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Roma e Ibra: la loro ultima volta in Serie A
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3 anni fa:
La quarta giornata di Serie A è ormai alle spalle. La disfatte di Atalanta e Lazio, l’errore di percorso della Juventus a Crotone e la pioggia di goal di domenica sono ormai archiviati . Senza dubbio il match che ha avuto più risonanza mediatica, sia per il risultato che per il peso della partita, è stato il derby di Milano. I rossoneri, guidati da un intramontabile Zlatan Ibrahimovic, hanno ottenuto i tre punti e soprattutto hanno aggiunto una vittoria in più alla lista degli storici confronti con i cugini.
Adesso la compagine di Mister Pioli ha l’obbligo di confermare quanto di buono fatto fin qui. Le tante belle parole spese per il Milan in questi giorni rischiano infatti di infrangersi contro un muro dall’identità ben precisa: la Roma . I giallorossi arrivano dall’ampia e non agilissima vittoria interna contro il Benevento, che ha evidenziato lacune e punti di forza dei ragazzi di Fonseca. Dopo la lunga telenovela Dzeko, l’attacco romanista sembra finalmente aver trovato i giusti interpreti ed una buona condizione atletica e psicologica. Non si può dire lo stesso della difesa e soprattutto dei famosi “quinti” di centrocampo, ancora in fase di rodaggio. La squadra non riesce a togliersi di dosso alcuni vizi già noti, come gli errori in uscita: abitudini che possono costare caro, come nel caso del rigore concesso al Benevento. Capitolo a sé poi per la linea difensiva “verde“, per così dire, a disposizione del tecnico portoghese. Con un’età media dei centrali difensivi di 21,7 anni, il pacchetto arretrato è affidabile e di belle speranze, ma a volte inevitabilmente inesperto.
Proprio qui si deciderà presumibilmente il posticipo di lunedì 26 ottobre, quando il Milan ospiterà a San Siro la compagine capitolina. Con la forma smagliante di Ibrahimovic e lo stato di grazia dei rossoneri, la retroguardia romanista potrebbe non dormire sonni tranquilli.
L’ULTIMO PRECEDENTE
L’ultima volta che lo svedese e la Roma si sono incontrati Miralem Pjanic, in estate passato al Barcellona, era un ragazzino ventunenne appena arrivato dal Lione. Era il 24 marzo 2012. In quell’occasione, ironia della sorte, il numero undici rossonero fu mattatore del match con una doppietta, ma andiamo con ordine.
Il Milan è senza dubbio la squadra da battere, campione in carica e favorito per il titolo anche nell’edizione 2011/2012. Allegri, all’epoca nel pieno della sua esperienza rossonera, ha appena raccolto la pesante eredità lasciata da Carlo Ancelotti. Il compito del tecnico livornese è recuperare gli strascichi lasciati da quel grande Milan e inaugurare un nuovo ciclo vincente dopo la parentesi Leonardo: incombenza per niente semplice. Eppure, nonostante le difficoltà, i Diavoli non raggiungono lo Scudetto soltanto per pochi punti, appena quattro. Del resto però a vincere sarà la Juventus di Antonio Conte, la stessa che otto anni dopo festeggerà il record di scudetti consecutivi vinti. I ragazzi di Allegri sono un mix tra di vecchie glorie e nuove promesse. È il Milan di Nesta, Seedorf, Inzaghi e Gattuso, ma anche di un Thiago Silva in rampa di lancio e di uno sfavillante Stephan El-Shaarawy. Chi l’avrebbe mai detto che negli anni successivi quei rossoneri avrebbero combinato così poco.
Dall’altra parte la Roma, in una situazione non tanto differente. Anche nella Capitale c’è aria di cambiamento. I giallorossi sono in una fase di transizione: dopo quasi vent’anni la famiglia Sensi ha abbandonato le mura di Trigoria. Squadra e tifosi si sentono smarriti e proiettati in una dimensione a stelle e strisce, fatta di marketing e economia. Cambia tutto: via il vecchio stemma, nuove sedi, nuovo (promesso e mai realizzato) stadio e tante parole che alla fine si riveleranno essere un fuoco di paglia. A Roma arriva un magnate americano con la pallacanestro nel sangue di nome James Pallotta. I romanisti impareranno a conoscerlo (e i più a disprezzarlo) nel corso degli anni, fino a quest’estate.
Dunque anche la compagine capitolina è alla fine di un ciclo. Franco Sensi e la figlia hanno rappresentato l’essere romani e romanisti per anni, difficile accettare in breve il cambiamento. Al centro del progetto tecnico c’è uno degli ultimi rimasti: Francesco Totti. La squadra è costruita attorno alla sua fondamentale e pesante figura. Walter Sabatini mette sotto contratto una serie di giovani di belle speranze da affiancare ai senatori dello spogliatoio. Lamela, Bojan, Stekelemburg, Kjaer, Borini sono solo alcune meteore che vestono la maglia della Roma quella stagione. In panchina c’è l’ex canterano del Barca Luis Enrique, protagonista del Triplete blaugrana di 3 anni dopo, ma allenatore mediocre in Italia. Non proprio una stagione da ricordare quella giallorossa. Totti e compagni chiuderanno infatti al settimo posto, a due punti dalla zona Europa League.
