Sei. O 6. A seconda dei punti di vista queste tre lettere accostate l’una all’altra possono assumere significati diversi, che si legano a loro volta ad un momento particolare. Roma e Fiorentina si sono affrontate in uno dei primi caldi pomeriggi romani del 2018, e hanno mostrato esattamente come sono, come appaiono, dando modo di capirne sfaccettature e particolarità.
Vince la Fiorentina 0-2, ancora una volta, nel nome del suo Capitano. Sono 6 le vittorie in fila per i viola, 5 da quando Astori se n’è andato. Fisicamente, perché la sua leadership e la sua grinta sembrano ancora totalmente dentro il gruppo guidato – egregiamente – da Mister Stefano Pioli. Raddoppi di marcatura ovunque, gamba mai tirata indietro, qualsiasi pallone conteso per i giocatori fiorentini sembra l’ultimo: la Fiorentina oggi dà veramente la sensazione di essere una corazzata, unita, compatta e soprattutto qualitativamente all’altezza per il nuovo obiettivo stagionale, ossia una qualificazione in Europa League.
Diversa la giornata giallorossa: se la Fiorentina ha regalato una gioia enorme ai propri tifosi – che hanno aspettato i propri beniamini all’esterno del Centro Sportivo Davide Astori al loro rientro – la Roma di Di Francesco cade ancora una volta davanti ai propri tifosi; sono già 6 le sconfitte casalinghe per la banda di Di Fra, dato che lascia un certo malcontento in casa capitolina. L’Olimpico nelle ultime stagioni era diventato un vero e proprio fortino, mentre oggi Dzeko e compagni sembrano quasi più in difficoltà tra le mure amiche che in trasferta: saranno le squadre che tendono a coprirsi, sarà che la Roma per caratteristiche rende di più quando ha lo spazio per verticalizzare e perforare le retroguardie avversarie, ma quando i giallorossi devono imporre il proprio gioco contro una compagine che si mette sulla difensiva, fanno una fatica enorme.
¡ARGENTINA, ARGENTINA!
Verso la fine della partita si alza un coro dal settore ospiti viola, un coro che inneggia all’Argentina, patria di alcuni tra i più grandi giocatori della storia viola, per citarne alcuni Passarella, Batistuta o il più recente Gonzalo Rodriguez. Stavolta il canto è dedicato a Giovanni Simeone, che con il gol dello 0-2 è salito a quota 10 in stagione, a -2 dai 12 della scorsa stagione: il Cholito è tornato dopo un periodo di magra che durava dallo scorso gennaio, segnando per tre partite consecutive. Quell’attaccante che sempre è sembrato un gioiello per grinta e spirito di sacrificio, oggi sta finalmente diventando un attaccante famelico: il gol segnato arriva su un errore della retroguardia della Roma, ma la fisicità con la quale ha retto il contatto – sulla carta ìmpari – con Manolas e Bruno Peres è quella di un giocatore che ha lavorato sulla propria massa muscolare e, probabilmente, anche nella sua testa. Lottare su ogni pallone contro due giganti come il già citato difensore greco e Federico Fazio non è cosa scontata, specialmente se molto spesso riesci ad arrivare per primo sulla sfera.
Non è uscito dal campo come il suo connazionale, ma a proposito di Argentina c’è da rendere merito all’attuale capitano della Fiorentina. German Pezzella è diventato un vero e proprio muro, accanto a Vitor Hugo (un altro dei migliori per i viola) forma una coppia solida, fisica ma anche molto valida dal punto di vista tecnico: sempre attento sui raddoppi di marcatura su Dzeko, sicuro coi piedi e sui colpi di testa, straordinario anche a supporto dei terzini sui tagli degli esterni giallorossi. Ad oggi la Fiorentina gioca con una linea a 4 con due difensori centrali, ma in certi momenti sembra che siano in tre i centrali.
