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Affari e lealtà spesso non vanno d'accordo

Basket

Si diceva di Kawhi Leonard un anno fa

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Finalmente anche il dilemma Kawhi Leonard è arrivato ad una soluzione, sebbene sembra al momento una meta temporanea. Le tensioni che hanno circondato l’ormai ex-Spurs potrebbero quindi ripresentarsi la prossima estate (a meno di colpi di scena) ma almeno sappiamo con quale canotta lo vedremo l’anno prossimo. Nel pomeriggio di oggi Buford e Ujiri hanno trovato questo accordo: Kawhi e Danny Green in Canada, Demar DeRozan, Jakob Poeltl ed una prima scelta protetta 1-20 2019 (altrimenti 2 seconde negli anni successivi). Sembra che le due squadra stessero studiando questa trade da almeno due settimane, imperniata principalmente su Leonard e Demar, con alcune difficoltà incontrate sul nome di OG Anunoby, alla fine rimasto a Toronto. Una trade tutto sommato sensata per gli obiettivi di queste due squadre. Onestamente Popovich e Buford più di questo difficilmente avrebbero potuto ottenere, un All-Star, un giovane da plasmare ma con un buon potenziale ed una scelta tutto sommato discreta.

Difficile però rinunciare a Danny Green, numericamente già ben sostituito ma a livello affettivo estremamente importante per San Antonio:

Popovich ha aggiunto, con la sua proverbiale loquacità: “It was hard, he’s become a good player. He’ll enjoy Toronto.”

Green avrà comunque possibiltà di riemergere a Toronto come un fattore importantissimo in difesa (in single coverage rimane uno dei migliori All-NBA) aggiungendo anche una dimensione perimetrale (per la verità, da ritrovare) da sempre cruccio degli S5 disegnati fino ad oggi dall’uscente Dwane Casey. Leonard, idem, con ancor più valenza. Al netto del suo stato di salute, Kawhi è il miglior acquisto per lo stesso Danny. Può togliergli lavoro difensivo importantissimo, attira molte più attenzioni in attacco. Per farla breve, i Raptors di quest’anno sono estremamente interessanti, moderni e molto più adatti ai Playoffs rispetto agli anni passati. Certo, le prime dichiarazioni attribuite al losangelino non sono confortanti. Chris Haynes di ESPN riporta un semplice quanto diretto “no desire” nel giocare a Toronto, rendendo già piuttosto complicato pensare di tenere questo core per più di un anno. Masai Ujiri comunque avrà fatto i suoi conti, ben sapendo di questa eventualità. Le strade potevano essere principalmente due: tenere il roster dell’anno scorso assieme e puntare ai Playoffs senza LeBron di mezzo (decidendo di conseguenza l’anno prossimo il dafarsi) oppure forzare la mano quest’anno alzando il ceiling del roster per quest’anno poi si vedrà. Ujiri ha preso sicuramente la strada “high risks-high rewards”, scommettendo su un giocatore non contento della destinazione, senza poter visionare la cartella clinica, nel suo contact year. Ma se tutto va bene hai un asso di briscola in mano ad un prezzo relativamente basso, altrimenti hai liberato il cap di DeRozan due anni prima del previsto in vista di un profondo rebuilding con un anno di anticipo.

Lato San Antonio hai preso il massimo da una situazione, a livello di comunicazione con i media, senza precedenti per il sistema Spurs. DeRozan ha già fatto sapere a tutto il mondo il suo disappunto (piuttosto comprensibile, peraltro):

“Can’t trust em”. Teoricamente DeRozan era stato rassicurato sulla sua permanenza a Toronto (città che non ha mai smesso di ripetere quanto la ama) solo una settimana fa. Lui come altri suoi colleghi, da Lou Williams, a Enes, Kanter, Josè Calderon, Damian Lillard. Due in particolare, Isaiah Thomas e Blake Griffin, due che ci sono passati da poco attraverso una situazione del genere. Del resto, Ujiri non ha guardato in faccia neanche il COTY vinto da Casey quando ha deciso di cambiare allenatore. Però Demar, a livello cestistico, cade in piedi. In mano a Gregg potrebbe diventare quello che a Toronto abbiamo visto con troppa poca continuità sebbene ad occhio Pop dovrà inventarsi qualcosa. Il punto è uno: con Aldridge e Gay che gravitano nelle stesse sue zone (il mid-range), mettere nel mucchio anche Demar potrebbe venire pittosto difficile. Per il resto la stessa squadra che l’anno scorso ha vinto 47 partite ha perso sì un ottimo role player ma mettendo un All Star al suo posto. Presto per parlare di risultati (soprattutto per questo presumibile traffico ed abuso di mid-range) ma sulla carta non vuoi andare a tankare. Se poi dovessero vincere contro i Rockets troveremmo Daryl Morey a fissare un angolino dondolando. Pop comunque ci tiene a difendere Kawhi dalle critiche di questi mesi:

“Kawhi conducted himself wonderfully while he was here”. Un “hard worker all the time”, testualmente. Probabilmente i due si rivedranno in futuro a Las Vegas per il camp della nazionale statunitense.

