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Sassuolo-Milan: i fantasmi e la cabala sulla via Emilia

Champions League

Sassuolo-Milan: i fantasmi e la cabala sulla via Emilia

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Dopo 11 lunghi ed interminabili anni, domenica il Milan può nuovamente laurearsi campione d’Italia. Per fare ciò, i Diavoli hanno bisogno di ottenere almeno un punto contro il Sassuolo nella sfida del Mapei Stadium di Domenica.
Durante la Banter Era milanista, conosciuto come il periodo temporale in cui le prestazioni sportive del club sono venute meno, le sfide con gli emiliani sono spesso coincise con momenti memorabili.
Per rendere l’idea, per i rossoneri questo periodo di decadenza è formalmente cominciato con una sconfitta contro i neroverdi. Anche dopo quel match, gli emiliani hanno continuato a segnare la strada del Diavolo con partite ricche di goal, situazioni al limite dell’astrale e alcuni punti di svolta epocali.

In questo pezzo, tenteremo di redarre una top 3 delle sfide più iconiche giocatesi tra Milan e Sassuolo in preparazione della decisiva sfida Scudetto.

1. SASSUOLO-MILAN 4-3, 12/01/2014

Per il Milan, la stagione 2013/14 si rivela essere l’effettivo apripista per quello che sarà uno dei periodi più bui della storia del club.
L’obiettivo dichiarato per l’annata è la qualificazione in Champions League che, l’anno prima, arrivò solamente all’ultima giornata.
In estate, la finestra d’acquisto lascia ampiamente a desiderare. Oltre al ritorno in pompa magna di Ricky Kakà, il mercato in entrata è decisamente grossolano ed in aggiunta a ciò la rosa perde capitan Massimo Ambrosini.
Inoltre, in società avvengono diversi cambi ed avvicendamenti che segnano definitivamente il capolinea della gloriosa epoca Berlusconi: dopo 18 anni di onorato servizio, Ariedo Braida abbandona il ruolo di direttore sportivo, mentre Adriano Galliani viene esautorato di tutti i poteri decisionali riguardanti la sfera funzionale ed aziendale a favore di Barbara Berlusconi, rimanendo a capo della sola area tecnico-sportiva.
Di riflesso, la squadra fa molta fatica in campo e al 12 di Gennaio si ritrova all’undicesimo posto in classifica con 22 punti all’attivo. La settimana precedente, gli uomini di Massimiliano Allegri sconfiggono con un roboante 3-0 a San Siro l’Atalanta del tanque Denis, partita durante la quale Kakà segnò i gol numero 100 e 101 con la maglia rossonera.

L’anno nuovo sembra aver cambiato il vento, ma la trasferta sulla via Emilia scaccerà ogni speranza.
Sotto la fitta nebbia reggiana, il Milan comincia forte: dopo 13 minuti l’asse Robinho-Balotelli porta i rossoneri sul 2-0. Ma è quando tutto sembra essere già indirizzato che comincia la serata magica di Domenico Berardi. Nel giro di 20 minuti, l’allora diciannovenne calabrese mette a segno tre goal sfoggiando tutto il suo repertorio.
Si va a riposo sul 3-2, ma l’attaccante neroverde non è sazio e nella ripresa cala il poker uscendo tra gli applausi della sua gente. La scossa milanista arriva tardi: grazie ad uno schieramento iper offensivo, nell’ultima mezz’ora il Milan colpirà un palo, una traversa e segnerà un goal con capitan Montolivo. Sforzi che non saranno però necessari a lenire il dolore della sconfitta che porta all’esonero di Allegri, ultimo tecnico capace di portare lo Scudetto alla Milano rossonera.