SPROFONDO GIALLOROSSO E IBRA SHOW
Alle 18:00 di sabato 24 marzo il Meazza ospita il pubblico delle grandi occasioni. Sono più di 59 mila gli spettatori e, date le circostanze, non potrebbe essere altrimenti. A meno di dieci giornate dal termine il Milan conduce la classifica sulla Juventus seconda, mentre la Roma occupa il sesto posto e deve vincere per rimanere agganciata al treno verso l’Europa.
Allegri schiera il suo 4-3-1-2 con Abbiati in porta, Thiago Silva a guidare la difesa e Nocerino nel punto più alto della sua carriera (dieci reti per lui quella stagione) nel centrocampo a tre. Alle spalle delle due punte Ibrahimovic ed El-Shaarawy parte inizialmente Urby Emanuelson, anche lui al culmine della sua parabola calcistica. All’undici rossonero risponde Luis Enrique con un 4-3-3 di stampo catalano, autentico credo per l’ex Barcellona, con Stekelenburg tra i pali, Heinze-Kjaer come coppia di centrali dietro all’immancabile Daniele De rossi, e infine Totti punta atipica nel tridente offensivo completato da Osvaldo e Borini.
Il match è a senso unico. I punti che separano le due squadre in classifica si fanno sentire sia per quanto riguarda la qualità in campo sia per condizione fisica. Dopo appena otto minuti il Milan perde Thiago Silva per infortunio, ma la Roma non è brava ad approfittare dell’assenza del brasiliano. Anzi, poco dopo Ibrahimovic lascia partire un siluro su punizione dai trenta metri. È solo un grande spavento per il numero uno giallorosso, che ci mette i guantoni e devia in corner. La difesa romanista trema ancora, prima con El-Shaarawy che impatta al volo di destro e poi con il sinistro alto di Emanuelson. Sul finire del primo tempo è ancora il Faraone a prendere l’iniziativa: parte da sinistra, si accentra e calcia con il destro colpendo il palo di un impotente Stekelenburg. Il calcio però è uno sport ingrato e, per la legge del “gol sbagliato, gol subito” al minuto 44 una palla sbagliata da Borini diventa un assist per Osvaldo: è 1 a 0.
Il copione del secondo tempo è lo stesso: la Roma calcia due volte in porta, mentre il Milan trova lo specchio in ben dodici occasioni. È solo questione di tempo prima che si gonfi la rete alle spalle del numero uno giallorosso. Infatti al 52esimo Ambrosini si inserisce fulmineo su un pallone vagante rilanciato dalla difesa romanista e lascia sul posto Taddei. Il numero 23 entra i area e cerca il cross che viene intercettato dall’intervento di mano plateale di De Rossi. Sul dischetto va Ibra e spiazza Stekelenburg: palla da una parte, portiere dall’altra. Approfittando del caos difensivo degli avversari, Muntari colpisce una traversa e poi è ancora il centravanti svedese dei Diavoli ad avere l’occasione per il raddoppio.
Allo svedese non piacciono i goal semplici, si sa, e la perla che consegna i tre punti al Milan ne è la dimostrazione. Lanciato in profondità brucia il futuro compagno di squadra Kjaer e scavalca il portiere con un pallonetto di diversi metri di altezza. Il pallone si alza a campanile e ricade nell’area piccola dove un arrancante Stekelenburg viene sovrastato dalla forza fisica di Ibrahimovic. L’ex Barca colpisce di testa e realizza la rete del 2 a 1 a sette minuti dal termine.
Quello di Ibra è un monito valido ancora oggi e che sicuramente Kumbulla e Ibanez (probabili titolari lunedì viste le assenze a Trigoria) dovranno tenere a mente. Lo scontro con lo svedese darà sicuramente spettacolo, considerando anche le aspettative di entrambi gli ambienti. Infatti come otto anni fa entrambi i club sono all’inizio di un ciclo. Il Milan sembra finalmente pronto per tornare a recitare un ruolo importante in campionato, mentre la Roma si è appena svegliata dall’incubo Pallotta, in attesa delle mosse della nuova proprietà.
