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Tanti auguri Niño

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Tanti auguri Niño

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E’ un pomeriggio soleggiato in quel di Madrid. All’Estadio Vicente Calderon, storica roccaforte dei Colchoneros, va in scena l’incontro di Liga fra l’Atletico Madrid e il Leganes. E’ il 27 maggio.

Il teatro dei sogni biancorossi vede esordire quel giorno un giovane diciassettenne con lo sguardo carico di adrenalina e speranze per il futuro. Quel ragazzo sarebbe diventato il più giovane esordiente nella storia dei Rojiblancos e non solo. Il fisico esile e la corporatura ancora in divenire gli conferirono in quell’assolato pomeriggio di campionato un soprannome, El Niño. Un titolo iconico, azzeccato, oggi sacro per il valore del calciatore, che a soli 19 anni sarebbe poi diventato capitano di quella storica squadra che riempie il suo cuore e i suoi pensieri.

Il 20 marzo non è un giorno qualunque per il mondo del calcio, non è una data come le altre per i Colchoneros. E’ il compleanno del “Niño del pueblo“, del “torero che scivola sotto la Kop“, del numero 9 che ha conquistato tutti a suon di reti. In occasione dei suoi 35 anni noi di Numero Diez celebriamo la sua leggenda.

ICONICA PRIMA PUNTA

“Ragazzo, tu non imparare a fare rabone, doppi passi e altre cose inutili… Tu fai gol…”.

Parole iconiche quelle di Luis Aragonès durante un ritiro della Nazionale. Mai consiglio fu più azzeccato. Perchè il Niño non incanta con giocate e tocchi di magia fine a se stessi. La sua classe se la crea a furia di gol, di portieri battuti, di difese spezzate nel segno di agonismo, grinta e potenza allo stato puro.

Questo, del resto, è il destino della prima punta. Quei pochi palloni toccati valgono oro e devono essere valorizzati se non in una sola maniera: mettendola in rete. Questo è sempre stato il modus operandi di Fernando, questa la sua filosofia calcistica. Pura e semplice, come le emozioni che ha saputo regalare.

Fu il miglior marcatore dei Colchoneros per 5 stagioni consecutive, dal 2003 al 2007. Quella fascia da capitano lo responsabilizzò, gli insegnò non solo a onorare ma a vivere di quei colori, di quel tifo, di quella gente che ha fatto impazzire, il suo popolo biancorosso. Solo il trofeo gli è mancato alla sua prima esperienza in Spagna. Quell’Atletico Madrid in cui ha esordito, del resto, militava in Segunda Divisiòn ed era difficile aspettarsi vittorie nel breve periodo. Ma in 7 anni di Colchoneros si è presentato al mondo come il prediletto del Pueblo Atletico, una delle più grandi promesse di sempre.

Al suo ritorno nel 2015 non smise di segnare, di sognare e regalare emozioni, portando alla fine a Madrid l’Europa League. L’unico trofeo vinto coi Rojiblancos, fra quelli più sentiti perchè vinto per la sua gente. Quella gente che fece innamorare coi suoi 129 gol in 405 presenze. “El equipo de corazon” gli ha dato tutto, lui ha restituito alla grande il favore.

Sul suo talento ci credevano in molti. Ci ha creduto più di tutti il Liverpool, che per la cifra record di 26,5 milioni di sterline lo portò ad Anfield. Per un ragazzo di 23 anni la pressione è spaventosa. Ma Torres, il vero Fernando Torres, di pressione si nutriva e traeva infinita forza. Coi Reds arriva la definitiva consacrazione a livello internazionale. 33 reti al suo primo anno in Premier League. 33. Una valanga di gol che gli permettono di battere il record di un certo Michael Owen, con 28 gol in un’annata. 23 dei quali in campionato, superando così anche il record di reti in Inghilterra al debutto di uno straniero, detenuto da Ruud van Nistelrooij.