2. MILAN-SASSUOLO 4-3, 02/10/2016

Durante l’estate 2016 si consumano le prime battute del closing che ha portato il Milan nelle mani dell’imprenditore cinese Li Yonghong.
L’ambiente si mostra interessato verso le nuove prospettive societarie così come per ciò che riguarda l’area tecnica.
Il Milan cambia allenatore, passando da Sinisa Mihajlovic a Vincenzo Montella. Il tecnico campano aveva stupito a Firenze e grazie agli ottimi risultati conseguiti in terra nazionale ed europea guadagna la fiducia di Silvio Berlusconi.

Il nuovo Milan dell’aeroplanino inizia la Serie A 2016/17 rispettando tutto sommato le aspettative e dando quindi la parvenza di essersi scrollato di dosso una parte della mediocrità delle precedenti 3 stagioni.
Alla vigilia della sfida col Sassuolo, il Milan si trova in piena zona Europa grazie ai 10 punti collezionati dopo 6 partite.
Arrivati alla settima giornata, a San Siro si presenta uno degli spauracchi rossoneri degli ultimi anni, che ha in Berardi la vera e propria bestia nera: al 3 Ottobre 2016, il nazionale italiano vanta 8 marcature in 6 partite contro il Milan (aggiornando il dato al 2022, contiamo 15 partite con 10 goal e 6 assist).
Nonostante le statistiche e la propensione offensiva del match, Berardi rimane a secco.
Nel primo tempo Politano risponde a Bonaventura, ma è nella ripresa che comincia effettivamente lo show.
Inizialmente il Sassuolo mette la freccia grazie al piattone destro dell’ex milanista Acerbi e al colpo di testa dell’attuale capitano della Roma, Lorenzo Pellegrini. Quando il Diavolo sembra essere definitivamente a terra fuoriesce l’orgoglio degli uomini di Montella (tra l’altro espulso durante l’intervallo per proteste): un rigore di Carlos Bacca e un gran sinistro al volo del futuro giocatore nervoverde Manuel Locatelli garantiscono il pareggio ai rossoneri, che poi riescono a vincere la partita grazie allo stacco imperioso di Gabriel Paletta.

I fischi diventano applausi e la gioia per la rimonta è tangibile in casa Milan. D’altronde, il San Siro di quei tempi, di gare così ricche di spettacolo ed emozioni positive, ne vedeva ben poche.

3. SASSUOLO-MILAN 1-2, 21/07/2020

In seguito alla ripresa dei campionati successiva al periodo di stop imposto dalla quarantena per via del COVID-19, il Milan di Stefano Pioli sta letteralmente asfaltando tutti gli avversari. Dopo le insistenti voci che volevano il santone tedesco Ralf Rangnick a Milano, il tecnico, curiosamente emiliano, riesce a ricompattare l’ambiente, ricostruendo dalle macerie lasciate dal predecessore Marco Giampaolo.
Le belle prestazioni arrivate nella “sessione estiva” del torneo, cominciano a porre degli interrogativi positivi sulla figura di Stefano Pioli: Rangnick saprà fare meglio? Perché Pioli deve essere solamente un traghettatore?

Questi dubbi vengono sciolti, neanche a dirlo, nella serata della trasferta di Sassuolo del 21 Luglio 2020.
Mentre Ibrahimovic, che nel frattempo aveva riabbracciato il club di Via Aldo Rossi, e compagni vincono l’ennesimo match, fuori dal campo arrivano voci riguardanti clamorose indiscrezioni: il manager tedesco avrebbe rinunciato ufficialmente alla carica, mentre per Pioli sarebbe pronto un nuovo contratto come allenatore della squadra.
Come si suol dire in questi casi il resto è storia, nonostante essa potrebbe presto sfociare nel campo dell’epica calcistica.

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Champions League

Per Leao tra oggi e domani nuovi esami: in panchina con l’Atalanta?

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Leao

A Milanello la situazione Leao è chiaramente di primaria importanza. Il portoghese era stato fermato da una lesione al bicipite femorale destro nei primi minuti di Lecce-Milan. I rossoneri si stanno avvicinando a due sfide di alto livello e l’interesse attorno alla possibile presenza del numero 10 è di vitale importanza. L’Atalanta sabato e il Newcastle mercoledì prossimo: questi i due match che attendono Pioli e i suoi ragazzi.

