“To be, or not to be, that is the question”. Così esordisce il principe Amleto (atto terzo, scena prima) nella celebre tragedia scritta da William Shakespeare probabilmente nell’estate del 1602. A distanza di 416 anni il dubbio si ripresenta. Questa volta, invece, ad essere oggetto dell’indagine umana non è uno dei problemi che attanaglia la nostra specie da secoli, bensì qualcosa di molto meno penoso e scottante. O forse no. In queste torride giornate estive, la dicotomia che tormenta i più appassionati sostenitori del Napoli è un’altra: Sarri o Ancelotti?
In Italia, e soprattutto in piazze come quella partenopea, il calcio viene vissuto in maniera viscerale. Camminando per le strade della città, dal centro alla periferia più inoltrata, il Napoli rappresenta l’argomento che ogni cittadino affronta con più trasporto. Negli ultimi mesi il corso degli eventi ha offerto tanti spunti di riflessione da affrontare al bar o nei salotti più eleganti.
Dallo scorso 23 maggio alla guida degli Azzurri c’è Carlo Ancelotti. Il tecnico ha firmato un contratto che lo legherà alla società di proprietà di Aurelio De Laurentiis per tre anni. Fin qui sembra essere tutto normale, anzi, sembrerebbe una straordinaria notizia. Se non fosse che, nel corso delle precedenti tre stagioni, un altro allenatore ha conquistato il cuore di intero popolo: Maurizio Sarri.
MAURIZIO SARRI, EL HOMBRE DE LA REVOLUCIÓN

Nato a Napoli nel 1959 (il padre lavorava come operaio in una fabbrica di Bagnoli), vive infanzia e adolescenza prima nel bergamasco e poi in provincia di Arezzo. Dopo aver lavorato per anni come banchiere per la Banca Toscana, decide di lasciare tutto e inseguire il suo sogno: allenare. Nel 1990 inizia una lunga, lunghissima, gavetta che parte dai campi della seconda categoria e che passa per l’Eccellenza, la Serie D e C (attuale Lega Pro).
La grande occasione arriva in B con l’Empoli. In due stagioni porta la squadra dalla Cadetteria alla Serie A. Allo stadio Castellani disputa un’ottima stagione “fra i grandi” piazzandosi al quindicesimo posto. La grande qualità del gioco espresso gli valgono l’interesse di un Milan in fase di ricostruzione e del Napoli, che deve sostituire il partente Rafa Benìtez. Alla fine la spunta ADL che lo ingaggia nell’estate 2015.
All’ombra del Vesuvio parte male con il suo 4-3-1-2 e la squadra pare non ingranare affatto. La svolta avviene in occasione della gara di Europa League contro il Club Bruges: Sarri schiera per la prima volta il 4-3-3 e ottiene una roboante vittoria per 5-0. Questo è il punto di partenza di quella che sarà una storia straordinaria di calcio e passione. In tre anni il Napoli mette in mostra un gioco clamorosamente divertente, ammirato in tutto il mondo per la sua bellezza ed efficacia. La squadra ottiene un terzo posto e due secondi posti. In particolar modo nella scorsa stagione gli Azzurri sono stati vicinissimi alla conquista del desiderato terzo Scudetto: se così non è stato è solo grazie alla straordinaria forza mentale di un’insaziabile Juventus, che ha saputo batter il record partenopeo di 91 punti.
La voglia di provare un’esperienza all’estero e i non idilliaci rapporti con De Laurentiis lo portano lontano dal capoluogo campano. Il magnate russo Roman Abramovič gli offre la prestigiosissima panchina del Chelsea. Il suo approdo a Londra ha causato l’isteria generale, soprattutto fra quanti lo vedevano come l’uomo giusto per “portare a termine la rivoluzione”. Attorno alla figura di Maurizio Sarri si è creato un alone quasi mitico e in molti continuano a seguire le sue gesta in terra inglese.
CARLO ANCELOTTI, IL PIÙ GRANDE FRA I VINCENTI

Nato a Reggiolo, anch’egli nel 1959, Carlo Ancelotti inizia la sua carriera da calciatore nel settore giovanile del Parma. Entra a far parte stabilmente della squadra che otterrà la promozione in Serie B. Le ottime doti messe in mostra nonostante la giovane età inducono la Roma ad acquistarlo, permettendogli di confrontarsi con giocatori di altissimo livello: Falcao, Bruno Conti, Roberto Pruzzo.
Nelle sue otto anni con i giallorossi vince uno Scudetto e quattro Coppe Italia. Nella stagione 1987-88 passa al Milan, una squadra incredibilmente talentuosa a che mette in ginocchio l’Europa intera grazie ad un organico che può vantare, tra gli altri, Marco Van Basten, Ruud Gullit, Franco Baresi e Paolo Maldini. Il suo allenatore, Arrigo Sacchi lo vuole con lui come vice-allenatore della Nazionale nel 1994, due anni dopo l’addio al calcio allenato.