Ma del resto, questo è il destino di una Vera prima punta come lui. La Kop ringrazia e non smette di impazzire.

DESTINO BEFFARDO

Per quanto non abbia vinto nessun titolo con la maglia dei Reds, il Liverpool consegnò al mondo una prima punta unica, iconica, totale. Un calciatore come nessuno, un uomo che reinterpretò a suon di gol e record infranti il concetto di prima punta.

“L’attaccante più forte che i miei occhi hanno visto? Ok… Vi faccio due nomi. Ronaldo (il Fenomeno) e Fernando Torres. El Niñoi primi anni a Liverpool era fantastico, una forza della natura. Segnava in tutti i modi e quando partiva in progressione lo potevi solo buttare giù. Quanta forza in quelle gambe… Poi arrivò quel maledetto infortunio, e da quel giorno non è stato più lui. 

Un giorno, dopo che in allenamento si divorò l’impossibile, venne da me e disse “Non tornerò più quello di prima, non riesco a fare nulla”. Io gli dissi: “Ma che dici Niño? I dottori hanno detto che sei recuperato al 100%, non hai nessun prolema fisico. Il vero problema lo hai in testa. Cerca di essere positivo…”.

Le parole di Capitan Steven Gerrard riecheggiano ancora oggi come eloquenti e significative. Perchè quando non ci metti la testa non puoi più essere quello di prima. E non lo è più stato.

I titoli per lui arrivano con un’altra maglia, quella del Chelsea. Nonostante non sia mai riuscito ad entrare appieno del cuore dei tifosi londinesi, coi Blues regala quei trofei internazionali che mancavano da sempre. La Champions League del 2012 e L’Europa League dell’anno successivo hanno portato il club di Stamford Bridge sull’Olimpo della vittoria.

Con la Nazionale, poi, vince tutto quello che dal 2008 al 2012 si poteva vincere. I due Europei e il Campionato del Mondo vinto con le Furie Rosse non ha prezzo e non conosce eguali. Con 110 presenze e 38 reti il Niño è il terzo marcatore di sempre della storia della Spagna.

E allora perchè si parla di “destino beffardo“? La risposta data in quell’allenamento a Capitan Gerrard fu eloquente: “Non credo che tornerò più quello di prima“. Per quanto Fernando Torres abbia regalato gol ed emozioni, il talento che esultava sotto la Kop faceva presagire a ben altro destino. Un cammino che avremmo voluto fosse infinito, sempre al top per lui, ma così non è stato. I trofei col Chelsea li ha vinti in un ruolo da comprimario, un vestito che stona col suo nome, con la sua fama.

La Spagna non avrebbe potuto riservargli destino più roseo, questo è certo. Le Furie Rosse di quegli anni hanno compiuto l’impossibile. Ma il rammarico rimane, la sensazione di una mancata opportunità. Quella di vedere in azione per molti più anni quella che sarebbe potuta diventare la migliore prima punta di tutti i tempi.

FINALE CONTROVERSO

Le tappe successive del suo cammino, a parte la parentesi all’Atletico Madrid, sono da dimenticare. Il Milan prima e il Sagan Tosu poi non gli hanno regalato un destino felice. Fernando Torres, dopotutto, non è certo un giocatore che vorremmo vedere concludere la carriera nel lontano Giappone. Lo vogliamo qui, insieme a noi, nel calcio che conta a fare la differenza che, se vuole, solo lui è in grado di fare.

Il Niño ci scherza su, alla scoperta della terra del Sol Levante.

“Prima o poi dovrò davvero vestirmi da samurai. Lo farò coi miei amici, adattandomi alla cultura giapponese”.

Al momento, dunque, la sua maglia è quella del Sagan Tosu, nella lontana J1 League. Con la speranza che possa tornare a concludere la propria carriera in Europa, in quell’Atletico Madrid cui ha rubato il cuore. Nella speranza che ciò si realizzi noi di Numero Diez celebriamo questo grande Campione nel giorno del suo compleanno. Auguri Niño!

