“Puskás? Il miglior giocatore di tutti i tempi”
(Alfredo Di Stèfano)
A dirlo non sono certo io ma è il grande Alfredo Di Stèfano, non proprio l’ultimo degli arrivati nel calcio. Già solo questo potrebbe bastare per raccontare un giocatore del genere, un pezzo di storia che quest’oggi avrebbe compiuto 90 anni. Probabilmente noi giovani non siamo i più adatti a raccontare una leggenda come questa, i racconti bisogna viverli per saper dare un vero fuoco alla propria narrazione. Se tra qualche anno mi chiedessero di Cristiano Ronaldo potrei tranquillamente raccontare la mia versione dei fatti, una mia piccola foto su quel qualcosa che mi ha fatto vivere il portoghese.
E’ certo che la mia panoramica sarà sbiadita, la mia tastiera-polaroid riprenderà i racconti dei più grandi, di qualche storia che si sente narrare durante le grandi cene di famiglia o più semplicemente una meravigliosa raccolta dei più interessanti argomenti presi da Internet.
ELEGANZA D’ALTRI TEMPI

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Quante volte un giocatore scende in campo e sembra inappropriato al proprio ruolo? Vi è mai successo di rivedere vecchie partite e vedere francamente la diversità di gioco? La lentezza nel muoversi, i giocatori un po’ goffi e la poca organizzazione rendono un calciatore sempre meno opportuno. Questo succede davvero molte volte quando andiamo a rivedere il passato calcistico. Si, succede molte volte ma mai quando si vede giocare Ferenc Puskàs. La sua era certamente un’abilità unica: aveva un eccellente controllo del pallone con entrambi i piedi, la sua costanza fa paura anche ai giorni d’oggi e con il suo potente mancino ha creato una miscela perfetta che mai più rivedremo. Ferenc veniva dall’Ungheria, scuola nota e conosciuta da tutti i grandi intenditori di calcio in quegli anni, lui rappresentava la sua nazione nel miglior modo possibile. La sua classe era davvero d’altri tempi, poteva tranquillamente sembrare un fuoriclasse anche ai tempi d’oggi.
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La volpe ungherese era abile nel palleggio e, come si intravede nel video durante una partita di “beach-soccer”, questa sua abilità lo rendeva imprendibile in situazioni di maggior caos intorno all’area. La sua tranquillità nel prendere la palla e andare a colpire a rete era davvero pazzesca: uno, massimo due, tocchi e pronto ad incrociare con il mancino. Che meraviglia. Non possedeva una grande dimestichezza con le palle aree, infatti i tifosi delle squadre in cui han giocato han sempre rimproverato questo fattore al magico attaccante.
DIEZ “UNGHERESE”
Un trascinatore come l’ungherese doveva per forza avere la maglia numero dieci della sua nazionale, uno che ha sempre cercato di portare in alto il suo paese, infatti rimane ancora il più grande cannoniere dal 1961 con 84 centri in 85 partite, un record straordinario. I più grandi risultati ottenuti con i magiari sono quelli legati al triennio di vittorie dal 1952 al 1954, impreziosite con la vittoria delle Olimpiadi, della Coppa Internazionale e un argento ai Mondiali, quest’ultimo rimane ancora il miglior risultato raggiunto dagli ungheresi. Il suo dieci, però, ha brillato solo in Ungheria, infatti nel 1961, dopo aver ottenuto la cittadinanza spagnola, Puskàs ha deciso di giocare per le furie rosse guidate, ai tempi, da Helenio Herrera. Gli spagnoli non hanno splendidi ricordi legati a questo periodo e forse rimane l’unico neo di una carriera fuori dal comune come quella della “Fox”.
IL SEGNO REAL-E
Tra le tante immagini che vediamo possiamo notare un contorno di sigarette, di persone che non hanno ancora capito che questo sport diverrà il più celebre in Europa, il più seguito al mondo. Questo fumo, probabilmente, è passato, anche, per molti anni nella bocca e nella testa di Puskas, lui che ha sempre vissuto in una maniera particolare, lui che negli ultimi anni della sua vita era irriconoscibile: dopo il 2002 l’ex campione è stato colpito dal famoso morbo di Alzheimer, malattia che colpì e distrusse, mandando in fumo gli ultimi suoi ricordi più belli, l’attaccante che fece la storia del Real Madrid. Il grande Ferenc, però, ci ha lasciato un segno ancor più reale, un messaggio indistruttibile che ha abbattuto anche, paradossalmente, la sua mancanza di memoria: la sua firma indelebile nella storia dei blancos. Difatti le Merengues hanno potuto festeggiare per ben 156 volte i goal di “The Galoppin Major”, hanno visto alzare 5 campionati di fila, 3 Coppe Campioni, 1 Coppa di Spagna e un Campionato Intercontinentale. Di lui tutti ne parlano bene, i più anziani della nostra società ci dicono: “E…se avessi visto giocare Puskàs, lui segnava sempre”.
Questo era più che vero, parliamo di un cecchino sempre decisivo, della decisione fatta a persona. Un Dio dell’area di rigore, un fenomeno insaccava il portiere 18 volte su 20.
“Puskas si mise a mirare i pali della porta da fuori area, a circa una ventina di metri. Su venti tentativi li colpì 18 volte”
(Luisito Suarez)