Quello di lunedì sarà dunque un Milan-Roma un po’ particolare. Senza spettatori, con tante incertezze e un clima di tensione che odora di passato…
(Fonte immagine in evidenza: corriere.it)
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Arrivano le parole di Gravina su Acerbi: “La sentenza va rispettata”
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18 ore fa:
Marzo 28, 2024Dopa la decisione del giudice sportivo di assolvere Acerbi sono arrivate le dichiarazioni del presidente della Figc Gabriele Gravina circa l’accaduto. Nelle ultime ore la sentenza aveva scatenato le reazioni più disparate, a partire dall’indignazione del Napoli resa nota tramite un suo comunicato ufficiale. A cercare di placare le acque ci ha provato proprio Gravina, a conclusione dell’Assemblea di Lega odierna. Gravina ha invocato il rispetto verso la sentenza del giudice sportivo. Inoltre si è pure detto disposto a credere alla difesa di Acerbi che aveva saltato per via del caso gli ultimi impegni con la Nazionale italiana. Di seguito vi riportiamo le sue dichiarazioni.
GRAVINA – “L’assoluzione di Acerbi? Si tratta di una decisione del giudice che tutti devono accettare, compreso chi non si sente soddisfatto. Esistono principi che devono essere rispettati altrimenti corriamo il rischio di far saltare tutto il sistema. Io accetto il verdetto e sul piano umano abbraccerò il ragazzo quando lo incontrerò. Abbiamo saputo di una verifica da parte del giudice sportivo e allora, per evitare forme di distrazione, lo abbiamo lasciato a casa. È stata una decisione a scopo precauzionale, non perché già condannato. Acerbi ha fornito le proprie motivazioni e noi crediamo alle parole del ragazzo”.
Flash News
Kvaratskhelia in dubbio per l’Atalanta: oggi la decisione
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23 ore fa:
Marzo 28, 2024Nella giornata di oggi Khvicha Kvaratskhelia farà ritorno a Napoli. Nel corso del match contro la Grecia che è poi valso la qualificazione a EURO24 con la sua Georgia, l’esterno sinistro è stato costretto ad uscire dal campo a causa di un dolore all’inguine. La sua nazionale ha poi vinto lo stesso ai calci di rigore. La sua presenza contro l’Atalanta resta ancora in dubbio.
LE CONDIZIONI DI KVARATSKHEILA
Come riporta Il Mattino, Kvaratskhelia sarà valutato nelle prossime ore dallo staff del Napoli. La speranza è che si tratti solo di un affaticamento muscolare. Se così dovesse essere la sua presenza in campo per la sfida contro l’Atalanta non sembra essere in discussione. Se invece si dovesse trattare di uno stiramento il georgiano dovrà stare ai box per qualche settimana. il Napoli aspetta il rientro di Kvaratskhelia per capire se sarà necessaria o meno una risonanza magnetica. Vedendo i video che sono circolati sui profili social dello stesso georgiano, che lo ritraevano festeggiare coi compagni, la speranza è che davvero non sia nulla di grave. Il popolo azzurro dovrà restare con il fiato sospeso ancora per qualche ora. Ricordare l’importanza della sfida contro l’Atalanta è quasi superfluo: si potrebbe trattare infatti dell’ultima chance per la Champions League.
Calcio Internazionale
Futuro Lewandowski: l’Arabia un’opzione ma attenzione all’Atletico
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24 ore fa:
Marzo 28, 2024Il futuro di Robert Lewandowski è molto incerto. I media spagnoli parlano da qualche settimana di un interesse molto forte da parte dell’Arabia Saudita. Si parla addirittura di un’offerta da 100 milioni di ingaggio, cifre folli che potrebbero far vacillare l’attaccante polacco. Secondo quando riporta Sport ES però, su Lewandowski ci sarebbe anche un interesse di un altro club spagnolo: l’Atletico Madrid. Nonostante la rivalità sportiva tra Barcellona e Atletico, le due società hanno spesso fatto affari insieme, quindi quest’operazione non sembra del tutto impossibile.
Lewandowski non sembra voler andare via da Barcellona, ma il club catalano sta prendendo in considerazione una sua possibile cessione, in quando per contratto, l’ingaggio del giocatore è destinato a salire con il passare degli anni. Il classe ’88 ha segnato 20 gol e fornito 9 assist in 39 partite totali: numeri ancora una volta super. La carta d’identità però recita 35 anni e anche per questo motivo il Barcellona potrebbe decidere di sacrificare il suo bomber per puntare su un giocatore più giovane come Vitor Roque, andando ad allinearsi con la politica del club degli ultimi anni.
Una cosa è certa: chiunque riuscirà ad accaparrarsi il contratto di Lewandowski sarà autore di un affare. Basterà solo aspettare per vedere con quale maglietta segnerà una valanga di gol il prossimo anno.
Calcio Internazionale
ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina
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3 giorni fa:
Marzo 26, 2024Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.
All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.
La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.
ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO
In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?
“Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.
Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.
“Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.
Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?
“Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.
ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA
Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?
“Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.
C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?
“Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.
E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento.
“Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.
ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR
I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A.
“Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.
È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese.
“Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.
ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE
Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto?
“Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.
Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?
“Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.
La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?
“Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.
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