 

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Diez allo stadio

Ascoli-Spezia 1-2, le pagelle: Bellusci risponde al rigore di Verde, ma nel finale Hristov regala la vittoria allo Spezia

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Esposito

Al Del Duca lo Spezia batte l’Ascoli 2-1. Nella ripresa Giuseppe Bellusci risponde al rigore di Daniele Verde, ma nel finale arriva l’incornata di Hristov a decidere il match.

Il primo squillo del match arriva all’ottavo minuto quando Verde illumina per Kouda, ma trova la respinta attenta di Viviano. L’Ascoli reagisce e, dopo un rischio autorete di Muhl, Botteghin ha l’occasione da due passi, ma spreca. L’episodio chiave arriva al 20′ quando il direttore di gara Marchetti viene richiamato alla review per un tocco di mano di Di Tacchio all’interno dell’area e concede il rigore. Dal dischetto Verde spiazza Viviano. I marchigiani non si perdono d’animo, Mendes ci prova con un diagonale impreciso. Al 38′ si vede Kouda con un colpo di testa che Viviano respinge in angolo. Nel finale di primo tempo, sugli sviluppi un calcio di punizione, la spizzata di Botteghin favorisce Rodriguez che non angola a sufficienza. Prima dell’intervallo Kouda costringe Viviano al miracolo.

Nella ripresa l’Ascoli è più cattivo e trova il pareggio con Bellusci. I marchigiani inizialmente continuano a spingere ma è Kouda a spaventare Viviano che blocca senza problemi. Da lì lo Spezia prende coraggio e si espone alle ripartenze fulminee dell’Ascoli. Nel finale l’incornata di Hristov da calcio di punizione fissa il punteggio sul 2-1. Dopo un tentativo di Di Tacchio, termina così, lo Spezia batte l’Ascoli e ottiene tre punti pesantissimi.

Ecco le pagelle della gara, direttamente dalla tribuna stampa dello Stadio Del Duca.

LE PAGELLE DELL’ASCOLI

Viviano 6,5: una sua respinta sulla conclusione di Kouda prima dell’intervallo, mantiene in gara l’Ascoli.

Bellusci 7: regala il momentaneo pareggio all’Ascoli con una conclusione dal limite. Per il resto, tutto il reparto difensivo mostra una buona coesione. Riceve un’ammonizione per una sbracciata nel primo tempo. (dal 82′ Haveri s.v.)

Botteghin 6: si divora la rete del vantaggio dopo pochi minuti, ma in fase difensiva non sbaglia nulla.

Quaranta 6: anche per lui vale il discorso fatto per i compagni di reparto. Difende bene sugli attaccanti liguri.

Adjapong 6: lotta e spinge sulla destra, inizialmente crea qualche pericolo, ma viene raddoppiato per tutto il resto della gara. (dal 64′ Bayeye: Dà freschezza alla fascia destra. Apporto sufficiente).

Milanese 6: gioca solo il primo tempo, convince solo a tratti per qualità e per carattere. Giocando con continuità potrebbe diventare una buona arma per Castori, che però lo sostituisce nell’intervallo. (dal 46′ D’Uffizi 6,5: entra con coraggio e voglia di dimostrare, anche se mostra nervosismo in qualche circostanza. Approccio positivo).

Di Tacchio 5: commette ingenuamente, ma anche sfortunatamente, il fallo da rigore.

Falasco 6: insidioso palla al piede soprattutto con le traiettorie velenose da calcio piazzato.

Masini 6: il solito Masini che agisce a sostegno delle due punte, si fa vedere tra le linee, ma oggi non incide. (dal 86′ Giovane s.v.)

Mendes 6: a lui è affidata la reazione marchigiana, ma viene contenuto dai difensori avversari. Nella ripresa si trasforma in assist-man per Bellusci.

