo molto particolare: al Draft del 1998 nessuno spende una scelta su di lui così prende armi e bagagli e torna in Europa, Lituania prima e Slovenia poi, dove vince il campionato al primo anno con l’Olimpija.
Il Barcellona lo nota, ci pensa un attimo e decide che Jasi starebbe benissimo come play titolare, il nostro concorda ed insieme cominciano a vincere tutto quello che capita.
Due Euroleghe, due campionati spagnoli, tre coppe del Re in 3 anni, colonna inamovibile nei suoi anni in blaugrana, di fianco a Bodiroga, Fucka, Navarro.
Ancora oggi, il Palau San Jordi intona cori per lui ogni volta che mette piedi nel palazzetto.

Questi tre anni straordinari vengono coronati anche con la vittoria dell’Eurobasket 2003 proprio contro la Spagna che lo ha visto diventare grande, dopo esattamente 3 anni dal bronzo delle Olimpiadi di Sydney che lo hanno fatto notare dalla pallacanestro che conta: 27 punti contro gli USA che andranno a vincere l’oro; 27 che sarebbero potuti diventare 30 se gli dei del basket non avessero deciso che la sua tripla allo scadere non doveva entrare.
Poi il presidente blaugrana, Joan Laporta, decide che per il basket si spende troppo e qualcuno deve andare via.
Uno di questi è Saras.
Poco male, ad accoglierlo ci pensa Israele, la città di Tel-Aviv sponda Maccabi che in quegli anni punta forte a far bella figura in Europa.
Così accade, Gershon in panca si ritrova a guidare Saras, Anthony Parker (uno degli americani più sottovalutati di sempre). Maceo Baston, Niko Vujcic e Tal Burstein e i risultati fioccano: due “triplete” in due anni, Eurolega, Ligat-Al e la coppa d’Israele, il Maccabi domina, in cassaforte altri titoli, tre Triple Crown in bacheca nel giro di tre anni.

Dall’altra parte dell’oceano si ricordano di lui, i Pacers mettono 4 milioni all’anno per 3 anni e il Jasi ci va volentieri. Dopo aver vinto tutto sul suolo vecchio continente, è più che legittimo tentare la fortuna al di là dell’Atlantico.
Bastano due anni per capire che questo non è il suo mondo: due anni passati a raccogliere panchine, sfuriate e un liberatorio buyout concesso dai Warriors che gli permettono di tornare in Europa. Grecia, Atene, sponda bianco verde, canotta del Panathinaikos.
Altro Paese ancora per un autentico globetrotter del basket e altri titoli in arrivo sulla sua bacheca già bella piena.
Infatti, nonostante i suoi 32 anni, lui e Diamantidis portano il Pana ad un’altra Eurolega (la quarta per lui), tre coppe greche e tre campionati, un’altra Triple Crown, diventa il primo giocatore ad aver vinto la massima competizione europea con almeno tre squadre diverse ed ancora diventerà il portabandiera per la sua nazionale durante le Olimpiadi di Pechino 2008.

Dopo aver raggiunto l’apice della sua carriera, decide di girare ancora qualche posto, salutare qualche vecchio amico e poi chiudere in bellezza una già splendida carriera.
Un anno al Rytas, la squadra che per prima gli aveva dato una possibilità dopo il Draft, uno al Fenerbahce che gli paga il buyout e se lo porta a Istanbul, ancora il Pana dove vince l’ennesimo trofeo della sua carriera, dopo un derby tiratissimo contro gli odiati rivali dell’Olympiacos chiuso 71-70 e con un MVP in cassaforte, ancora al Barcellona dove perde un titolo il finale contro il Real Madrid nonostante una gran prestazione da 23 punti ed infine finalmente a casa, allo Zalgiris Kaunas, ancora un altro titolo.
Siamo arrivati al 2014, Saras decide di smettere e passare dall’altra parte della barricata entrando nel coaching staff della squadra di Kaunas per preparare al meglio la sua futura carriera da allenatore.
Del resto, uno con il suo carisma, la sua personalità e la sua intelligenza da allenatore può fare grandi cose da coach. Le sta facendo già, ovvio. “I knew that he will be a good coach and in the future – one of the best in Europe”.Se lo ha detto Obradovic…

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Basket

LeBron James, i principali record della sua carriera

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LeBron James

Il record dei 40.000 punti di Lebron James è soltanto la punta dell’iceberg di un giocatore che, a 39 anni (40 a dicembre) fa ancora scuola nell’intera NBA. I suoi Los Angeles Lakers perdono ma LeBron entra, con più forza, nella storia del basket. Quello che impressiona è la costanza in più di vent’anni di carriera. Andiamo a vedere i principali record del Chosen One.

Per capire subito l’entità e la caratura del giocatore, cominciamo proprio dal canestro che lo ha consegnato non alla storia, ma alla leggenda. Infatti, contro i Nuggets, LeBron è diventato l’unico giocatore della storia a segnare 40.000 punti. 