SITUAZIONE LEAO – I PROSSIMI STEP

Come riporta la Gazzetta dello Sport, il portoghese tra oggi e domani si sottoporrà ad ulteriori esami strumentali, gli stessi che gli hanno impedito di mettersi a disposizione per l’ultima di campionato. Sarà così valutata la lesione al femorale dell’attaccante, che se sarà debellata potrà portarlo a compiere  i prossimi passi nel programma di recupero.

In primis, in caso di esito positivo, Leao a metà settimana potrebbe tornare ad allenarsi in modo personalizzato, con l’obiettivo finale di riacquisire la condizione atletica necessaria per riunirsi al gruppo squadra. Si andrebbe quindi incontro ad uno scenario di immediato utilizzo, seppur con prudenza.

È infatti ipotizzabile che si accomodi in panchina contro l’Atalanta per poi giocare dal 1′ contro il Newcastle. Da ricordare infatti che il Milan ha ancora delle speranze nell’ottica di un passaggio del turno in Champions, e battere gli inglesi è un imperativo per coltivare delle speranze.

C’è quindi attesa per l’esito degli esami di Leao, che faranno chiarezza sul percorso di recupero della stella della formazione rossonera.

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Champions League

Sneijder non dimentica: “Ingiusto il pallone d’oro a Messi nel 2010”

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Sneijder

Wesley Sneijder è tornato a parlare del famoso Pallone D’oro assegnato a Lionel Messi nel 2010. Intervistato da Alhaya TV, l’olandese si è tolto qualche sassolino dalla scarpa. Molti calciatori, addetti ai lavori e appassionati ritengono ingiusta la vittoria della Pulce durante quella annata. Nel 2010, la Spagna vinse il mondiale e l’Inter il triplete e in molti pensano che dovesse vincere proprio Sneijder. Wesley, oltre all’annata devastante con l’Inter, arrivò in finale del mondiale con la sua Olanda, vedendosi scappare la coppa del mondo solo al 116’ minuto quando Iniesta segnò il gol vittoria per la Spagna.

LE PAROLE DI SNEIJDER

PALLONE D’ORO – “Credo sia stato un po’ ingiusto che non sia stato io a vincerlo e che alla fine sia andato a Messi. Non sono una persona che rimugina su queste genere di cose, preferisco vincere i trofei di squadra rispetto a quelli individuali. Sicuramente potendo scegliere, la mia preferenza andrebbe sempre alla Champions League che ho vinto rispetto al Pallone d’Oro. Sono davvero contentissimo per quel trofeo vinto con l’Inter”.

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Calcio Internazionale

Preferisco la Coppa: Coppa dei Campioni 1979/80

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Il 29 agosto 1979 prende il via la Coppa dei Campioni 1979/80, con l’ormai consueto turno preliminare, visto il numero dispari (33) di squadre partecipanti alla competizione.
La sfida sorteggiata per dare inizio al torneo, però, assume sin dal sorteggio un’aura di tensione e pericolo, visto che le squadre sono Dundalk e Linfield, rispettivamente Campioni d’Irlanda e Irlanda del Nord.
Inutile rivangare il momento storico che vivono i due paesi, perennemente in lotta tra di loro per motivi religiosi e politici; tutto fa pensare, però, che per due serate la situazione possa rimanere tranquilla, ma non sarà così.