Rodriguez 6: la sua velocità mette in difficoltà i marcatori spezzini, ma manca di concretezza nella finalizzazione. (dal 82′ Millico s.v.)

All. Castori 5,5: la squadra è viva e resta in partita nonostante un avvio complicato, ma nel finale la squadra è ingenua. A gennaio urgono rinforzi.

LE PAGELLE DELLO SPEZIA

Zoet 6: trasmette sicurezza al reparto difensivo pur senza dover compiere miracoli.

Amian 6: da quella parte Milanese e Falasco spingono molto, ma lui si disimpegna senza troppi problemi.

Muhl 6: rischia un autogol nel primo tempo, ma per il resto è impeccabile. (dal 63′ Hristov 7: entra per dare freschezza al reparto e decide la sfida).

Nikolaou 6,5: sforna una prestazione perfetta nel limitare Mendes.

Elia 6,5: spinge molto sulla sinistra. Nei primi minuti fatica a mantenere le misure su Adjapong, ma viene aiutato dai ripiegamenti di Kouda.

Cassata 6: riceve un’ammonizione ingenua nel primo tempo che potrebbe condizionargli la gara, ma dà tanto al centrocampo di D’Angelo. (dal 63′ Zurkowski 6: entra per incidere nel reparto offensivo con qualche inserimento, ma nulla  di particolare da segnalare)

Salvatore Esposito 5,5: deve fare gioco, ma è impreciso nel gestire un paio di ripartenze.

Bandinelli 6: anche per lui vale la pagella di Cassata, ma senza l’ammonizione. Il contributo dell’ex Empoli è fondamentale per l’equilibrio del reparto.

Verde 7: è freddo dal dischetto portando in vantaggio i suoi. Quando si illumina crea qualche problema alla difesa marchigiana. (dal 70′ Antonucci 6: entra con tanta voglia di fare, ma il finale non gli permette di colpire.

Kouda 6,5: spazia molto su tutto il fronte offensivo arrivando più volte alla conclusione.. Importantissimo è il suo contributo in fase difensiva in aiuto ad Elia.

Pio Esposito 6: gara di sofferenza perchè viene risucchiato dal trio difensivo marchigiano, ma ha il merito di guadagnarsi il rigore del vantaggio.

All: D’Angelo 6,5: vittoria doveva essere e vittoria è stata, ma poteva gestire meglio il vantaggio. Dopo un buon primo tempo, la squadra pensa ad un secondo tempo di puro contenimento e paga. Dopo il gol del pareggio cerca e trova il gol vittoria.

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Carlos Augusto: “Sono stato sempre umile, non ho mai mollato. E sull’Inter…”

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Carlos Augusto
L’Inter si prepara alla sfida di questa sera contro l’Udinese. L’obiettivo principale dei nerazzurri rimane quello di rispondere presente alla vittoria di ieri sera della Juventus, che avendo la meglio sul Napoli è balzata momentaneamente in cima alla classifica.

Alcuni dubbi di formazione per mister Simone Inzaghi, alle prese con alcune assenze pesanti soprattutto nelle retrovie. In dubbio la presenza di Alessandro Bastoni, che ha saltato la trasferta di Napoli dell’ultimo turno in via precauzionale e dovrebbe essere arruolabile per il match odierno. In caso di fortfait, spazio a Carlos Augusto.

Proprio il brasiliano è intervenuto al Match-day Programme ufficiale dell’Inter parlando della sua carriera: dai primi passi mossi in patri fino all’arrivo in Italia, l’esperienza formativa a Monza e infine il salto di qualità compiuto nell’ultima sessione di calciomercato. Di seguito le parole di Carlos Augusto.