TURNAZIONE FEROCE
Diverso invece il discorso per la Roma. I giallorossi tutto sommato non giocano male, il pallino del gioco è in mano loro per praticamente tutti i 90′, ma il gol di Benassi in apertura ha complicato i piani di Nainggolan e compagni, che si sono ritrovati a dover manovrare contro una difesa schierata e ben messa in campo. Proprio il belga era uno dei pochi titolarissimi in campo: con Alisson, Manolas, Fazio, Strootman e Dzeko faceva parte dell’ossatura più solida della Roma, ma proprio il vice capitano giallorosso è affondato con tutta la barca, perdendo più volte il duello diretto contro Veretout e risultando poco incisivo nei suoi inserimenti. A tal punto che in una delle poche occasioni che gli sono state concesse, ha calciato malamente addosso a Sportiello (ottima anche la prova del portiere ex Atalanta).
Tante riserve, tante prestazioni non all’altezza. Juan Jesus ha sbagliato e non poco su entrambi i gol, soltanto quando è stato riportato in posizione di difensore centrale ha dato più certezze (perché non far esordire la comparsa Jonathan Silva al posto di Kolarov?), Gonalons non è apparso preciso in fase di costruzione né aggressivo in quella di interdizione, mentre Defrel è tornato clamorosamente indietro dopo quello che di buono aveva mostrato nelle ultime uscite. D’accordo il turnover, d’accordo che le partite da giocare sono tante e che il ritorno col Barça all’Olimpico è da onorare, ma non avrà esagerato Di Francesco?
Una delle poche note liete dell’amaro pomeriggio di ieri è forse la prestazione di Patrick Schick, che si è finalmente mostrato pericoloso – e soprattutto sfortunato in occasione della traversa colpita – e intraprendente, anche nel ruolo di esterno destro d’attacco per il quale non sembrava per niente adatto. Una magra consolazione, ma forse quei 40 milioni pian piano cominceranno ad avere un senso.
SOGNO EUROPEO
Nel pessimo risultato di ieri, la Roma può comunque ritenersi fortunata: l’Inter è caduta a Torino, quindi ha perso una grossa occasione per poter scappare e distanziarsi dai giallorossi, mentre la Lazio QUI AGGIUNGI TE CHE OVVIAMENTE LA PARTITA NON è FINITA. Una prestazione non oscena ma che continua a mostrare le stesse lacune di sempre: fatica nel trovare spazi contro squadre chiuse, difficoltà nel ribaltare le partite nelle quali si ritrova sotto, e viene da pensare che oggi ci sia anche una sorta di timore quando si gioca allo stadio Olimpico. Il problema è soltanto uno: le prossime partite sono quelle contro il Barcellona ed il derby contro la Lazio, ed entrambe sono in casa.
La Roma deve assolutamente reagire, la corsa al 4° posto inizia ad essere infuocata e non c’è più margine d’errore. Le qualità non mancano, dovrà essere bravo Di Fra a far quadrare il cerchio, capendo come ruotare i propri giocatori senza snaturare il proprio gioco e riuscendo a gestire al meglio la loro condizione fisica. Il momento è delicato, e la Champions è di vitale importanza per tutto l’ambiente. Soprattutto per le finanze della società di James Pallotta, e di conseguenza per il mercato che Monchi sta già costruendo in vista del prossimo anno.
La Fiorentina invece vola. Adesso non vive più soltanto il sogno europeo, ma riesce a toccarlo con mano, ne è a contatto. I pareggi di Samp e Atalanta hanno dato momentaneamente il 7° posto ai viola, che con le sei vittorie consecutive si sono clamorosamente rilanciati nella corsa all’Europa League; la bravura di Pioli è stata quella di riuscire a trattare i propri giocatori come figli, la propria squadra ed il proprio staff come una famiglia, rendendo il campo una vera e propria dimora, una casa nella quale si può esprimere qualsiasi sensazione, qualsiasi sentimento, qualsiasi stato d’animo. La Fiorentina oggi è una vera e propria macchina, ogni componente fa la sua parte, a partire dai protagonisti alle comparse, tutti uniti, tutti col sorriso sulle labbra. Lo stesso del loro Capitano.
Quel gesto che viene riproposto ogni settimana a fine partita, il saluto al Capitano sotto la curva è ogni volta commovente. I giocatori intonano con i tifosi i cori per il loro compianto capitano, che però sta continuando a lottare con i propri compagni, non si sa da dove, ma ognuno dei giocatori in maglia viola porta con sé quel “seme” del quale parlò Pioli.
Che come un contadino esperto, annaffia ogni giorno con cura. Per portare il suo Fiore in Europa.