LA BATTAGLIA DI ORIEL PARK

Il match d’andata si gioca ad Oriel Park, teatro delle partite casalinghe del Dundalk, in un ambiente blindato, con le due società che si sono immediatamente attrezzate per evitare scontri tra le tifoserie.
Le misure di sicurezza, però, non riescono ad arginare il terribile pomeriggio che la città irlandese sta per passare, con i tifosi del Linfield che entrano in contatto per le strade della città con quelli del Dundalk e poi proseguono nello scontro sugli spalti dell’impianto.
Le scene a cui assistono i poliziotti antisommossa e tutti i presenti sono terribili, la mega rissa, che poi passerà alla storia come The Battle Of Oriel Park rappresenta uno dei momenti più sanguinosi mai visti in terra irlandese a margine di un evento sportivo.
Dopo che la squadra del Linfield, guidata dal proprio allenatore, Roy Coyle, entra in campo e fa appello ai propri sostenitori per fermare la mattanza e per far svolgere regolarmente la partita.
L’incontro, dopo un primo tempo senza emozioni, con le due squadre ancora scosse dalle scene viste sugli spalti, vede gli ospiti, a sorpresa, in vantaggio ad inizio ripresa grazie al gol di Feeney.
Il vantaggio calma ulteriormente i tifosi del Linfield e la partita sembra scorrere via senza altri problemi, fino al gol del pareggio del Dundalk, siglato all’80’ da Devine, che riaccende gli animi.
Gli ultimi minuti della partita, di fatto, non si giocano, con le due squadre che decidono di chiudere così e rimandare tutto al ritorno, mentre sugli spalti continuano gli scontri.
Dopo una gara d’andata giocata in un clima del genere, la UEFA decide di multare il Dundalk per le pessime misure di sicurezza adottate, mentre con il Linfield sceglie la mano pesante.
Il club nordirlandese, infatti, non potrà giocare a Belfast le due successive partite in campo europeo e dovranno indennizzare il Dundalk per i danni causati e per le spese che avrebbero sostenuto per il viaggio verso il ritorno.
Sette giorni più tardi, il 5 settembre, la sfida di ritorno si gioca all’Harleem Stadium, in Olanda, visti i buoni rapporti tra il Linfield e la squadra locale.
L’incontro viene giocato in uno stadio praticamente deserto, con meno di mille spettatori presenti e viene vinto agevolmente dal Dundalk, grazie alla doppietta di Muckian.

IL TONFO DEL MILAN

Dopo un preliminare così intenso, soprattutto sugli spalti, la Coppa dei Campioni 1979/80 può finalmente iniziare, con subito molte sorprese nel primo turno.
Come nella scorsa edizione, il Liverpool esce ai sedicesimi, questa volta contro la Dinamo Tbilisi, ormai presenza fissa della rubrica.
I Reds vincono 2-1 ad Anfield, ma vengono clamorosamente surclassati al ritorno con un 3-0 che non ammette repliche.
Se il Liverpool esce mestamente, l’Ajax torna prepotentemente tra le candidate al titolo, rifilando un sontuoso 16-2 ai poveri finlandesi dell’HJK Helsinki.
Vincono i loro confronti agevolmente anche i Campioni in carica del Nottingham Forest (3-1 all’Östers e il Real Madrid (3-0 al Levski Sofia), ma la vera sorpresa arriva da San Siro, dove il Milan cade contro il Porto.
I rossoneri, con Massimo Giacomini in panchina, iniziano la loro avventura europea all’Estádio das Antas, riuscendo a contenere le offensive dei padroni di casa e portando a casa uno 0-0 prezioso in vista del ritorno.
Due settimane dopo, però, il Milan è irriconoscibile e sciupone, mentre il Porto capitalizza al meglio una delle poche occasioni avute, con Duda che buca Albertosi (non perfetto) su calcio di punizione.
Il risultato non cambia più e per i rossoneri la Coppa dei Campioni è già finita, tra l’incredulità generale.
Purtroppo per il Milan questa non sarà la notizia peggiore della stagione, visto che, in seguito allo Scandalo del TotoNero i rossoneri verrano retrocessi d’ufficio in Serie B, per la prima volta nella loro storia.

LA RISCOSSA DELLE BIG

I Dragoes escono al turno successivo, gli ottavi, quando il Real Madrid di Vujadin Boskov riesce a superare i portoghesi con il brivido.