ORIGINI – “Appena ho iniziato a giocare ho chiesto a mio papà di iscrivermi in una scuola calcio, poi a 15 anni ho capito che sarei potuto diventare un calciatore professionista. Sono stato umile, ho sempre lavorato tanto e non ho mai mollato e questo mi ha portato fino a qui. Per me l’amore per il calcio è la cosa più importante, mi piace giocare, allenarmi, poi quando si arriva allo stadio e si vedono tutti i tifosi che incitano la squadra, solo questo ti dà una carica incredibile”.

INIZI IN BRASILE – “Sono diversi i momenti che hanno segnato il mio percorso, la consapevolezza acquisita a 15 anni, poi la finale vinta con la Primavera in Brasile, ricordo che c’erano 45.000 tifosi, abbiamo vinto ed è stato importante. Il primo gol con la Prima Squadra è un altro momento che non dimenticherò, è stato nel match contro la Chapecoense, ricordo che non riuscivo neanche a parlare dopo perché ero troppo felice e sono andato a festeggiare con la mia famiglia”.

APPRODO ALL’INTER – “L’Inter è una squadra importantissima, è un onore indossare questa maglia. Da qui sono passati grandi campioni, Ronaldo è stato devastante, è quello che mi ha ispirato e poi c’è stato Roberto Carlos che nel mio ruolo è stato incredibile. Fuori dal calcio Michael Jordan è un punto di riferimento, è stato impressionante come professionista e come persona, ho letto molto su di lui. Non si è mai arreso e anche quando era il migliore del mondo ha sempre voluto migliorarsi. Cos’è importante per me? La famiglia e la squadra che sono concetti molto simili, conta essere uniti e aiutarsi, soprattutto nei momenti difficili”.

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Big della Premier pronte all’assalto per Calhanoglu: la posizione dell’Inter

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Calhanoglu

Uno degli uomini copertina dello scoppiettante inizio di stagione dell’Inter è Hakan Calhanoglu. Da quando Inzaghi lo ha reinventato regista, il turco è diventato perno inamovibile della mediana nerazzurra. Centrocampista tuttofare, infallibile dal dischetto, Calhanoglu conta già 6 gol in questo primo scorcio di campionato, di cui l’ultimo ha spalancato la strada verso la vittoria contro il Napoli. Il rendimento del giocatore ex Milan non è passato inosservato all’estero, dove non mancano le lusinghe per il turco, soprattutto dalla Premier League. Infatti, secondo quanto riferisce l’edizione odierna di Tuttosport, due big del massimo campionato inglese sarebbero pronte a farsi avanti in estate per Calhanoglu. Trattasi nel dettaglio di Chelsea e Liverpool.

La posizione dell‘Inter è però piuttosto netta: Calhanoglu non si tocca, a meno di offerte da capogiro. I nerazzurri sono tutelati da un contratto, recentemente firmato, che lega l’ex rossonero all’Inter fino al 2027. D’altra parte, il turco si è calato alla perfezione nella realtà nerazzurra e il rapporto con compagni e allenatore è ottimo. Cambiare aria significherebbe un azzardo anche per lo stesso giocatore che dell‘Inter è ormai uno dei leader tecnici. Già la scorsa estate, gli interessamenti dall’Arabia non fecero breccia nella testa di Calhanoglu che in questo momento è pienamente focalizzato sulla conquista delle suo primo scudetto.

Le intenzioni delle parti sembrano quindi ben chiare e nonostante l’Inter, per esigenze di bilancio, possa privarsi di un big quest’estate, Calhanoglu non è affatto in discussione. Il sodalizio tra il turco e l’Inter sembra destinato ad andare avanti.

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Si ferma Vlahovic: costretto al cambio in Juventus-Napoli

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La Juve si allena davanti ai tifosi

Problemi per Dusan Vlahovic durante Juventus-Napoli, il serbo è stato sostituito al 70° minuto al suo posto Milik. Secondo quanto riportato da DAZN, potrebbe essere un falso allarme e solamente questione di crampi o indurimento del muscolo.

La Juventus è in vantaggio 1-0 grazie al gol di testa di Gatti, il terzo in stagione.

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