Potrebbero esistere tanti incipit per descrivere l’avventura che ha permesso a Sandro Wagner di riconquistare un posto al Bayern Monaco: i paralleli classicisti di Ulisse a Itaca e Cesare che torna a Roma, o il fatto che l’attaccante si sia dovuto auto educare dopo il Bayern per tornare a casa sua, all’Allianz Arena.
Oppure, basterebbe solo dire che quello che ha permesso a Wagner di fare tappa di nuovo in Baviera è il suo lavoro, il suo intreccio operaio con la Bundesliga e la sua conseguente riconquista di quello che ha sempre chiamato casa. Chiamarlo ex Hoffenheim oramai è doveroso visto che due giorni fa è stata data l’ufficialità del suo ritorno a Monaco, pronta ad accogliere quello che è stato individuato a 360 gradi come il sostituto di Lewandowski. Il centravanti tedesco è una sorta di parallelo figurale del collega polacco: alto, forte fisicamente, micidiale di testa, notevole abilità nello smarcarsi e intelligente in area.

Certamente l’ex Borussia Dortmund è sotto tutti i profili un’icona migliore – soprattutto sotto la voce “prolificità” – ma Wagner non si è conquistato il Bayern Monaco tramite e-mail e referenze. Il bomber bavarese ha staccato un pass per l’Allianz Arena grazie al sacrificio di questi anni, la buona volontà della sua cultura del lavoro che senza troppi fronzoli lo ha condotto all’Hoffenheim. Lì l’affinità con Nagelsmann ha funto da benzina per incrementare la sua self-estime e per migliorarsi fino a divenire il pilastro offensivo di una squadra che ha assunto i connotati di una vera e propria parabola idillica. I tifosi del Bayern avranno certamente gioito nel leggere nel Bild Zeitung l’ufficialità del nuovo acquisto visto che una riserva di Lewa serviva eccome, e adesso la certezza di non tremare più a una sostituzione del polacco può essere un bel regalo di natale in anticipo.
ALBORI
Le undici presenze di questi primi quattro mesi di Bundesliga hanno aggiunto quattro gol allo score complessivo di Wagner in Germania, portando le reti del bomber bavarese da 61 a 65 in 242 presenze. A trent’anni il centravanti si è regalato per natale niente meno che il Bayern Monaco, neanche a dirlo, uno dei top club mondiali, che tra l’altro è stata anche la squadra che gli ha permesso di diventare un professionista di quello che oggi fa quotidianamente. Ma come già ampiamente specificato in precedenza quello di Wagner all’Allianz Arena non è solo un ritorno bensì una conquista, il raggiungimento di una meta che permette alla sua carriera da centravanti di annoverare tra le sue skills anche quella di aver raggiunto un posto in un top club alla soglia dei trent’anni: roba non da tutti.

Certo quella di Rummeneigge ha i tratti della scommessa, per due motivi: innanzitutto Wagner per quanto sia scaltro e utile non è mai stato un centravanti prolifico, e in secondo luogo, il suo curriculum nonostante sia parecchio dignitoso è lontano dall’essere una brochure di prima qualità. Wagner al Bayern Monaco è solo l’iceberg di un discorso che annovera tra i propri esempi tanti casi celebri; si tratta della scelta di un club profondamente competitivo e di carattere mondiale che opta per una scelta economica e contenuta per aggiungere un ingranaggio utile ma al contempo meno visibile al proprio organico. Con sfumature diverse è un po’ la stessa cosa che ha scelto di fare il Napoli con Ciciretti: un club di dimensioni europee e che disputa competizioni internazionali che come ricambio si affida alle qualità di un giocatore obbiettivamente bravo ma il cui curriculum, nonchè lo stipendio, sono lungi dall’estro di una big. In pratica, si pensa con parsimonia e meno con la fantasia.
CURRICULUM
Come mostrato sopra, Wagner ha un bottino sommariamente buono nel rapporto presenze-gol, tanto da avere la media di una rete ogni 3,7 partite. Per tagliare corto, è uno che i gol li fa ma non a grappoli. Il suo record personale in una stagione è stato nel 2014-2015 con il Darmstad 98, annata in cui raggiunse quota 15 reti in 34 partite stagionali.
Di fatto la carriera di Sandro Wagner si divide tra un passato fatto di belle parole e dolci speranze e un passato remoto più cupo e aspro, una parabola prima ascendente che poi ha subito un arresto e che da un paio di stagioni a questa parte ha ripreso decisamente quota. Il problema di Wagner è stato il periodo post Duisburg, in serie B tedesca, quando dopo aver segnato 14 gol in due stagioni si conquistò il Werder Brema, e da lì, nonostante le presenze in Champions League e il blasone del club, il suo momentaneo declino ha avuto inizio. In 113 presenze tedesche Wagner non è andato oltre la miseria di 13 gol, praticamente, quello che un qualsiasi attaccante titolare in una squadra di media bassa classifica segna in una sola stagione.
Un quinquennio diviso (in ordine) fra Werder Brema, Kaiserslautern e Herta Berlino, e il risultato, nonostante ogni anno avesse abbassato di qualche grado il mirino degli obbiettivi, non è servito a bruciare la stagione precedente e ha fallito nuovamente. Certo non sono state stagioni totalmente horror, c’è sempre stato qualcosa di buono da mostrare, eppure si ha avuto sempre la sensazione che il Wagner esplosivo e promettente del 2009 non sarebbe più tornato. In quell’anno infatti lui e futuri campioni come Hummels, Neuer, Ozil e Boateng vinsero l’Europeo under 21 contro l’Inghilterra. In quella finale Wagner segnò all’allora selezione di Walcott e Milner, autoproclamandosi protagonista di un gruppo i cui membri, più avanti, avrebbero fatto molta più strada di lui.
Ora, a trent’anni, anche lui ha la sua occasione per dire la sua in un top club e, anche se partirà da una posizione defilata, la sua dedizione al sacrificio non potrà che essere fruttuosa per la sua causa e per quella del Bayern Monaco.