I Blancos escono sconfitti dall’Estádio das Antas per 2-1, ma la rete siglata da Cunningham nella ripresa lascia aperto uno spiraglio in vista del ritorno al Bernabeu.
Il 7 novembre 1979 basta un gol di Benito ad un quarto d’ora dalla fine agli spagnoli per superare il turno.
Il Real non è l’unica big europea che, nella Coppa dei Campioni 1979/80 sembra decisa a tornare a splendere, visto che anche l’Ajax sembra essere tornato ai fasti di inizio decennio.
I Lancieri, dopo aver superato l’HJK Helnsiki pescano i ciprioti dell’Omonia Nicosia agli ottavi.
Il match d’andata si gioca il 24 ottobre, il giorno prima dell’arrivo, nelle sale italiane, di “Alien”, uno dei capolavori della filmografia di Ridley Scott e dell’intera cinematografia mondiale.
La doppia sfida tra Ajax e Omonia è senza storia, con gli olandesi che vincono addirittura 10-0 all’andata, sospinti da un magistrale Søren Lerby, autore di 5 reti. Al ritorno i ciprioti vinceranno 4-0 contro un Ajax in versione decisamente soft.
Le due corazzate passano anche i quarti di finale, con i Lancieri che rifilano un secco 4-0 allo Strasburgo, mentre il Real Madrid fatica più del dovuto contro il rivitalizzato Celtic, che vince 2-0 in Scozia all’andata, facendo correre più di un brivido lungo la schiena dei Blancos.
Gli spagnoli, però, ribaltano tutto al Bernabeu, con una prestazione splendida chiusa con un 3-0 firmato da Santillana, Stielike e Juanito.
Dunque Ajax e Real Madrid raggiungono le semifinali e non finiscono accoppiate assieme, facendo già pensare ad un epico scontro nella finalissima che si giocherà proprio nella tana degli spagnoli…

POTENZA TEDESCA

Il Real Madrid fa il suo dovere all’andata delle semifinali, quando supera per 2-0 l’Amburgo grazie a una doppietta di Santillana nel finale.
Il vantaggio ottenuto in casa fa pensare ai madrileni già in finale, ma i tedeschi hanno piani ben diversi.
Cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, l’Amburgo può contare su una formazione di tutto rispetto, con alcuni giocatori ormai in pianta stabile della Die Mannschaft, come Manfred Kaltz e Horst Hrubesch, oltre al talentoso Felix Magath, fantasista della squadra.
Oltre ai talenti locali, i tedeschi possono contare anche sulla qualità di Kevin Keegan, ex fenomeno del Liverpool di inizio anni ’70.
È proprio l’inglese, il 23 aprile 1980, a guadagnarsi il calcio di rigore che sblocca il match al ritorno, dopo dieci minuti di gioco. Dal dischetto Kaltz batte senza problemi Garcia e porta avanti i tedeschi.
La spinta dell’Amburgo alla ricerca della rimonta è incessante e dopo qualche minuto arriva il 2-0 con Hrubesch che riceve un bel cross di Reimann e mette in rete di testa.
A questo punto, con il punteggio in perfetta parità, il Real ha l’unico sussulto della sua partita, con Cunningham che sfrutta un’uscita decisamente maldestra del portiere tedesco Kargus e realizza il 2-1 con un delicato pallonetto. La rete subita spezzerebbe le gambe a molte squadre, specie dopo l’avvio magnifico messo in atto dal’Amburgo, invece i padroni di casa continuano ad attaccare e capitalizzano al meglio le occasioni create.
Al 37’ Kaltz si regala un’altra gioia con un siluro dalla distanza, mentre poco prima del duplice fischio tocca a Hrubesch realizzare la propria doppietta, ancora di testa, su cross di Memering.
Il secondo tempo è una pura formalità per l’Amburgo, che trova anche il 5-1 con lo stesso Memering nel finale.
Dunque l’Amburgo è la prima finalista, mentre la seconda verrà fuori dalla sfida tra l’Ajax e i campioni uscenti del Nottingham Forest.