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Harden imita Beckham: vuole una stella per i suoi Houston Dynamo

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petretta

James Harden, cestista statunitense che ha vestito la maglia dei Philadelphia 76ers nell’ultima stagione, ha deciso di acquistare qualche tempo fa alcuni azioni degli Houston Dynamo. Harden ha trascorso ben nove anni in Texas e ha deciso quindi di investire sulla squadra di calcio di Houston che disputa la MLS. Ora, con l’arrivo di Lionel Messi all’Inter Miami di proprietà di David Beckham, il play americano sogna un colpo simile per la sua squadra. Ha infatti rilasciato recentemente alcune dichiarazioni a USA Today Sports: Cerchiamo un campione che venga a Houston. Sappiamo tutti quanto incredibile è Messi, che a Miami insieme alla sua famiglia si sta trovando bene. Anche noi cerchiamo qualcuno che venga nella nostra franchigia e siamo sicuri che lo troveremo. Non me ne occupo io direttamente, ma il club è al lavoro”.

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Clamoroso Lebron James, le sue parole sul possibile ritiro: “Ci devo pensare”

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Nella nottata italiana i Los Angeles Lakers di Lebron James sono stati battuti, e eliminati per 4 a 0, dai Denver Nuggets per 111-113. Lakers che non riescono a riaprire la serie e che manda i Nuggets alle Finals aspettando la vincente di Miami-Boston.

Oltre che per la sonora sconfitta sulle 4 partite, il mondo del NBA è rimasto scosso per le dichiarazioni di Lebron James nel post partita, che lasciano pensare ad un possibile ritiro:

“Ho molto su cui pensare a livello personale sulla possibilità di proseguire con il basket, devo riflettere a fondo”

Dichiarazioni bomba del 4 volte campione NBA, che nonostante abbia ancora 2 anni di contratto, con l’ultimo opzionale, non pare più cosi certo di voler continuare a calcare i parquet della NBA. L’idea a cui tutti pensavano era quelli che il “Re” avrebbe aspettato il draft del figlio Bronny, per giocare una stagione insieme a lui. Ha poi confermato alla domanda sul possibile ritiro ai microfoni di un giornalista ESPN.

Poco prima, sempre nella conferenza stampa post partita, si è espresso così su una domanda riguardante la sua visione sulla prossima stagione:

Vedremo cosa succede… non lo so. Non lo so. Ho molto a cui pensare a dire il vero. Personalmente, quando si tratta di basket, ho molto a cui pensare. Penso che sia andata bene, anche se non mi piace dire che è stato un anno di successo perché non sto giocando per nient’altro che vincere titoli in questa fase della mia carriera. Non mi diverto solo a fare una finale di Conference. L’ho giocata molte volte. E non è divertente per me non essere in grado di fare una finale di campionato”.

 

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Basket

[VIDEO] Finale di Basket islandese: parte un coro contro la Juventus

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juventus

Simpatico siparietto quello avvenuto sabato durante la finale Scudetto del campionato islandese di basket.
Durante un momento di pausa del match tra Valur Reykjavik e Tindastoll, lo speaker del palazzetto ha fatto partire la celebre canzone dei Ricchi e Poveri, “Sarà perché ti amo”.

Fino a qui nulla di strano, ma durante il ritornello, il pubblico si lancia nel celebre coro (di matrice milanista) contro la Juventus, proprio sulle note della canzone.

Un episodio che ha già fatto il giro del mondo e che ha strappato un sorriso a molti in Italia, anche ai tifosi bianconeri.

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Basket

Curry contro LeBron: sfavoriti a chi? Stanotte ritorna in scena il duello

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LeBron James Curry

Non saranno le Finals del quadriennio 2015/2018, ma questa notte sarà di nuovo Steph Curry contro LeBron James. E la Lega già si infiamma, per la serie che questi due talenti potrebbero mettere in piedi.

Il primo guida ormai dal 2009 i Golden State Warriors, con cui ha vinto 4 anelli e segnato un’epoca. Il secondo si è legato con i Los Angeles Lakers nel 2018, laureandosi campione NBA per la quarta volta nella sua storia la stagione successiva.

I PRECEDENTI

Nel 2018 i Golden State Warriors di Curry, Thompson, Durant e Green hanno spazzato via i Cleveland Cavaliers di LeBron James nelle Finals con un nettissimo 4-0. Da un lato abbiamo, probabilmente, la squadra più forte della storia come quintetto titolare. Dall’altro lato un roaster in evidente fase calante che LeBron James, se non da solo quasi, ha trascinato alle Finals. Le sue ottave Finals NBA consecutive, tra Miami Heat e Cleveland Cavaliers.