Spicca il volo come allenatore prima con le brevi parentesi di Reggio Emilia e Parma, poi arriva il non esaltante triennio juventino. Nel novembre 2001 siede sulla scottante panchina del Milan, club per il quale aveva giocato soltanto pochi anni prima. Inanella una straordinaria striscia vincente che riscriverà la storia dei rossoneri: vince uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, due Champions, due Supercoppe europee e un Mondiale per club.
Nel 2009 inizia una girandola di incarichi che lo portano al timone delle squadre più importanti d’Europa. Vince una Premier, una Community Shield e una Coppa d’Inghilterra con il Chelsea. Segue poi l’esperienza presso la Tour Eiffel: a Parigi vince una Ligue 1. Nel 2013 Florentino Perez lo chiama alla guida del Real Madrid: quì ottiene una Coppa del Re, una Champions, una Supercoppa europea e un Mondiale per club. Nel dicembre del 2015 è il nuovo tecnico del Bayern Monaco: mette in bacheca una Bundesliga e due Supercoppe di Germania. Lo scorso maggio è approdato a Napoli, quasi al termine del decennio che lo eletto al vertice nell’olimpo dei migliori allenatori di sempre.
UNO SGUARDO ALLA TATTICA
Per Maurizio Sarri, il gioco deve rispettare alcuni diktat fondamentali: squadra corta ed ampia con la linea difensiva alta al fine di esercitare un pressing asfissiante; ricerca della verticalità non appena se ne presenti l’occasioni; fraseggio stretto e tanti uno-due per liberarsi del pressing avversario; il pallone non va lanciato avanti mai, salvo rare situazioni e la cosa ha creato non pochi pericoli (si ricordi Napoli 2-4 Roma).
Alla guida degli Azzurri, Maurizio Sarri ha dato vita ad un 4-3-3 che ha incantato gli spettatori. Dopo diversi mesi di rodaggio, le tattiche del tecnico toscano sono state apprese a pieno dai giocatori, spiazzati da una così profonda attenzione ad ogni dettaglio. L’ex Napoli si è mostrato un integralista fino al midollo, andando spesso ad intaccare la buona riuscita delle gare in cui si affrontavano squadre che sapevano chiudersi bene. Troppe volte è capitato che i suoi uomini non riuscissero a trovare il bandolo della matassa perseguendo i dettami imposti dal mister e risolvendo la gara con un episodio fortunato o con un’invenzione del singolo.
L’arrivo di Ancelotti ha, tuttavia, spazzato via alcune delle prerogative del suo predecessore. Il Napoli visto in questo precampionato ha mostrato molte differenze. In primis, il possesso non è l’unica via per arrivare al gol. La squadra infatti verticalizza più spesso, temporeggiando meno nella ricerca del passaggio chiave. La linea è più bassa e concede agli avversari di uscire con la palla fra i piedi, aumentando l’intensità del pressing una volta giunti nel cerco di centrocampo. Una componente assente nel gioco sarrista erano i lanci lunghi. Ancelotti punta molto su questo tipo di giocata che, se effettuata con la giusta precisione e rapidità, può cogliere impreparata la difesa avversaria.
I PRO E I CONTRO DEI DUE ALLENATORI
Se il gioco del Napoli sotto Sarri è stato uno dei più belli esempi di quanto efficacia ed estetica possano coesistere, Ancelotti, dal canto suo, ha un modus operandi totalmente diverso, teso ad un più produttivo pragmatismo. Infatti l’ex allenatore del Bayern ha molte carte fa poter sfruttare, come i diversi schieramenti (4-2-3-1, 4-3-3, 4-3-2-1) a cui abitua i suoi calciatori. Con il toscano si deve vincere giocando bene, con Ancelotti l’importante sono soltanto i tre punti.
Mister Sarri invece si è sempre mostrato molto testardo nelle sue decisioni, come il far giocare sempre gli stessi 12/13 uomini. Nel corso delle tre stagioni a Napoli ha fatto ammuffire in panchina elementi come Marko Rog e Adam Ounas, talenti di tutto rispetto che troveranno un maggior minutaggio nell’era di Carletto. Parallelamente egli avrà a disposizione una rosa molto più ampia, rinforzata dagli acquisti del ventiduenne spagnolo Fabian Ruiz e dell’ala ambidestra Simone Verdi.
Per quanto riguarda la comunicazione dentro e fuori il campo, Ancelotti stravince. Sarri è noto per il non sapersi controllare nel rispondere alle domande dei giornalisti che – e c’è da dirlo – spesso lo hanno incalzando facendo leva su questa sua debolezza. Carlo Ancelotti è un gentleman, un uomo posato e che ha la risposta giusta, sempre.
Sebbene il Napoli sia uscito sconfitto in malo modo dalle amichevoli contro Liverpool e Wolfsburg, i tifosi possono star tranquilli. Ancelotti è un vincente e quest’estate si è aperto un nuovo ciclo. Sarri e Carletto non possono essere paragonati per esperienza e trofei vinti: la bilancia pende a dismisura, e sappiamo verso quale dei due piatti. I partenopei non sono più quelli ammirati lo scorso anno. Ora è necessario eliminare la vecchia cassetta ed inserirne una nuova, da riscrivere – è la speranza dei tifosi – con un film nuovo, magari campione di incassi.