LO SCHERZO CONTINUA…

Il 9 aprile 1980 al City Ground va in scena l’andata della semifinale tra i Tricky Trees e i Lancieri, in un match che solo pochi anni prima sarebbe stato totalmente assurdo vista la storia dei due club.
Gli inglesi di Clough dimostrano di non avere nessun timore reverenziale nei confronti degli olandesi e partono a spron battuto, trovando il vantaggio poco dopo la mezz’ora con Francis, ben appostato durante un corner dalla sinistra.
La partita è a senso unico e solo l’imprecisione del Nottingham permette all’Ajax di rimanere a galla, fino al 61’, quando un’uscita spericolata di Schrijvers su Francis induce l’arbitro a concedere un rigore ai padroni di casa, trasformato da Robertson.
Due settimane dopo in Olanda l’Ajax tenta di rientrare in partita, ma riesce solamente a trovare uno striminzito 1-0, firmato da Søren Lerby.
Nonostante l’uscita dei Lancieri, il danese si porta a quota 10 reti in Coppa dei Campioni e si laurea capocannoniere della competizione.
Al fischio finale è festa per il Nottingham, che per la seconda volta consecutiva è in finale.

DUE SU DUE

28 maggio 1980, da cinque giorni i cinema proiettano uno dei più grandi film horror di sempre, “Shining” che mette in luce uno strepitoso e incontenibile Jack Nicholson, diretto dal genio di Stanley Kubrick.
Al Santiago Bernabeu di Madrid va in scena la finale della Coppa dei Campioni 1979/80, tra Amburgo e Nottingham Forest.
Purtroppo per gli appassionati entrambe le formazioni sono prive dei loro bomber, infatti Horst Hrubesch, soprannominato “Testa di Mostro”, vista la sua proverbiale e letale capacità nel realizzare gol di testa è costretto in panchina da un fastidioso problema fisico, mentre Trevor Francis, l’uomo che aveva deciso la finale dell’edizione precedente, è ai box dopo la rottura del tendine d’achille, il primo di una lunga serie di infortuni che mineranno la carriera del centravanti inglese, che giocherà anche in Serie A con Sampdoria e Atalanta.
La partita è decisamente dimenticabile, visto che Brian Clough ha deciso di giocare un match difensivo, visto il potenziale delle bocche di fuoco dell’Amburgo.
Nonostante l’atteggiamento remissivo sono proprio gli inglesi ad aprire le marcature al 20’, con Robertson che chiude un triangolo con Birtles e fulmina Kargus dal limite.
L’1-0 regge per tutto l’incontro, coronando per la seconda volta consecutiva il Nottingham Forest come Campione d’Europa, unica squadra ad aver vinto più Coppe dei Campioni che campionati nazionali.

Dopo l’exploit doppio dei Tricky Trees è tempo di tornare a ruggire per le big europee, che cannibalizzeranno la Coppa dei Campioni 1980/81. Appuntamento tra tre settimane per la prossima puntata.

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Champions League

Bennacer: “Mi mancano ancora fiato e ritmo. Ibra? Sarei contento di un suo ritorno”

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Milan, Bennacer ha concesso una lunga intervista a GOAL

Ismael Bennacer, centrocampista del Milan, ha rilasciato una lunga intervista a GOAL, in cui ha trattato vari argomenti. Ha iniziato l’intervista, commentando un possibile ritorno al Milan come dirigente di Ibrahimovic, con il quale ha vinto uno scudetto nel 2022. Dopo aver fatto un breve commento sull’accoglienza di San Siro a Donnarumma, ha parlato di Camarda, attaccante futuro dell’Italia (si spera) e dei rossoneri. Successivamente ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla sua esperienza all’Arsenal, per poi concentrarsi sul suo infortunio rimediato nell’Euroderby di Champions League contro l’Inter il 10 maggio 2023. Infine, ha concluso l’intervista parlando di Provedel, suo ex compagno di squadra ai tempi dell’Empoli, e delle sue ambizioni, sia in Champions con il Milan che in Coppa d’Africa con la “sua” Algeria.