Nonostante il risultato senza repliche, infatti, dalle parti di Cleveland, King James fu idolatrato come una divinità, quando a fine anno svestì la casacca della franchigia dell’Ohio. Il motivo di tale amore incondizionato del pubblico dei Cavs è dovuto al fatto che il primo addio, che a tutti è sembrato un vero e proprio tradimento, commercializzato all’inverosimile con “The Decision“, è stato ampiamente colmato. Nella sua seconda avventura ai Cavs, LeBron ha portato la squadra ad un livello superiore. E, soprattutto, ha portato a casa il primo anello della storia della squadra. Lo ha fatto con un’impresa degna di nota: prima e unica volta nella storia che una squadra in svantaggio di 3-1 in una serie di Finals è riuscito a ribaltare e vincere.

Quell’estate, LeBron ha lasciato la sua Cleveland e la Eastern Conference, per sbarcare ad Ovest, per la prima volta in carriera, a quasi 34 anni. Con la casacca gialloviola, LeBron ha subito scritto la storia, vincendo il titolo nel 2020 e, soprattutto, tenendo alto il nome di Kobe Bryant, leggenda e volto storico dei Lakers tragicamente scomparso nel gennaio dello stesso anno. Ma dal 2018, non ci sono più stati scontri in un play-off tra Steph Curry e LeBron James. Ci si è andati vicini, se si pensa che nella stagione 2020/21 le due squadre si sono affrontate in un play-in, in cui è stato il King ad avere la meglio.

Ma si tratta di una sfida facilmente oltrepassabile. In primis, perchè non è reputata parte della post-season. In secondo luogo, perchè è stata una sola gara disputata, non una serie.

COINCIDENZA DELLE STELLE

LeBron James è di Akron, Ohio. Per tutti ora è “Il King“, ma per anni è stato “Just a kid from Akron“. Un’etichetta nata per erssere dispregiuativa e limitante nei suoi confronti e che ora, invece, lui stesso sfoggia con orgoglio. Il ragazzo venuto dal niente, in possesso solo di un talento sconfinato, schiacciato dalle attese sin dal suo ingresso nella Lega a soli 18 anni. Ed ora diventato leggenda.

Ma se andassimo a leggere, invece, data e luogo di nascita di Steph Curry, ritroveremo un nome familiare. Anche in questo caso, Akron, Ohio.

Le due stelle più rappresentative del basket americano degli anni 2010, vincitori di 7 titoli complessivi su 1o disponibili tra il 2010 e il 2020 concittadini. Nati nello stesso ospedale di Akron, a poco più di 3 anni di distanza. Quando le stelle (in questo caso, in senso astronomico) decidono di dare alla luce altre stelle (ora parliamo di Curry e James), il risultato non può che essere esplosivo. Stanotte, dopo 5 anni dall’ultima volta, i due si guarderanno di nuovo negli occhi in una serie da dentro-o-fuori valida per i Play-off. Con la consapevolezza che solo uno dei due potrà andare avanti.

La cosa più ironica, però, è che i due fuoriclasse sono arrivati a questa sfida scollandosi l’etichetta di chi li dava come “sfavoriti“. Memphis Grizzlies (avversari dei Los Angeles Lakers) e Sacramento Kings (avversari dei GSW) avevano dalla loro un miglior piazzamento in regular season e sembravano favoriti, con una eventuale Gara 7 in casa. Per i Grizzlies questa Gara 7 non si è neanche giocata. Curry, invece, ha letteralmente vinto quella giocata contro i Kings, con la migliore prestazione della storia in termi di punti segnati (50) in una Gara 7.

Da stanotte saranno l’uno contro l’altro, in una sfida che si prospetta già elettrica e piena di colpi di scena.

TUTTO SU SKY

La diffusione dell’NBA in Italia, ormai da anni, è governata da SKY. Su SkySport NBA (ed in streaming su NOW) sarà possibile assistere alle prime quattro gare in diretta e in replica. Si inizia stanotte alle 4:00 ora italiana.

Gara 1

LIVE nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 maggio ore 04:00

Repliche mercoledì 3 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 2

LIVE nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 maggio ore 03:00

Repliche venerdì 5 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Gara 3

LIVE nella notte tra sabato 6 e domenica 7 maggio ore 02:30

Repliche domenica 7 maggio ore 14:00 e 19:30

Gara 4

LIVE nella notte tra lunedì 8 e martedì 9 maggio ore 04:00

Repliche martedì 9 maggio ore 11:00, 14:00, 19:30 e 22:45

Eventuali gara 5, gara 6 e gara 7 verranno comunicate in seguito.

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