I RECORD DI LEBRON JAMES

Parlavamo di costanza e LeBron è anche l’unico giocatore della storia ad avere almeno 25 punti di media in 19 stagioni consecutive. Nel 2005-2006, poi, entra subito nella storia, a 22 anni, grazie alla vittoria dell’All-Star Game MVP Award. Con i Cleveland Cavaliers quella stagione, fa registrare una media di 31,4 punti a partita e vince il premio nella partita delle stelle diventando il più giovane di sempre a riuscirci. È anche il giocatore più giovane ad aver vinto quattro MVP. Un altro record è l’essere stato il più giovane a segnare 2.000 punti in una stagione, ed essere nominato MVP dell’All-Star Game.

Passando ai record di anzianità, bisogna mettere in conto che LeBron è il più vecchio di sempre ad aver completato una tripla doppia da 30 punti e avere una media di 30 punti in una stagione. Infine ultimo, per darvi solo alcuni highlights di quello che è ed è stato il percorso di LeBron in NBA, è il giocatore più vecchio ad aver messo a segno 25+ punti in 11 partite consecutive.

È l’unico giocatore ad aver vinto il premio MVP delle Finals con tre squadre diverse (Miami Heat, Cleveland Cavaliers e Los Angeles Lakers). Detiene la striscia attiva più lunga di partite consecutive con almeno 10 punti segnati: 1.205, nel 2018 ha superato Michael Jordan, attuale secondo in classifica, che è fermo a 866. Ancora attiva anche la striscia di 280 partite consecutive ai play-off con almeno un punto: 280, di cui 278 con almeno 10 punti segnati. Ai play-off è anche l’unico giocatore ad avere tre triple doppie da almeno 40 punti: nessun altro ne ha più di una.

Nelle Finals 2016 contro GSW è diventato l’unico giocatore a guidare entrambe le squadre per punti, rimbalzi, assist, stoppate e recuperi in una serie intera. E ci sono ancora tantissimi altri record, di minore importanza, che sottolineano l’incredibile carriera di LeBron James.

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Harden imita Beckham: vuole una stella per i suoi Houston Dynamo

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James Harden, cestista statunitense che ha vestito la maglia dei Philadelphia 76ers nell’ultima stagione, ha deciso di acquistare qualche tempo fa alcuni azioni degli Houston Dynamo. Harden ha trascorso ben nove anni in Texas e ha deciso quindi di investire sulla squadra di calcio di Houston che disputa la MLS. Ora, con l’arrivo di Lionel Messi all’Inter Miami di proprietà di David Beckham, il play americano sogna un colpo simile per la sua squadra. Ha infatti rilasciato recentemente alcune dichiarazioni a USA Today Sports: Cerchiamo un campione che venga a Houston. Sappiamo tutti quanto incredibile è Messi, che a Miami insieme alla sua famiglia si sta trovando bene. Anche noi cerchiamo qualcuno che venga nella nostra franchigia e siamo sicuri che lo troveremo. Non me ne occupo io direttamente, ma il club è al lavoro”.

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Clamoroso Lebron James, le sue parole sul possibile ritiro: “Ci devo pensare”

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Lebron

Nella nottata italiana i Los Angeles Lakers di Lebron James sono stati battuti, e eliminati per 4 a 0, dai Denver Nuggets per 111-113. Lakers che non riescono a riaprire la serie e che manda i Nuggets alle Finals aspettando la vincente di Miami-Boston.

Oltre che per la sonora sconfitta sulle 4 partite, il mondo del NBA è rimasto scosso per le dichiarazioni di Lebron James nel post partita, che lasciano pensare ad un possibile ritiro:

“Ho molto su cui pensare a livello personale sulla possibilità di proseguire con il basket, devo riflettere a fondo”

Dichiarazioni bomba del 4 volte campione NBA, che nonostante abbia ancora 2 anni di contratto, con l’ultimo opzionale, non pare più cosi certo di voler continuare a calcare i parquet della NBA. L’idea a cui tutti pensavano era quelli che il “Re” avrebbe aspettato il draft del figlio Bronny, per giocare una stagione insieme a lui. Ha poi confermato alla domanda sul possibile ritiro ai microfoni di un giornalista ESPN.

Poco prima, sempre nella conferenza stampa post partita, si è espresso così su una domanda riguardante la sua visione sulla prossima stagione:

Vedremo cosa succede… non lo so. Non lo so. Ho molto a cui pensare a dire il vero. Personalmente, quando si tratta di basket, ho molto a cui pensare. Penso che sia andata bene, anche se non mi piace dire che è stato un anno di successo perché non sto giocando per nient’altro che vincere titoli in questa fase della mia carriera. Non mi diverto solo a fare una finale di Conference. L’ho giocata molte volte. E non è divertente per me non essere in grado di fare una finale di campionato”.

 

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Basket

[VIDEO] Finale di Basket islandese: parte un coro contro la Juventus

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juventus

Simpatico siparietto quello avvenuto sabato durante la finale Scudetto del campionato islandese di basket.
Durante un momento di pausa del match tra Valur Reykjavik e Tindastoll, lo speaker del palazzetto ha fatto partire la celebre canzone dei Ricchi e Poveri, “Sarà perché ti amo”.

Fino a qui nulla di strano, ma durante il ritornello, il pubblico si lancia nel celebre coro (di matrice milanista) contro la Juventus, proprio sulle note della canzone.

Un episodio che ha già fatto il giro del mondo e che ha strappato un sorriso a molti in Italia, anche ai tifosi bianconeri.

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