L’INTERVISTA

IBRAHIMOVIC – “Certo che sarei contento del suo ritorno, perché Zlatan è veramente una leggenda nel club, come giocatore. Sarei molto contento del suo ritorno con noi perché ha sempre aiutato la squadra, la società. Sono sicuro che se torna farà il possibile per fare del suo meglio. Siamo sempre in contatto, è più di un ex compagno”.

DONNARUMMA – Gigio sapeva cosa sarebbe successo, poi fa parte del calcio. Il mondo del calcio è così: sul campo devi togliere tutta questa pressione dovuta all’atmosfera. Non è che i tifosi del Milan non vogliano bene a Donnarumma, è che quando hai giocato per il Milan e hai vinto qualcosa fa sempre male quando vai via. Magari c’è qualcosa che non sappiamo e che non sapremo mai. Magari è stato un po’ tosto, ma ogni giocatore può vivere queste cose”.

CAMARDA – “Spero che diventi un grande giocatore. Lo conoscevo solo dal nome, ora si allena sempre con noi e da quello che ho visto è un vero attaccante. Cerca sempre il goal, prova a far vedere il suo senso della rete. Deve fare di tutto perché ci sono un paio di giocatori che mancano, adesso, e c’è Olivier Giroud che non gioca contro il Frosinone. Avrà la sua possibilità e deve coglierla perché non c’è età: penso che diventerà un vero attaccante e che farà tanti goal”.

ARSENAL – Non ci sono rimpianti nella mia esperienza all’Arsenal: quando prendo una decisione, per me è quella giusta. All’Arsenal ho vissuto due anni belli, ho ricevuto una bella formazione che era quella che volevo, perché ad Arles, dove giocavo e dove sono nato, non l’ho avuta. All’Arsenal sì, poi non ho avuto la fortuna di giocare con la prima squadra: volevo andare via anche se mi mancavano 3 o 4 anni di contratto. È una scelta che ho preso e che oggi non rimpiango”.

INFORTUNIO – “Se ho avuto fretta di ritornare in campo o pazienza? Entrambe le cose, dipendeva dal momento. Mi piace lavorare: tutti dicono che sono tornato prima, ma in realtà i tempi di recupero dell’infortunio erano tra i 6 e i 9 mesi e noi siamo al settimo, quindi siamo nei tempi. Volevamo essere sicuri che il ginocchio sul campo rispondesse bene, poi mi mancavano fiato e ritmo, che mi mancano ancora oggi, ma ho guadagnato tempo lavorando tantissimo sulla bici e su sistemi simili”.

PROVEDEL – “Se ho visto il goal di Provedel? Vero, non gli ho mandato un messaggio, lo faccio adesso: ‘Ivan, sei veramente un grande. Te lo dicevo già’. È sempre raro che un portiere faccia goal, e ha fatto anche un bel goal, da attaccante. Sono contento per lui, anche perché sta facendo bene alla Lazio”.

CHAMPIONS – “Quest’anno sarà dura perché non abbiamo il nostro destino nelle nostre domani, ma faremo il meglio possibile per vincere l’ultima partita, perché non sappiamo come andrà. Anche se era un gruppo tosto, siamo il Milan: magari abbiamo fatto un po’ male in una o due partite, ma è il calcio, ora ci crediamo anche per noi e per i nostri tifosi. Daremo tutto nell’ultima partita”.

COPPA D’AFRICA – “Se si può vincere la Coppa d’Africa? Certo. Tutti i giocatori quando si va in una competizione così, e poi siamo anche una bella squadra, hanno in testa di vincerla, altrimenti non avrebbe senso. L’abbiamo già vinta: andiamo e faremo di tutto per ripeterci. Parlo al “Noi” perché magari ci sono, magari no, ma rimane la mia squadra, ma faremo di tutto per provare a vincerla”.

 

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